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Immaginare il futuro
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E-book385 pagine5 ore

Immaginare il futuro

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SAGGIO (276 pagine) - SAGGI - Un invito a riflettere sui preconcetti relativi alla fantascienza, per poterla rileggere con occhi nuovi.

È un'idea comune che la science-fiction (sci-fi, SF), la fantascienza insomma, si occupi del futuro dell'umanità. Basta fare un veloce excursus tra alcuni maestri del passato, senza dimenticare gli esiti più recenti di questo genere, per rendersi conto che la questione sia assai più complicata di quel che si potrebbe pensare a prima vista. I modi di rapportarsi al tempo, oltre che alle suggestioni offerte dalle scienze storiche, sono assai sfaccettate e vanno al di là della mera tentazione di dar vita ad una lettura profetica. Uno studio che è un invito a riflettere sui preconcetti relativi a questo genere, per poterlo rileggere e ripensare con occhi nuovi. Saggio finalista al Premio Italia 2016

Claudio Cordella è nato a Milano il 13 luglio del 1974. Si è trasferito a Padova dove si è laureato in Filosofia, con una tesi dedicata all'utopismo di Aldous Huxley, e in seguito in Storia, con un lavoro imperniato sulla regalità femminile in età carolingia. Nel 2009 ha conseguito un master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale dopo aver svolto uno studio incentrato su di un canapificio storico; situato a Crocetta del Montello (Treviso), compiuto assieme a Carmelina Amico. Scrive narrativa e saggistica; ha partecipato a diversi progetti antologici e ha collaborato con alcune riviste. È stato il vice direttore del web magazine Fantasy Planet (La Corte Editore). Nel 2012 ha partecipato all'ottavo Congreso Internacional de Molinologia, che si è svolto a Tui (Galizia), con un intervento intitolato "Il mulino di Villa Bozza, la conservazione possibile, attraverso un progetto imprenditoriale", dedicato alla storia di un mulino padovano e scritto in collaborazione con Camilla Di Mauro. Recentemente, per LA CASE books, è uscito "Fantabiologia. Dai mondi perduti a Prometheus", un saggio di storia della cultura popolare da Jules Verne a Sir Ridley Scott.
LinguaItaliano
Data di uscita3 nov 2016
ISBN9788865309278
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    Anteprima del libro

    Immaginare il futuro - Claudio Cordella

    a cura di Diego Bortolozzo

    Claudio Cordella

    Immaginare il futuro

    Saggio

    Prima edizione novembre 2016

    ISBN 9788865309278

    © 2016 Claudio Cordella

    Edizione ebook © 2016 Delos Digital srl

    Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano

    Versione: 1.0

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.

    Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

    Indice

    Il libro

    L'autore

    Immaginare il futuro

    Immaginare il futuro. Tempo, storia e sci-fi

    Introduzione

    1. Heinlein e lo shinkoku

    2. Fondazione e ragione

    3. Schegge di storia

    4. Galassie di antico regime

    5. Riscrivere il mito

    6. Simak, Bradbury e il sabi

    Conclusioni

    Bibliografia

    Filmografia

    Delos Digital e il DRM

    In questa collana

    Tutti gli ebook Bus Stop

    Il libro

    Un invito a riflettere sui preconcetti relativi alla fantascienza, per poterla rileggere con occhi nuovi.

    È un'idea comune che la science-fiction (sci-fi, SF), la fantascienza insomma, si occupi del futuro dell'umanità. Basta fare un veloce excursus tra alcuni maestri del passato, senza dimenticare gli esiti più recenti di questo genere, per rendersi conto che la questione sia assai più complicata di quel che si potrebbe pensare a prima vista. I modi di rapportarsi al tempo, oltre che alle suggestioni offerte dalle scienze storiche, sono assai sfaccettate e vanno al di là della mera tentazione di dar vita ad una lettura profetica.

    Uno studio che è un invito a riflettere sui preconcetti relativi a questo genere, per poterlo rileggere e ripensare con occhi nuovi.

