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Il sogno di Lalah: Animanga e utopismi
Il sogno di Lalah: Animanga e utopismi
Il sogno di Lalah: Animanga e utopismi
E-book359 pagine5 ore

Il sogno di Lalah: Animanga e utopismi

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Saggi - saggio (325 pagine) - Anime e manga, l'utopia e la distopia. La visione idealista o pessimista del futuro nella letteratura disegnata giapponese e i suoi rapporti con la distopia e la fantascienza occidentale.


Tra gli anime (cartoni animati) e i manga (fumetti) del Sol Levante, nonostante il successo di personaggi dagli incredibili poteri e dal carattere eccentrico, è ancora possibile ritrovarvi quel medesimo gusto per la narrazione utopistica che in ambito letterario ha affascinato autori del calibro di Herbert George Wells, William Morris, Evgenij Zamjatin, Aldous Huxley e George Orwell. In particolar modo l'interesse per il lato oscuro dell'utopia, la distopia, è più che evidente. Basti pensare al Galaxy Express 999 di Leiji Matsumoto, nel quale più di uno dei mondi descritti soffre a causa di un brutale regime dispotico. Si consideri poi come catastrofi d'ogni genere e guerre apocalittiche, dai consueti scenari imperniati sull'impiego di armi termonucleari agli scontri su scala cosmica, si accompagnano sovente alle descrizioni di simili distopie (Ken il guerriero, Akira, Nausicaä della Valle del vento). Non mancano nemmeno speculazioni relative all'evoluzione futura dell'umanità, degne di Wells oppure di Olaf Stapledon, strettamente legate ai miti del post-umanesimo e al loro relativo trascendentalismo (Ideon, Evangelion). Inoltre il terrore di perdere ogni libertà, in nome di una sicurezza offertaci dalle macchine contro i pericoli di un mondo caotico, è parimenti presente assieme al terrore che la tecnologia possa sfuggirci di mano (Shinsekai yori, Psycho-Pass). Talvolta, come accade nelle opere di Hayao Miyazaki, ci si rifugia nell'ecotopia, tra miraggi messianici e irrealistici ritorni al passato. Eppure, nonostante un pessimismo apparentemente dominante, gli utopismi nipponici sono tutt'altro che privi di speranza. Lo prova il “sogno di Lalah”, la visione di un domani migliore che nasce nel bel mezzo dell'infuriare di un conflitto fratricida (Mobile Suit Gundam).


Claudio Cordella è nato a Milano il 13 luglio del 1974. Si è trasferito a Padova dove si è laureato in Filosofia, con una tesi dedicata all'utopismo di Aldous Huxley, e in seguito in Storia, con un lavoro imperniato sulla regalità femminile in età carolingia. Nel 2009 ha conseguito un master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale dopo aver svolto uno studio incentrato su di un canapificio storico; situato a Crocetta del Montello (Treviso), compiuto assieme a Carmelina Amico.

Scrive narrativa e saggistica; ha partecipato a diversi progetti antologici e ha collaborato con alcune riviste. È stato il vice direttore del web magazine Fantasy Planet (La Corte Editore). Nel 2012 ha partecipato all'ottavo Congreso Internacional de Molinologia, che si è svolto a Tui (Galizia), con un intervento intitolato Il mulino di Villa Bozza, la conservazione possibile, attraverso un progetto imprenditoriale, dedicato alla storia di un mulino padovano e scritto in collaborazione con Camilla Di Mauro.

Recentemente, per LA CASE books, è uscito Fantabiologia. Dai mondi perduti a Prometheus, un saggio di storia della cultura popolare da Jules Verne a Sir Ridley Scott.

LinguaItaliano
Data di uscita28 nov 2017
ISBN9788825404203
Il sogno di Lalah: Animanga e utopismi

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    Anteprima del libro

    Il sogno di Lalah - Claudio Cordella

    9788865309148

    «Maisha: Forse sin da piccolo aveva dimostrato una tendenza verso il disegno e per questo gli hanno imposto gli studi scientifici.

    Masai: Ma è assurdo! Tutti devono avere la libertà di scegliere il proprio lavoro!

    Maisha: No, non su questo pianeta! Se il governo dice che il tuo lavoro dev'essere per forza quello, tu non hai scelta e devi sottostare alle loro decisioni». Galaxy Express 999, Ep. 101, Il pianeta dei sogni.

