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E-book128 pagine1 ora

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Info su questo ebook

Dall’autrice bestseller del New York Times e di USA Today

The Lick Series

Quando uno stalker si avvicina troppo alla modella plus-size Mae Cooper, le viene assegnata una guardia del corpo. È qui che entra in scena Ziggy Thayer, ex militare, ora bodyguard delle celebrità. Dopo diversi anni a proteggere miliardari, nobili e star del rock, ne ha viste di tutti i colori. Dai festini lussuosi a ogni genere di eccessi. Non c’è motivo per cui una star di Instagram debba metterlo in difficoltà. Anche se ha le curve più pericolose che abbia mai visto…
Kylie Scott
è un’autrice bestseller del «New York Times» e «USA Today», da sempre appassionata di storie d’amore, rock’n’roll e film horror di serie B. Vive nel Queensland, in Australia, legge, scrive e non perde troppo tempo su internet. La Newton Compton ha pubblicato la Lick Series: Tutto in una sola notte, È stato solo un gioco, Nessun pentimento, Doppio gioco, Un gioco rischioso, Vieni più vicino e la novella I disastri del cuore. Con Crazy continua la Dive Bar Series, iniziata con Dirty e Pretty. Con Audrey Carlan ha scritto Il mio bellissimo vicino di casa.
LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2020
ISBN9788822749734
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Autore

Kylie Scott

Kylie is a long-time fan of erotic love stories and B-grade horror films. Based in Queensland, Australia with her two children and one husband, she reads, writes and never dithers around on the internet. Her New York Times bestselling novels include Lick, Play, Lead and Deep, which make up the Stage Dive series.

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    Anteprima del libro

    Vieni più vicino - Kylie Scott

    Mille e una notte tenebrosa

    Tanto tempo fa, nel futuro…

    Ero una studentessa affascinata dai racconti e avida di conoscere.

    Studiavo la filosofia, la poesia, la storia, l’occulto

    e l’arte e la scienza dell’amore e della magia. A casa di mio padre possedevo

    una vasta biblioteca che raccoglieva migliaia

    di libri di racconti fantastici.

    Appresi tutto quel che c’era da imparare sui popoli antichi e sul loro tempo.

    Sui miti e le leggende e i sogni degli uomini

    vissuti nel corso dei secoli. E più leggevo

    più la mia fantasia galoppava, finché scoprii

    di essere in grado di viaggiare dentro ai racconti…

    tanto da diventarne protagonista.

    Vorrei poter dire di aver ascoltato la mia insegnante

    e di aver rispettato il mio dono, come avrei dovuto. Se lo avessi fatto,

    adesso non sarei qui a raccontarti questa storia.

    Sono stata imprudente e avventata,

    fiera della mia spavalderia.

    Un pomeriggio, incuriosita dal mito

    delle Mille e una notte, ho viaggiato nel passato e sono giunta nell’antica Persia

    per vedere coi miei occhi se fosse vero che ogni giorno Shahriyār

    (in persiano شهریار, re) sposava una vergine che poi

    faceva decapitare dopo la prima notte di nozze.

    Avevo letto che quando incontrò Sheherazade,

    la figlia del gran visir, aveva già ucciso mille donne.

    Ma qualcosa è andato storto. Sono arrivata

    nel bel mezzo di un racconto e, non so come, mi sono ritrovata

    al posto di Sheherazade – un fenomeno

    che non era mai accaduto prima

    e che ancora oggi non so spiegarmi.

    Così ora sono intrappolata in quel lontano passato.

    La vita di Sheherazade è diventata la mia e

    per proteggermi e restare viva posso solo fare

    quel che faceva lei per salvarsi.

    Ogni notte il re mi chiama per ascoltare una storia.

    Quando vedo spuntare l’alba, interrompo il racconto

    e lascio il re col fiato sospeso e il desiderio di conoscere il resto della storia.

    E così mi risparmia la vita per un altro giorno,

    pur di sapere come andrà a finire il racconto notturno.

    E non appena termino una storia… ne inizio un’altra…

    come quella che adesso, caro lettore,

    stai per leggere tu.

    Capitolo uno

    Ero stanca morta. Come se quel servizio fotografico dall’altra parte del Paese fosse durato miliardi di ore invece che appena due giorni. Avevo dovuto indossare abiti invernali per le vie della città, nel bel mezzo dell’estate calda e umida di New Orleans, e la cosa di certo non era stata d’aiuto. In tutta onestà, non vedevo l’ora di mettermi a letto e dormire per sempre. O almeno concedermi un sonnellino lungo qualche secolo, stile Bella Addormentata. Purché mi risvegliassi nel mio nuovo appartamento, ovvio. Dopo tanti anni di vita movimentata, in giro per il mondo come una trottola, era meraviglioso avere una casa.

    «Signorina Cooper», disse Leonard, il portiere/guardia di sicurezza, salutandomi con un sorriso. Era un omone grande e grosso, sui cinquant’anni, che incuteva un certo timore. Di sicuro uno con il quale era meglio non mettersi a litigare. «Bentornata».

    «Grazie».

    «Com’è andato il viaggio?»

    «Tutto a posto. E la sua settimana?»

    «Bene, signorina», disse. «È arrivato un pacco per lei. Gliel’ho preso».

    «Grazie, Leonard».

    Entrò nello stanzino dietro il bancone mentre io posavo a terra la mia Keepall Bandoulière di Louis Vuitton. Prima o poi avrei dovuto imparare a non portarmi in valigia più roba del necessario, ma probabilmente non sarebbe successo tanto presto. Ruotai alcune volte la spalla dolorante, ma non ne ebbi grande giovamento.

