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Pillole raccolta n. 4
Pillole raccolta n. 4
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E-book126 pagine1 ora

Pillole raccolta n. 4

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Info su questo ebook

Raccolta n. 4: consigli utili per il benessere personale, relazionale e famigliare, significato psicologico dei comportamenti e di alcuni segni grafologici.
LinguaItaliano
Data di uscita5 feb 2017
ISBN9788826016344
Pillole raccolta n. 4

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    Anteprima del libro

    Pillole raccolta n. 4 - Marilena Cremaschini

    Grande-Script

    Cos'è il deja-vu

    Scherzi della memoria

    Il deja-vu è un fenomeno psichico per cui si ha la sensazione di aver già vissuto una situazione ma nel momento in cui ce ne rendiamo conto ci appare come una situazione nuova, non appartenente al nostro passato, la mente restituisce il ricordo come se fosse appartenente ad un’altra realtà lontana da noi.

    In verità si tratta di un semplice prodotto della nostra memoria decodificato al momento giusto.

    L’esperienza che riviviamo è già un nostro ricordo ma non riusciamo a percepirlo come tale.

    La nostra mente è un elaboratore meraviglioso ed immagazzina continuamente e costantemente delle sensazioni e delle percezioni, non riesce ad elaborarle in maniera percettibile al nostro conscio tutte contemporaneamente altrimenti andremmo in tilt come un flipper.

    Per evitare questo impaccio la nostra mente seleziona ciò che deve avere una priorità e quello che può rimanere conservato ed accantonato.

    Quello che la nostra mente riesce ad accumulare sotto forma di ricordi, immagini, idee e pensieri è immenso ed essi sono infiniti, troppi per essere elaborati nello stesso momento, però tutti questi elementi vengono accatastati nel magazzino della nostra memoria per essere ripresi al momento in cui servono.

    Si può dire che il nostro cervello lavora come un’azienda efficiente, che mette da parte le scorte necessarie ma al momento non richieste, immagazzina e conserva per il futuro ed elabora immediatamente quelle che servono invece al momento, come se fosse un perfetto ufficio contabilità e gestione che sa selezionare ciò che serve subito e ciò che potrà servire in un secondo momento.

    Potremmo considerare il deja-vu come uno scatolone in fondo alla nostra memoria che contiene delle informazioni che devono essere ancora elaborate, ma visto che non ci sono immediatamente necessarie possono rimanere lì in attesa del momento giusto.

    Quando arriva tale momento, che in realtà è un insieme di sensazioni che rimandano all’argomento contenuto nello scatolone, la nostra memoria lo recupera prontamente, ma è talmente veloce nel farlo che non ce ne rendiamo conto ed abbiamo la sensazione dell’averlo vissuto ma non come se fosse il nostro passato, come se fosse il vissuto di qualcun altro.

    Un esempio potrebbe essere quello di rivivere un gesto come fatto in una vita precedente.

    Magari quel gesto forse non lo abbiamo fatto noi in prima persona ma lo abbiamo visto fare da un altro, però abbiamo memorizzato il procedimento materiale che serve a compierlo, dunque fa parte della nostra memoria ma non ce ne rendiamo conto.

    Avviene più spesso di quello che immaginiamo.

    I gesti meccanici che compiamo senza impegno, perché ormai fanno parte del nostro quotidiano, non richiedono la memoria del processo materiale per compierlo ma lo recuperiamo attraverso la memoria, detta memoria-lavoro, acquisita nella nostra mente.

    Saliamo in macchina e guidiamo senza renderci conto che in realtà abbiamo compiuto diversi gesti memorizzati e recuperati perché necessari in quel momento, diversamente la mente non ci rimanda tali informazioni.

    Così non dobbiamo pensare che per salire in macchina occorre prima aprire la portiera e sederci al posto di guida, pensiamo a dove dobbiamo andare senza dover pensare di avviare il motore mettere e cambiare le marce, e magari mentre siamo in viaggio pensiamo a mille altre cose nonostante questo arriviamo a destinazione.

    Allo stesso modo succede quando ci capita di vivere una situazione e di avere il ricordo di averla già vissuta in precedenza.

    Non è una deduzione ma il recupero di sensazioni che non ricordavamo di aver percepito e sentito prima.

    La nostra mente è un elaboratore incredibile e potente e va oltre il limite di quello che riusciamo ad immaginare.