    «Sin da quando eravamo bambini, siamo stati condizionati a temere il mondo esterno». Shinsekai yori, Ep. 10, Più dell'oscurità.

    «Questa città deve rimanere un'utopia nella mente dei suoi cittadini. Ovviamente, questo significa che in realtà non lo è». No. 6, Ep. 7, Menzogne vere-Verità prive di significato.

    1. Introduzione

    Si tratterà di una questione di preferenze squisitamente soggettive ma trovo che Fuyu no wakusei (Il pianeta dell'inverno) di Yukinobu Hoshino, maestro del fumetto nipponico noto per il suo Nisenichiya Monogatari (2001 Nights. Space Fantasia), sia un gioiello sia a livello narrativo quanto iconografico.¹ In poche pagine il sensei Hoshino, grazie all'aiuto di un tratto dettagliato e minuzioso, ci trasporta in un mondo stretto nella morsa dei ghiacci, una cupa realtà nella quale una sparuta popolazione di pescatori conduce la sua esistenza miserabile. Privi di una tecnologia evoluta, perseguitati da un ambiente ostile così come dalle leggi di una società tribale ossessionata dall'idea di peccato, è quasi una fortuna che questi infelici siano condannati a trascorrere un'esistenza assai breve in quell'inferno di neve. Il periodo di gestazione dei nascituri è di soli sei giorni, le persone crescono e poi invecchiano a vista d'occhio. Un solo anno di vita è concesso a questi sventurati i quali, in assenza di una qualsivoglia forma di scrittura e per di più privi dell'uso della parola, a causa di un tabù o di un impedimento di qualche altra natura, hanno dovuto escogitare altri mezzi per trasmettere ricordi e conoscenze da una generazione all'altra. Ecco allora svelato il mistero relativo alla presenza di una straordinaria foresta di alberi di ghiaccio, composta da rami d'acqua congelata e minerali disciolti, i quali vengono plasmati da questi primitivi poco prima di spirare. Una singolare attività artistica che viene accompagnata da uno struggente canto di morte, la prima e l'unica occasione in cui questi alieni antropomorfi hanno modo di esprimersi a voce alta onde poter sigillare su questi singolari supporti le loro memorie attraverso un qualche sistema di registrazione..²

    Il pianeta dell'inverno, seguendo le sventure e i tormenti di uno di questi esseri, il quale avrà a che fare con gli astronauti di due diverse spedizioni, infrangerà le leggi della sua gente, verrà punito e cercherà in tutti i modi un'espiazione impossibile. In poche parole, l'autore pare voler evocare le speculazioni utopistiche e antropologiche della scrittrice americana Ursula K. Le Guin.³ Siamo difronte ad un dramma esistenziale in salsa futuristica, caratterizzato da un certo spessore psicologico e capace di suscitare interrogativi sul valore del linguaggio e della conoscenza. Un vero gioiellino parimenti distante sia dagli anime (cartoni animati) e dai manga (fumetti) imperniati sui combattimenti di eroi eccentrici e cool , sia da quel micidiale loop a base di sequel , prequel , remake e reboot in cui si è arenata gran parte dell'odierna produzione hollywoodiana di genere fantastico. Un Eden dorato che seppur proficuo dal punto di vista economico lo è assai di meno sotto il profilo della creatività, quantomeno se non facciamo coincidere quest'ultima con il marketing virale e con il merchandising . Non si creda però che nel Sol Levante stia soffiando un vento diverso, laddove un regista del calibro di Hideaki Anno, simile in questo al suo collega americano J. J. Abrams, il regista del settimo capitolo di Star Wars , punta sull'eterna ruminazione del medesimo bolo creativo. Un atteggiamento che viene spacciato da entrambi per post-moderno ma che potremmo definire come manieristico. Ecco allora che sfortunatamente, in un'epoca dominata da una simile sterilità, questo bel lavoro di Hoshino non ha mai beneficiato di una trasposizione animata degna di questo nome, tale da esaltarne le potenzialità immaginative e speculative. Al contrario un racconto a fumetti di Katsuhiro Otomo, celebre per il suo cyberpunk Akira ,⁴ non solo ha similari meriti, sia iconografici che narrativi, ma la sua versione anime (nota al pubblico nostrano come Magnetic Rose ), la ritroviamo all'interno di un film collettivo a episodi. Si tratta di Kanojo no Omoide… (I ricordi della signora…), tradotto in italiano come Memorie ed apparso all'interno dell'antologia omonima. La novella è imperniata sulla costruzione di un inverosimile monumento, una rosa assemblata con dei rottami, che dei robot erigono nel cosmo a imperituro ricordo della loro padrona scomparsa. Quest'ultima era un'eccentrica che in seguito ad una delusione amorosa aveva deciso di ritirarsi in solitudine nello spazio profondo, portandosi appresso tutti gli oggetti che amava e avendo quale unica compagnia i suoi obbedienti servi meccanici.⁵

