Passaggio per L'infinito
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Anteprima del libro
Passaggio per L'infinito - Veronica S. Veronica
Sommario
Personaggi
PROLOGO
CAPITOLO 1
La residenza di Lady Malsbury.
CAPITOLO 2
L’arrivo a Londra
CAPITOLO 3
Ordine e Metodo.
CAPITOLO 4
Al punto d’imbarco.
L’arrivo a Tubuai.
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
Dopo il rientro a Londra.
CAPITOLO 8
Hotera.
L’immersione.
CAPITOLO 9
…continua…
Passaggio
per
l'Infinito
Monsieur P. e
il Mistero di Hotera
di
Veronica S. Veronica
Text Copyright © 2005 Veronica S. Veronica
RISERVATI TUTTI I DIRITTI DEL PROPRIETARIO DELL’OPERA REGISTRATA SALVO SPECIFICHE AUTORIZZAZIONI SONO VIETATI LA DUPLICAZIONE IL NOLEGGIO LOCAZIONE IL PRESTITO E L’UTILIZZAZIONE DI QUESTO MANOSCRITTO E DEL CONCETTO IN ESSO ESPRESSO PER LA PUBBLICA ESECUZIONE E LA DIFFUSIONE.
DOVE NON SPECIFICATO I PERSONAGGI SONO DEGLI AUTORI CHE NE DETENGONO TUTTI I DIRITTI.
L’INTERO LIBRO E IL CONCETTO ESPRESSO IN ESSO COME PURE LE IMMAGINI DELLA COPERTINA, FIGURINI E CARATTERISTICHE DEI PERSONAGGI SONO DI VERONICA S VERONICA.
DOVE NON INDICATO I COPYRIGHT SONO DEGLI AUTORI, AGENZIE E CASE EDITRICI CHE NE DETENGONO I DIRITTI.
Ai carissimi e prediletti
Lettori
che potranno gioire nel vivere questo racconto
tessuto con grande passione e devozione
intorno a un personaggio più che amato;
ai Lettori che,
per quanto questa non sia una lettura classica
potranno provare entusiasmo genuino,
piacevolezza e fibrillazione pura;
ai Lettori che,
pur non avendo mai accettato la sua fine hanno dovuto subirla, ma hanno sempre continuato ad amarlo;
ai Lettori che,
sapranno accogliere con gli occhi di un bimbo
le rivelazioni contenute qui,
per essere trasportati in un clima piacevole,
dove la speranza, la gioia e il coraggio,
avranno la meglio nei giorni bui;
ai Lettori tutti
questo libro è dedicato.
Ringraziamenti
Correttore di bozze e Grafica
Maurizio Miglia
Consulenti Storico Antropologici
Natascia Tubetti
Said Hanma Hassam
Public Relation & Pubblicità
Anna Maria Petri
Grafica
Cristian Siani
E a tutto lo Staff che ha contribuito
alla realizzazione di questo libro
Personaggi
Raoul: Re di Hotera
Vhalery: moglie del Re Raoul
Vhivien: figlia dei sovrani
Evhy: scienziata di Corte
Hilen: Regina Madre (madre di Vhalery)
Yvonne: Capitano delle Guardie Reali
Hiutay: Console di Corte
Tara: dama di compagnia di Vhivien
Huka: Re delle isole Manghareva
Tuanake: sacerdote delle isole Manghareva
Senenmut: anonimo individuo, fedele a Evhy
Lady Malsbury: nobildonna, amica di Monsieur Hercule
Emily e Joanna: nipoti della Malsbury
Robert (Bob): nipotino della Malsbury
Dott. Walkers: medico di fama mondiale
PROLOGO
Hotera: terra con il più grande segreto contenuto nel sottosuolo. Diamante della corona del Re Raoul, sovrano dei quattro Arcipelaghi del Capricorno. Luogo di nascita della Principessa Vhivien, unica erede al trono, disposta a rischiare la vita pur di far conoscere all’uomo che amava la possibilità che voleva offrirgli con il segreto di quelle terre. Un segreto che portò la scienziata di Corte Evhy ed il Sacerdote Tuanake a commettere il più grande dei sacrilegi: deturpare un’essenza vitale sacra.
