Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L’uomo dietro la siepe
L’uomo dietro la siepe
L’uomo dietro la siepe
E-book228 pagine3 ore

L’uomo dietro la siepe

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

L’uomo dietro la siepe di Gianluca Franco è un romanzo che snoda la narrazione sul filo indissolubile che lega la coscienza, ossia “l’uomo dietro la siepe”, il riflesso di sé che il protagonista di questa storia immagina di incontrare ogni volta che si trova di fronte a una scelta da compiere, e la parte più impulsiva, quella dei sentimenti, che neppure la personificazione della sua coscienza riesce a spiegare, lasciando il protagonista in balia delle onde quando si tratta di fare la cosa giusta. Quando però, tra una batosta e l’altra, incontri amorosi e professionali, viaggi e momenti di successo, il protagonista raggiunge la sua maturazione interiore, comprende che potrà trovare la propria strada solo concedendosi la possibilità di imparare dagli errori e superando limiti autoimposti generati dall’ossessione verso eventi passati. 

Protagonista de L’uomo dietro la siepe è un ragazzo inizialmente senza nome, segnato dalla morte del fratello minore Alessio, vittima di un’aggressione quando entrambi erano bambini. Nel tentativo di sedare il senso di colpa per la morte del fratello, il protagonista decide di vivere per realizzare un solo obiettivo: completare una lista di cose da fare programmata da suo fratello, sperando così di poter ritrovare la felicità, intralciata da problemi psicologici che talvolta lo portano ad alterare la percezione della realtà. 

Nato a Priverno (LT), nel settembre del 1999, Gianluca Franco è un Ufficiale dell’Esercito Italiano, in servizio presso la Brigata Paracadutisti “Folgore”. Ha frequentato la Scuola Navale Militare “F. Morosini” di Venezia, dove ha conseguito gli studi liceali. Successivamente, ha concluso la laurea magistrale presso l’Accademia Militare dell’Esercito, studiando i primi due anni a Modena e i successivi tre a Torino.
L’autore ha una propensione a superare i suoi limiti che lo spinge a mettersi sempre alla prova affrontando nuove sfide e proprio da una di queste nasce il romanzo: L’uomo dietro la siepe.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2023
ISBN9788830686793
L’uomo dietro la siepe

Correlato a L’uomo dietro la siepe

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su L’uomo dietro la siepe

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L’uomo dietro la siepe - Gianluca Franco

    francoLQ.jpg

    Gianluca Franco

    L’uomo

    dietro la siepe

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8180-4

    I edizione luglio 2023

    Finito di stampare nel mese di luglio 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    L’uomo dietro la siepe

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    CAPITOLO I - LA VERITÀ

    Credo, anzi sono convinto del fatto che tutto sia iniziato il 29 febbraio del 1996: il giorno in cui sono nato.

    Che giorno strano il 29 febbraio. Avrei dovuto festeggiare il mio compleanno ogni quattro anni? Fatto sta che è un giorno tanto strano quanto unico. Dipende da come le persone interpretano la stranezza, penso che sia una cosa strettamente collegata all’unicità. Non si è mai visto nessuno essere strano come un’altra persona, ognuno lo è a modo suo. Ogni anno bisestile lo sentivo come il mio anno. L’anno in cui ero invincibile, per non parlare del 29 febbraio. Aspettavo quattro anni per festeggiare un compleanno che davvero mi rappresentasse. Ma anche se l’anno non fosse stato bisestile, nella mia infanzia non mi è mai mancato nulla. Ho sempre avuto tutto: una madre, un padre e un fratello… un fratello. Credo di essere stato uno di quei bambini sempre sorridenti, d’altronde, non avevo scelta, la mia famiglia mi ha sempre accolto con il suo amore e proprio non riuscivo ad essere triste. Ma non tutte le favole hanno un lieto fine e alcune vengono interrotte drasticamente.

    Presto, troppo presto, è arrivato il mio disincanto. Dovetti scoprire che era tutto un trucco, una mera illusione, non ero altro che bendato.