    A differenza del suo prototipo cartaceo, Magnetic Rose fa invece di costei una cantante lirica colpevole di omicidio, una defunta che continua la sua esistenza sotto forma di spettro elettronico che irretisce i viventi tramite immagini illusorie. Una sirena cosmica che attira a sé i naviganti dello spazio con fittizi messaggi di soccorso, incarnati da un'aria della Madama Butterfly di Giacomo Puccini (1858-1924) trasmessa via radio; la quale sostituisce la canzone Moon Light Serenade di Glen Miller (1904-1944), che nel fumetto serviva parimenti a richiamare l'attenzione di incauti cosmonauti. In entrambi i casi, le astronavi di queste vittime sono destinate a diventar preda di un'irresistibile forza magnetica, finendo in mille pezzi per poi andare a costituire un titanico fiore di metallo. Il ricordo, quando viene affidato alle macchine, riesce di diventare un mostro capace di divorare ogni cosa ed i protagonisti, un gruppo di scalcagnati raccogli-detriti, ne faranno purtroppo le spese. Implicitamente Magnetic Rose, così come il suo prototipo cartaceo Kanojo no Omoide…, diventa una critica ai presupposti di base di certi sogni tecno-utopistici incentrati sulle scintillanti meraviglie dell'automazione e della robotica. In particolar modo nel manga i servi meccanici dell'ignota signora, i quali vegliano e onorano il corpo della defunta a modo loro, sembra che si siano messi di impegno per trasformare le stanze della scomparsa in un'autentica reggia. Peccato però che il tè da loro servito sia imbevibile, l'acqua che sgorga dai rubinetti sia una scura fanghiglia e i libri della loro immensa biblioteca hanno tutti quanti le pagine bianche (quando non sono del tutto indistinguibili dagli scaffali delle librerie). La morale a tal proposito sembra chiara, affidare qualcosa alle macchine, fosse pure semplicemente perpetuare il ricordo della nostra esistenza, senza l'ausilio di alcuna supervisione umana, non è mai una saggia idea. La natura implacabile della tecnologia, che non si arresta davanti a niente e a nessuno perché priva di un suo limite intrinseco, fa capolino pure in Koji chushi meirei (Interrompete i lavori!), anime diretto da Otomo e compreso nel lungometraggio antologico del 1987 Manie Manie Meikyû monogatari (Manie-Manie – I racconti del labirinto). Se in Kanojo no Omoide le eterne onoranze funebri dei robot non fanno nient'altro che generare altri eventi luttuosi, trasformando i veicoli degli ignari soccorritori nei componenti della loro immane corona floreale, qui l'instancabile laboriosità degli automi mostra quanto possa essere di per se stessa dannosa. Si tratta di una satira pungente, caustica verso le gerarchie aziendali delle multinazionali così come nei confronti dei miti della moderna automazione.

