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Uno scandaloso passato
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E-book274 pagine6 ore

Uno scandaloso passato

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1822 - Coinvolta in un incidente di carrozza, Lady Eleanor Ashby trova aiuto in un misterioso sconosciuto. L'affascinante Matthew Thomas non è chi dice di essere e quando la bella Eleanor scopre che qualcuno sta cercando di farle del male, non sa se può fidarsi fino in fondo di lui. Ripudiato dalla famiglia d'origine, infatti, Matthew vive sotto falso nome, evitando coinvolgimenti personali con chicchessia, ma l'incontro con Eleanor cambia le carte in tavola e per proteggerla lui è disposto a esporsi, a tornare a casa e affrontare il suo scandaloso passato. Vuole solo una certezza: che la bella fanciulla farà parte per sempre del suo futuro.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2016
ISBN9788858946381
Uno scandaloso passato

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    Anteprima del libro

    Uno scandaloso passato - Janice Preston

    successivo.

    1

    Aprile 1811

    Con gli occhi che lacrimavano, tossendo e rischiando di soffocare, Eleanor si attaccò allo scuro della finestra, che rifiutò di muoversi.

    Le assi del pavimento le bruciavano i piedi, e poteva udire il minaccioso ruggito del fuoco al piano di sotto. Gridò, immettendo l'aria pungente nei polmoni.

    «Ellie! Ellie! Svegliati!»

    «Cosa?» Eleanor, Baronessa Ashby, si svegliò al ritmo gentilmente dondolante della carrozza e fissò intontita negli occhi ansiosi della zia Lucy, Marchesa Vedova di Rothley. Si raddrizzò sul cuscino, l'incubo ancora molto vivido nella mente.

    «Hai gridato. Era di nuovo quell'incubo?»

    Eleanor trasse un profondo respiro: aria fresca, pulita, incontaminata. «Sì. Mi dispiace di averti spaventato, zia.» Il battito del suo cuore rallentò. «Sembra tutto così reale, nel sogno. E non riesco mai a fuggire.»

    «Bene, dobbiamo essere grate che tu sia riuscita a sfuggire al fuoco vero, tesoro mio. È intollerabile pensare a ciò che sarebbe potuto succedere.»

    «Milady?» La cameriera di zia Lucy, seduta sul sedile opposto a Eleanor, si protese in avanti.

    «Sì, Matilda?»

    «È vero che qualcuno ha appiccato deliberatamente il fuoco alla biblioteca?» domandò la domestica.

    «Sì.» Eleanor non andò oltre. Qualcuno aveva fatto irruzione ad Ashby Manor ? la sua amata casa ? nel cuore della notte, ammucchiato dei libri al centro della biblioteca e vi aveva appiccato il fuoco. L'intera ala orientale era stata distrutta. Tutti quei bellissimi libri!

    «Te lo avevo detto.» Lizzie, la cameriera di Eleanor, diede una spintarella a Matilda. «Se la mia signora non si fosse svegliata, lei sarebbe...»

    «Lizzie!»

    La ragazza lanciò uno sguardo di scuse a Eleanor.

    Non aveva bisogno che le ricordassero cosa sarebbe accaduto, due settimane prima, se non si fosse svegliata al momento giusto. Rabbrividì, ricordando quel terrificante istante quando, scavalcando la finestra della camera da letto, i suoi piedi avevano incontrato il vuoto, là dove poco prima si era trovato il primo piolo della scala che il suo capostalliere, Fretwell, aveva piazzato contro il muro. Se Lizzie non fosse venuta a cercarla... La paura vorticò nello stomaco di Eleanor. La cameriera era arrivata giusto in tempo per vedere una figura scura atterrare Fretwell, prima di gettare giù la scala.

    Chi era? Stava davvero cercando di uccidermi?

    Non erano riusciti a trovare traccia del colpevole. Fret-well non l'aveva visto, e la descrizione di Lizzie era stata talmente vaga da non essere di alcun aiuto. Inoltre, nessuno ricordava di aver visto uno straniero, nei paraggi.