    Ci si prepara per molto tempo al giorno della verità, per i più fortunati questa verità arriva piano, per piccoli passi. Per altri, invece, e mi dispiace per loro, arriva tutta d’un fiato, senza virgole, solo con un punto finale. Questa verità è come la stranezza: non è mai uguale ad un’altra. Si manifesta sotto molteplici forme, ognuno di noi ne ha una personale, che differisce da quella altrui.

    La mia verità l’ho scoperta il 10 settembre ed era tutta d’un fiato.

    Ricordo quel giorno alla perfezione, era un mercoledì. Frequentavo il quarto anno delle elementari, mio fratello Alessio il secondo.

    Era appena suonata la campanella dell’ultima ora, finalmente potevo andare a casa a rilassarmi.

    Come tutti i giorni, aspettavo che anche mio fratello uscisse per prendere insieme il pullman e tornare dalla nostra famiglia. Il tempo passava, ma di lui non c’era traccia.

    «Ehi, hai visto Alessio?» chiesi a un suo compagno di classe.

    «Immagino che sia già ai pullman. Noi oggi siamo usciti qualche minuto prima perché non c’era l’insegnante.»

    «Ah, va bene, grazie.»

    Uscii da scuola e, mentre andavo verso la fermata dell’autobus, notai che proprio lì, ai pullman, c’era una folla di persone. Era diversa dal solito, non era quella classica pronta a spingere a più non posso per aggiudicarsi un posto sull’autobus. Iniziai a camminare più velocemente. Mi feci largo tra gli altri ragazzi per capire cosa stesse accadendo. Non mi aspettavo di vedere ciò che stavo vedendo.

    Era la mia verità, era Alessio, mio fratello più piccolo. Dei ragazzi lo stavano picchiando. Lo spingevano avanti e indietro come se fosse una palla. Mi tremavano le gambe, non riuscivo a muovermi. È come se tutte le forze in quel momento mi avessero abbandonato per far posto alla paura e all’insicurezza. Ma era pur sempre mio fratello! E il compito di un fratello maggiore è quello di proteggerlo e amarlo, sempre.

    «Lasciatelo stare!» gridai a più non posso, cercando di farmi strada per raggiungerlo.

    Ero circondato da ragazzi, o meglio, bambini che non facevano nulla, erano lì per godersi lo spettacolo, così piccoli ma così crudeli. La folla non era altro che un pubblico. Alcuni ridevano e riprendevano la scena con il proprio cellulare, senza neanche pensare di intervenire.

    Io continuai a gridare, cercando sempre più disperatamente di arrivare da lui.

    Quando finalmente lo raggiunsi, fu troppo tardi. Mio fratello girò leggermente la testa verso di me e, con la coda dell’occhio, per un istante, mi guardò dritto negli occhi. Vedendomi, si sentì subito al sicuro, era come se avessi alleviato il suo dolore attraverso il mio sguardo, si sentì salvo.

    Nell’istante successivo, proprio mentre mi guardava, venne spinto bruscamente da un ragazzo. Perse l’equilibrio, cadde. Batté la testa sullo spigolo del marciapiede. Quella scena la ricordo attimo per attimo.

    Mi si gelò il cuore, avevo il fiato sospeso, in un battito di ciglia, lo vidi immobile a terra. Le gambe non smisero di tremare, i suoi occhi continuarono a guardami, ma questa volta erano spenti. Come un fiume in piena, da dietro la testa iniziò ad uscire incessantemente il sangue. La maglietta diventò totalmente rossa in pochi secondi.

    Non potei fare altro che urlare con tutta la mia voce, come se quell’urlo potesse fare qualcosa. Con le lacrime agli occhi, mi inginocchiai di fianco a lui. Gli misi la mano dietro la testa, cercando inutilmente di fermare il sangue. Gridai aiuto, ma più gridavo e più i ragazzi scappavano.

    Ero lì, avrei potuto salvarlo, avrei potuto fare qualcosa, dovevo fare qualcosa! Eppure, tutto ciò che ottenni fu un fratello morto tra le braccia.

    Arrivarono due insegnanti che chiamarono l’autombulanza, ma non c’era più nulla da fare, la verità era arrivata.