    Interrompete i lavori! ci illustra con brio le disavventure di un caricaturale impiegato nipponico, inviato dai suoi superiori nel bel mezzo di una lussureggiante giungla tropicale per fermare dei robot operai che non vogliono interrompere la costruzione degli edifici in un cantiere diventato anti-economico. Una vicenda surreale che vedrà questo poveretto misurarsi con le temibili macchine, seguaci di una stravagante logica efficentista e già responsabili della fuga di un supervisore umano, sino a sprofondare nella più cupa follia. Armato e pericoloso, il nostro eroe alla fine si imbarcherà nell'ardua impresa di distruggere il cervellone che controlla questi stacanovisti cibernetici. Paradossalmente proprio quando gli alti papaveri della sua azienda, essendo nuovamente cambiato il panorama politico del paese in cui si trovano a dover operare, decidono che i costosissimi lavori in corso nel lotto edificabile possono pure proseguire tra acqua, fango, piante tropicali e incidenti. L'arguto Interrompete i lavori! di Otomo ha molto da raccontarci sia riguardo al rapporto uomo/macchina tanto quanto sulla delicata questione sviluppo/sottosviluppo, evocando tutti i rapporti contraddittori che sussistono tra le nazioni industrializzate e il Terzo Mondo. Ritengo che non sia azzardato affermare che quest'anime avrebbe potuto incontrare i favori di Frederik Pohl (1919-2013) e di Cyril M. Kornbluth (1923-1958), i quali firmarono a quattro mani capolavori della sci-fi sociologica come i romanzi Gladiator-at-law (Gladiatore in legge) del 1955 e The space mercants (I mercanti dello spazio) del 1962, anch'essi assai critici nei confronti della società consumistica e pervasi da uno spiccato sense of humor. Insomma, qui siamo difronte ad una spassosa utopia negativa (distopia) che riesce a divertire e contemporaneamente a far riflettere. Qualche interessante parallelo potrebbe anche essere fatto con Dumb Waiter (Il servitore sciocco) di Walter Miller Jr., racconto originariamente pubblicato nel 1952 sulle pagine della rivista Astounding Science Fiction, con la sua metropoli hi-tech uscita indenne dalla Terza guerra mondiale, con tanto di super-computer e legioni di robot al suo servizio. Eppure questo gigantesco complesso urbano, privo di qualsiasi supervisione umana e incapace di pensare, incomincia a comportarsi in modo assurdo, del tutto scollegato rispetto alla realtà post-bellica in cui si trova. La soluzione offerta a suo tempo da Miller, a differenza di quella suggeritaci da Otomo, è però di carattere esclusivamente razionale; onde favorire il ritorno dei cittadini nella megalopoli deserta, nonché incoraggiare la ricostruzione e impedire i saccheggi, facendo sì che le macchine servano realmente l'uomo senza danneggiarlo, al protagonista basta inserire la giusta programmazione in un computer per sistemare ogni cosa. Nonostante il relativo ottimismo dimostrato qui da Miller, in cui le sfide tecnologiche vengono affrontate con l'aiuto del cervello e non semplicemente distruggendo la fonte dei problemi, le distopie hanno sempre goduto di un notevole successo. All'onor del vero l'utopismo, in particolar modo nella sua variante pessimista, ben rappresentato nella letteratura occidentale novecentesca da autori come Evgeniji Zamjatin (1884-1937), Aldous Huxley (1894-1963) e da George Orwell (1903-1950), si affaccia assai di frequente nel variegato scenario degli animanga nipponici, persino Il pianeta d'inverno di Hoshino può rientrare a buon diritto in questa categoria.

    Il che non dovrebbe sorprenderci poi troppo, il Giappone rimane pur sempre l'unico paese al mondo sul quale siano state sganciate delle bombe atomiche in tempo di guerra (Hiroshima, Nagasaki) ed attualmente è una delle nazioni più avanzate nel campo dell'informatica e della robotica. Anime recenti, caratterizzati da un'animazione di qualità e da un'esplicita crudezza dei contenuti, incarnano i timori riguardanti la nascita di una civiltà tecnicamente evoluta quanto disumana, dedita al mantenimento di una pace raggiunta schiacciando il libero pensiero, negando al singolo il diritto ad esistere se non in quanto docile marionetta. In No. 6, diretto da Kenji Nagasaki e tratto da un'omonima serie di romanzi (light novel) della scrittrice Atsuko Asano, l'individuo è sottoposto ad un controllo pervasivo quanto disumanizzante.

    Qui abbiamo delle aree numerate destinate ad essere abitate dai cittadini a pieno titolo come appunto la No. 6, caratterizzata da una serie di cerchi concentrici percorsa da canali navigabili, alquanto simile a quella della leggendaria Atlantide così come ci viene descritta da Platone nelle sue opere: Timeo, in Platone. Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Milano 1996, 20E-25E, pp. 1356-1359; Crizia, in ibid., 113C-E, 115C-116B, pp. 1425-1426, p. 1427; Umberto Eco, Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Milano 2013, pp 182-203.