    «Spero che zia Phyllis si troverà bene, dal reverendo Harris» dichiarò Eleanor, desiderosa di distrarsi dagli avvenimenti di quella notte.

    Phyllis, la sorella di suo padre, viveva ad Ashby Manor da tutta la vita e aveva aiutato a crescere Eleanor, dopo che sua madre se n'era andata, quando lei aveva solo undici anni. Poi, tre anni prima, in seguito alla morte di suo padre, le aveva anche fatto da chaperon.

    «Oh, non dubito che si godrà moltissimo il suo pubblico forzato» osservò zia Lucy. Non c'era molto affetto tra Lucy ? sorella maggiore della madre di Eleanor ? e la zia Phyllis. «Sono il reverendo e sua moglie a farmi pena. Comunque, sono felice che abbia rifiutato di accompagnarti a Londra, tesoro mio, così sarò io ad avere l'opportunità di vederti finalmente sistemata.»

    Eleanor scosse il capo, ridendo. «Sai bene che l'unico motivo di questo viaggio a Londra è sfuggire ai lavori di ricostruzione della casa. Non ho alcuna voglia di cercare un marito.»

    A meno che non mi innamori di qualcuno, e ne sia ricambiata. Il che è del tutto improbabile.

    «La penserai diversamente se incontrerai qualcuno che ti farà battere il cuore» ribatté zia Lucy, gli scuri occhi scintillanti.

    «Il tuo punto di vista sul matrimonio è molto differente da quello di zia Phyllis» le fece notare Eleanor. «La sua unica preoccupazione è che un pretendente abbia il giusto lignaggio e sia ricco a sufficienza da incrementare la tenuta.»

    «Ah, ma non sarà lei a dover scegliere! Sarai tu a farlo. Credimi, non ti piacerebbe venir intrappolata in un matrimonio con un uomo che non puoi rispettare. O che non sia gentile.»

    La zia tacque, ed Eleanor immaginò che stesse ripensando al suo matrimonio infelice. Il defunto Lord Rothley era stato un uomo violento e imprevedibile.

    «No, infatti» convenne, sollevata nel rendersi conto che sua zia non avrebbe passato la Stagione tentando di indurla ad accettare un'unione che non desiderava.

    «James ha scritto dove si trova la casa?» si informò Lady Rothley.

    Eleanor estrasse la lettera del cugino James dalla borsetta e la lisciò, esaminando le righe fino a trovare il punto giusto. «In Upper Brook Street» rispose. «Spero che si dimostri adeguata.»

    Appreso dell'incendio e del desiderio di Eleanor di recarsi a Londra per la Stagione, James si era assunto l'incarico di affittare una casa per lei. In tal modo si era anche assicurato di non essere costretto a offrirle ospitalità. Purtroppo, sua moglie Ruth non si era ancora ammorbidita nei confronti della cugina. I rapporti tra le due donne si erano fatti tesi da quando, alla morte del Barone Ashby, Ruth aveva scoperto che sarebbe stata Eleanor, e non suo marito, a ereditare la tenuta e il titolo. La baronia era uno dei più antichi titoli nobiliari in Inghilterra, creato dal Re Guglielmo I e, come accadeva spesso in simili casi, veniva trasferita all'erede diretto, invece che al discendente maschio più vicino.

    Sposati in fretta... Eleanor sorrise. Secondo la sua opinione, Ruth doveva biasimare solo se stessa per aver intrappolato James in un matrimonio prima di essersi assicurata della realtà delle sue prospettive. Era sollevata di aver scoperto in tempo la verità sul fratello di Ruth, Donald, anche se lo scandalo per la rottura del fidanzamento aveva rinnovato le vecchie storie sulla disgrazia di sua madre.

    Il sangue non mente. La voce di zia Phyllis le echeggiò nella mente: era lo stesso ritornello che aveva martellato nelle sue orecchie da quando la madre era fuggita con un ricco mercante, quattordici anni prima. Eleanor era determinata a non fornire mai motivo al ton di fare simili pettegolezzi su di lei.