    Saggio finalista al Premio Italia 2016

    L'autore

    Claudio Cordella è nato a Milano il 13 luglio del 1974. Si è trasferito a Padova dove si è laureato in Filosofia, con una tesi dedicata all'utopismo di Aldous Huxley, e in seguito in Storia, con un lavoro imperniato sulla regalità femminile in età carolingia. Nel 2009 ha conseguito un master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale dopo aver svolto uno studio incentrato su di un canapificio storico; situato a Crocetta del Montello (Treviso), compiuto assieme a Carmelina Amico.

    Scrive narrativa e saggistica; ha partecipato a diversi progetti antologici e ha collaborato con alcune riviste. È stato il vice direttore del web magazine Fantasy Planet (La Corte Editore). Nel 2012 ha partecipato all'ottavo Congreso Internacional de Molinologia, che si è svolto a Tui (Galizia), con un intervento intitolato Il mulino di Villa Bozza, la conservazione possibile, attraverso un progetto imprenditoriale, dedicato alla storia di un mulino padovano e scritto in collaborazione con Camilla Di Mauro.

    Recentemente, per LA CASE books, è uscito Fantabiologia. Dai mondi perduti a Prometheus, un saggio di storia della cultura popolare da Jules Verne a Sir Ridley Scott.

    Dello stesso autore

    Claudio Cordella, Inanna Imperium ISBN: 9788865308073 Claudio Cordella, Ludosfera Imperium ISBN: 9788865308127 Claudio Cordella, Sarara Imperium ISBN: 9788865308219 Claudio Cordella, Anime robotiche NerdZone ISBN: 9788865309254 Claudio Cordella, L'ultimo secolo di Roma Nodi della storia ISBN: 9788865309148

    Immaginare il futuro.

    Tempo, storia e sci-fi

    Se la nostra specie riuscirà a sopravvivere quanto l'erectus, abbiamo davanti a noi altri 1.200.000 anni. Mi gira la testa se cerco di immaginare tutti i mutamenti che si potrebbero verificare in questo periodo. Di questo lontanissimo futuro si può dire soltanto che sarà inimmaginabilmente diverso.

    Marvin Harris, Our Kind: who we are, where we came from, where we are going, 1989; tr. it. La nostra specie, Milano 2004, p. 45

    Gli storici e i filosofi vissuti nel XIX secolo inclinavano a pensare che la storia avanzasse sulla spinta dei grandi mutamenti spirituali e intellettuali. Credevano che Dio, o lo Spirito della Ragione o la Passione per la Libertà facessero procedere il mondo.

    Christopher A. Bayly, The Birth of the Modern World, 2004; tr. it. La nascita del mondo moderno 1790-1914, Torino 2009, p. 11

    Introduzione

    È un'idea comune che la science-fiction (sci-fi, SF), quella che nel nostro paese viene chiamata fantascienza, si occupi del futuro dell'umanità. In genere un romanziere che si dedichi alla sci-fi, così come un fumettista o un regista, viene visto come una sorta di stregone. Si ritiene che il suo sguardo sia perennemente rivolto a quella magica terra chiamata domani, sia per deliziarci con visioni di super-computer intelligenti, robot e astronavi interstellari, sia per terrorizzarci con scenari da incubo a base di dittature globali, apocalissi nucleari, disastri ecologici, invasioni aliene e impatti con altri corpi celesti. Assumendo in quest'ultimo caso le funzioni, se non addirittura il linguaggio immaginifico, di quei predicatori capaci di suscitare terrore nei fedeli grazie alla minuziosa descrizione dei tormenti sulfurei a cui sono predestinati i peccatori. Fumetti e film catastrofici, come la splendida graphic-novel Kaze no tani no Nausicaä (Nausicaä della Valle del vento) di Hayao Miyazaki, oppure lo spettacolare The Day After Tomorrow (The Day After Tomorrow-L'alba del giorno dopo) di Roland Emmerich, potrebbero essere visti come gli equivalenti moderni degli affreschi delle chiese medievali a base di fiamme infernali e danze macabre .¹