    Il fulcro di questa topografia circolare è un immenso edificio simile ad una vescica, il Moondrop, la sede del municipio, per altro presente in forma stilizzata nella bandiera di questa supposta utopia. Complessivamente il suo aspetto è assai inquietante e nel corso del primo episodio, quando si sta per scatenare un tifone, il forte vento passando attraverso le sue strutture provoca un suono simile ad un lamento straziante. A questa presunta metropoli ideale, modellata sulle visioni utopistiche dell'antichità, si contrappongono delle discariche a cielo aperto come il Blocco Ovest, un disomogeneo assembramento di fumose fabbriche e di baracche sorto disordinatamente al di là delle alte mura che circondano. Laddove si trascinano dei dannati privi del benché minimo diritto, dei miserabili che possono essere sterminati senza troppi complimenti, raccolti in camion come se fossero spazzatura per essere poi gettati in immense fosse comuni ricolme di pile di cadaveri (No. 6, Ep. 9, Scenario di distruzione; Ep. 10, Ciò che giace nell'abisso). D'altro canto all'interno della prestigiosa No. 6 c'è una notevole differenza tra il lussuoso quartiere di Chronos, destinato ai privilegiati membri dell'élite, e l'assai più spartana zona di Lost Town ad uso popolare. Gli eletti, intelligentissimi ed educati in scuole d'eccellenza, conducono delle vite serene ed appaganti, pianificate nel più piccolo dettaglio. Esistenze destinate a concludersi in tarda età nella Casa del Tramonto, un accogliente ospizio nel quale verranno sottoposti ad eutanasia, all'insaputa dei parenti ai quali verranno raccontate delle menzogne di comodo (Ep. 5, L'Angelo della morte; Ep. 6, Pericolo strisciante).

    Shion è uno di questi privilegiati, un ragazzino sveglio e di buon cuore che sarà severamente punito quando, avendo soccorso un coetaneo braccato dalle autorità di nome Nezumi (Sorcio), l'unico superstite del Popolo della Foresta, verrà trattato a sua volta alla stregua di un criminale per aver provato dell'empatia nei suoi confronti. Anni dopo questo buon samaritano, per aver visto quel che non doveva, esser stato infettato da una misteriosa vespa parassita e per aver pronunciato delle parole giudicate sediziose, si troverà ancor più nei guai con l'inflessibile sistema dispotico su cui si regge il No. 6. Purtroppo per lui il pericoloso insetto e i decessi che provoca sono parte di un complesso intrigo, essendo legati a doppio filo con il genocidio commesso in passato dai governativi, nonché con i loro tentativi di controllare una misteriosa entità chiamata Eriulias. Quest'ultima è un'incarnazione delle forze della Natura che i vertici del No. 6 non comprendono realmente, di conseguenza è impossibile che costoro, nonostante tutti i loro sforzi fatti in proposito, riescano per davvero ad imbrigliarla e ad utilizzarla per i loro loschi fini.

    Questo significa avere un bel po' di scheletri nell'armadio, di conseguenza gli alti papaveri non possono certo rischiare che vengano resi pubblici da testimoni scomodi. Fortunosamente il nostro verrà salvato in extremis da Sorcio, che non l'ha mai perso di vista e che interviene in aiuto del suo vecchio benefattore, tra l'altro con un ottima tempistica, facendosi vivo proprio nel preciso momento in cui l'amico viene arrestato per essere condotto al penitenziario. Sorcio, a differenza dell'assai più ingenuo Shion, ha ben chiaro quali siano i reali principi guida che muovono l'amministrazione cittadina, ipocrita quanto autoritaria: «Lascia che ti dica qualcosa sulla città. Non accetterà nessuno che non dimostri completa obbedienza. […] La città è stata fondata con questa intenzione». No. 6, Ep. 3, Vita, morte, e…

    Il che implica che dimostrare palesemente di avere pensieri diversi da quelli previsti, l'esprimersi a parole contro il governo e la filosofia che lo sostiene, equivale al venir considerati come una pericolosa sostanza estranea, meritevole di esser estirpata dal corpo sociale. Una similare mancanza di pietà, in particolar modo verso i più giovani, ridotti a mero materiale usa e getta, emerge con prepotenza pure in Shinsekai yori (Dal nuovo mondo, conosciuto anche come From the New World) di Masashi Ishihama, che trasporta in animazione un romanzo omonimo di successo di Yusuke Kishi. La comparsa dei primi individui dotati di poteri psichici, in grado di commettere da soli delle stragi inaudite, conduce l'odierna civilizzazione al collasso. Cinque secoli dopo l'umanità è divisa tra i comuni Homo sapiens, ridotti al rango di schiavi, ed i loro incontrastati dominatori. Nella regione giapponese del Kanto, nel corso dell'incoronazione del pomposo Imperatore della Grande Gioia, quinto monarca della sua stirpe a regnare sul Sacro Impero dei Petali di Ciliegio, il popolo impotente è costretto a seguire in massa la cerimonia solo per esser sottoposto ad un sadico supplizio. L'intenzione del nuovo sovrano è solo quella fare dei suoi sudditi dei sacrifici, avendo l'intenzione di uccidere i primi cento che smetteranno di applaudire, facendoli ardere come altrettante torce umane (Shinsekai yori, Ep. 2, Bambini scomparsi).

