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Respiro ancora
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E-book271 pagine3 ore

Respiro ancora

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Info su questo ebook

Anna vive una vita che sente stretta: obbligata a lavorare presso l’atelier di abiti da sposa della famiglia, oppressa dalla madre, incompresa nei suoi desideri. Assieme all’amica d’infanzia Eva cade presto nel tunnel della droga e, nel momento in cui Eva scompare in Inghilterra, Anna rischia un’overdose. Stretta nella morsa di una famiglia troppo esigente e fredda, affranta dal dolore, Anna pare trovare rifugio e sollievo solo nella droga, condividendo questa discesa agli inferi con il suo ragazzo Romeo.
La sua vita sembra gradualmente rifiorire quando inizia e termina poi un percorso di disintossicazione e prova a rimettersi in piedi.
Ma la famiglia e i fantasmi del passato sono ancora lì ad attenderla…
Un giorno però compare John, affascinante ragazzo con il quale Anna instaura un rapporto fatto al contempo di attrazione e scontro.
Inizierà così per la giovane un periodo pieno di emozioni, passioni, turbamenti, sorprese, cambiamenti.
Con un segreto che incombe sul loro rapporto…
Respiro ancora è un’avventura mozzafiato e intrigante che coinvolge, appassiona e fa riflettere.
LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2017
ISBN9788867933037
Respiro ancora

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    Anteprima del libro

    Respiro ancora - Marika Carrabino

    @micheleponte

    Marika Carrabino

    RESPIRO

    ANCORA

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    1

    Buoni e cattivi

    L'allenamento di pallavolo del mercoledì sera si era appena concluso. La luce dei primi fari affissi sul tetto della palestra, pian piano, iniziò ad affievolirsi per poi spegnersi definitivamente del tutto, invito frettoloso (e non proprio gentile) agli ultimi giocatori ritardatari di velocizzare le consuete procedure igieniche, che prevedevano doccia e cambio pulito prima di poter fare ritorno a casa.

    Biagio, il custode sessantenne della struttura, sbuffò guardando ripetutamente l'orologio agganciato sul polso sinistro. La scopa era già in mano e la stanchezza della giornata lavorativa, che stava per volgere al termine, segnava pesantemente il contorno occhi, da tempo ormai circondato da alcune rughe sulla pelle, che raccontavano di una brillante carriera sportiva, seguita poi da un infortunio al femore destro, dal declino dei suoi trionfi e infine dalla noia delle giornate trascorse a curare e ripulire quella palestra da cui tutto era partito.

    Buonanotte, Biagio.

    Al mio saluto il vecchio, evidentemente troppo intento a fulminare con lo sguardo alcune compagne di squadra che ancora si addentravano sudaticce e spettinate verso gli spogliatoi da ripulire, trasalì voltando il capo indietro nella mia direzione.

    Anna! Esclamò, per nulla sorpreso di vedermi. Pomeriggio libero, oggi. Andato bene l’allenamento?

    Mi squadrò da capo a piedi, quasi fosse pronto a trovare una qualsiasi anomalia su di me che vestivo una semplicissima tuta sportiva viola e rosa della Asics e di anomalo, in quel momento, non avevo proprio nulla se non un rossore persistente ai polsi a causa degli innumerevoli colpi di bagher ricevuti durante i vari match giocati.

    Legai la mia folta chioma bionda in una coda alta e lo guardai con espressione furba e stuzzicante, contenta di quanto stessi per rivelargli, tralasciando così racconti dettagliati sul come e perché fui sul punto di accapigliarmi con una compagna di squadra a causa di un passaggio errato, giusto mezz’ora prima, in campo.

    Proprio così. Ho lavorato già stamattina fino all’ora di pranzo e... indovina? Azzardai, ammiccando furbastra e impaziente di aspettare risposta da parte dell'altro. Sono riuscita a convincere Mara Levi a non sposare il fidanzato! Annunciai trionfante, applaudendo divertita e saltellando entusiasta sul posto per ben due volte, estendendo poi un sorriso verso il custode che, nemmeno a dirlo, sgranò sbalordito e deluso lo sguardo.