    Del resto, qui abbiamo a che fare con degli autentici scenari da girone dantesco, degni delle migliori pagine di Dante Alighieri, evocati dai loro autori con il preciso scopo di ammonirci riguardo alle insensatezze dell'umanità: sia che si tratti dell'instaurarsi di regimi liberticidi e genocidi, sia dell'accumulo di arsenali termonucleari in grado di distruggere più e più volte la nostra Terra, oppure di un inquinamento provocato da un'industrializzazione senza freni. Insomma, si tratterebbe di una predicazione laica intenzionata non tanto a salvare le nostre anime quanto piuttosto le nostre vite, nonché quelle dei nostri discendenti, dai frutti dell'umana follia. Abbiamo dunque a che fare con dei novelli maghi Merlini, demiurghi fautori di sogni utopici, imperniati su ardite conquiste tecno-scientifiche, così come di incubi distopici e/o apocalittici. In definitiva, quando leggiamo una pagina di sir Arthur C. Clarke (1917-2008) relativa all'esplorazione del cosmo, oppure di George Orwell (1903-1950) riguardo all'Inghilterra dominata dal Big Brother (Grande Fratello) di Nineteen Eighty-Four (1984), attribuiamo agli autori, in una certa qual misura, uno sguardo profetico. Sono gli sciamani, le Sibille e gli oracoli di Delfi della contemporaneità, dei privilegiati dotati di una vista più acuta del normale che gli consente di vedere oltre la collina, lì dove si annidano orrori e prodigi senza fine. Riteniamo istintivamente che essi, in una qualche maniera a noi ignota, abbiano saputo sollevare una qualche cortina posta tra noi e il nostro futuro, potendo così dare una veloce sbirciatina. Certo, non si tratterebbe niente di più di un'occhiata furtiva, quindi imperfetta e lacunosa, ma ugualmente valida per fornirci un'idea di che cosa poterci aspettare dal nostro domani. Eppure, siamo davvero sicuri che sia proprio così? Tutti gli autori di sci-fi, indipendentemente dal medium impiegato (narrativa, cinema, televisione, fumetto, videogiochi), hanno realmente rivolto le loro energie creative al solo scopo di liberarsi dalle catene del presente come tanti crononauti? Siamo difronte ad una genia di viaggiatori del tempo, capaci di sondare, attraverso tecniche ignote ai più, tutti gli ipotetici futuri più o meno distanti dal nostro quotidiano? L'allunaggio dell'Apollo 11 nel 20 luglio 1969, ha falsificato qualsiasi racconto, romanzo, pellicola, tavola di fumetto nel quale si descriveva il primo sbarco dell'Uomo sul satellite del suo mondo natale. Ciò nonostante, gran parte della narrativa fantascientifica ad ambientazione lunare rimane ancor oggi leggibile e artisticamente valida; si pensi solo a certe novelle di Robert A. Heinlein (1907-1988), oppure al romanzo Prelude to Space (Preludio allo spazio) del '53 di sir Clarke. Lungi da essere considerate delle profezie sbagliate, prodotte da profetesse miopi, questi racconti sono accolti alla stregua di descrizioni di realtà parallele, nelle quali la corsa allo spazio si è svolta secondo modalità diverse da quelle che noi conosciamo. Un'ipotesi ad hoc che scatta regolarmente, come un orologio di precisione, ogni qual volta un mondo fittizio viene raggiunto (se non superato) dalle conquiste (oppure dai crimini) della realtà. A un certo punto, Heinlein prese atto della falsificazione che aveva colpito gran parte della sua produzione e la salvò, se così possiamo dire, tramite l'introduzione del concetto di realtà parallele. Il nostro postula così l'esistenza di un impressionante numero di dimensioni spazio-temporali raggiungibili, corrispondente alla potenza di sei per sei, all'interno delle quali gli avvenimenti storici si sono svolti in maniera differente da quella che conosciamo. Trasformandosi de facto in autentiche ucronie, in queste storie contro-fattuali ha legittima cittadinanza un primo allunaggio organizzato dal milionario statunitense Delos David Harriman e non dalla NASA .²