Per l’ennesima volta, la sala del trono ospitò lo stesso argomento e per l’ennesima volta il Console Hiutay sistemò la fascia trasversale sul petto, mentre osservava preoccupato il sovrano; la Principessa parlò con tono dolce, ma deciso:
«Padre, è un avvenimento fondamentale. Possiamo farlo senza turbare la sua psicologia e nemmeno la sua realtà. Siamo gli unici che possono fare qualcosa per lui.»
«Vhivien, adesso basta. Che tu non abbia riflettuto non lo posso credere. Sai che ho tra le mani la potenza più terrificante del mondo e ne sono il custode a guardia dell’enorme segreto. Come puoi tu, pensare di portarlo fuori dalle nostre terre, quando tua madre stessa ha pagato con la vita per custodirlo? Come puoi credere che qualcuno estraneo alla nostra realtà, possa capire una cosa come questa e tacere con il resto del mondo?»
«Maestà: lui può. Dobbiamo solo fargli sapere che esiste questa possibilità per dargli un’alternativa che lo salvi. La sua mente non è comune, non è come tutte le altre, merita questo passaggio, ha diritto a nuovi orizzonti, ha diritto a una alternativa»
Le porte della sala si aprirono: con aria solenne entrò la Regina Madre appoggiata come al solito al suo bastone, seguita da Tara e da Yvonne.
«Ti sto chiedendo di aiutarmi, padre. Siamo obbligati a permettergli di portare avanti le migliorie fatte. Non avrebbe senso avergli permesso di far emergere la sua vera persona, se poi deve finire in un modo così ignobile e non avere la possibilità di amalgamarsi con i tempi. Non credi?»
La sovrana sedette, poco distante dal Re e guardò Vhivien.
«Padre, se tu non mi aiuterai io finirò come lui: sola e consumata dal tempo e dall’amarezza, proprio com’è finito lui.» una lacrima le solcò il viso «La verità è che tu non vuoi aiutarmi, perché altrimenti sarebbe possibile elevarlo al di sopra dei tempi.» tacque, trattenendo il vortice che aveva dentro.
La Regina Madre si rivolse sottovoce a Yvonne: «Si può sapere che faccia ha, questo tizio? Mai in vita mia, avrei creduto di vedere Vhivien così battagliera per un uomo.»
«Vostra Maestà: se entrerete nei suoi appartamenti dovrebbe esserci ancora il letto, sepolto sotto le migliaia di foto di questo signore.»
Hilen annuì: «Dev’essere davvero eccezionale per rubare così il cuore di Vhivien.»
«Zia, detto tra noi... la Principessa dice che non è innamorata di lui» Hilen fissò Yvonne e lei la imitò «Questo spirito battagliero lo ha definito... senso di giustizia.» si fissarono ancora.
«Principessa,» intervenne Hiutay, con un timido sorriso «sapete bene che la mole del segreto impedisce di…»
«Certo che impedisce: impedisce a voi di capire che vale davvero la pena fare un passo come questo.»
«Vhivien,» intervenne la Regina Madre «da quando hanno sparato all’Arciduca d’Austria il mondo è impazzito. Si sono massacrati l’un l’altro con quei due fuochi d’artificio che hanno tra le mani. Pensa se si scoprisse il segreto che custodisce tuo padre. Mi sento male solo a pensarci.»
«Nonna,» disse Vhivien «credi che rivelerei un segreto tale a un uomo qualunque?»
La sovrana la fissò per qualche istante; poi tentennò la testa: «Perché lui chi è? Il dio Amon d’Egitto?»
«Mia sovrana vi supplico: non nominate l’Egitto.»
«Hiutay: la colpa di quello che è successo alle nostre terre non è dell’Egitto.»
«Padre, sei disposto addirittura a non chiedere il suo aiuto per scoprire la scomparsa del corpo della Regina?» Il Re la fissò negli occhi e lo fece con la stessa potenza che aveva lei; tranne Hilen, solennemente appoggiata al proprio bastone, tutti gli altri sentirono un brivido correre giù per la schiena.