    Cos… Anna! Tu dovresti convincere le clienti a comprare abiti da sposa, non a lasciare i futuri mariti ad un passo dall'altare! Ridacchiò, pensando che stessi scherzando, allargando le braccia con fare arrendevole.

    Il vecchio burbero Biagio, oltre a essere un custode piuttosto curioso ed impiccione negli affari delle abituali frequentatrici della palestra, era anche la cavia preferita a cui raccontare le mie lunghe, noiose e snervanti giornate lavorative; dopotutto noi due in comune avevamo proprio questo: odiavamo il nostro lavoro. Chi meglio di lui, allora, avrebbe potuto capirmi?

    Il set dei miei racconti era sempre lo stesso: il Dimmi di sì, l'atelier di abiti da sposa e cerimonia per il quale lavoravo come commessa da cinque anni, ovvero da quando mi ero ufficialmente diplomata al liceo classico di Xifonia, il mio paese, con un punteggio abbastanza modesto. Mia madre ne era proprietaria oramai da un ventennio, precisamente da dopo che lo ricevette in eredità da mia nonna che, a sua volta, se lo vide dare in gestione dalla bisnonna malata, la prima titolare in assoluto, che ebbe la fantastica idea di iniziare ad accontentare capricci di esigenti sposine a partire dal gennaio 1914. Il periodo, poco prima dello scoppio della guerra, non fu di certo uno dei migliori per buttarsi nel mondo degli affari, ma fortunatamente noi donne della famiglia Stelo siamo così, testarde e determinate; perciò nonostante la fame, la povertà e i periodi di crisi siamo sempre riuscite ad andare avanti con successo, festeggiando orgogliosamente, all’inizio dell’anno, il nostro settantesimo anno di attività.

    Mia madre continuava a dilettarsi giornalmente tra il reparto vendite e la sartoria, mentre io rimanevo relegata solo ed esclusivamente al primo, nonostante non mi trovassi granché a mio agio tra pizzi e sogni d'amore appartenenti a fidanzate romantiche.

    Non potevo permettere che un uomo pieno di problemi passasse il resto della sua vita con Mara. Lui ha bisogno di essere aiutato e lei riesce a malapena a distinguere una pesca da un'albicocca, come potrebbe mai dargli la forza e il sostegno necessari per uscire dal tunnel?

    La ragazza in questione era la figlia del fruttivendolo, proprietario di una bottega antistante la palestra, pronta alle nozze con il fidanzato (a detta di tutti un bravissimo ragazzo) da mesi ormai, come se nella vita non aspettasse altro che maritarsi per dare un senso alla propria esistenza o per trovare un motivo per il quale valesse davvero la pena alzare un dito.

    Il mio interlocutore invece non capiva, era evidente. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte nel vano tentativo di formulare una risposta adatta, ma questa non arrivò. Mi rivolse solo un altro sguardo interrogativo che voleva dire un silenzioso spiegati.

    Incrociai allora le braccia al petto: Romeo ha il vizio dell'alcool. Spesso ho visto con i miei stessi occhi lui andare a prendere Mara in bottega, ubriaco fradicio. Lei non tollera questo suo atteggiamento, così capita che finiscano con il litigare e l’offendersi a vicenda e pensa un po’... una volta lui l'ha perfino schiaffeggiata. Arricciai il naso lentigginoso allo spiacevole ricordo di cui, nolente, ero stata testimone una sera alla fine degli allenamenti, mentre ero in piedi alla fermata del bus all'angolo della strada.

    Biagio mi guardava ancora, confuso. Possibile che questa storia gli fosse sfuggita, ciarlatano com'era? Eppure il fruttivendolo e lui avevano perfino parecchia confidenza!

