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Yoga therapy: Un ponte tra lo Yoga e la Psicologia
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E-book182 pagine1 ora

Yoga therapy: Un ponte tra lo Yoga e la Psicologia

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Info su questo ebook

Lo yoga può offrire un notevole contributo alle correnti psicologiche e psicoanalitiche attuali, ponendosi come uno strumento di integrazione per una crescita comportamentale e introspettiva, donando enfasi agli stati di coscienza superiore. Il coniugare specifici elementi yogaterapeutici con la psicoanalisi relazionale, in una epistemologia realista prospettivista, può incrementare l’efficacia dell’azione terapeutica; lo yoga figura infatti come uno strumento di comunicazione non verbale da affiancare ai più tradizionali canali dialettico-simbolici.
Lo yoga trasmette dei benefici esplicitati, inoltre con riferimento a un protocollo ideato dall’autrice, può essere applicato nell’ambito della disbiosi e dei disturbi di ansia, stress e depressione a essa collegati.
L’anelito è quello che lo yoga diventi un catalizzatore di orientamenti in cui la personalità sia intesa come totalità biopsicospirituale riconoscendo i livelli dell’essere conscio, inconscio, superconscio o somatico, emotivo, animico.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2017
ISBN9788863654400
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    Anteprima del libro

    Yoga therapy - Gaia Bergamaschi

    COLLANA

    MANUALI PER L’ANIMA

    Gaia Bergamaschi

    YOGA THERAPY

    Un ponte tra lo Yoga e la Psicologia

    Anima Edizioni

    © Anima Edizioni. Milano, 2018

    © Gaia Bergamaschi, 2018

    In copertina: Rakotz bridge in Kromlau © Mike Mareen

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Per i diritti di utilizzo contattare l’editore.

    Direzione: Jonathan Falcone

    Redazione: Camilla Ripani

    Amministrazione: Loredana Brondin

    ANIMA s.r.l.

    C.so Vercelli 56 – 20145 Milano

    e-mail: redazione@animaedizioni.it

    www.animaedizioni.it

    Tipografia Italgrafica

    via Verbano, 146

    28100 Novara

    Edizione digitale: novembre 2017

    ISBN: 9788863654400


    Versione digitale realizzata da StreetLib Srl


    Alla mia famiglia, ad Hector, Patrick e Irlanda, agli acharya incontrati in questo sentiero di luce!

    Tapas Svadhyaya

    Ishvara Pranidhana

    Kriya yoga

    (Yoga Sutra I,2)

    Asatoma Sat Gamaya,

    Tamasoma Jyotir Gamaya,

    Mrityorma Amritam Gamaya!

    (Brhadāranyaka Upanisad)

    Om Purnamadah Purnamidam Purnat Purnamudachyate

    Purnasya Purnamadaya Purnamevavashisyate

    (IshaVasya Upanisad)

    La conoscenza spirituale è scienza sovrana e sovrano segreto, strumento di purificazione eccelso. La si può conseguire per esperienza diretta, è la perfezione dell’etica e dell’armonia universale.

    È eterna e si pratica con gioia.

    (Bhagavad Gita IX,2)

    INTRODUZIONE

    Lo yoga è una tecnica di ascesi ed un metodo di contemplazione che può declinarsi in specifiche pratiche propedeutiche alla liberazione

    (Mircea Eliade)

    Con il presente libro, sono lieta di condividere la mia testimonianza in qualità di praticante-insegnante di yoga e di psicologa clinica e psicoterapeuta in formazione, nonché di studiosa appassionata di psicoanalisi e della disciplina yogica, con l’intento di alimentare tra le stesse un dialogo virtuoso, attraverso un ponte che colleghi le rispettive aree conoscitive.

    Ho scelto di denominare tale ponte "Vidya Setu", prendendo in prestito due meravigliosi termini dall’affascinante lingua sanscrita¹.

    Mi sono impegnata a celebrare lo yoga nella sua portata benefica, grazie al reciproco determinismo triadico di asana (posture fisiche), pranayama (tecniche di respirazione), e dhyana (meditazione), ispirata dagli scambi costruttivi tra alcune eminenti personalità del mondo scientifico e di quello spirituale quali il Dalai Lama e Daniel Goleman, Carl Gustav Jung e Wolfgang Pauli.

    Ecco così concretizzarsi l’intento di far comunicare la psicologia yogica rappresentata dalle scuole del Vedānta (Advaita e Dvaita) e di Patañjali, con alcuni protagonisti della psicoanalisi classica e contemporanea come Sigmund Freud, Carl Gustav Jung, Mark Epstein, Sandor Ferenczi, Emilio Servadio ed ulteriori voci della psicoanalisi relazionale come Emmanuel Ghent.

