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La favola che non ti aspetti
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E-book328 pagine4 ore

La favola che non ti aspetti

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Info su questo ebook

Autrice del bestseller Un giorno da favola

Adam è il principe reggente del principato di Elnovia, un’isola nel mare Adriatico. Sua moglie è morta da quattro anni, lasciando un figlio dalla salute molto cagionevole. Tutti lo incalzano perché si sposi di nuovo, ma Adam è troppo legato al ricordo della moglie per pensare di innamorarsi ancora. Così accetta di farsi aiutare da un team di psicologi a trovare la principessa perfetta. Melissa ha trentacinque anni, ama mangiare e non nasconde le sue forme gentili. È un’insegnante e, avendo alle spalle due relazioni disastrose, è convinta di non essere in grado di scegliere da sola l’uomo che potrà renderla felice. Su suggerimento di un’amica, decide quindi di iscriversi al programma “Matrimonio al buio”: si tratta di un esperimento che prevede che sia un gruppo di psicologi a selezionare per i partecipanti il consorte ideale. Se dopo una frequentazione di poco più di un mese i due candidati risultano compatibili, si pronuncia il fatidico sì. Qualcosa, però, va storto e Melissa si troverà a dover fare i conti con qualcuno con cui non è in buoni rapporti. Ma si sa, l’odio e l’amore sono due facce della stessa medaglia e spesso il più agguerrito dei rapporti può trasformarsi in una bellissima favola.

Un principe, una storia burrascosa e uno scenario da favola:
ecco gli ingredienti perfetti per un romanzo che vi toccherà il cuore

I suoi romanzi sono un concentrato di emozioni

«Una storia divertente e commovente allo stesso tempo.»

«Se amate leggere le storie d’amore ecco la favola che fa per voi!»

«Segreti, passione, litigi, amore, odio e molto altro: Fabiola ha creato un mix fantastico che fa sognare, ma allo stesso tempo è reale, perché l’amore può tutto, anche quando la vita ci mette lo zampino!»

Fabiola D'Amico
è cresciuta ad Aspra, in provincia di Palermo, e vive a Bagheria. Il lavoro occupa gran parte del suo tempo ma appena può s’immerge nella lettura o nella scrittura. Con la Newton Compton ha pubblicato Un giorno da favola, Un matrimonio da favola, Amore per tre, Io lo chiamo amore e Scommettiamo che è amore?
LinguaItaliano
Data di uscita3 giu 2019
ISBN9788822734747
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    Anteprima del libro

    La favola che non ti aspetti - Fabiola D'Amico

    L’eterna invitata ai matrimoni

    Melissa

    29 settembre. Abbazia di San Fruttuoso

    Buonasera girls. Anche voi qui? Bell’affare, mi auguro per voi che non siate dall’altra parte della sponda come me. Se state pensando a quello, lasciate che vi dica che siete fuori strada. Sono etero, convinta e soddisfatta (più o meno…). Visto che mi trovo in un romanzo rosa, vittima sacrificale prescelta per raccontare la mia storia – ovvero quella di una donna sfortunata in amore – vi illustro una mia teoria: le donne ai matrimoni si dividono in due gruppi. Ci sono le sposate, che sfoggiano sorrisi soddisfatti, anche se con i tacchi alti corrono dietro a bambini scatenati e a fine serata si ritrovano con le caviglie doloranti; e poi ci sono le zitelle, ops!, le single, che sebbene si dichiarino felici della condizione che consente loro di vivere libere, e ostentino sorrisi per tutti, indossando maschere su maschere, in realtà sognano di incontrare il vero amore con cui convolare a nozze, e invidiano la donna di turno.

    Siamo sincere, viviamo in un’epoca in cui la donna, e per fortuna, può vivere da sola ed essere felice, può viaggiare, intrecciare relazioni più o meno scabrose… Un’epoca in cui alla verde età di quasi trentaquattro anni essere single non fa di lei una zitella acida e scorbutica, tantomeno non avere figli. Eppure il settanta per cento delle single qui presenti vorrebbe scambiare la propria libertà con caviglie doloranti, mani appiccicose sul viso e sguardi innamorati. Io non sono sola per scelta: da bambina sognavo di sposarmi e avere dei figli. Qualcosa deve essere andato storto, perché non sono sposata, non ho uno straccio di uomo e non ho figli. E oggi sono invitata a un matrimonio. L’ennesimo della mia vita.

