In carne e ossa
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Anteprima del libro
In carne e ossa - Alessandro Maria Artistico
Insania
In carne e ossa
di Alessandro Maria Artistico
Immagine di copertina: elaborazione grafica di Laura Platamone
Editing: Simona Focetola
Produzione digitale: Daniele Picciuti
ISBN: 9788885497122
Nero Press Edizioni
http://neropress.it
© Associazione Culturale Nero Cafè
Edizione digitale: dicembre 2017
Il volume contiene varie citazioni dalle canzoni del gruppo rock alternativo dei Ministri. I brani sono: La pista anarchica; La casa brucia; Il futuro è una trappola; Meglio se non lo sai; I giorni che restano; I tuoi weekend mi distruggono; Una palude; Gli alberi.
Alessandro Maria Artistico
In carne e ossa
Indice
Capitolo 1 - Ordinaria amministrazione
Capitolo 2 - Il miglior problem solver dell’azienda
Capitolo 3 - Aria
Capitolo 4 - Il branco
Capitolo 5 - Uccidere il drago
L'Autore
Capitolo 1 - Ordinaria amministrazione
Lavoro per Bovinia, una delle più grandi multinazionali di allevamento e produzione di carne e, sì, le mie competenze sono ascrivibili alla categoria: leggende metropolitane, barra cazzate da pub dopo la seconda pinta, barra lavori incredibili che poveraccio chi li fa
.
Sono lo sviluppatore. Creo nuovi prodotti dagli scarti che puntualmente mi trovo a maneggiare. Con scarti
, intendo gli animali che dovranno per forza di cose diventare tali. Sì, perché quando hai a che fare con loro, sai già che si riprodurranno sempre di più e lo spazio serve, l’azienda non è uno zoo, lo sappiamo tutti; così come sappiamo che non sono molti quelli disposti a comprare gli animali.
In qualche modo, quindi, è necessario liberarsene perché occupano spazio, sporcano e anche perché le povere bestiole vanno nutrite. L’azienda, e non lo fa solo quella in cui lavoro, assume persone con l’incarico di risolvere la situazione: cerca impiegati abili nel problem solving. Alla ditta, come ai tifosi della domenica, importa solo del risultato: non si fanno domande. Si convive meglio con una cattiva coscienza che con una cattiva reputazione.
Il mio compito non si limita a far sparire un po’ di animali in eccesso: diciamo che io, con grande maestria, riutilizzo le scorte
.
Il capannone è il mio ufficio: un tendone di plastica molto spessa, per filtrare i raggi del sole, e condizionatori sempre accesi, per evitare che all’interno diventi un forno. Il forno dentro il forno. I colleghi prendono il montacarichi o i furgoni e mi portano di tutto: pulcini, cani, galline, pecore, gatti, mucche, cavalli, maiali e, a volte, roditori. In realtà alcuni sono animali domestici che gli stessi colleghi o i loro parenti non vogliono più tenere, ma ormai non dico più nulla: mi limito a eseguire.
Me la cavo piuttosto bene anche con gli esserini a sangue freddo. Il cesso di casa non è adatto per iguane e serpenti. Hanno scoperto che alcune specie di questi ultimi, in particolare, non muoiono e c’è il rischio di vederseli rispuntare quando si è seduti sul trono di porcellana. Comunque, il miglior modo per liberarsi di rettili e anfibi è sicuramente l’ebollizione: li butti nel pentolone con l’acqua tiepida, giusto per farli star buoni, e piano piano alzi la fiamma, non se ne accorgono nemmeno. Li lasci in ammollo e, quando la piscina si svuota, si squamano, si accartocciano come fazzoletti; poi, carbonizzati, li puoi riutilizzare per accendere il fuoco della partita successiva. È sorprendente quanta gente abbia in casa un nipote di dinosauro addormentato nel camino o sotto la griglia del barbecue.
Qui al capannone sono tre anni che vedo un viavai di gente. Anzi, novellini, stagisti, dal termine stage, detto alla francese, che lo rende più altisonante e rispettabile a chi lo ascolta e soprattutto a chi lo pronuncia. Poveretti. Venivano, questi sbarbatelli, e non resistevano più di una settimana: una manna per l’azienda che così, da contratto, non avrebbe in nessun modo versato loro alcunché. Qualcuno vomitava per le esalazioni, altri nel vedere le carnine
bianche dei gatti stese su fili paralleli nella struttura. Altri ancora mi dicevano: «Ma perché non chiamiamo quelli della protezione animali o quegli hippy di volontari baciacaninbocca, che fanno i sit-in per ogni vespa esplosa sui parabrezza?». Illusi. Pivelli che si credono di essere in un film, di quelli in cui il cattivo poi muore o perde.