    Poggiò la scopa su uno dei due pali che al centro esatto del campo reggevano la rete, mi mise le mani dure e callose - frutto di anni di duro allenamento e lavoro - sulle spalle e puntò a quel punto gli occhi verdi e stanchi sui miei color nocciola:

    Tutti meritano una seconda possibilità, Anna.

    Per tanti quella sarebbe potuta sembrare una frase fatta, per me racchiudeva un mondo intero.

    Avrei voluto averla anche io aggiunse amareggiato, riferendosi alla prematura fine della sua brillante carriera sportiva ma così non è stato. Quei due ragazzi si amano e sarebbe comunque corretto che convolino a nozze, a prescindere dai loro problemi. Sono adulti e vaccinati, sapranno risolverseli da soli, il matrimonio serve anche a questo e sinceramente non capisco perché tu ti ci sia ficcata in mezzo. Rifletté su qualcosa. E poi cosa avresti detto a Mara per farle cambiare idea circa il matrimonio? Aggiunse curioso.

    Un ragazzo che si riduce in questo stato come può amare un’altra persona se non ha nemmeno rispetto per se stesso? E poi che ne sai tu che non sei mai stato sposato in vita tua! Ridacchiai un po’ istericamente. Comunque le ho semplicemente fatto notare che il comportamento di Romeo sarebbe peggiorato con il passare del tempo e che lei si sarebbe ridotta in rovina, tra le grinfie del fidanzato. Dimmi un po’, hai mai sentito storie del genere concludersi con un lieto fine?

    Anna…

    Beve. Sottolineai, serrando la mascella. Doveva essere quella la chiave, Biagio avrebbe dovuto capire. Beve ripetei con insistenza, volendo inculcargli bene in testa il concetto e no, non per necessità fisiologica. Romeo ha un problema e deve capire fino in fondo di quale natura sia. E se fosse proprio il rapporto con Mara a non dargli più alcuno stimolo, tanto da indurlo ad attaccarsi alla bottiglia per avere la forza di andare avanti? Tempo fa girava voce che lei avesse una cottarella per il ragazzo delle consegne a domicilio, assunto dal padre in bottega. O magari è depresso per il lavoro a bassa paga che dovrebbe, adesso, permettergli di mantenere una famiglia, no?

    Solitamente non ero affatto una pettegola, ma lavorando in negozio e frequentando abitualmente la palestra era inevitabile giungessero alle orecchie certe chiacchiere, soprattutto perché il paese è piccolo e la gente parla.

    Era comprensibile che un ragazzo, di fronte al bivio dei grandi cambiamenti che la vita riserva, potesse avere un momento di sbando, no? L'importante era riuscire a controllarlo.

    Non spetta a te decidere cosa è giusto o sbagliato nella vita degli altri, Anna. Un conto è essere poco motivati dal proprio lavoro, un altro è sabotarlo per fare un dispetto a tua madre.

    Io non ho fatto un dispetto a mia madre! In realtà anche, ma non l’avrei ammesso nemmeno sotto tortura.

    Non mi credette.

    Vai da Mara domani e dille che ti sei sbagliata. Convincila che sarà una sposa meravigliosa, che Romeo è l’uomo della sua vita, che insieme sforneranno almeno tre marmocchi e intasca il guadagno che questo matrimonio vi frutterà. Fidati. Si raccomandò Biagio, con sguardo esigente.

    Io salutai con un cenno disinteressato del capo il mio allenatore Enrico - sogno proibito di molte allieve - che durante il percorso che portava dallo spogliatoio maschile all'uscita della palestra si girò ben tre volte a osservarci incuriosito, convinto ovviamente che noi non ce ne saremmo accorti. Quell'uomo era sicuramente bello, vanitoso, atletico, forte e carismatico, ma decisamente poco sveglio.