    Per l'esattezza in tutto il Nord-est asiatico sorgono ben diciannove imperi schiavisti, i quali riescono a prosperare per più di mezzo millennio, solo nell'arcipelago nipponico ve ne sono quattro, tra cui appunto il sopracitato Sacro Impero: «I suoi 570 anni di durata videro il susseguirsi di 94 generazioni di imperatori. Gli archivi raccontano che quando il quinto, l'Imperatore della Grande Gioia, venne incoronato, gli applausi alla cerimonia continuarono ininterrottamente per tre giorni e tre notti. Durante gli ultimi anni dell'impero, era pratica comune da parte del successore uccidere l'imperatore e reclamare il trono. Una volta raggiunta la pubertà e risvegliato il proprio potere, la vita degli imperatori diventava effimera. Per l'Imperatore della Grande Gioia, uccidere era naturale come respirare. Talvolta usava inconsciamente il proprio poter per fare a pezzi i servi e altri cittadini. A causa del suo atteggiamento, la popolazione venne dimezzata». Ep. 4, La storia macchiata di sangue.

    Trascorso dell'altro tempo, giunti a mille anni nel futuro a partire dal presente, la situazione si è finalmente pacificata. Sebbene le grandi metropoli siano solo un ricordo di un lontano passato, ridotte ad essere un cumulo di rovine infestate da animali pericolosi come Tokyo, i sopravvissuti sembrano cavarsela piuttosto bene vivendo in piccole comunità agricole. A questo punto sono spariti sia i tiranni sanguinari, i quali erano soliti uccidere per capriccio i loro sudditi, tanto quanto le persone incapaci di usare le energie della mente. Sin dalle prime inquadrature siamo posti dinnanzi ad un panorama idilliaco, un omaggio al Giappone tradizionale fatto di risaie e villaggi che nei paesaggi raffigurati potrebbe far pensare al film Omohide poro poro (Pioggia di ricordi) di Isao Takahata, ambientato in gran parte tra i campi di cartamo del distretto di Takase (Prefettura di Yamagata). Eppure quest'ingannevole utopia rurale non è nient'altro che un incubo intriso di menzogne, inganni e crudeltà, una distopia nella quale la psiche della gente viene plasmata a piacimento dalle autorità. Tanto per cominciare, nascere privi di potere può costituire già di per sé una condanna alla pena capitale per chi non abbia dimostrato di possedere tali doti entro il compimento del dodicesimo anno d'età. Nel primo episodio i genitori di Saki Watanabe sono preoccupati perché nella loro figliola tardano a manifestarsi delle abilità telecinetiche, di converso esprimono un indicibile contentezza quando la ragazza inizia a far volare per aria oggetti e suppellettili di casa. La sua sopravvivenza per ora è assicurata e potrà accedere ad un corso d'istruzione superiore, l'Accademia degli Illuminati. Comunque sia di per sé il superamento di tale prova iniziale non le assicura affatto di poter raggiungere l'età adulta senza altri impedimenti di sorta. Finire malvisti dagli insegnanti può costare ben più di un cattivo voto a scuola, di fatti il corpo docente esercita un potere assoluto sugli allievi. Essere uno studente poco brillante, dimostrando di non avere talento e di rallentare i propri compagni di studi, implica non tanto una sonora bocciatura quanto piuttosto lo scomparire all'improvviso dall'oggi al domani. Chiunque venga giudicato come non conforme alle regole della comunità, in quanto instabile e problematico, di norma viene ucciso per evitare future noie. I fondatori di queste comunità di psicocinetici sono degli scienziati e come apprendiamo dal quarto episodio, assai prodigo di informazioni riguardo a quest'insolito scenario globale, hanno impiegato le conoscenze in loro possesso per edificare una società il più stabile possibile, spingendosi sino al più brutale cinismo. Vengono escogitati degli appositi test psicologici e della personalità, studiati ad hoc onde individuare per tempo gli individui che avrebbero potuto infrangere in futuro i regolamenti del cosiddetto Codice Etico. L'azione preventiva che ne consegue non è tanto quella di curare i disturbi riscontrati, quanto piuttosto di mera repressione degli individui giudicati come problematici: «Da allora, l'eliminazione dei bambini considerati una potenziale minaccia divenne una soluzione accettata normalmente».