    D'altra parte, seppure il nuovo secolo è iniziato in una maniera infinitamente più sanguinosa da come ci viene descritto in 2001: A Space Odyseey (2001: Odissea nello spazio), il film di culto del 1968 diretto da Stanley Kubrick (1928-1999), non per questo il capolavoro kubrickiano ha cessato di essere una genuina opera d'arte e le sue speculazioni, sull'evoluzione umana e la possibilità di entrare in contatto con intelligenze aliene, conservano tutt'ora un innegabile fascino .³ Tra l'altro, gli influssi di questo monumento della fantascienza cinematografica, sia a livello iconografico che concettuale, riecheggiano nel corpus cine-televisivo del giapponese Hideaki Anno; il creatore dell' anime Shin seiki Evangerion ( Neon Genesis Evangelion ), anch'esso ambientato all'inizio di un ventunesimo secolo che non è di certo quello in cui noi tutti ci ritroviamo ora a vivere .⁴

    A questo punto, possiamo notare come l'atteggiamento nei confronti della sci-fi è a dir poco contraddittorio. Se da un lato si prende atto delle debolezze predittive degli autori di fantascienza, incapaci di prevedere un allunaggio in diretta televisiva oppure il collasso dell'Unione Sovietica, pur tuttavia questo non implica che racconti, filmati e fumetti siano cestinati in blocco alla stregua di previsioni astrologiche sballante. Certo, si prende atto della divergenza esistente tra i fatti raccontati in questo o quel mondo immaginario e la nostra Terra, solo che alla fine andiamo ugualmente a cogliere quello che c'è di buono in queste narrazioni che sono ancora in grado di divertirci e/o di farci riflettere. Il fatto che nel 2001 non sia esistito un super-computer impazzito di nome HAL 9000, impegnato a massacrare degli astronauti diretti verso Giove, non significa che tale racconto non abbia molto da dirci riguardo al rapporto uomo/macchina e alle problematiche legate allo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale. Lo scopo della pellicola di Kubrick, basata su una sceneggiatura scritta a quattro mani con Clarke, non era certo quello di fare una predizione tecno-astrologica facilmente dimenticabile .

    A dire il vero la questione è un po' ambigua, la sci-fi inizia a esser presa sul serio solo a partire dagli anni '40-'50; le bombe atomiche sul Giappone prima e in seguito i pionieristici lanci nello spazio (lo Sputnik), concretizzano alcune delle tecno-profezie di quegli strampalati stregoni che pubblicano su coloratissime riviste popolari .⁶ I mass-media mostrano nei loro riguardi una maggiore attenzione, le loro storie appaiono in volumi rilegati, alcuni (come Clarke) si atteggiano a futurologi in grado di anticipare il domani. In realtà, seppure una simile aurea profetica finisce con l'avvolgere l'intero universo fantascientifico, si tratta di un malinteso non da poco. La verità è che esistono universi fantascientifici il cui interesse principale, nonostante il look futuribile di ambientazioni e personaggi, non è tanto il futuro quanto piuttosto il passato se non l'immediato presente. Si pensi solo a Ray Bradbury (1920-2012), il cui corpus letterario è imperniato sul vagheggiamento di un Midwest da realismo magico, una dimensione bucolica strettamente unita alla sua idea di meraviglia e di fanciullezza, un tempo primordiale nel quale ogni cosa è possibile. Persino il Pianeta Rosso su cui sono ambienti alcuni dei suoi racconti più celebri, è un Marte del tutto fittizio, a conti fatti null'altro se non un'appendice del suo Illinois trasfigurato. Simili ossessioni agresti, partorite non a caso da autori nati nel cuore degli Stati Uniti, ricorreranno parimenti nella produzione di Clifford D. Simak (1904-1988); più ben disposto a vagheggiare di cottage persi nel verde che di megalopoli fatte di iper-grattacieli alti chilometri oppure di colonie orbitanti.