Ecco, se proprio dovessimo immaginare di essere in un film, credo che quello più adatto sarebbe The mist: un male si nasconde in una nebbia creata dal governo; più concretamente, dalla spessa caligine escono cose mostruose che uccidono e mangiano le persone.
A ogni modo il diritto di protestare lo hanno tutti, come quello di difendersi. Così, un giorno vado a cambiarmi e davanti all’armadietto dello spogliatoio trovo una scatola di cartone col mio numero di matricola scritto sopra. La apro: una divisa da poliziotto, tenuta antisommossa completa di casco, fazzoletto con il simbolo delle forze dell’ordine e manganello. Su un foglietto mi viene assicurato, nero su bianco, che lo scudo me lo daranno la mattina seguente, perché pare che qualcuno abbia spifferato qualcosa a quei perdigiorno di no global e terroristi ecologici.
Secondo me, le proteste fatte con risse andavano bene, forse, cinquant’anni fa. Quello che serve ora è un cambiamento di pensiero e di metodologia e alcune innovazioni nel campo della democrazia
facinorosa applicata. Sì, le virgolette ci vogliono quando si parla di democrazia. Una bella parola per dire che, se nove su dieci pensano che tu devi morire, tu crepi e in fondo è giusto così.
Quale forma di governo, allora, può controllare i biechi e naturali impulsi dell’uomo? Eh sì, perché, per natura, l’uomo è violento. È così. Punto. Niente mito del buon selvaggio che, a dire il vero, ha creato più confusione e più sette new age di quanto non abbiano fatto i capelli lunghi negli anni Sessanta. Basta strutture piramidali: un po’ di orizzontalità, ecco quello che serve. Uno al potere, semmai, con gli altri che gli dicono: Sì, bravo
oppure Vattene a casa, coglione
e quello che agisce di conseguenza. Che poi, tanto, con questi gruppi e partiti e movimenti si creano solo le scuse per tirare sampietrini e sfasciare funghi di calore dei pub del centro e finisce che poi ognuno ha riversato la sua dose di rabbia repressa in un rave party di violenza grida e ossa.
Per conto mio, ho già superato la fase dello sconforto per non essere allineato alle aspettative, per non aver successo e per essere un violento. Ed è per questo che ho accettato la pagliacciata del travestimento-salva-l’azienda-dalla-berlina-mediatica-che-poi-chiudiamo-e-andiamo-tutti-a-casa.
La mattina successiva sono davanti al cancello. Fino alle due del pomeriggio sarò un celerino che deve proteggere l’operato di un’azienda travolta da un’orda di protestanti radunatisi in una manifestazione non autorizzata. Altri, invece, sono stati incaricati di sostenere il ruolo dei picchettatori un po’ più movimentati.
Abbiamo a disposizione alcuni vecchi furgoni che possiamo anche danneggiare, purché parabrezza e specchietti rimangano intatti: la ditta che li ha noleggiati, se li trova rotti, li mette in conto alla ditta, che poi li mette in conto a noi, in una spirale di transfer di sopraffazione degna della più classica catena animale; solo che qui non è la forza fisica a decidere le sorti, ma quanto più in alto si trova la poltrona sulla quale si poggia il culo. Noi siamo quelli stesi a terra, a guardarci in faccia con topi e scarafaggi.
La vernice sui furgoni, nonostante il poco preavviso, è stata passata con sapienza e, a parte qualche punto, li fa sembrare veramente unità mobili. Hanno persino montato delle griglie che ricordano i paraurti rinforzati dei blindati in dotazione alle forze dell’ordine. L’ingegno umano è sorprendente.
Bandiere colorate, fischietti, gente con la faccia truccata da animale, pupazzi degli amici a quattro zampe sanguinolenti e smembrati, appesi a lunghe aste all’inizio del corteo. Sento montare la rabbia. Alcuni si sono portati il loro Fuffy da casa perché, secondo i cinofili, anche lui vuole dire No
a queste ingiustizie. Uno è venuto a dorso di mulo. Chi ti credi di essere, Gesù Cristo? Tu sarai il primo che verrò a cercare e, con me, non ho né mantelli da stendere né palme con cui sventolarti.
Fumogeni rossi e verdi, tamburi. Noi rimaniamo fermi, devono essere loro a iniziare. Lo sappiamo, come sappiamo che il tipo con la telecamera che ci sta riprendendo è il collega dell’amministrazione. Hanno pensato proprio a tutto pur di non finire in un’aula di tribunale.
Donne-gatto sculettano a quattro zampe; arriva uno con la tuta col marchio della fabbrica che gli spara, come a dire che noi piazziamo proiettili in corpo alle