    Quando tornai a casa, nulla ebbe più senso. La casa diventò silenziosa come non mai. Il silenzio venne rotto solo dalle tragiche e strazianti urla di mia madre, che non riuscì a nascondere il proprio dolore. Mio padre cercò di mostrarsi forte, raccolse tutte le sue energie per non piangere difronte a me. Nonostante tutto, sapevo bene che lui era solamente più bravo di mia madre a nascondere la sua sofferenza. Io da quel giorno non piansi più, non ebbi neanche più la forza per versare una lacrima. L’unica emozione che avevo dentro era rabbia, rabbia verso me stesso. Mi dava fastidio l’immagine che vedevo allo specchio. Non riuscivo a togliermi dalla testa che era colpa mia. Tutti i giorni mi fermavo davanti la porta della sua cameretta, non fui mai in grado di entrare. Mia mamma lasciò tutto così com’era: il letto disfatto, la maglia indossata il giorno prima sulla sedia, le ciabatte sparse per la camera. Quasi sembrava come se a momenti dovesse tornare.

    Ci fu una cosa, però, in quella camera, che attirava la mia attenzione: un foglio lasciato sulla scrivania. Non c’era niente, né libri né quaderni, solo un foglio piegato lì a metà. Nulla mi dava più fastidio di quel foglio.

    Mi ero promesso che non sarei mai entrato. Ogni maledetta volta che ci passavo davanti, c’era quel foglio che mi fissava. Sapevo che non ne avrei dovuto leggere il contenuto, forse non c’era scritto nulla, forse era solo un compito dimenticato che avrebbe dovuto portare a scuola o forse era qualcosa per me. Non fui in grado di trovare la forza per entrare. Solo dopo diversi mesi riuscii a trovare il coraggio. Entrai.

    Le gambe iniziarono a tremare in maniera incontrollata, proprio come quel giorno. Fu come se stessi commettendo un crimine sotto le telecamere di sorveglianza. Presi il foglio in mano. Lo aprii. E finalmente riuscii a piangere di nuovo.

    Non era un semplice foglio. Era una lista. Era il destino che si prendeva gioco di me. Come se tutto quello che stavo passando non bastasse. Era una lista che Alessio aveva compilato. Il titolo della lista era: cose da fare prima di morire. Non riuscivo a crederci, certe volte il karma è proprio un bastardo.

    Da quel giorno, per me iniziò una sfida, ero piccolo e incosciente, ma avevo capito che dovevo reagire, dovevo trovare un motivo per andare avanti. Mi sentivo debole, avrei voluto solamente arrendermi e farla finita. Tuttavia, ho dovuto cercare dentro di me e trovare quella forza che tutti noi abbiamo, anche se non lo sappiamo finché non ne abbiamo bisogno. Dovevo tirarla fuori e scoprire quel motivo per cui non arrendermi e per il quale non essere più un codardo. Decisi che, finché il mio cuore avrebbe continuato a battere, avrei portato avanti il suo progetto. Completare la sua lista diventò il mio obiettivo principale, ad ogni costo. Ogni mio traguardo sarebbe stato in onore di mio fratello.

    Non cercai la vendetta contro chi lo uccise, ma la cercai contro di me. Trovai conforto nell’auto punirmi, nell’auto costringermi a fare tutto ciò che c’era su quella lista. Nella vana speranza che tutto questo potesse in qualche modo restituirmi Alessio. Mi addossai l’intera colpa. Se solo fossi riuscito a raggiungerlo un secondo prima. Uno soltanto! Incredibile come una cosa futile come un secondo fu la differenza tra la vita e la morte. La mia vita cambiò totalmente per quel secondo. Non fui più lo stesso per quel dannato secondo! Quella maledetta frazione di tempo condizionò tutti gli altri secondi che avrei vissuto. Tutti gli anni della mia vita non sarebbero bastati per rimediare a un errore di un secondo.

    CAPITOLO II - LA PAZZIA

    Non fu affatto facile iniziare la lista. Probabilmente, l’università fu il primo passo importante da compiere per raggiungere gli obiettivi che, passo dopo passo, mi avrebbero permesso di completare la lista di Alessio. Quasi tutti i giorni universitari furono pressoché identici. Per molti, questi anni rappresentano un periodo rilassante in cui non si è obbligati a seguire tutte le lezioni, con orari comodi e molto tempo libero. Per me non fu affatto così, le mie giornate erano piene, non avevo un attimo di tranquillità.