    Altrove, anime di successo come Rasuto Eguzairu (Last Exile) del 2003, 26 episodi per la regia di Koichi Chigira, presentano una collocazione temporale futuristica accompagnata a un ricercato design dei costumi e dei macchinari di matrice chiaramente otto-novecentesca. Uno stile steampunk che si alimenta con i sogni dell'epoca vittoriana e dell'epoca pionieristica dell'automobile, trasformando in aeronavi le auto dei primi anni del Novecento, ma che non ambisce a ricostruire un'età del vapore in senso ucronico quanto piuttosto a regalarci un domani che ha tutto l'aspetto esteriore dei più voli sfrenati di fantasia di Jules Verne (1828-1905). Un modus operandi estetizzante che lo stesso Chigira ci apparecchia, se possibile addirittura con maggior fasto, nel relativo sequel in 23 puntate del 2011 Last Exile ~Ginyoku No Fam~ (Last Exile: Fam, The Silver Wing). Certo, un simile retrofuturismo visivo ha pure fatto la sua comparsa nel kolossal del 2004 Sky Captain and the World of Tomorrow, ciò nonostante la pellicola di Kerry Conran, essendo ambientata in un 1939 alternativo, rispetta i canoni del genere ucronico. Non si può invece dire lo stesso né per il Marte di Bradbury, né per le macchine volanti di Last Exile che ne hanno solo l'aspetto esteriore. Analogamente, come si è già visto i racconti lunari pre-1969 sono senz'altro ucronici ma in origine non sono stati concepiti come tali, solo il trascorrere del tempo ci ha costretto a riconsiderarli e a mutarne lo status. In conclusione, a rendere più complicate le cose, nonostante i luoghi comuni riguardanti gli autori-profeti, non possiamo non registrare la presenza di universi immaginifici che mescolano tra loro le suggestioni offerte dalla storia, così come dall'attualità e dalla futurologia. Tra l'altro negli ultimi decenni, grazie a una crescente instabilità geo-politica mondiale, oltre che dagli incredibili progressi dell'informatizzazione, con tanto di pericoli connessi all'espansione del virtuale a scapito del reale, ci si è resi conto di quanto sia labile il nostro concetto di oggi. Persino l'idea di documentazione fotografica, grazie all'introduzione del digitale, ha reso problematico l'impiego delle fonti fotografiche per la ricostruzione dei fatti di cronaca, seppur debitamente immortalati da qualche reporter .

    Arrivati a questo punto, potremmo persino spingerci a chiederci che cosa sia il presente, quale consistenza esso abbia in questo 21° secolo post-moderno, nel quale basta spostarsi di soli venti minuti nel futuro, come recitavano i titoli di testa del telefilm Max Headroom (1987-1988), per trovarsi in un mondo differente? Dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, con le sue centinaia di vittime innocenti, dovremmo aver compreso come eventi che solo il giorno prima ci sembravano impossibili possano tutto a un tratto accadere. A parere di chi scrive, seppure per molti la sci-fi rimanga una sorta di scienza profetica e i suoi cultori sian visti come tanti guru (più o meno attendibili), all'interno di questo genere non mancano richiami ad avvenimenti storici realmente accaduti, per non parlare di un'idea di Storia ben precisa. Seppur apparentemente contro-intuitivo, nella linfa della fantascienza spesso scorre un sincero interesse per remote civiltà, oltre che per modi di vivere ormai dimenticati. Talvolta, alcune delle più celebri produzioni cine-televisive a livello mondiale ne portano appresso i segni in maniera inequivocabile.