«Esatto, Vhivien: sono costretto a soffrire in silenzio per la mancanza della donna che amo, piuttosto che far uscire il segreto da queste terre.»
Vhivien lo fissò costernata: «Questo non lo posso credere. Ti sto parlando di un uomo che è in grado di capire e di tacere. Ti sto parlando di un uomo, che potrebbe ridare gioia al nostro cuore ferito. Un uomo che è talmente superiore da non meritare una fine così atroce che non è degna di lui. Ti sto parlando di qualcuno che è in grado di amalgamarsi con i tempi, di scegliere la strada che lo porterà verso la vita, invece che la morte. Padre, tu non sai quanto sia meritevole di questo! Diamogli almeno la possibilità di scegliere di poter continuare il suo cammino in maniera brillante.» si voltò verso Hilen che la fissava attenta «Hilen, dimmi: se tu avessi la possibilità di far oltrepassare la barriera dei tempi a un uomo eccezionale, che lo merita, non lo faresti?»
Lei pensò un poco, molto seria; poi rispose: «No, perché se è eccezionale davvero, non vedo proprio perché dovrei liberarmene.» e rimase a fissarla.
Vhivien si lasciò cadere sul divano a guisa di battaglia persa; Yvonne portò una mano alle labbra: era il caso, pensò, di trattenere il sorriso. Tara sospirò pensierosa; Hiutay collegò più volte i polpastrelli delle dita.
Ruppe il silenzio Hilen: «Vhivien, la realtà è che non possiamo cambiare gli eventi.»
Lei si alzò dirigendosi verso la porta: «La realtà è che non riuscite a immaginare tutte le situazioni meravigliose che possono nascere dopo un passo del genere. È soltanto questa, la realtà.» e uscì.
Tara sussultò e si precipitò a seguirla. Yvonne guardò Hiutay il quale, pose per un momento la mano sulla fronte. Seguì un lungo silenzio nella sala; il sovrano si alzò lentamente dal trono e si diresse verso la finestra, seguito dallo sguardo della Regina Madre.
«Devo confessarti Hilen che non la riconosco più: se ne sta facendo una malattia.»
«Aiutala a guarire, Raoul.»
Il Re la fissò; lei lo imitò decisa.
_
«Vorrei parlare un momento con te in camera da letto.»
Vhivien si distanziò un poco con la sedia dallo scrittoio e fissò interrogativa la sovrana. Lei finse di guardarsi in giro: «Qui stranamente non ci sono... foto.»
L’espressione della Principessa mutò: aprì un cassetto e ne trasse una; si alzò, dirigendosi verso la sovrana.
«Non vuoi sederti, Hilen?»
«È davvero tanto brutto?»
Vhivien interruppe l’intenzione di accomodarsi sul divano, dove anche Hilen sedette; poi le disse: «Hilen: questo è l’uomo più bello che sia mai esistito.»
«Oh! Oh! Oppure come avrebbe detto la tua cara mamma: Mon Dieu! Ecco. Chi sarà mai: Apollo, il più bello degli dèi?»
«Finito?»
Hilen alzò una mano a guisa di tregua; poi la utilizzò per prendere la foto: la guardò a lungo. Vhivien osservava il viso della sovrana, aspettandosi, conoscendola bene, qualche commento dei suoi. Hilen la servì subito: «Sei stata davvero in gamba, Vhivien.»
«A far cosa?»
«A trovare le sue qualità nascoste: forse sono sotto questi baffi a punta in su?» Vhivien la fissava con sufficienza, a braccia conserte.
«Se devo parlarti in maniera seria, devo confessare che è davvero affascinante. Sì, ha degli occhi scuri stupendi. Anche le labbra non sono male… E ha questo sguardo profondo che effettivamente lo rende irresistibile… se non fosse per questi baffetti… strani. Ma credo che senza non sarebbe la stessa cosa. Sì: ammetto che anche i baffi mi piacciono. La cosa però che mi piace più di tutte…» avvicinò un poco la foto agli occhi «…È questo cigno d’argento che ha in mano. Vorrei chiedergli dove ha comprato questo bastone con la testa a cigno. È magnifico.» poi guardò in viso la ragazza «Va bene, hai vinto: è bello.»