    Si costrinse a riportare l'attenzione sulle allegre chiacchiere della zia Lucy.

    «Upper Brook Street è più che accettabile» stava dicendo. «Ho sempre amato la Stagione. Non c'è niente che regga il confronto. Speriamo che stavolta vada meglio che al tuo debutto. Lo avevo detto, a tuo padre e a quella brontolona di Phyllis, che non eri pronta per debuttare in società. Eri troppo giovane, troppo timida. E non c'è da sorprendersi, dopo che tua madre... Bene! Non dirò altro sull'argomento. Oh, tesoro mio, non so dirti quanto sia felice. Ti confesso che è proprio ciò di cui avevo bisogno. Ero annoiata a morte. Sono giunta alla conclusione di essere troppo giovane per ritirarmi nella residenza della vedova, checché ne dica il mio riprovevole figliolo.»

    Era il pomeriggio del loro primo giorno di viaggio. Un assordante fragore strappò Eleanor ai suoi sogni a occhi aperti. La vettura sbandò con violenza e poi, molto lentamente, si capovolse, fino a posarsi su un fianco. Eleanor circondò con le braccia la zia Lucy per proteggerla, mentre rotolavano a terra sul fianco della carrozza. Lizzie e Matilda atterrarono accanto a loro in un groviglio di braccia e gambe, strillando istericamente.

    Con un'anca dolorante per l'impatto, Eleanor si sollevò a fatica, continuando a stringere la zia.

    «Oh, vita mia!» esclamò Lizzie. «Oh, la mia testa... Siamo intrappolate! Milady, milady... Oh, come faremo a uscire?»

    «Colpi di fucile!» strillò Matilda. «Banditi! Saremo derubate e uccise, e nessuno ci salverà. Oh, mio buon Signore...»

    «Lizzie! Matilda!» Eleanor alzò la voce per farsi udire sopra i lamenti delle domestiche. «Smettetela di fare questo baccano infernale. Qualcuna di voi è ferita?»

    «La mia testa... Oh, milady... sangue! Sanguinerò a morte.»

    Eleanor ruotò su se stessa per osservare Lizzie, che si stava tenendo la testa, un'espressione di orrore in volto. Sul suo scalpo c'era un piccolo taglio che, come tutte le ferite del genere, sanguinava copiosamente. «Sciocchezze. Ora calmati. Su, prendi il mio fazzoletto e premilo contro la testa. È solo un taglietto.»

    Zia Lucy si era liberata dalla stretta di Eleanor e stava tentando di consolare Matilda.

    «Zia? Tutto bene?»

    «Solo un po' scossa, tesoro mio, come tutte noi. Però non sono ferita, grazie. Matilda non si è fatta niente, è solo sconvolta. E tu, Ellie? Sei ferita?»

    «Ho battuto il fianco, ma niente di rotto, per fortuna.»

    «Cosa pensi sia accaduto?» La gentildonna si voltò a fulminare la sua cameriera con lo sguardo. «Oh, smettila, Matilda! Siamo tutte intere.»

    Eleanor scosse il capo. «Non ne ho la più pallida idea, anche se Lizzie ha ragione, dal rumore sembrava un colpo di fucile.» Si era sforzata di parlare con calma, di nascondere la paura che provava. Guardò dal finestrino sopra le loro teste. La carrozza, nonostante fosse su un fianco, stava ancora sobbalzando, e lei poteva sentire gli uomini all'esterno che tentavano di calmare i cavalli.

    Riuscì a tirarsi su, le gambe ancora tremanti per lo spavento, e poggiò un piede su ogni lato dei montanti dello sportello, che adesso formava il pavimento. C'erano dei vantaggi a essere alta, pensò, mentre spingeva l'altro sportello sopra le loro teste. Quello si spalancò di botto, provocando un'altra serie di scossoni da parte dei cavalli, accompagnati da frenetici nitriti. Eleanor sollevò la testa attraverso l'apertura, ma senza riuscire a vedere granché.

    Gridò, e la testa grigia di Joey, il cocchiere, apparve sopra il fianco della carrozza rovesciata.