    Per questo motivo molte situazioni psicologiche che innescano delle paure, delle fobie e dei timori, come ad esempio gli attacchi di panico, non ci appaiono immediatamente comprensibili, occorre invece fare un percorso inverso e consentire alla memoria di fare emergere ricordi che ci hanno traumatizzato o ci hanno intimorito, che hanno creato delle condizioni di disagio poi dimenticate, perché il disagio rimane ma il ricordo di cosa lo ha prodotto o cosa lo scatena no.

    Ma possiamo recuperalo rielaborando il vissuto.

    Il segnale del disagio nei bambini

    I segnali che devono allarmare

    I bambini non sanno comunicare con un linguaggio forbito e ricco come quello dei grandi, il loro disagio lo manifestano come possono, con gli strumenti che hanno a disposizione.

    L’età evolutiva è un periodo critico e delicato perché ricco di cambiamenti, di novità, di acquisizioni che ancora non si comprendono e non si sanno gestire.

    Pertanto ogni momento di tensione, di difficoltà provoca nel bambino uno stress che viene comunicato all’esterno con degli atteggiamenti e comportamenti che spesso nulla hanno a che vedere con la causa scatenante.

    Occorre tenere anche conto del fatto che ogni bambino è un mondo a sé, e dunque la maniera di esprimere il disagio varia a seconda del bambino, secondo l’età e secondo l’ambiente in cui vive e come questo reagisce ai suoi malumori.

    Riguardo l’ambiente, la famiglia, l’asilo, i luoghi di gioco possono avere un’influenza notevole sul benessere del bambino o sulla sua insofferenza, perché se l’ambiente è accogliente, di stimolo positivo, di benessere e soddisfazione l’eventuale disagio del piccolo ha allora una natura personale ed intima.

    Per tale motivo ogni atteggiamento riconducibile ad uno stress o ad un disagio deve essere valutato tenendo conto del contesto ove il piccolo cresce e sviluppa i contatti col mondo.

    I bambini più piccoli possono manifestare il disagio con un comportamento iperattivo, con esplosioni di rabbia devastante, con disturbi del sonno e con enuresi notturna, cioè sporcando il letto durante la notte.

    Mentre dormiamo il nostro cervello ha meno controllo sugli organi e sugli intenti, quindi il fare la pipì a letto non deve essere visto come un dispetto, anzi è l’incapacità di tacere e tenere nascosto un problema, controllo che invece durante il giorno è più attivo e dunque il bimbo appare meno problematico.

    Il bambino più grande, nell’età scolastica manifesta il disagio diversamente attraverso condotte alimentari sbagliate, anoressia e bulimia, con condotte relazionali inadeguate, atti di bullismo ma anche di vittima di tali azioni, con comportamenti disturbativi e molesti delle lezioni a scuola, oppure attraverso un atteggiamento di chiusura verso l’esterno, con una ritrosia ed una introversione eccessiva sia rispetto al carattere che l’abitudine in quando mai manifestata precedentemente.

    Tutto ciò che avviene intorno al bambino di diverso, di nuovo e sconosciuto può essere sintomo di un disagio se il piccolo tollera male le novità, in questo modo manifesta una sua incapacità di adattamento al cambiamento che può trovare origine in un rapporto affettivo coi genitori e sopratutto con la madre eccessivamente protettivo.

    In tali circostanza, se da una parte il piccolo si sente rassicurato dalla grande protezione materna, dall’altra parte questo atteggiamento gli impedisce di concedersi alla conoscenza del mondo in maniera più coraggiosa, meno ansiogena, meno timorosa e titubante.

    Ancora più problematico per il bambino è un ambiente stressante, dove i genitori litigano spesso, se vi è una separazione in corso, o le figure adulte subiscono negativamente determinati eventi come la perdita del lavoro, della casa, di sicurezza economiche oppure anche a causa di un lutto o di una malattia.

    I dissapori dei genitori che attraversano una fase critica del loro rapporto o si stanno separando possono causare nei figli dei sintomi di disagio chiamati PAS cioè Sindrome da Alienazione Genitoriale, in un mio articolo di cui al link spiego di casa si tratta.

    I momenti di vita difficili per gli adulti sono ancora più difficili per i bambini, perché non hanno l’esperienza e la padronanza delle loro emozioni a proteggerli, ciò che si acquista con l’età e con la maturità.

    In tutti i casi in cui il bambino manifesta un disagio i primi soccorritori sono i genitori e gli adulti che vivono con lui.

    Monitorare sempre lo stato emotivo del piccolo perché un cambiamento di esso in senso negativo può nascondere una difficoltà che deve essere approfondita perché il bambino si esprime più con i gesti, con dei disegni che con delle parole, oppure se usa un linguaggio è

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