Vhivien prese la foto e la fissò. Ma Hilen doveva mantenersi all’altezza della propria posizione «Però mi è antipatico.»
«Oh, sì, ti capisco. Anch’io la prima volta che l’ho visto nel diamante ho pensato che era odioso con quella sua aria boriosa. Ma questo è solo un commento superficiale. In realtà è... qualcosa di superiore.»
«Stai parlando di lui o del suo cigno?»
Vhivien spostò lo sguardo in direzione della finestra, come per cercarvi una tregua.
La sovrana continuò: «Io so, che quest’uomo è superiore come tu dici in continuazione ma… nipote mia: l’argomento per lui è abnorme.»
«Hilen: come puoi sapere che è superiore se prima d’ora non l’avevi mai visto?»
La sovrana mutò la sua solita espressione arcigna e sorrise tra sé; poi riprese il solito tono serio: «Potrebbe rifiutare l’idea di continuare nei tempi. Se ha deciso una vita solitaria o quasi, ci sarà un motivo. O no?»
«Potrebbe essere proprio questo, il motivo: non conoscere il nostro segreto. Hilen, stiamo parlando di un uomo superlativo. Ti sfido a trovarne uno simile in tutta la terra.»
«Soprattutto con quei baffi.»
«È ovvio che le cose bisogna saperle fare. Tutto, si può fare: basta farlo nel modo giusto.»
«Vero.»
«Già… Mio padre lo sa qual è il modo giusto.»
Un silenzio pieno di riflessioni seguì quella frase; poi Hilen proruppe: «E tutto ciò che gli gira intorno? Voglio dire… non è un lupo solitario: ha degli amici, forse… qualcun altro… Insomma, una realtà nella quale si muove. A questo hai pensato?»
«Se ora la sua mente la definiscono acuta, figurati dopo l’immersione. Sono convinta che sarà lui stesso ad amalgamare le cose intorno a sé.»
«Da dove nascono queste tue convinzioni, Vhivien?»
Lei si voltò e la fissò per un momento: «Da come si è comportato finora, nonna.»
La sovrana si alzò: «Ha ragione tuo padre: con te è una guerra persa.» si avviò verso la porta; poi si voltò verso la ragazza: «Senti, piccola mia, quella foto che mi hai mostrato prima è un bellissimo primo piano, ma… una a figura intera non ce l’hai? Mi piacerebbe vedere come termina l’incastonatura di quel cigno.»
«Sai una cosa, Hilen? Ogni giorno diventi sempre più ostica.»
«Hai ingoiato un vocabolario per caso?»
«Hilen, ascoltami: mi aiuterai a convincere…»
«Ah! E io lo sapevo che me l’avresti chiesto!»
«Ti prego, Hilen. Tu sei mia nonna.»
«E allora? Che c’entra?»
«Il Re ti tiene in grande considerazione, lo sai.»
«Soltanto perché sono tua nonna? Vuoi dire che non è per il mio fascino?»
«Non scherzare, ti prego.»
«Niente da fare, Vhivien. Sai bene che tuo padre quando deve prendere delle decisioni non ha bisogno di essere convinto da qualcuno. È un uomo saggio. Perciò… Se lui dice di no… Vuol dire che dev’esser no.»
«Insomma non c’è nessuno che capisca quanto sia importante questa cosa?»
La sovrana alzò la testa e la guardò: «Certo che quando si ha la disgrazia di combattere con te ci vorrebbe un traduttore simultaneo. Si può sapere che hai detto?»