    Ascoltami bene. Dissi, in un piccolo preludio e con fare spiccio: Se fossi in Mara, piuttosto che frignare e farmi schiaffeggiare, tirerei fuori le palle, prenderei Romeo e gli farei un culo così ogni volta che prova anche solo a toccare una bottiglia. Le persone deboli come lui hanno bisogno di figure forti al loro fianco e non di frivole ragazzine che si prendono sbandate per i fattorini, senza nulla togliere ai fattorini. Precisai. Io ho solamente fatto un favore a entrambi, questa mattina. Fidati tu.

    Sembrava stessi facendo la paternale al vecchio custode e in quell'istante, infatti, mi ritenni molto più matura rispetto ai miei ventitré anni d’età. In realtà nella sua quotidianità, pur non sapendolo, la coppia aveva riacceso in me una piccola, dispettosa, ferita non ancora rimarginata.

    Una signorina di buona famiglia come te non dovrebbe usare certi termini.

    Cosa cazzo c’entra questo? Iniziai sul serio ad arrabbiarmi, non era quello il punto.

    C’entra, invece. Spesso usi termini che non si addicono per nulla al tuo stato sociale né tantomeno al tuo bel visino. Fece una smorfia di disappunto. Non sei più una ragazzina ma una donna, devi mantenere un certo decoro.

    Altrimenti cosa mi succederà? Perderò le amiche? Farò infuriare mia madre? Non troverò marito? Beh tanto piacere, sola con me stessa sto benissimo!

    Biagio non aveva capito proprio nulla.

    Non era una novità, dopotutto. Raramente qualcuno era disposto a vestire i panni dei cattivi della storia, seppur spesso appartenevano a loro i dilemmi più interessanti.

    Scossi il capo sconfitta, mentre sentii lo stomaco contorcersi per la rabbia.

    Anna io ti voglio bene e te lo dico come fossi un padre: questo tuo atteggiamento di collera verso il mondo intero non va bene e non ha nemmeno motivo di esistere. Sei giovane, carina e forte nel tuo sport, limitati a vivere la tua vita serenamente, senza mettere zizzania in quella degli altri.

    Cosa ne sai tu delle cose che per me hanno motivo o no di esistere?

    Sistemai il borsone a tracolla e gli diedi le spalle, abbandonando in silenzio e con passo lesto la palestra, decisa a non voler trascorrere un secondo in più in compagnia di quell'uomo che non si era nemmeno sforzato di prendere in considerazione il mio punto di vista.

    Lui allora riprese la sua fidata scopa in mano e iniziò a spazzare via dal pavimento minuscoli granelli dorati di polvere, mentre l'ultimo gruppo di ritardatarie uscì dagli spogliatoi accompagnato da un festante cinguettio allegro: Buonanotte!

    Tutte in coro le ragazze salutarono sorridenti il custode che non rispose, immerso nel suo turno di pulizie serali e nei suoi pensieri. Pensò infatti al povero padre di Mara, umile fruttivendolo, che aveva investito tutti i suoi risparmi sul matrimonio della ragazza con il figlio di uno dei clienti più benestanti; a lei schiaffeggiata dal fidanzato ubriacone e a quanto ingrato fosse lui a preferire una vodka a una giovane bella e nubile. Poi infine il suo flusso di pensieri si posò su Anna, la bionda pallavolista che odiava il suo lavoro, non perdeva un incontro, un giorno di sei mesi fa silenziosamente fece il suo ingresso in palestra senza dire nulla di sé e che, da oggi, sembrava anche avere una particolare simpatia per i ragazzi problematici.

    Bah! Sbottò contrariato, infastidito dal fatto che la sua curiosità non venisse mai saziata quando si trattava di quella ragazza. Posò la scopa e spense le ultime luci rimaste accese in sala... inutile rimuginarci sopra tanto, dopotutto, a lui dopo l'infortunio che segnò la fine della sua carriera, chi si era mai interessato?