    Kidō Senshi Gandamu (Mobile Suit Gundam) di Yoshiyuki Tomino, 43 episodi trasmessi nel '79-'80, non solo è un monumento dell'animazione mondiale ma sotto svariati aspetti è una versione in salsa fantascientifica della Seconda guerra mondiale. A tal proposito, non possiamo non constatare comela presenza di richiami specifici, sia iconografici che storici, a quel tremendo conflitto non siano affatto pochi: la contrapposizione Asse/Alleati, la guerra nel Pacifico, così come quella sul fronte europeo e l'invasione dell'URSS, il rapido sviluppo tecnologico che porta alla messa in campo di nuove macchine da guerra sino alla realizzazione di armi di distruzione di massa, il massacro indiscriminato di civili, etc. Produzioni successive, affidate a registi diversi ma ambientate durante il medesimo arco temporale della serie classica (la Guerra di un anno, la One Year War), hanno sia acuito la sensazione di star assistendo a una riproposizione dello scontro con il Reich, sia inserito riferimenti ad altri eventi bellici. L'ambientazione del Sud-est asiatico di Kidō Senshi Gandamu: Dai zerohachi Emu Esu shōtai (Mobile Suit Gundam: The 08th MS Team), una miniserie per il mercato dell'home-video (OAV) costituita da tredici episodi distribuiti tra il '96 e il '98, ci porta alla memoria il Vietnam con le sue giungle, i suoi fiumi fangosi e i suoi guerriglieri .⁸ Al contrario, i tre diversi cicli narrativi che compongono i nove episodi dell'OAV della serie Kidō Senshi Gandamu MS Iguruu: Ichinen Sensō hiwa ( Mobile Suit Gundam MS IGLOO ), evocano ancora di più il secondo conflitto mondiale nella descrizione delle battaglie e nelle uniformi. L'impressione è quella di trovarsi di fronte ad un ricercato anacronismo, i fanti del futuribile Principato di Zeon impegnati in una versione ribaltata dello sbarco di Normandia, ci appaiono in un certo qual modo credibili perché ci ricordano quelli della Wehrmacht. Un primo piano di un soldato che spara impugnando una pistola simile a una Lüger, invece che di sembrarci improponibile, all'interno di una battaglia nella quale la fanteria è supportata da robot antropomorfi ( mobile suit ), acuisce l'effetto déjà-vu nonostante l'assurdità di un simile vintage .⁹

    Parimenti, le divise delle truppe di terra della Federazione terrestre, in lotta contro Zeon, ci richiamano alla mente gli Alleati anglo-americani. L'impressione di familiarità, determinata dal fatto che tutti noi abbiamo visto almeno una volta un documentario storico oppure un film di guerra, ci fornisce la sensazione che la scena che avviene dinnanzi ai nostri occhi possegga una buona dose di verosimiglianza. Forse, inconsciamente tendiamo a credere che qualsiasi conflitto di immani proporzioni, seppure collocato in una realtà ancora al di là da venire, debba rassomigliare a quell'ultima guerra che è stata capace di scuotere l'intero pianeta, nemmeno si trattasse di un modello buono per tutte le stagioni. D'altra parte, è nelle intenzioni di Tomino rivolgere la nostra attenzione sia al futuro, con i suoi problemi di sovrappopolazione e le sue promesse legate alla colonizzazione dello spazio, sia a quelle atrocità del passato che in un giorno non troppo lontano potrebbero benissimo ripetersi.

    La leggendaria saga di Star Wars, attualmente in procinto di crescere esponenzialmente grazie ai film voluti dalla Disney, ci conduce per mano tra i mondi di una galassia lontana, lontana, fa sfilare dinnanzi ai nostri occhi incrociatori interstellari, robot e super-armi ma al tempo stesso attinge alle storie epiche dell'Occidente e dell'Oriente (cavalieri, samurai). Richiama il terrificante spettro del Reich nazista per tratteggiare i caratteri di un regime militare disumano e genocida, dipinge un fosco medioevo tecnologico ricalcato su più comuni pregiudizi relativi ai secoli di mezzo europei. Gli adattatori nostrani, calcando ancor di più la mano su questi riferimenti medievaleggianti, hanno rinominato la Death Star (la fortezza grande come una luna capace di distruggere interi mondi) in Morte Ner_a, con ovvio riferimento alla peste bubbonica che nel Trecento devastò l'Europa. Al tempo stesso, se nell'universo starwasiano si deve raccontare la caduta di una democrazia, corrotta e inefficiente, coinvolta in un conflitto inutile quanto sanguinoso, allora si strizza l'occhio a quegli eventi della tarda repubblica romana che portarono alla nascita dell'impero. Che allora il passato sia una guida accettabile per poter descrivere il nostro domani? Senza alcun dubbio il fantasy novecentesco, come nei romanzi di J. R. R. Tolkien (1892-1973) e di C. S. Lewis (1898-1963), si abbeverò alla fonte del sapere storico, in particolar mondo a quella della medievistica. Castelli turriti, poemi cavallereschi, associati a un'interpretazione idealizzata di stampo conservatrice della società feudale, esercitarono un indubbio fascino. A partire dagli anni '90 del secolo scorso, le violenze e le lotte di potere tardo-medievali della Guerra dei Cent'anni e sopratutto della Guerra delle Due Rose, è servita da fonte ispiratrice a George R. R. Martin per l'imponente saga fantasy (tutt'ora incompiuta) Song of Ice and Fire (Cronache del ghiaccio e del fuoco_). Invece la narrativa di Robert E. Howard (1906-1936) si basa su una visione dualistica che contrappone civiltà e barbarie; la prima è indolente, corrotta e destinata a cadere, la seconda invece è innocente, vigorosa ed è legata alle forze primordiali della Natura.