    Il che implica che i più giovani siano considerati come delle persone solo potenziali, prive dello status giuridico che contraddistingue invece gli autentici esseri umani. Bambini e adolescenti sono dei cittadini di serie B, passibili di venir eliminati sulla base di una risoluzione del Provveditorato degli Studi, il quale esercita un potere assoluto nei loro confronti sino al compimento del diciassettesimo anno di età (Ep. 12, L'anello debole). Tra l'altro attuare tutte queste sentenze capitali, questi atroci infanticidi di stato, non è affatto una cosa semplice. Quest'utopia composta unicamente da individui con doti psicocinetiche, i cosiddetti Psico, ha sviluppato un'apposita inibizione a uccidere tale che se violata può portare alla morte del trasgressore: «Per fare in modo che potessero costruire una società, era necessario limitare la violenza ad ogni costo […] Soltanto la modifica del genoma umano ebbe risultati a lungo termine. Due meccanismi di questo tipo vennero inclusi nel codice genetico degli uomini. Uno era una restrizione personale simile a quella dei lupi, per esempio. L'altra venne chiamata ritorsione mortale. […] funziona in questo modo: una volta che il subconscio rileva l'intenzione del soggetto di far del male ad un altro essere umano, utilizza la telecinesi per fermare le funzioni del fegato e l'attività delle ghiandole paratiroidee». Ep. 4, La storia macchiata di sangue.

    Questo arreca all'eventuale aggressore tutta una serie di sintomi spiacevoli, come l'aumento del battito e sudorazione, che gli scienziati sono riusciti ulteriormente a rafforzare tramite condizionamento ed ipnosi. Nel caso in cui non volesse desistere, cessando all'istante qualsivoglia atto ostile, finirebbe per essere ucciso dall'insorgere di un'asfissia. A causa di questa ritorsione mortale, le sentenze capitali devono essere eseguite da agenti non-umani, nella fattispecie da felini allevati ad hoc (i temuti gatti immondi) oppure dalle creature antropomorfe note con il nome di bakenezumi (Mostriratto). Inoltre il condannato non viene eliminato solo fisicamente, ogni traccia di quel che è stato viene rimossa dalla memoria di alcune persone, proprio come avviene per chi dimostra di non saper padroneggiare la juryoku, il potere maledetto, cioè la telecinesi. La stessa Saki ha avuto una sorella maggiore di nome Yoshimi di cui non serba alcun ricordo ben definito, solo i genitori se ne rammentano e la madre in particolare sembra soffrire ancora per la sua scomparsa (Ep. 1, La stagione delle nuove foglie; Ep. 9, L'arrivo della burrasca). Giustiziata in maniera spiccia in quanto giudicata inadatta a entrare a far parte della società degli Psico, Saki ipotizza che molto probabilmente Yoshimi sia incorsa in un tale destino a causa della sua incapacità a manipolare come si deve le forze psicocinetiche (Ep. 11, Un lontano tuono invernale).