    Era stato difficile scegliere il posto giusto dove mettere radici. Il mio condominio si trovava nel cuore del Pearl District, un quartiere vivace ed elegante, pieno di bei negozi e ristoranti. Lo adoravo. New York e Los Angeles forse sono più indicate per chi lavora nella moda, ma a Portland ero nata. La facciata era in mattoni, stile art déco, e l’atrio aveva pavimenti lucidissimi in marmo. Il palazzo aveva un fascino d’altri tempi. Vi abitavano anche parecchie rockstar, tra cui l’astro nascente Adam Dillon e metà dei membri degli Stage Dive, la band famosa in tutto il mondo, che occupavano gli ultimi due piani. I loro fan si appostavano di tanto in tanto fuori dallo stabile. Per fortuna non ero io ad attirare le folle, e la cosa mi faceva piacere. Se vivi accanto a qualcuno più famoso di te, di sicuro sarai lasciata in pace – il più delle volte.

    Leonard uscì dallo stanzino sul retro con una scatola in mano e un’espressione accigliata in volto. «Dentro c’è qualcosa che perde».

    «Oh, no». Un liquido rosso gocciolò sul pavimento in marmo bianco. La scatola non aveva le dimensioni giuste per contenere una bottiglia di vino e nutrivo seri dubbi che qualcuno mi avesse spedito dei pomodori. «Ma che cos’è?».

    Posò l’oggetto sul bancone. Le sue dita erano imbrattate di quella strana sostanza. Fissammo entrambi, con sguardo sempre più terrorizzato, la scatola chiusa: da un angolo colava altro liquido rosso e nell’aria cominciava a sentirsi odore di ferro.

    «P-penso che si tratti di sangue». Deglutii a fatica. «Leonard, per favore, può chiamare la polizia?».

    «Non voglio una guardia del corpo».

    «Fino a quando ci sarà in giro qualcuno che ti spedisce il cuore di un bovino con un coltello conficcato nel mezzo, direi che non hai scelta», sentenziò Lena Ferris sistemandosi con grazia gli occhiali dalla montatura rossa in acrilico.

    Aveva ragione. Anche se non ero ancora pronta ad ammetterlo ad alta voce. Lasciai ricadere la testa sullo schienale del divano. «Ma a me piace stare da sola. Amo la mia privacy».

    «Oh, ma per piacere. Questo è solo un altro effetto collaterale della carriera e dello stile di vita che ti sei scelta. Mia cara, hai detto addio a una buona fetta di privacy quando sei apparsa sulla copertina di quella rivista sportiva, indossando un minuscolo bikini nero», continuò. «Avere cinque milioni di follower su Instagram, alcuni dei quali ti inviano messaggi davvero inquietanti, comporta che tu debba accettare un compromesso. C’è in gioco la tua sicurezza personale».

    Altra argomentazione validissima. Maledizione.

    Avevo incontrato Lena, fotografa e moglie del cantante degli Stage Dive, per la prima volta circa un anno prima, durante uno shooting. Avevamo legato subito. Entrambe scure di capelli e piuttosto formose, condividevamo anche un senso dell’umorismo un po’ pungente condito da una certa dose di sarcasmo. E visto che a volte i servizi fotografici possono risultare lunghi e noiosi, lavorare con quella donna era una vera benedizione. Era stata lei a consigliarmi di andare a vedere l’appartamento che poi era diventato la mia casa.

    «Non ti metterai a fare i capricci adesso, vero?», chiese, seduta di fronte a me con una tazza di caffè in mano. «Ho già il mio bel daffare a gestire uomini famosi che si comportano da bambini, vedi mio marito, e mi tocca star dietro anche alle nostre figlie gemelle».

    «No», sospirai. «È solo che… uffa, detesto che qualcuno mi incasini la vita in questo modo. E adesso sono troppo stanca per mettermi a discutere con te, anche perché so bene che il tuo ragionamento ha perfettamente senso».

    «Quanto hai dormito nelle ultime quarantott’ore?».

    Sospirai. «Il detective mi ha interrogata fino all’alba. Poi, quando finalmente sono rientrata a casa, mi sono messa a fissare il soffitto della camera da letto, scervellandomi per capire chi potesse essere così folle da fare una cosa simile».

    «Probabilmente è uno sconosciuto».

    «Forse».

    «Sarà uno squilibrato che, proprio perché è fuori di testa, è convinto di avere invece una qualche relazione con te».

    Aggrottai la fronte. «Voglio dire, parliamo di un cuore vero. È proprio disgustoso».

    «Concordo», disse. «Comunque ho già chiamato Sam e sta per arrivare uno dei suoi uomini, quindi mettiti l’anima in pace».

    Le rivolsi un debole sorriso. «Sappi che apprezzo molto quello che stai facendo per me».

    «Lo so. Se qualcuno mi avesse mandato una qualche frattaglia con un coltello infilzato nel mezzo, anch’io sarei sconvolta e arrabbiata e mi girerebbero alquanto le scatole».

    «Te lo dico col cuore in mano: mi sorprenderebbe molto se dopo questa brutta storia non decidessi di diventare vegetariana. Colta la sottigliezza? Col cuore in mano».

    Lena si limitò a lanciarmi un’occhiata di traverso.

    «Pessima battuta. Lo so. È stato gentile da parte del tuo amico trovarmi qualcuno in così poco tempo».

    «Sam ha capito che bisognava intervenire subito. È molto bravo nel suo lavoro. Altrimenti non potrebbe sopportare Martha, che è una piuttosto esigente e difficile da accontentare». Le suonò il cellulare. Una volta letto il messaggio, sorrise e si mise subito a rispondere. «Jimmy vuole sapere come sono vestita».

    «E tu cosa gli hai scritto?»

    «Che indosso una succinta camicia da notte rossa, di seta, e poi ho aggiunto una

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