    Non fraintendetemi, sono felice per la coppia, ma, dopo aver partecipato alle nozze di parenti, amici, colleghi, sono stufa di essere sempre e solo l’invitata. Potrei scrivere un libro sulle mode matrimoniali dell’ultima decade. Non c’è stato anno in cui non abbia partecipato a minimo tre sposalizi, svenandomi per abiti e regali. Una volta ho fatto due conti e ho constatato che avrei potuto pagarmi un giro del mondo. Un giro del mondo, non un semplice viaggio a Roma!

    Tuttavia, pur conscia di tutto ciò, mi ritrovo sempre a fare l’invitata. Qualcuno potrebbe definirmi sfigata consapevole!

    Cerco di muovermi tra gli ospiti come se fossi a mio agio, in realtà prendo coraggio dallo champagne, veramente buono. Tutto sommato, partecipare a questo matrimonio non è uno sbaglio: oltre a essere un evento principesco, le vicende che hanno portato gli sposi fin qui mi fanno sperare che anch’io incontrerò qualcuno disposto ad amarmi.

    Carlotta e Luca, fino a qualche mese fa, non si sopportavano neanche, poi sono successe delle cose che li hanno spinti l’uno fra le braccia dell’altra ed eccoci a festeggiare l’inizio della loro avventura. Io sono l’amica della sorella dello sposo, Sofia, una ventiquattrenne felice e in pace con il mondo, una romanticona con poche ferite di guerra. Praticamente, non ha subìto grandi delusioni d’amore. Di certo, non come quelle che segnano il mio cuore infranto.

    «Melissa! Che piacere vederti…».

    Un momento di distrazione dai miei lugubri pensieri mi viene offerto dalla mamma dello sposo. Lorella, che indossa un abito di chiffon azzurro, mi bacia sulla guancia.

    «Ciao! Non potevo mancare a un avvenimento così importante», rispondo con un sorriso.

    «E inaspettato. Mio figlio non fa mai nulla di tradizionale, neppure innamorarsi e sposarsi».

    In effetti, le nozze mi sono state annunciate qualche settimana fa, quando gli sposi hanno deciso di fare il grande passo. Come sono riusciti a organizzare tutto in così poco tempo? Hanno trasformato una festa di compleanno in un matrimonio. Geniale, no?

    «Ma davvero lascia la carriera di modello per un’agenzia di eventi?», domando riferendomi a Luca.

    La mamma dello sposo si lancia nell’entusiasmante racconto delle ultime vicissitudini del figlio, modello strapagato e stradesiderato, e nel frattempo mi prende per il braccio e mi invita a camminare. Siamo in un’antica abbazia della provincia di Genova, San Fruttuoso, e l’atmosfera è romantica. Gli archi di pietra sono adornati di nastri e fiori bianchi, con foglie verde brillante.

    «Voglio presentarti…».

    Ci siamo. A ogni matrimonio c’è sempre qualcuno che vuole presentarmi qualcun altro, perché, ovviamente, io non sono in grado di conoscere gente. Come se i matrimoni dovessero diventare occasioni per future storie d’amore. Ormai non mi metto più in fila per prendere il bouquet… Anche perché non è mai, e mai vuol dire mai, successo che il volo dell’ambito mazzolino si sia concluso tra le mie mani. È destino e devo prenderne coscienza: io non mi sposerò, non avrò un amore, grande o piccolo che sia.

    I miei occhi vagano per la sala. C’è tanto di quel ben di Dio. Luca ha invitato molti colleghi del mondo dello spettacolo e non mancano i vip, che però non mi guardano neppure. Evidentemente, la mia bellezza non incontra i loro gusti. Non sanno che si perdono, gli sciocchi. Del resto, da uomini che vivono a contatto con delle sardine non ci si può aspettare che apprezzino una cernia. Ebbene sì, sono felice della mia taglia quarantasei, che a volte, forse troppe, raggiunge una quarantotto. Mi piace la sesta di seno che mi ha donato madre natura e la sfoggio con abiti scollati. Faccio concorrenza alle belle pin up di una volta, sebbene mi manchi il vitino da vespa. Sono quella che ai nostri giorni si definisce una curvy, espressione molto chic per dire grassa. Adoro mangiare… Cosa c’è di più bello, a parte fare l’amore?