    Un modus operandi per alcuni versi simile a quello descritto da Orwell nel suo 1984, laddove gli alti papaveri che per una qualche ragione diventavano sgraditi al regime totalitario dell'Oceania, non solo venivano mandati davanti al plotone d'esecuzione ma al contempo si provvedeva a cancellarli da foto, documenti ufficiali e giornali. In Shinsekai yori siamo senza alcun ombra di dubbio in presenza di una nuova specie del genere Homo, non solo la loro mente gli consente di influenzare direttamente la materia ma fra costoro c'è chi beneficia di un ulteriore dono. Siamo a conoscenza dell'esistenza di almeno un individuo che riesce a indurre un processo di rigenerazione nel suo organismo, conquistando in tal modo una straordinaria longevità plurisecolare, senza contare il potere e l'influenza che scaturiscono direttamente da un'esistenza così prolungata (Ep. 14, Fiocchi di neve). Come se non bastasse, questi post-umani sono considerati alla stregua di divinità dai bakenezumi, i quali sono comunemente ritenuti degli organismi geneticamente modificati sviluppati a partire dai ratti-talpa. La realtà pure in questo caso è ben più spaventosa di quel che appare al primo sguardo, questa nuova generazione di servi non è nient'altro che il prodotto della mutazione degli infelici sudditi dell'Impero dei Petali di Ciliegio (nonché di alcune tribù di cacciatori che in origine volevano solo affrancarsi dal controllo di quest'ultimo). Tutti quanti sono stati trasformati in qualcosa di mostruoso e di differente dall'Homo sapiens ad uno scopo ben preciso, ovverosia solo per essere ulteriormente schiavizzati.⁸ Il problema è che una volta introdotta tra di loro l'inibizione mortale, gli Psico si sarebbero trovati alla merce degli ex-sudditi imperiali, privi di poteri ma soverchianti di numero e non attaccabili dai loro nuovi padroni. Da qui la necessità di cambiarli, mutandoli in esseri ripugnanti che questi ultimi potessero sottomettere e massacrare a piacimento senza alcuna controindicazione. Una volta disumanizzati a dovere, non vengono più considerati membri della specie umana, quanto piuttosto possono essere trattati come dei semplici animali da dominare. Di converso è pur vero che i Mostriratti, se lo desiderano e se ne hanno l'opportunità, possono colpire gli Psico senza rimorso. Quindi, come si è già avuto modo di accennare, in alcune occasioni sono stati impiegati dalle autorità per eseguire delle sentenze capitali. Ad ogni modo, qualsiasi forma di ribellione possa essere messa in atto da questi oppressi sembra essere destinata al fallimento. Chi viene giudicato come l'artefice di una sanguinosa sollevazione contro l'ordine costituito, rabbiosa quanto disperata, viene punito con la massima severità, facendogli provare in vita le pene dell'inferno attraverso la manipolazione del suo sistema nervoso (Ep. 25, Dal nuovo mondo ).

    Questi sfortunati bakenezumi sono assai simili agli underpeople (sottopersone) presenti nelle storie di Paul Myron Anthony Linebarger, autore statunitense meglio noto con lo pseudonimo di Cordwainer Smith (1913-1966) che ha regalato delle straordinarie leggende dal futuro del calibro di Alpha Ralpha Boulevard, The Ballad of Lost C'mell (La ballata della perduta C'mell) e Nostrilia. Le sottopersone di Smith sono anch'esse degli uomini-bestia, creati però a partire da diverse specie animali, come i gatti, i cani o i buoi, dotati di coscienza di sé e intelletto grazie alla scienza ma ciò nonostante privi del benché minimo diritto. In tutte queste creazioni vi sono precisi echi della narrativa tardo ottocentesca di Herbert George Wells (1866-1946), in particolar modo The Time Machine (La macchina del tempo) del 1888, con la sua descrizione di due differenti specie post-umane (gli Eloi e i Morlock) e The Island of Doctor Moreau (L'isola del dottor Moreau) del 1896, laddove fa capolino un'umanità artificiale d'origine bestiale, creata grazie all'ausilio di operazioni chirurgiche. Ritornando a Shinsekai yori, dobbiamo constatare come questi psicocinetici non agiscano per mero sadismo e abbiano delle ottime ragioni per comportarsi in un modo così spietato. Quel che essi temono di più è il rischio che un individuo possa perdere il controllo dei propri poteri, in particolar modo nel corso dell'età dello sviluppo. Nel caso di una simile eventualità una singola persona, in preda a violenti impulsi omicidi privi di alcun freno, diventerebbe quel che essi chiamano akki, cioè meta-demone; ovverosia un caso della sindrome di Raman-Klogius, comunemente nota come Volpe nel pollaio. Avendo perso la sua umanità, su di una persona del genere l'inibizione non fa più presa, in tal modo diventa una forza inarrestabile, in grado di commettere un genocidio tutta da sola: «I meta-demoni non sanno metter freno alla violenza. Secondo alcuni, attaccano e uccidono preventivamente, spinti dalla paura di venire aggrediti. Un'altra teoria, invece, suggerisce che il loro cervello viene intossicato dalle endorfine, che gli impediscono di interrompere la loro furia omicida. È per questo che questa sindrome viene anche chiamata Volpe nel pollaio». Ep. 12, L'anello debole.

    Un altro tipo di essere similare, generato anch'esso da forze psicocinetiche incontrollate, è detto gōma (demone del peccato), frutto di un altro genere di sindrome che la scienza

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