    Credo vivamente che lo yoga possa offrire un notevole contributo alle correnti psicologiche e psicoanalitiche attuali, ponendosi come uno strumento di integrazione per una crescita comportamentale e introspettiva degli esseri umani, donando enfasi e attenzione agli stati di coscienza superiore. Il coniugare alcuni elementi yogaterapeutici con la psicoanalisi relazionale, in una cornice epistemologica ispirata al realismo prospettivista di Donna Orange, può incrementare l’efficacia dell’azione terapeutica; lo yoga figura infatti come uno strumento di comunicazione non verbale da affiancare ai più tradizionali canali dialettico-simbolici.

    Lo yoga è un metodo soteriologico grazie al quale il praticante, percorrendo l’ottuplice sentiero di purificazione ashtanga, viene condotto all’unione tra l’anima individuale e l’anima universale, attraverso una progressiva disidentificazione dall’apparato mentale. In tale viaggio affascinante, si impara gradualmente a canalizzare la mente accompagnandola verso il suo primario oggetto di sabotaggio – la consapevolezza yogica – la quale diviene un ponte di collegamento con la mente stessa.

    La psicologia yogica viene così interiorizzata da coloro i quali sono riusciti ad attraversare il suddetto ponte, osservando la mente al di là dello stesso cum pathos.

    Il praticante esperto affina l’arte di trascendere lo spazio e il tempo, inizialmente necessari per la pratica delle asana, per taluni esercizi di pranayama e per alcune tecniche propedeutiche alla meditazione. Il tappetino, intessuto di componenti percettivo-sensoriali, ha le potenzialità di divenire uno strumento di autoanalisi, di contemplazione e di apprendimento delle tecniche meditative, in una cornice in cui coprotagonisti sono il vuoto e la pienezza, ontologicamente costituenti una singola unità.

    Metodologicamente equiparabile ad una lewiniana "ricerca-azione", lo yoga trasmette dei benefici psico-fisici, che sono stati esplicitati anche con riferimento ad un protocollo ideato dalla sottoscritta² e applicato nell’ambito della disbiosi e dei disturbi di ansia, stress e depressione ad essa collegati, all’interno di un orientamento in linea con la psiconeuroendocrinoimmunologia.

    L’anelito è quello che lo yoga, fondamento della cultura spirituale indiana negli ultimi settemila anni, diventi un catalizzatore di nuovi orientamenti all’interno dei quali la personalità sia intesa come totalità bio-psico-spirituale in cui vengano riconosciuti i livelli del nostro essere conscio, inconscio, superconscio e/o somatico, emotivo, animico.

    Buona lettura e buon inizio di viaggio lungo il ponte chiamato Vidya Setu!

    1. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA E DELLA PSICOLOGIA YOGICA

    1.1. ORIGINI E SIGNIFICATO DELLO YOGA

    Dalla radice sanscrita yuj che significa unione o vincolo, lo yoga indica l’insieme delle tecniche finalizzate al ricongiungimento del corpo, della mente e dell’anima individuale (jiva) con l’anima universale intesa come pura consapevolezza (Brahman³), liberando lo spirito dall’illusione del tempo, dello spazio e della causalità.

    L’essenza dello yoga è il contatto della coscienza umana individuale con la coscienza divina, situandolo al di là di ogni dicotomia tra le due dimensioni. Il termine essenza viene qui inteso come equivalente al vocabolo assé che nell’aramaico e nella lingua talmudica ha il significato di risanatore, terapeutico.

    Lo yoga guida il praticante verso una conoscenza trasformatrice in grado di liberarlo dalle deformazioni della sua esistenza storica sviluppando quelle possibilità che esistono allo stato latente. Il buddhi, l’intelligenza, promuove il processo di miglioramento della condizione umana prima di trascenderla, adempiendo al suo fine ultimo.

    Gli adepti della disciplina hanno formulato un metodo unitario che combina le posture propedeutiche per la salute fisica con la respirazione e la meditazione, ricercando un equilibrio nelle interazioni corpo-mente-spirito.

    La pratica dello yoga si manifesta come una esplorazione delle potenzialità del veicolo corpo che opera con l’intelligenza, le emozioni, e le azioni al fine di conseguire una armonia profonda, attraverso un processo esperienziale accessibile a tutti (Feuerstein, 1998). Si perviene pertanto alla scoperta della propria natura più autentica nonché all’accettazione dei propri limiti, conseguendo serenità e armonia interiore.

    È difficile identificare una data precisa corrispondente all’incipit della disciplina yogica, per la peculiare natura divina attribuitele e rivelata ai saggi illuminati.