    «Joey, grazie al cielo! Che cosa è successo? Aiutami a uscire.» Si allungò per afferrare le mani di Joey. Dopo molto tirare e scalciare, venne sollevata fuori della carrozza e aiutata a raggiungere il suolo.

    Esaminando la scena caotica, boccheggiò.

    Uno dei cavalli posteriori giaceva prono, il sangue che fluiva dal fianco, mentre un altro, steso per metà sotto il suo compagno, gli occhi roteanti selvaggiamente, stava facendo intermittenti, incerti tentativi di liberarsi.

    Fretwell cercava disperatamente di liberare i cavalli di testa, segando i finimenti di cuoio con il coltello, mentre il lacchè, Timothy, si sforzava di calmarli senza molto successo, cercando al contempo di evitare i loro zoccoli scalcianti.

    Eleanor stava per andare in suo aiuto, quando Joey l'afferrò per un braccio. «Siamo finiti su una curva molto stretta. Tornate là, ragazza, e controllate che non stia arrivando nessuno. L'ultima cosa che ci serve adesso è un'altra carrozza rovesciata.» L'emozione faceva parlare il vecchio cocchiere come se lei fosse ancora la bambina di un tempo.

    Lei guardò indietro, oltre la carrozza, e soltanto in quel momento si rese conto del pericolo in cui si trovavano. La vettura rovesciata bloccava gran parte della strada appena oltre la curva, che era circondata da una fitta zona boschiva. Sicuramente un veicolo che fosse arrivato da quella curva cieca a una velocità anche modesta sarebbe finito loro addosso prima che il conducente se ne accorgesse.

    Sollevando le gonne, corse indietro lungo la strada, a un tratto consapevole del rumore di zoccoli in arrivo. Il suo cuore sussultò per la paura. I cavalli sembravano molto vicini, ma non erano ancora in vista. Il dolore le trafiggeva il fianco. Non poteva correre più veloce. Era improbabile che il guidatore potesse vederla in tempo per reagire, stava viaggiando troppo speditamente.

    Quindi fece l'unica cosa possibile per evitare il disastro. Corse nel mezzo della strada, agitando le braccia, proprio mentre il veicolo trainato da due cavalli neri arrivava in vista.

    Le imprecazioni riempirono l'aria, mentre il guidatore tirava disperatamente le redini. Il calessino sbandò lungo la strada, fermandosi poi di botto e mancando Eleanor di pochi pollici.

    Con i polmoni brucianti e le gambe che tremavano, lei riuscì solo a restare a guardare, muta, mentre uno stalliere saltava dal suo trespolo e correva alla testa dei cavalli. Il guidatore le lanciò uno sguardo fulminante, poi legò le redini e balzò a terra.

    Eleanor trasse un respiro faticoso, trasalendo all'espressione furibonda dell'uomo che avanzava verso di lei.

    2

    Eleanor arretrò istintivamente. I penetranti occhi azzurri dell'uomo incombevano su di lei da sotto le folte sopracciglia aggrottate.

    «In nome di Dio, cosa stavate cercando di fare?» esplose lui. «Farvi uccidere...» Si fermò bruscamente, e il suo sguardo scivolò da Eleanor alla scena dietro di lei. L'afferrò per gli avambracci, sorreggendola, mentre esaminava il suo volto. «Siete ferita?»

    Eleanor scosse il capo.

    «Bene. Adesso, voglio che restiate calma e siate forte. Andate da Henry.» Indicò il suo stalliere. «Ditegli di venire ad aiutarmi, mentre voi trattenete i miei cavalli. Potete farlo?» Lei annuì. «Brava ragazza.»

    Le girò attorno e si diresse verso la carrozza rovesciata. Eleanor, ancora sconvolta, lo fissò per alcuni istanti e poi, riscuotendosi dallo stupore, fece come le aveva detto. Andò a trattenere i cavalli, mentre lo straniero prendeva in mano la situazione con una facilità che rivelava in lui un capo naturale.

    Brava ragazza? Chi si crede di essere? Non sarà molto più vecchio di me.