    «Loro sono Francesca e Maria, due care amiche di Carlotta e Luca», dice nel frattempo Lorella.

    Tiro un sospiro di sollievo, per una volta sono salva. Sono così sollevata che intavolo subito una conversazione che presto si trasforma in un dibattito interessantissimo. E scopro qualcosa di straordinario.

    «Siete davvero le fondatrici di Seduzioni Regency? Ma dai, che bello, seguo da sempre il blog, non mi perdo una recensione. Per non parlare degli articoli sui matrimoni. Ma chi è Ladyhawke? Che tipo. Adoro il modo singolare con cui commenta i romanzi, anche se non mi trova d’accordo sulla D’Amico, che mi sembra un’ottima scrittrice e molto ironica».

    Francesca e Maria si guardano con aria complice, ma non confessano. «Purtroppo, per motivi di privacy, dobbiamo mantenere assoluto riserbo sulla sua identità. Ma possiamo assicurarti che le sue recensioni le somigliano incredibilmente».

    «Capisco. Ho condiviso il post sulla difesa del genere rosa, insomma questa assurda faida tra lettrici è irragionevole, perché bisogna schierarsi a favore o a sfavore di un genere? Perché parlare di buoni sentimenti è meno importante che investire parole sulla politica? È come mettere a confronto la focaccia genovese con la pizza napoletana. Un’assurdità. Non sono entrambe buone?»

    «Esatto! Hai reso perfettamente l’idea. Io sono incavolata», osserva Maria.

    «Ah, io non me la sono presa più di tanto. Che pensino quel che vogliono: io sono una lettrice di romanzi d’amore ma sono tutto fuorché una zitella inacidita. E nella vita faccio molto sesso», afferma Francesca con un sorriso.

    «Beata te. Io sono zitella e a stecchetto», commento con un pizzico di amarezza.

    Guardo gli sposi poco più in là. Stanno parlando, lei lo stuzzica, lui non si fa mettere i piedi in testa, ma i loro occhi dicono tante cose. Sono un’unica persona. Si sente la complicità che li lega. Perché io non ho nessuno? «Dunque, secondo il loro punto di vista, leggerei per farmi il fegato amaro. Niente di più lontano: leggo rosa perché nei sogni voglio essere felice. A volte mi immedesimo così tanto nelle storie che mi sembra di essere la protagonista. Chissà, forse hanno ragione, sono patetica…».

    Di solito non metto a nudo i miei sentimenti, ma sono circondata da così tanto amore che mi sento più sola che mai.

    «Ma no», dice Francesca, «io sono innamorata e mi immedesimo in ogni eroina che incontro, come te. Sono patetica? Non credo, ma anche se fosse? Che male faccio? I sogni ci aiutano a rendere più vivibile la realtà».

    «Sono stanca di sentirmi dire che sono una sfigata ignorante. Non voglio più che mi mettano i piedi in testa, sono romantica e mi piacciono le storie che parlano di sentimenti, poi se sono ambientate nel passato e mi danno l’opportunità di farmi vivere atmosfere di altri tempi è ancora meglio. Perché non se la prendono con il cinema, allora?», replica Maria.

    La discussione va avanti finché Maria non si allontana per recuperare la figlia, una bimba di pochi mesi.

    «Immagino che tu non sia single per scelta», dice Francesca quando rimaniamo sole.

    «Più che altro sono single perché non c’è scelta. Dove lo trovo uno che si prenda cura di me? Che mi tratti come una principessa e che voglia il mio bene prima del suo?»

    «Posso assicurarti che uomini così esistono. Hanno i loro difetti, come tutti i comuni mortali, ma esistono», prova a rincuorarmi Francesca.

    Ora, voi non rispondereste con una battuta? Io non posso farne a meno. «Adesso è tutto chiaro. Sono introvabili perché gli unici che c’erano li avete presi tu e le tue amiche».