Vhivien si alzò: «Hilen: un uomo come lui non può finire così, non lui. Non possiamo permettere a questo mondo di distruggere proprio tutto, quello che c’è di magnifico. Lui deve continuare amalgamandosi con i tempi perché può farlo. Deve sapere che c’è quest’altra possibilità. Ascoltami, ti prego. Oh sì, ti prego: fa che con questo gesto si possa segnare un’epoca, fa che sia tramutato in realtà tutto questo. Tu puoi farlo. Parla con il Re, diglielo che sarà entusiasta del risultato. Riesci a immaginare le infinite situazioni che lo circonderanno? Pensa solo per un momento… Pensa a cosa significherà questo passaggio. Significherà che il mondo avrà sempre un ottimo punto di riferimento per tutte quelle cose che purtroppo ha perduto. E in cambio si avrà un sipario che potrà rialzarsi ogni volta, portando gioia e una qualità di vita superiore.»
Hilen la guardò seria. Annuì e si diresse verso la porta.
L’aprì lentamente. Prima di uscire, disse: «Sì, ma solo con effetto Surround e Dolby System. Se no, niente.» e chiuse la porta, ignorando lo sguardo attonito di Vhivien.
Restò con le spalle all’uscio, riflettendo.
_
La baronessa Tara entrò con il vassoio del tè tra le mani; ancheggiava e cinguettava come al solito: «Bonjour, Principessa. Oh, ma guardate! È una magnifica giornata di sole oggi…» s’interruppe un istante osservando la Principessa; si rese conto che i tentativi di metterla di buon umore non avevano successo. «Vostra maestà, sono molti giorni che non uscite dai vostri appartamenti.» disse, mentre zuccherava il tè «Perché, invece di stare in continuazione davanti a quel diamante non usciamo per fare una bella passeggiata?»
«Guarda qui, Tara. Giocano al Monopoli come se stessero giocando la vita. Mi chiedo che senso abbia soffiare tanto su quei dadi.» Si voltò e il sorriso che aveva sparì.
Respinse la tazza che Tara le stava porgendo: «No, grazie, Tara. Non mi va.»
«Posso spegnerlo, Maestà?» e indicò il diamante.
«No. Non spegnerlo.» Si alzò e uscì sul terrazzo; appoggiò le mani sulla ringhiera e si guardò in giro: vide Hilen e il Re che camminavano parlando tra loro.
La Baronessa aprì la porta della stanza per uscire; trovò di fronte a sé il viso del Console Hiutay.
«Sei qui, Tara? Ti stavo appunto cercando.»
«Ah oui? Perché?»
«Vieni avanti, non voglio farmi sentire dalla Principessa. Sembra che ci siano state altre minacce al Re.»
«Oh mon Dieu!»
«Sssst! E come se non bastasse, la scintilla dell’insoddisfazione sta prendendo piede anche nelle isole Manghareva. Sembra che qualcuno stia manovrando i ribelli convincendoli ancor più che i sovrani non sono in grado di difendere i loro popoli. Quanto vorrei che non avessimo mai fatto quel viaggio in Egitto! È da lì, che sono iniziati tutti i nostri guai!»
«Oh, mon Dieu, Hiutay, ma questo è… terribile! Cosa credi che succederà, ora?»
«So che il nostro Re ha deciso di allontanare la Principessa da queste isole: è l’unico modo per proteggerla. Sta decidendo se sia meglio dall’Imperatrice in Russia, oppure dalla Granduchessa in Belgio. Il problema è che in questo periodo ci sono disordini ovunque.»
«Un grissino vestito di nero e una Giunone fucsia: insieme formate il numero dieci.» disse Hilen all’improvviso, facendoli sobbalzare «Coraggio Tara, La Granduchessa vi aspetta.»
_
CAPITOLO 1
La residenza di Lady Malsbury.
C’era un sole magnifico quella mattina e un cielo limpido che non permetteva di capire dove finisse l’orizzonte e iniziasse il mare; un paio di nuvole di un bianco intenso sembravano essere capitate per sbaglio su quello scorcio di paradiso delle coste irlandesi.
La residenza di Lady Malsbury era la più solenne delle altre poche case sparse nei dintorni e vantava la proprietà della spiaggia che aveva di fronte all’entrata; il mare era calmo e approdava a riva, sul bagnasciuga, come se volesse accarezzarlo. In lontananza si poteva scorgere un bimbo che rincorreva un cane e una donna in divisa, ferma, che li osservava.