    Scacciò quei pensieri nell'istante in cui si intrufolarono nella sua mente. Non importava che l'avesse relegata al ruolo di femmina inutile, stava solo cercando di aiutarla. Come un cavaliere dall'armatura scintillante. Represse un sorriso, a quel pensiero assurdo. Nella sua esperienza, gli uomini di rado si sentivano cavallereschi nei confronti delle donne alte, indipendenti e autorevoli come lei.

    La presenza dello straniero riscosse i domestici, e le redini furono presto tagliate, permettendo ai cavalli di alzarsi e calmarsi. Mentre gli altri erano occupati, Eleanor radunò il suo coraggio e si costrinse a studiare i boschi circostanti, nel caso qualcuno stesse appostato a spiare. Non vide niente, nessun movimento.

    Timothy venne spedito alla fattoria più vicina per chiedere aiuto, e i cavalli feriti furono esaminati. Un'accalorata discussione parve aver luogo tra gli uomini, prima che lo straniero piazzasse una mano sulla spalla di Joey, chinandosi a parlargli nell'orecchio. Poi lo spinse nella direzione di Eleanor, facendo cenno a Fretwell, il quale estrasse una pistola dal cassone della carrozza.

    Joey incespicò, mentre le si avvicinava, gli occhi pieni di lacrime. «L'abbatteranno, povera ragazza. La mia Bonny! Le hanno sparato, e ha una zampa rotta. Non c'è niente che possiamo fare per salvarla.»

    «Oh, Joey, mi dispiace tanto! So quanto sei affezionato ai tuoi cavalli.» La vista di Eleanor si annebbiò. «Non guardare.» Gli strinse il braccio e lo fece girare, in modo che desse le spalle alla scena orribile. Pochi istanti dopo risuonò uno sparo, ed entrambi si irrigidirono.

    Joey sospirò. «È finita allora, ragazza... Chiedo scusa, volevo dire... milady.» Si raddrizzò. «Ci sono ancora tre cavalli che hanno bisogno di me. Devo tornare indietro.» Iniziò ad allontanarsi, poi si fermò e si girò a guardare Eleanor con occhi turbati. «Chi pensate possa aver fatto una cosa così cattiva? Sparare a un animale innocente è già grave, ma quel colpo avrebbe potuto uccidere chiunque di noi.»

    Le sue parole amare echeggiarono nell'aria, mentre Eleanor osservava il suo fedele servitore tornare presso gli altri uomini, che stavano sollevando la carcassa di Bonny da sopra il suo compagno, Joker. Un brivido le corse lungo la schiena nel vedere Fretwell ricaricare la pistola e camminare piano lungo la strada, scrutando con attenzione nella fitta boscaglia. Eleanor si strinse addosso il suo mantello da viaggio, quasi che potesse renderla invisibile.

    Tremante, Joker si mise in piedi non appena gli fu possibile, permettendo a Joey di stringersi al petto la sua testa abbassata, mentre gli mormorava nell'orecchio. Henry tornò a occuparsi della vettura e dei cavalli, ed Eleanor si avviò lentamente verso la sua carrozza.

    Era consapevole dello scrutinio dello straniero, che ricambiò con discrezione. Il suo veicolo e i cavalli erano di prim'ordine, ma i suoi abiti ? un pastrano aperto sopra una larga giacca blu scuro ? non lo erano. Nessun gentiluomo di sua conoscenza avrebbe anteposto la comodità all'eleganza. Era di aspetto atletico. La faccia, che esibiva un naso leggermente storto che di sicuro era stato rotto e malamente sistemato, era abbronzata, in contrasto con la moda corrente, e la mascella squadrata in qualche modo suggeriva che un tipo simile si sarebbe trovato a disagio nei salotti del ton.

    Poteva essere un formidabile avversario. Le parole scivolarono inaspettate nella sua mente. Avversario? Si diede una scossa mentale, irritata di vedere minacce ovunque. Raddrizzò le spalle, sollevò il mento e incontrò lo sguardo dello sconosciuto. I freddi occhi azzurri la esaminarono, mandandole un altro brivido lungo la schiena, stavolta di consapevolezza. I suoi lineamenti parlavano di forza e decisione e, sì, anche di una punta di quella minaccia che lei aveva immaginato poco prima.