    Francesca posa la mano sul mio braccio. Mi costringe a guardarla. Ha un bel viso ovale, due occhi intelligenti e un sorriso dolcissimo. «Fino a qualche mese fa, pensavo che per me non ci fosse più speranza», mi confessa, mi sembra, con sincerità. «Uscivo da una storia che mi aveva fatto a pezzi… Poi, in un classico giorno di pioggia, ho incontrato un uomo che era l’esatto opposto di ciò che avrei voluto, e ho lasciato che l’amore bussasse al mio cuore. Ho aperto la porta e ci ho messo un po’ a fidarmi, ma non mi pentirò mai di quella scelta. Certo, se pensi che una storia d’amore sia il classico e vissero felici e contenti devo darti una grande delusione, perché la felicità delle favole non esiste, ma insieme le difficoltà si superano meglio. Il più delle volte ci lasciamo sfuggire l’amore perché rincorriamo un sogno impossibile o perché abbiamo troppa paura di amare. D’altronde, che rischi si corrono nel vivere da sole? L’amore è come giocare una partita a carte. Sei pronta a rischiare tutto o preferisci stare a guardare da lontano?».

    «Pensi che non lo sappia? È passata l’epoca in cui non mi accontentavo di nulla di meno di un bel principe in groppa al suo cavallo bianco, quella in cui lo stomaco si riempie di farfalle impazzite e le mani ti tremano, quella degli occhi a cuoricino e delle notti trascorse in bianco a pensarlo. Ho quasi trentaquattro anni e so che il mio corpo sta per entrare in una fase di non ritorno, e che più passa il tempo e meno semplice sarà trovare un uomo, avere figli. Non cerco più l’amore con la A maiuscola, quello capace di cambiare il tuo mondo, di portarti in cima alla montagna senza affanni. Io voglio solo comprensione e rispetto dal mio partner».

    «Cos’è l’amore?», mi chiede.

    Il mio sguardo è attratto come una calamita dagli sposi. Luca afferra Carlotta per la vita e la attira a sé. I loro occhi sono illuminati da una gioia indescrivibile e io provo di nuovo una fitta di invidia che mi mortifica.

    Penso alle mie relazioni passate, a quanto male mi abbiano fatto. Avevo anch’io quello sguardo? Con Marco, il mio primo ragazzo, non ero sicura dei miei sentimenti. Mi piaceva, ma non riuscivo ad abbandonarmi, avevo paura di bruciarmi in una relazione destinata a fallire. Ero anche molto giovane. Così, dopo una serie di rifiuti da parte mia, mi ha mollato. Con Andrea è stata un’altra storia, ma non è il momento di pensare a loro.

    Torno a guardare Francesca. «Illuminami, ti prego, devi avere la risposta se sei felicemente sposata», la supplico con un sorriso e lo sguardo speranzoso.

    «Sentirsi a casa in qualunque posto quando lui è con te, ridere insieme, camminare mano nella mano verso lo stesso traguardo, mettere il bene dell’altro davanti al proprio, prendersi cura l’una dell’altro».

    Casa. Non l’avevo mai considerato da questo punto di vista. Una breve parola che racchiude tanti significati: sicurezza, gioia, libertà.

    «Tesoro, non credere che la tua esistenza sia giunta al capolinea: la vita sa stupirti quando meno te lo aspetti, e non lo dico perché sto vivendo una vera storia d’amore. Sono una psicoterapeuta di coppia. Lì fuori c’è l’uomo per te, solo che se stai a casa è difficile incrociarlo».

    Come se non lo sapessi. Non ho bisogno di una psicoterapeuta per capirlo.

    «Sono insegnante di sostegno in una scuola materna, ergo ho pochi colleghi uomini, e quei pochi non mi attirano. Tutte le mie amiche sono accasate con figli, dove dovrei guardare?»

    «Qui intorno? È pieno di uomini… e che uomini. Non credi di avere paura di buttarti e rimanere di nuovo scottata?».

    Mi chiedo se Francesca non sia una sensitiva. O forse la mia vita è una fotocopia di quella di milioni di altre donne.

    «Forse».

    «Conosci la trasmissione Matrimonio al buio?».

    Mi dispiace ammetterlo, ma non guardo molta televisione.

    «No. Immagino che sia un reality, di quelli in cui la gente si mette in mostra».

    «Più o meno. Uomini e donne sono affidati a un team di esperti psicologi, sociologi e sessuologi che li rivoltano come calzini. I dati raccolti vengono inseriti in un database che combina gli elementi fino a trovare la coppia perfetta. Consideralo un esperimento scientifico che si è dimostrato molto attendibile. A questo punto, la coppia viene contattata e si offre loro la possibilità di unirsi in matrimonio. I futuri sposi non si incontreranno fino al momento di dire sì, poi scatterà una convivenza di un mese, al termine del quale la coppia deciderà se proseguire o avviare le pratiche di divorzio».