    Tutti i miei pomeriggi furono impegnati. Fortunatamente, riuscii a trovare un lavoro part-time, altrimenti non avrei potuto pagare le rette universitarie. Finii così per occupare la maggior parte del mio tempo libero.

    L’unico momento utile della giornata in cui potevo studiare era la mattina presto, prima che andassi a lezione. Per questo motivo, il sonno diventò il mio peggior nemico.

    Provai ad escogitare diverse soluzioni per riuscire ad alzarmi dal letto: la prima fu quella di impostare un gran numero di sveglie ogni 15 minuti, ma non si rivelò molto efficace come metodo. Alcuni amici mi consigliarono di scaricarmi un’applicazione sul cellulare per impostare la sveglia; quando poi questa iniziava a suonare, per disattivarla, bisognava eseguire dei calcoli relativamente semplici, ma che alle quattro del mattino, con circa cinque ore di sonno, diventavano decisamente complicati, come ad esempio:

    Un mattone pesa un chilo più mezzo mattone. Quanto pesano 2 mattoni?.

    Indovinelli del genere, uniti al frastuono della sveglia, nel pieno della notte, diventarono impossibili per quanto banali e, anche se riuscivo a svegliarmi, fu troppo stressante; optai, dunque, per un terzo metodo, che si rivelò il migliore: mettere semplicemente la sveglia lontana dal letto in modo tale da costringermi ad alzarmi per spegnerla.

    Fra tutte le cose che studiai all’università, rimasi particolarmente colpito da un’opera, o meglio, un poema: Paradise Lost di John Milton pubblicato nel 1667.

    Rimasi affascinato da un passo in cui l’autore descrisse il momento in cui Satana e gli Angeli ribelli vennero cacciati dal paradiso e mandati all’inferno.

    Satana in un primo momento non fu felice perché paragonava il posto in cui era finito al paradiso, ma rifiutò l’idea di disperarsi e accettò la sua nuova condizione. Riuscì a tirar fuori tutta la propria determinazione e sicurezza interiore.

    Realizzò che era diventato il possessore di un regno e non era rilevante se si trattasse dell’Inferno o del Paradiso, poiché la sua ambizione era quella di regnare. Lui si dimostrò forte nella propria coscienza di sé. Così facendo, riuscì a dimostrare che non importa quanto ciò che ti circonda possa cambiare e diventare orribile se dentro di te rimani lo stesso. Dunque, se la mente è in grado di cambiare il mondo esterno, il Paradiso e l’Inferno non sono altro che stati d’animo. L’Inferno non esiste realmente! Siamo noi che lo determiniamo. Possiamo vivere nel Paradiso e non accorgercene; se la nostra mente lo percepisce come Inferno, allora sarà l’Inferno e viceversa. Il segreto è quello di riuscire a sviluppare una mente abbastanza forte che sia in grado di trasformare l’Inferno in Paradiso.

    Tutto questo fu espresso da Satana nel suo soliloquio. Leggendolo pensai: Ecco la soluzione!

    Ma come potevo arrivare ad avere una forza del genere? Come potevo fare a non farmi condizionare dagli eventi esterni, dopo che questi mi tolsero la cosa che più amavo al mondo? Siamo veramente noi i padroni della nostra vita? Ho sempre creduto nel destino, ma la vita non è semplicemente già scritta da qualcun altro, è fatta di scelte e io dovevo scegliere, dovevo riuscire a conquistare quella forza che avrebbe reso l’inferno in cui vivevo il paradiso che tanto sognavo.

    In quel periodo della mia vita, purtroppo, non ne fui all’altezza.

    Ero cosciente di non avere la mente lucida, lasciavo che le emozioni mi controllassero. L’unica certezza fu che dovevo andare avanti da solo. Sentii la necessità di fidarmi di qualcuno, ma sapevo che non c’era nessuno per

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1