    Non saprei dire con esattezza per quale motivo passai da uno stato di infantile euforia a uno di eccessiva rabbia nel giro di così poco tempo e, per giunta, per motivi che non riguardano nemmeno me stessa. Nella mia testardaggine non potevo pretendere che un grande ex giocatore come Biagio non provasse a mettersi nei panni di un uomo frustrato dalla vita… avrei forse dovuto paragonare lo stato d'animo di Romeo a quello di un atleta deluso dalla sconfitta di una finale di campionato?

    E per rendergli poi ancora più chiaro il problema della dipendenza, invece, avrei potuto tirar fuori il diverbio sulla lealtà o meno dell'assumere sostanze dopanti prima di una gara?

    Ragionandoci su arrivai alla conclusione che, in qualunque caso, Biagio avrebbe sicuramente trovato il modo di giustificare perfino un abituale consumatore di steroidi, cocciuto com’era. Mi chiesi, mentre mi dirigevo abbagliata dalle luci del tramonto primaverile verso il centro storico cittadino, se l’uomo avesse mai provato in vita sua lo strazio della dipendenza, sia che ciò fosse successo durante la sua carriera da sportivo che da lavoratore.

    Esistevano diversi tipi di dipendenza, dopotutto: da alcool, droga, steroidi, affettiva, da manie ossessivo compulsive e via dicendo... possibile dunque che solamente gli esponenti delle prime due categorie, nella maggior parte dei casi, dovevano essere visti e bollati come emarginati dalla società? Che erano da sempre loro i cattivi della situazione e mai, invece, chi o cosa li avesse spinti verso quel baratro?

    La trovavo una cosa tremendamente ingiusta ed ero estremamente convinta che la maggior parte dei pettegoli paesani fosse ancora parecchio ignorante in merito.

    Comunque sia non avevo affatto voglia di tornare a casa per cena, consapevole già del fatto che lì mi avrebbe attesa mia madre, inferocita per la perdita di quella che prometteva essere una delle clienti più redditizie per il nostro atelier. Mara aveva infatti annunciato, durante la prima prova dell'abito da sposa che aveva scelto, che il suo budget di acquisto per il vestito si sarebbe aggirato intorno ai cinque milioni di lire.

    Fu per questo motivo che, piuttosto che recarmi come facevo abitualmente sotto la pensilina della fermata del bus all'angolo, imboccai a piedi la lunga via che conduceva al centro storico, diretta in biblioteca.

    Le strade del centro erano ricoperte di acciottolato che conferiva, assieme alle luci soffuse dei lampioni, un'aria vagamente nostalgica e vintage alle vie, nonostante le insegne al neon dei negozi e le vetrine scintillanti a far da contrasto.

    Xifonia, il paesino in cui ero nata e dove avevo sempre vissuto, mi piaceva. Era una piccola penisola della Sicilia orientale abbracciata da un lato dal Mar Ionio e dall'altro, precisamente nella zona dell'entroterra, circondata da una fila di colline che ancora sapevano di natura selvaggia e indomata. Ad osservarle meglio sembravano essere state dipinte con tutte le gradazioni di verde possibili e immaginabili e nelle mie più remote fantasie, in quelle terre, esistevano enormi distese piene di alberi di agrumi saporiti, recinti di case addolciti dal profumo dei gelsomini e pascoli scampanellanti dei più vari esemplari di animali.

    Era un angolo, il più lontano dalla città, che mi incuriosiva e affascinava al tempo stesso; forse per il semplice fatto che non vi fossi mai stata e lo avevo sempre osservato da lontano, come ad esempio dal finestrino durante i brevi tragitti in bus o dal balcone di casa di mia nonna, durante le nostre chiacchierate, quando lei tornava in paese per le vacanze.