    «Si sposano senza conoscersi? La gente è folle».

    «Mica ti verrà presentato uno psicopatico che attenterà alla tua vita. Fidati di noi e lasciati andare. Ti garantisco il successo dell’operazione. Ti metteremo accanto l’uomo perfetto per te, quello che tra le innumerevoli persone in cui t’imbatti ogni giorno non ti saresti mai aspettata di incontrare».

    Non so cosa rispondere. In un certo senso l’idea mi alletta. Non dovrei investire i miei sentimenti in una relazione che potrebbe trasformarsi in un altro fallimento. E in un mese non potrei ritrovarmi talmente coinvolta da soffrire per sempre.

    «Pensaci. Ti lascio il mio numero, così possiamo riparlarne».

    È peggio di un diavolo tentatore, questa donna. I miei occhi si posano sul dorso della mano dove ho fatto tatuare il motto Carpe diem. Mi chiedo se essere qui, aver incontrato Francesca, essermi confidata – cosa che difficilmente faccio – non sia parte di un progetto divino, qualcosa di veramente grande. Il momento x tanto atteso. Come se ogni passo fatto fino a oggi avesse dovuto portarmi qui, in questo momento. E poi tra le braccia del mio uomo.

    Sono pronta a dire il mio sì, ma freno l’irruenza. Devo riflettere. Qui si tratta di roba seria. Un matrimonio vero, non un semplice incontro al buio.

    Vengo salvata dall’arrivo del marito di Francesca. È un uomo affascinante e dallo sguardo determinato. I suoi occhi si soffermano appena su di me, sono tutti per la moglie. Niente abbraccio né bacio. Le porge un piatto di antipasti e le chiede se sta bene.

    «Benissimo. Lei è Melissa», gli dice Francesca euforica.

    «Ho sentito molto parlare di te. Luca è davvero tranquillo di sapere la sua sorellina nelle tue mani».

    Alcuni anni fa, quando Sofia ha iniziato l’università e ha espresso la volontà di studiare a Milano, i genitori si sono rivolti a me per darle una mano nella grande città. Mi sono offerta di ospitarla in casa per i primi tempi. Ed era così piacevole avere in giro una ragazza piena di entusiasmo per la vita, che l’ho invitata a vivere con me in modo permanente. Da quando ha iniziato il lavoro dei suoi sogni – è un’antiquaria giramondo – per lei la casa a Milano è un pied-à-terre tra un viaggio e l’altro, e per me la sua sporadica presenza una vera ventata di aria fresca. Mi chiedo sempre come sarà quando troverà un uomo e io rimarrò sola. Ho così paura di questa parola.

    «E io ho sentito parlare di te», ricambio la gentilezza. «Sofia nutre una sorta di timore reverenziale nei tuoi confronti».

    «Christian incute timore a tutti», conferma Francesca.

    Lui sorride.

    «Tutto merito del mio carisma».

    La serata continua allegramente e sono davvero felice di essere qui, nonostante la mia condizione di donna single e mi ritrovo a pensare che non è un caso che fossi qui oggi. Segnerò sul calendario questa data. Un nuovo inizio.

    Il principe reggente

    Adam

    Ottobre. Principato di Elnovia

    La mia vita è uno schifo. Il destino mi ha giocato un brutto scherzo: mi ha fatto credere nella felicità e poi me l’ha strappata con un morso, lasciandomi una ferita profonda e sanguinante. Non ha ancora smesso di fare male, non smetterà mai. Certo, ho tutto quello che un uomo potrebbe desiderare: denaro, potere, ammirazione. Ma a me non basta, perché non ho l’amore. La mia Julienne, l’unico vero amore della mia vita, mi ha lasciato. È morta tra le mie braccia distrutta da un tumore.

    Sono stato cresciuto per diventare un giorno principe di Elnovia. Ho fatto il mio dovere verso i sudditi, verso la famiglia, e non sono mai venuto meno agli impegni presi da quando il cardinale mi ha posto sul capo la corona.

    Guardo il mare dalla finestra del mio studio. È così calmo e languido, oggi. Ben diverso dalla notte in cui, quattro anni fa, ho capito che avrei stretto per l’ultima volta il corpo caldo della mia Julienne, e che per l’ultima volta i nostri sguardi si sarebbero incrociati.