La colazione era appena finita e Lady Malsbury con le sue due nipoti si accomodarono sul divano. Arthur sedette sulla poltrona accanto alla finestra che affacciava sul mare, dove Monsieur Hercule si fermò per ammirare, attraverso i vetri, quel panorama meraviglioso: girava lo sguardo dall’orizzonte fino alle coste beandosi di tanto splendore.
«Dove sarà Robert?» chiese Lady Malsbury.
«Starà giocando sulla spiaggia con il suo cane, come al solito.» rispose Emily, la più grande delle due nipoti.
«Immagino che Aghnes sia con lui.»
«Oh, sì.»
«È una magnifica giornata di sole,» riprese la Malsbury «lo farei anch’io se avessi la sua età. Monsieur Hercule: è stato davvero gentile ad accettare il nostro invito.» Lui si voltò verso la donna e le sorrise. «Emily, ci teneva davvero molto ad avere le persone più importanti a questa festa per il suo fidanzamento.»
«Lei è davvero troppo gentile, Milady. Tuttavia sono io che devo ringraziarla per questa possibilità che mi ha offerto di conoscere le sue nipoti e di visitare un posto così bello: ovunque si gira lo sguardo, si vede il mare. Sembra un paradiso.» poi sedette sull’altra poltrona, accanto a quella di Arthur.
«È vero,» disse il Capitano «è una zona molto isolata eppure non manca di nulla. L’ho notato ieri sera, all’arrivo, mentre stavamo attraversando il centro del villaggio.»
«Sì,» disse Lady Malsbury «quando io e il mio Sean venimmo qui non vi era tutto ciò che c’è oggi. Il villaggio non esisteva e c’erano sì e no un paio di case molto lontane» ebbe un accenno di sorriso «e noi, non eravamo che degli sposini. Ne è passato di tempo da allora. Delle poche famiglie che conoscevamo all’epoca, soltanto quella dei Walkers è rimasta. Oggi non è più come una volta: i tempi sono cambiati.»
«Cambiati?» chiese Arthur «Cosa vuole dire?»
«Voglio dire che un tempo, quando arrivavano persone nuove, famiglie nuove, si sapeva chi fossero. Magari tramite conoscenze tra famiglie stesse, oppure portavano con sé una lettera di presentazione, o che so io. Oggi non è più così: arriva chiunque, da qualsiasi parte e finisce che non sai più chi sono i tuoi vicini.»
«Oui, Milady,» disse Monsieur Hercule «sono d’accordo con lei: i tempi sono cambiati. Ma credo che amalgamarsi con i tempi sia nostro dovere; è il senso della vita stessa: andare avanti sottobraccio agli eventi.»
La Malsbury rimase compiaciuta per quella teoria; accese una sigaretta, poi si voltò verso la porta finestra del terrazzo: «Ma perché abbaia così tanto, quel cane?»
Joanna, l’altra nipote, si alzò e uscì all’esterno, cercando il piccolo Bob con lo sguardo: «Non si dovrebbe permettere a un bimbo così piccolo di gironzolare sempre sulla spiaggia.» disse tra sé, mentre si avvicinava al muretto della terrazza: vi appoggiò le mani sopra. Vide in lontananza Aghnes la cameriera e il piccolo Robert, che guardava in direzione dei guaiti del cane. Il bimbo era con le gambe divaricate e un piccolo ramo in una mano; alzò la voce per farsi udire dal cane: «Willy! Vieni qui! Non posso seguirti! Sei troppo lontano!»
Joanna sorrise; aprì il piccolo cancello che portava sulla spiaggia e si diresse verso Robert; lo raggiunse: «Coraggio, Bob: è ora di rientrare.»
Lui si voltò verso il cane, che era a una distanza di un centinaio di metri: «Willy! Vieni! Rientriamo! Willy!!» ma il cane rimase fermo dov’era abbaiando e fissando verso un punto preciso, come se avesse scovato qualcosa. «Zia, Willy non mi ascolta…»
«Vieni, rientriamo insieme, così lui ci seguirà.