    Avendo da sempre abitato in un quartiere per lo più popolato da pescatori e in una casa vicinissima alla spiaggia oramai dell'ambiente marino, per quanto straordinario fosse, ne avevo fin sopra i capelli. Fisicamente, inoltre, avevo ben poco del cosiddetto fascino mediterraneo: ero alta poco più di un metro e sessanta centimetri, la mia capigliatura lunga e sottile era del colore dell'oro e il mio incarnato pallido, punteggiato da lentiggini qua e là lungo tutto il corpo, mi conferiva un aspetto più nordico che siculo. Non mi era dunque permesso trascorrere molte ore sotto il sole (a meno che non volessi beccarmi un tremendo eritema) e così a lunghe e umide tintarelle sotto il caldo cocente di agosto preferivo tramonti freschi, seduta su uno scoglio in riva al mare, in compagnia di un buon libro o semplicemente dei miei stessi pensieri.

    Forse l'aria di campagna si sarebbe adattata meglio al mio essere (e al mio corpo), chissà, fatto sta che mi ripromisi, ancora una volta, che ben presto avrei esplorato quel piccolo pezzo di mondo, magari durante una giornata di libertà dal lavoro o nel corso di un'oziosa domenica pomeriggio.

    Dopo circa una ventina di minuti arrivai finalmente alla mia destinazione finale: la biblioteca. Avevo infatti intenzione di iniziare la lettura di un buon libro, piacevolmente coccolata dalla luce soffusa delle lampade disposte lungo il perimetro della sala lettura e pigramente sprofondata su una delle vecchie e polverose poltroncine della stessa. Mi rimaneva a disposizione un'altra ora abbondante prima che la biblioteca chiudesse, così decisi che quei sessanta minuti sarebbero stati per me un momento di totale distacco dalla realtà, un elisir di benessere dopo le fatiche dell'allenamento e della discussione con Biagio.

    Io, Anna Fortini, possedevo un'arma segreta capace di curare tutti i mali: la lettura.

    A quell'ora della sera la biblioteca era semi-deserta e Gisella, la custode, mi accolse subito al bancone d'ingresso con un sorriso dolce. Ricambiai e constatai la presenza di sole tre persone in sala: un anziano che più che leggere sembrava sonnecchiasse accasciato sul lato destro della poltrona, una studentessa completamente immersa nelle sue ricerche scolastiche e una giovane donna versare lacrime amare tra le pagine del suo libro, chissà se per la trama del racconto o a causa di un sogno d'amore appena infranto.

    Mi diressi verso la sezione romanzi, la mia preferita e iniziai a curiosare tra gli scaffali. Avevo bisogno di una lettura nuova, avvincente, diversa e che spezzasse gli schemi; così dopo aver scartato tre romanzi dalla prefazione fin troppo mielosa, mi imbattei in un'opera che mi incuriosì parecchio. Si trattava di un manoscritto pubblicato qualche anno prima e dal titolo Carrie, il cui autore era Stephen King. La prefazione raccontava di una ragazza problematica, costantemente in conflitto con la madre, donna rigida e parecchio religiosa; le carte in tavola per potermi rispecchiare nella mia situazione attuale sembravano esserci tutte.

    Iniziai a leggere la prima pagina, mentre mi diressi verso la comodità della sala lettura, la visuale per metà occupata dal libro e le narici inondate dall'inconfondibile odore di carta appena stampata. Mi immersi nella trama fin da subito e, sbadatamente, persi senza nemmeno rendermene conto l'orientamento: piuttosto che proseguire verso destra andai avanti dritto, inoltrandomi tra gli scaffali della sezione archivi di cronaca cittadina. Me ne resi conto solamente quando, al posto del bagliore delle lampade, fui circondata dalle imponenti ombre degli scaffali che racchiudevano, tramite racconti e articoli di cronaca di ogni genere, l'intera storia del mio paese.

    Per un attimo fui sorpresa di essermi ritrovata dalla parte opposta rispetto a quella in cui ero diretta così chiusi il libro, decisa a non farmi più distrarre e feci dietro front.

    Fui però nuovamente costretta a fermarmi.

    La suola in gomma della mia Converse sinistra strisciò su

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