    Idee assimilabili a quelle della storiografia tedesca influenzata dal romanticismo, dalla quale discende quella stessa scuola pensiero che contrapponeva i virtuosi Germani ai Romani debosciati. Solo per fare un nome celebre, per il tedesco Otto Seeck (1850-1921), fervente sostenitore dell'abberrante ideologia del darwinismo sociale, la storia tardo romana era stata caratterizzata unicamente da corruzione e decadenza. Le corti di Ravenna e Costantinopoli, giudicate negativamente sulla base di irrazionali pregiudizi misogini, venivano rappresentate come incapaci di amministrare la compagine imperiale perché governate da nobildonne. Le aristocratiche del tempo sarebbero state delle inette, colpevoli principalmente dell'esser nate femmine, esponenti di quel sesso debole che per definizione non poteva capir nulla di politica e di faccende militari. Destinate, a causa di un'inferiorità biologica predeterminata, a essere messe in scacco da quei virili guerrieri germanici senza paura che avrebbero fatto scempio della romanità. Simili idee, trasfigurate dal racconto fantastico, riecheggiano nella narrativa di Howard, non a caso il barbaro Conan, nato nella primitiva Cimmeria, diventa il sovrano del civilizzato ma decante Impero di Aquilonia .¹⁰

    Un capitolo a parte poi lo meriterebbero gli autori della pseudo-saggistica relativa all'archeologia misteriosa; una disciplina priva del benché minimo fondamento ma capace di attirare su di sé l'interesse dei media, sostenendo ancor oggi la veridicità dell'antichissimo mito platonico di Atlantide oppure di inesistenti atterraggi alieni nel passato. Anche nel nostro paese, si sono succedute diverse figure di divulgatori, se così possiamo chiamarli, che si sono assunti il compito di diffondere tali teorizzazioni inconsistenti. Tra i tanti, vogliamo qui ricordare Pier Domenico Colosimo, alias Peter Kolosimo (1922-1984), che fece conoscere agli italiani con i suoi libri l'ipotesi delle astronavi nella preistoria, oltre a Roberto Giacobbo, conduttore di programmi televisivi a base di extraterrestri, poteri paranormali, viaggiatori del tempo e yeti. In un ambito similare, possiamo collocare i best-seller di Dan Brown, tutti quanti romanzi di successo, come il celebre The Da Vinci Code (Il codice Da Vinci) del 2003, che propongono una visione inedita quanto fantastica del nostro passato. La storia per Brown è tutta una serie intricata di congiure e di misteri, dando importanza a una visione complottista della realtà, mescolando tra di loro simbologia, numerologia e misticismo spicciolo. Un atteggiamento intellettualmente disonesto, imperniato sulla confusione dei registri interpretativi (tra quello narrativo e quello della ricerca storica), nonché sulla credulità del grande pubblico (che vuole leggere una storia meravigliosa, ricolma di colpi di scena, sentendosi contemporaneamente dire che è vera). D'altronde un conto è compiere dei seri studi iconologici sulla pittura rinascimentale, così come Erwin Panofsky (1892-1968) ci ha mostrato che si può fare, un altro è prendere a pretesto dipinti e architetture per inventarsi teorie cervellotiche prive di alcun fondamento, condite per di più con errori grossolani e invenzioni di sana pianta. Ciò nonostante Brown, pur essendosi chiaramente ispirato a una certa letteratura occultistica (imperniata sul Graal, i Merovingi e il paesino di Rennes-le-Château), dichiara di essersi attenuto a dei fatti storicamente documentabili. Attirandosi in questo modo, giustamente a mio parere, l'ironia e il biasimo di Umberto Eco che ha così sottolineato le palesi incongruenze del romanziere: «Ora è artificio narrativo comune, dalla Storia vera di Luciano a Swift e oltre, sino a Manzoni, iniziare un romanzo dicendo che si basa su documenti veritieri. L'unico particolare imbarazzante è che, al di fuori del romanzo, e cioè nella vita di tutti i giorni, Brown ha sempre sostenuto che quanto è narrato è storicamente vero». Umberto Eco, Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Milano 2013, p. 420.