    Le palpebre di lui si strinsero un istante prima che le rivolgesse un sorriso, che trasformò il suo volto ancora aspro, ma ammorbidito dal calore dello sguardo.

    «Vi ringrazio del vostro aiuto, signore.»

    Lui chinò il capo. «È stato un piacere, milady.» Il suo sorriso si allargò. «Ho sognato a lungo di salvare una damigella in pericolo e adesso...» Il suo gesto abbracciò la scena. «... il mio sogno è divenuto realtà.»

    Eleanor lo guardò, sospettando uno scherzo, ma il candore della sua espressione e la luce nei suoi occhi non sembravano nascondere malizia. «Vi ringrazio, e vi chiedo scusa per aver quasi causato un altro incidente.»

    «Avete fatto la cosa giusta. Le conseguenze sarebbero state serie se non aveste agito con tanta decisione. O coraggio.» La studiò di nuovo, e lei riconobbe il lampo diabolico nei suoi occhi, mentre lui aggiungeva, sottovoce: «O sventatezza».

    Eleanor si irrigidì e aprì la bocca per contrattaccare, ma lui si era già girato, l'attenzione attirata da un debole grido dall'interno della vettura rovesciata.

    «Buon Dio!» Eleanor mise da parte la sua irritazione, nel ricordare che la zia Lucy e le due cameriere erano ancora intrappolate all'interno. «Signore, posso approfittare di voi ancora una volta?»

    «Chi c'è dentro?»

    «Mia zia e le nostre due cameriere.»

    Lo straniero balzò sulla carrozza, si inginocchiò e si allungò attraverso lo sportello aperto per aiutare zia Lucy, Lizzie e Matilda a uscire, prima di deporle al sicuro sul terreno.

    Era un uomo abituato ad assumere il comando delle operazioni, si disse Eleanor osservandolo agire, chiedendosi chi fosse e da dove venisse, mentre zia Lucy la raggiungeva, pallida e scossa.

    «Come stai...?» Non riuscì ad andare oltre.

    «Chi è il nostro soccorritore?» furono le prime parole pronunciate dalla zia, in un sussurro sibilante. «Mi chiedo da dove venga. È molto attraente, e in modo alquanto virile, non credi, Ellie?»

    «Shh, zia Lucy! Ti sentirà» l'ammonì Eleanor, mentre lui si avvicinava, il pastrano ondeggiante che rivelava le gambe muscolose infilate nei pantaloni di daino. Era senza cappello e i capelli biondo scuro, striati dal sole, gli ricadevano talvolta sulla fronte, solo per essere spinti indietro da una mano impaziente.

    «Pare che io sia di nuovo in debito con voi, signore» osservò.

    «Ve lo ripeto, non sono necessari ringraziamenti» si schermì lui. «È stato un onore. Posso presentarmi? Matthew Thomas, al vostro servizio, signore.»

    Zia Lucy, con i piccoli occhi scuri illuminati dalla curiosità, replicò: «Lady Rothley».

    Mr. Thomas chinò il capo. «Sono onorato di fare la vostra conoscenza, Lady Rothley. E...?»

    «Permettetemi di presentarvi mia nipote Eleanor, la Baronessa Ashby.»

    Lui si inchinò ancora una volta. «Incantato, Lady Ashby.»

    Nel raddrizzarsi, i suoi occhi si incatenarono a quelli di Eleanor, scintillanti di apprezzamento. Qualcosa dentro di lei eseguì una capriola. Oh, sì, pensò, convenendo con sua zia: era certamente un uomo attraente.

    Fece scivolare lo sguardo da lui a Fretwell, che era tornato e si era unito a loro, un cipiglio a increspargli la fronte.

    «Fretwell, spero che questo non abbia aggravato la vostra ferita alla testa. Era appena guarita.»

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