Nel frattempo Arthur uscì sul terrazzo; girò lo sguardo intorno; si avviò verso Joanna. La raggiunse: «Davvero una magnifica giornata, ha ragione sua zia.»
«Aspetta, zia, torno subito.» e il piccolo Bob si mise a correre verso il cane.
Con il fiato grosso, raggiunse il suo amico rimasto a fissare sempre lo stesso punto:
«Willy… Che cosa hai trovato? Dai, dobbiamo rientr…» s’interruppe costernato e impaurito. Senza pensare, si volse di scatto e corse verso la zia che lo stava osservando da lontano.
Attirati dalle voci esterne, la Malsbury con Emily uscirono anch’esse sul terrazzo; Monsieur Hercule le raggiunse per ultimo. Mentre la Lady rigirava tra le dita le perle che aveva al collo e parlava con la nipote e con Monsieur Hercule, udì il piccolo Bob che urlava disperato:
«Zia corri!! Willy ha trovato una donna morta sulla spiaggia!!»
Rimasero pietrificati. Monsieur Hercule si mosse per primo, dirigendosi verso Joanna e Arthur; Emily lo seguì; la Malsbury, fissando il nipotino a distanza, parlò tra sé, con tono incredulo: «Che cosa hai detto… Bob?»
Il cane era rimasto fermo sulla sua posizione; si voltò verso Monsieur Hercule e Arthur che si avvicinavano a passo svelto verso di lui. Avanzarono circospetti: dietro una serie di scogli poterono scorgere le gambe nude di una donna; gradualmente, scorsero l’immagine completa: il corpo disteso di una ragazza.
Rimasero senza fiato: nonostante fosse evidente la gravità dell’accaduto, l’incredibile bellezza di quella donna dipinse sui loro volti un’espressione incantata.
Il vestito era lacerato; Monsieur Hercule si rese conto che non riusciva molto bene a concentrarsi per analizzare cosa poteva esserle accaduto; si chinò per osservarla meglio da vicino; stese una mano e pose due dita sulla carotide: «Arthur! Ma… è viva!» La fissò; al collo portava un diamante: lo raccolse tra le dita e rimase sorpreso quando questo ebbe uno strano e intenso riflesso di luce.
La guardò in viso. Guardò con molta attenzione il suo viso, esageratamente bello; ma quello che lo stupì davvero, fu ciò che sentì nel proprio cuore: più la fissava, più ne riceveva una struggente sensazione ignota, un qualcosa che non riusciva a decifrare, ma che era chiaramente enorme e maestosa.
Sconcertato, guardò poi le sue braccia rivolte sopra la testa: non un graffio, né un livido; guardò le sue gambe senza alcun segno di una probabile ferita. Il velluto blu che terminava su una spalla era lacerato; tranne il vestito, quella ragazza sembrava illesa; era da pensare che Michelangelo in persona l’avesse scolpita lì, in quel punto e in quella posizione; e non era davvero possibile attribuirle un’età.
«Sembra davvero che provenga da un libro di incantesimi, eh, Arthur?»
Non ricevette alcuna risposta, voltandosi verso l’amico, si accorse dell’espressione strabiliata che aveva in viso.
Guardò nuovamente la donna e si chiese cosa significasse quella situazione assurda: non sembrava che fosse stata aggredita, né sembrava il risultato di un naufragio, non ne aveva le caratteristiche. I capelli color dell’oro, lunghi e sciolti, sembravano essere stati appena sistemati da un abile parrucchiere. Il viso stesso era pulito e luminoso.
Sembrava intatta, come se qualcuno l’avesse presa in braccio e appoggiata in quel punto. Si guardò intorno: non vi era altra possibilità se non dal mare, per raggiungere quel punto di spiaggia; alzò la testa e osservò l’altezza della costa.
«È davvero inspiegabile… Ce n’est pas possibile!»
Continuarono a osservarla muti: se quella donna avesse avuto un paio di ali, il quadro sarebbe stato perfetto.
Monsieur Hercule si scosse da quello stato pensoso: «Arthur, mon ami, sia gentile,» disse alzandosi «vada