    Per Eco, medievista e autore di romanzi ben presto assunti al rango di classici (Il nome della rosa, Il pendolo di Foucault), è un gioco da ragazzi elencare gli strafalcioni commessi da Brown: Goffredo di Buglione viene considerato un re di Francia, nonché il fondatore dell'inesistente Priorato di Sion, confonde le azioni del papa Clemente V con quelle di Filippo il Bello, infine immagina che il pontefice abbia avuto dei soldati dislocati in tutta Europa. Fa pure non poca confusione, tra i manoscritti trovati sulle rive del Mar Morto a Qumran nel 1947 con i vangeli gnostici contenuti nei codici di Nag Hammâdi (Egitto, 1945), spaccia per pagana la meridiana della chiesa parigina di Saint-Sulpice del 1743. Arrivando a dire che quest'ultima, permetterebbe di individuare una fantomatica Linea Rosa che porterebbe al Louvre e al Sacro Graal .¹¹

    Insomma, non solo l'Europa descritta da Brown è romanzesca da cima a fondo, in realtà non appartiene nemmeno all'ambito del romanzo storico quanto piuttosto a quello dell'ucronia. Solo in una Terra parallela alla nostra, un Brownverse potremmo chiamarlo, tutte queste corbellerie esisterebbero anche al di fuori delle pagine di un fortunatissimo fanta-thriller. Da parte mia, non posso fare a meno di sottolineare come gli autori di fantascienza, in genere sian stati assai più onesti nell'impiegare le suggestioni offerte dal sapere storico a fini narrativi. Non solo nella ricostruzione di realtà alternative, dove ricorrere all'ausilio della storia è indispensabile, ma anche per dipingere il nostro futuro.


    ¹. «Storicamente parlando, la fantascienza è partita da un approccio prescientifico o protoscientifico di satira dissacrante e di ingenua critica sociale, avvicinandosi poi di più alle scienze umani e naturali sempre più sofisticate. […] Nel ventesimo secolo la fantascienza è entrata nella sfera del pensiero antropologico e cosmologico, fungendo da diagnosi, da avvertimento, da richiamo alla comprensione e all'azione e, soprattutto, tracciando un quadro di alternative possibili». Darko Suvin, Metamorphoses of Science-Fiction. On the Poetics and History of a Literary Genre , 1979; tr. it. Le metamorfosi della fantascienza. Poetica e storia di un genere letterario , Bologna 1985, pp. 27-28. Si veda anche: Sandro Pergameno, La Terra del futuro: castelli nel cielo o rovine nella polvere? , in Storie del pianeta azzurro , a cura di Sandro Pergameno, Milano 1987, pp. I-XIII. Invece, per uno studio imperniato sul rapporto tra iconografia medievale e predicazione: Lina Bolzoni, La rete delle immagini. Predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena , Torino 2002.

    ². Gli ultimi romanzi di Heinlein, nei quali fa capolino il concetto il multi-universo, sono: The Number of the Beast , 1980; tr. it. Il numero della bestia , Milano 1980; The Cat Who Walks Through Walls , 1985; tr. it. Il gatto che attraversa i muri , Milano 1988; To Sail Beyond the Sunset , 1987; tr. it. Oltre il tramonto , Milano 1989. È proprio nel Numero della bestia che viene quantificato per la prima volta il numero degli universi raggiungibili, per di più attraverso un'espressione matematica che ricorda il biblico 666.

    ³. Si veda, a titolo di esempio, l'interesse mostrato dallo storico del cinema Antonio Costa per 2001: Odissea nello spazio in un suo recente saggio, soffermandosi in particolare sulla scena in un cui l'osso lanciato in aria da un ominide (nel quale

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