    Dio come l’amo. Dicono che chi muore non va mai via, perché vive nei nostri ricordi, ma i ricordi non hanno odore, non si abbracciano, non ti riscaldano, non ti eccitano. I ricordi di chi non c’è più fanno solo male, un male cane.

    Odio questa vita. Non bastava che si fosse già portata via mio nonno, mio padre, i miei amati zii?

    Non ho neanche la libertà di mostrare il mio dolore per la perdita dell’altra metà di me. Per quello stesso potere che molti mi invidiano, devo indossare una maschera e fare il mio dovere verso i miei sudditi, le mie sorelle Rose, Judy ed Elena, mia madre, mia nonna. Devo sostenere tutti, ma a me nessuno offre un conforto. Perché io sono il principe e sono forte. Col cavolo. Sono un uomo come tanti. L’unica volta che per amore sono stato così egoista da pensare a me stesso, fregandomene degli altri, ho combinato un casino enorme di cui ancora oggi pago le conseguenze. E non rinnego l’epilogo di quella vicenda, mi rammarico per il modo in cui la passione mi ha spinto ad agire.

    Dall’antica finestra di questo castello, che ha più di mille anni, guardo la cappella che ho fatto erigere per lei così che possa vederla ogni volta che voglio. Stringo i pugni. Passo dalla mestizia all’ira. Ho così tanto dolore dentro che potrei prendere a cazzotti queste vecchie mura e batterle fino a morire. Ma non posso. Ho delle responsabilità. La mia vita è uno schifo pieno di responsabilità.

    Un lieve bussare mi esorta a riprendere la compostezza che fa di me un principe che non mostra mai i propri sentimenti. «Avanti».

    Entra il primo ministro di Elnovia. Mi basta guardarlo: non ha una bella cera, il che vuol dire che ci sono guai in vista. Sono stanco, davvero stanco.

    «Mio signore, non porto notizie liete».

    «Come accade spesso, in questi ultimi mesi. Potresti usarmi la cortesia di darmi il colpo di grazia e smetterla di farmi soffrire?».

    Jesse Michtelle sa molto di me, anche se non gli ho mai confidato i miei sentimenti. Lui capisce.

    «C’è sempre un perché in quel che accade… Purtroppo non sempre siamo in grado di comprenderlo», replica con la filosofia spiccia che spesso me lo fa detestare.

    «Già, forse un giorno comprenderò perché mio figlio non potrà avere ciò che gli spetta per diritto di nascita. O perché sua madre, mia moglie, è morta».

    Mi accascio sulla poltrona, la stessa che per secoli ha ospitato i sederi illustri dei miei predecessori. «Credi che i miei avi abbiano sentito il desiderio di abdicare e vivere come uomini normali?»

    «Il suo dolore sarebbe meno sopportabile se fosse un semplice operaio? La vita non fa sconti dinanzi a certe prove, qualsiasi sia la nostra estrazione sociale».

    «Sono stanco, Jesse. Vorrei potermi dedicare a mio figlio e non pensare ad altro».

    «Ma non può farlo. È il principe di Elnovia».

    Già.

    Mi passo le mani sul viso, stropicciandomi gli occhi. «Cosa devi dirmi, Jesse?»

    «Suo cugino Max ci ha comunicato che la moglie è incinta».

    Batto la nuca sulla spalliera della poltrona. «Di nuovo? I gemelli hanno solo due anni».

    «Quell’uomo ha un obiettivo».

    Certo, prendersi la corona. E gliela lascerei più che volentieri se fosse un altro, un uomo meno avido ed egoista.

    «Siamo certi di non poter cambiare lo statuto di Elnovia? Se le mie sorelle potessero succedermi, la paternità di Max non sarebbe un problema per noi», rifletto.

    Un genio di principe del passato ha imposto che solo gli eredi maschi possano diventare principi reggenti. Stupidi maschilisti. E mio padre ha avuto la fortuna di avere tre figlie femmine e un solo figlio maschio.

    «No, per come stanno le cose. Se si scoprisse che il piccolo Ettore non potrà mai succederle e che ha cambiato la legge per intralciare Max, potrebbe essere accusato di alto tradimento ed essere esiliato», rispose Jesse, con l’usuale concretezza.

    Sarebbe così male vivere in un altro posto? Essere tacciato di tradimento? Potrei rifarmi

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