    Secondo Mircea Eliade (1936/2009) lo yoga è un sistema ideato dall’India aborigena e non dalla cultura vedica, così come lo sarebbero altri elementi che avrebbero caratterizzato il successivo Induismo; ci si riferisce in particolare alla devozione mistico-emotiva (la bhakti), ai cerimoniali di adorazione delle divinità (puja) e alla struttura iniziatica che appaiono più peculiari di una religione populistica rispetto ad una di stampo sacerdotale elitario. Le origini dello yoga, seguendo quanto espresso dallo storico delle religioni Eliade, sono quindi collocate nella cultura di quel variegato mondo autoctono che la migrazione indoariana incontrò, dispiegato negli strati più popolari.

    René Guénon (1921/2005) sottolinea come lo yoga, pur affondando le proprie radici nell’induismo, mantenga una propria valenza universale, indipendentemente dai sistemi delle credenze religiose.

    1. Natura naturans, natura naturata

    1.1.1. CIVILTÀ DRAVIDICA E YOGA ARCAICO

    Negli scavi archeologici che hanno portato alla luce la civiltà della valle dell’Indo antecedente quella vedica e collocata fra il IV e il II millennio a.C., sono stati ritrovati alcuni sigilli fra i quali il più significativo è quello di Mohenjo-Daro, che sembra raffigurare un individuo in una posizione yogica di siddhasana e/o di sukasana.

    Molti studiosi hanno identificato tale rappresentazione come quella di una divinità prototipo del dio vedico Pasupati, il Signore degli animali, essendo circondata da un elefante, una tigre nell’atto di spiccare un balzo, un bufalo ed un rinoceronte. L’erede di Pasupati è Shiva, una delle maggiori divinità dell’Induismo, conosciuto anche come Mahayogin, il grande yogin, e come Yogisvara, il Signore degli Yogin. Isvara è portatore del linga, il simbolo della fertilità maschile, ancora oggi oggetto di culto da parte dei seguaci delle dottrine sivaite. Assiso in una posizione yogica che simboleggia la continenza (brahmacharya), attende la riunificazione casta con Shakti, seduto all’interno del loto dai mille petali. A livello simbolico ogni frammentazione viene ricongiunta ripristinando l’unità primordiale tra l’androgino e l’energia femminile; il sé individuale viene riassorbito nel sé universale.

    Alcuni reperti sembrano anche suggerire la conoscenza di pratiche di controllo fisico e respiratorio che avrebbero potuto costituire una prima ed embrionale forma di yoga, forse utilizzate in ambito sciamanico.

    Tali sono le primordiali tracce dello yoga denominato arcaico, intimamente legato alla vita rituale che promuoveva il sacrificio interiore al fine di consolidare l’unione tra il mondo materiale e quello spirituale. Per realizzare con successo i rituali, gli adepti dovevano riuscire a focalizzare la propria mente per un lungo periodo di tempo, attraverso la concentrazione. Quest’ultima, realizzata allo scopo di trascendere i limiti comuni della condizione umana, per entrare in uno stato meditativo, ha costituito di fatto, l’origine del sistema yogico come lo si conosce, vive ed esperisce nella società attuale.

    Il rapido declino della civiltà dravidica fu accelerato dall’invasione degli Arya, popoli nomadi di ceppo indoeuropeo, i quali poco condividevano con la sofisticata civiltà urbana degli Harappa. Gli Arya discesero lungo il percorso dell’Indo con cavalli e carri da guerra e, dopo aver viaggiato ed esplorato il subcontinente indiano, vi si stabilirono definitivamente. Attraverso un lungo e sofferto processo, le popolazioni dravidiche si fusero con i nuovi conquistatori dando origine alla civiltà indù che avrebbe portato le tracce di entrambi le eredità. I vincitori imposero un sistema sociale basato sulle caste che estromesse i discendenti dei Dravida dalle posizioni più influenti.

    Tale sistema fu articolato rispettivamente nelle caste dei brahmani (sacerdoti e studiosi dei testi sacri, unici abilitati alla celebrazione dei riti sacri), dei ksatriva (guerrieri rappresentanti il ceto politico-amministrativo), dei vaisya (artigiani, commercianti, allevatori), dei sudra (servitori) e dei paria (gli intoccabili, cioè i fuori casta).

    Dall’adorazione degli Arya per le forze cosmiche, nacque il vasto pantheon indù e il brahmanismo; si rafforzò inoltre quella tradizione religiosa basata sui sacrifici e sulla ritualistica che venne a costituire le fondamenta dell’Induismo.

    Il cuore liturgico del brahmanismo era rappresentato dal sacrificio officiato dai Brahmani, depositari della scienza sacra ed unici intermediari tra il mondo umano e il mondo divino. Il rito sacrificale (in origine costituito dalle offerte

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