Acqua e sole
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Info su questo ebook
Un amore impossibile che la vita le offre; "prendere o lasciare".
Un giorno uno sconosciuto "che avrebbe voluto non lo fosse" rompe il silenzio di una solitudine profonda, lo specchiarsi nella sua profondità la porta a ritrovarsi e a perdersi in un nuovo senso che si sviluppa e si moltiplica attorno a se e la spinge a cambiare con una virata di bordo i suoi giorni, la porta a credere in un sogno.
In un tempo in cui la fragilità è una debolezza da espiare, un giorno che è come tutti gli altri, un incontro la lascerà smarrita nelle emozioni, che aveva confinato in un angolo smarrito di se, con la nascita immediata e combattuta di un sentimento che ancora non si riesce a catalogare del tutto senza smarrirsi nel suo mistero.
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Anteprima del libro
Acqua e sole - Silvana Pierini
Silvana Pierini
Acqua e Sole
Edizioni Eve
Silvana Pierini
Acqua e Sole
© Edizioni Eve
Via pozzo 34
20069 Vaprio D’adda- Mi
www.edizionieve.it
Ogni riferimento descritto in questo volume a cose luoghi o altro è da ritenersi del tutto casuali.
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Queste parole raccolte dalle mie mani, le ho attaccate al foglio come briciole di pane, intatte, in lascito a voi, ai vostri occhi, gli restituiranno acqua e sole.
Un motorino mi aveva affiancato, uno strappo improvviso, un'urto; ero rimasta appesa alla sorpresa e alla mia borsa come ultimo appiglio, l'avevo afferrata come fosse un ramo, non volevo cadere, l'avevo stretta con tutte le forze anche quando avevo realizzato l'agguato, trascinata di peso fino a quando le mani brucianti si sono aperte e l'hanno mollata ai due incapucciati, dileguati alla svelta.
Una caduta, non era previsto, come tanto nella vita di ognuno non era previsto, su quell'asfalto duro di un giorno qualsiasi, di una passeggiata qualsiasi, tirata a forza dalla borsa come una zavorra. Le guance bruciavano sfregando il suolo ruvido e lo stomaco dolorante aderiva come una ruota all'asfalto. Il cuore gonfio pompava quella paura inaspettata, alcune voci si avvicinavano e si mischiavano al mio respiro che cercava aria e il ritmo perduto.
Mi sono alzata piano zoppicando, sono quasi scappata dal gruppetto di persone che si infoltiva e mi circondava reclamando un'autombulanza. L'eco del mio...non è niente...sto bene...li aveva sparpagliati un po' alla volta. Non ho voluto chiamare nessuno, non mi veniva in mente un nome che avrebbe potuto esserci, o che avrei voluto ci fosse, non sono abituata a chiedere aiuto, neanche quando ne ho bisogno.
A casa però avevo cominciato a respirare e a traspirare quella paura trattenuta, soffocata da quella fretta di tornare al prima, il mio corpo anestetizzato dalla sorpresa cominciava a svegliarsi e io continuavo a ripetermi ...per fortuna che non mi sono rotta niente...e certo una bella fortuna...ma quando il ginocchio tumefatto aveva cominciato a gonfiarsi avevo diminuito quel senso di averla scampata bella che pareva dovermi convincere. La paura inghiottita senza una lacrima, tornava la notte, nel cuore, soffocava il respiro che ritrovavo solo aprendo la finestra.
Ferma giorni e giorni con la testa abituata a colmarsi dalla mattina insieme al caffè di ogni preciso dovere che sentivo di avere...ecco la mia testa improvvisamente era libera, libera di pensare con assoluta calma ai fatti miei, un lusso e una fatica.
L'immobilità mi aveva costretto a cercare un contatto vero con me stessa che avevo esiliato in qualche isola lontana e ritrovarmi era piuttosto dura senza una mappa. Quei silenzi piovevano sulla mia testa, aprendola come il coperchio di una pentola, costringendo i pensieri a scendere uno ad uno, come passeggeri di un treno all'arrivo.
I pensieri avevano impossessato la mia testa, come un maestro d'orchestra, la dirigevano e io avevo sentito il bisogno di tornare a scriverli, a stenderli come facevo un tempo, per risalirne la china; il silenzio li lasciava scivolare fra le dita, li codificava nelle parole.
Quel ginocchio mi aveva inchiodato a quel tavolo, in un quaderno avevo scritto i dubbi, le domande e per la prima volta avevo capito che dalle risposte di quello strano gioco c'era in palio la mia vita. Una lunga lettera al proprio indirizzo, un'analisi della situazione, avevo evitato i fronzoli, le paiette, avevo tolto le maschere, una ad una, le avevo appoggiate delicatamente sul tavolo e avevo provato a guardarmi, come una nuvola che guarda il fiume. Quello che vedevo era sconfortante, un guazzabuglio che provavo ad osservare senza indulgenza come se fossi un'estraneo; era come se tante mani mi afferrassero con forza, mi spingesserono e mi tirassero ognuna a sè senza che io riuscissi a liberarmi.
Un passo era già provare a guardarmi senza perdermi in quella grossa paura che batteva sulle tempie, in quelle parole rimaste dentro intatte nella loro crudezza. Sentivo di fermarmi come davanti a una porta che non si apre, non riuscivo a schiacciarle a dissolverle, a dimenticarle.
Rimanevano nitide in quello strato, apparivano e scomparivano lasciandomi in un'angolo piegata dentro a un guscio, con le braccia che afferravano le ginocchia.
I pensieri erano le truppe che si fronteggiavano e nessuna ancora aveva avuto la meglio, il combattimento era in corso e io sentivo di accettare quella battaglia, di non poterla evitare,
i pensieri erano le lancette dell'orologio, il mio mattino, il sole, l'acqua, la luce, il pugno nello stomaco dove fa più male.
Avevo chiesto un segno, alla fine di quella lunga lettera a me, un segno e la forza di riuscire a cambiare la mia vita.
Anche i pensieri hanno una loro vita e noi non possiamo sapere dove vanno a finire, se loro per noi cercano nell'aria, nei fiumi nel mare, una risposta alle nostre domande, anche se mi sembrava piuttosto assurdo e incredibile, un po' ci credevo, ci volevo credere.
Certi pensieri credo non si perdano del tutto, rimangono nella fermezza di qualche sguardo, come raccolti in una luce diversa e gli occhi sono i fari che cercano una risposta, piccola o grande alla domanda che non si scioglie, rimane aperta come una ferita che non si rimargina. Perchè? Perchè a volte accadono certe cose e non altre e come e cosa ci vogliono dire.
Quando vivi esattamente nel tuo fazzoletto di terra e segui la tua vita come un cane senza padrone, forse non te ne accorgi, ma quando la vita non ti da altro che piccole azioni ripetute all'infinito svuotate dal senso, allora qualcosa si spezza, il patto sacro viene a meno e ci si sente soli anche in mezzo a tanta gente, anche circondati dalle persone più care, anche in una realtà di apparente normalità, sentiamo di