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Incredibili vite nascoste nei libri
Incredibili vite nascoste nei libri
Incredibili vite nascoste nei libri
E-book118 pagine1 ora

Incredibili vite nascoste nei libri

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Info su questo ebook

Cosa può accadere tra le mura di una casa, allʼinterno di quellʼequilibrio sottile costituito dalla famiglia, dalla convivenza di persone appartenenti a diverse generazioni, con desideri, emozioni e vite totalmente differenti? Storie di allontanamenti e ricongiungimenti, migrazioni, fughe, viaggi, vite costrette a fare i conti con una violenza cieca, dinanzi a cui si può solo resistere, uscendone stravolti, oppure scappare, in cerca di una redenzione. Rivoluzioni che attraversano il paese, nel nord e nel sud, e le famiglie, i costumi, le abitudini, i sogni: ci appartengono perché ci somigliano, ci sono vicine.

Incredibili vite nascoste nei libri” è il titolo della raccolta di racconti scritti da Patrizia Caffiero, punto di partenza di storie che attraversano lo spazio e il tempo per tramandare un’esistenza, vissuta al riparo dal mondo, oppure sconvolta dalle sue intemperie. Patrizia Caffiero, salentina di origini, emiliana di adozione, è scrittrice, operatrice culturale, bibliotecaria.

Maddi, Zoubida, Nena, Vince, Laura, Ilaria, Sarah, Cloe, il Signore e la Signora Flick, Allegra, Maria, Jacopo, Filippo, sono le “incredibili vite nascoste nei libri”, raccolte nei racconti di Patrizia Caffiero.
LinguaItaliano
Data di uscita13 gen 2018
ISBN9788899315979
Incredibili vite nascoste nei libri

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    Anteprima del libro

    Incredibili vite nascoste nei libri - Patrizia Caffiero

    Table of Contents

    Patrizia Caffiero • Incredibili vite nascoste nei libri

    Patrizia Caffiero • INCREDIBILI VITE NASCOSTE NEI LIBRI • Racconti

    La casa

    Zoubida, il mediatore, Nena, la benefattrice

    Prima colazione

    Le strade di Laura

    La libreria

    Il balcone

    Cloe la parrucchiera

    Il Signore e la Signora Flick

    La sposa rubata

    La prozia Maria

    Tre pomeriggi e due sere

    Profilo biografico

    Patrizia Caffiero • Incredibili vite nascoste nei libri

    Musicaos Editore, 2017

    Progetto grafico

    Bookground

    Illustrazione di copertina

    Bordeianu Andrei

    I personaggi e i fatti descritti nel romanzo sono frutto dell’immaginazione dell’autrice.

    Qualsiasi riferimento ad avvenimenti e a persone reali è puramente casuale. 

    Musicaos Editore

    Via Arciprete Roberto Napoli, 82

    Neviano – tel. 0836.618.232

    www.musicaos.org

    info@musicaos.it

    Isbn 9788899315917 Libro

    Isbn 9788899315979 Ebook

    Patrizia Caffiero • INCREDIBILI VITE NASCOSTE NEI LIBRI • Racconti

    La casa

    Le mura secolari del casale venivano scosse circa ogni cinque minuti da un grosso camion, che transitava dalla vecchia strada provinciale. Lo scheletro decrepito della casa si contorceva per qualche istante, i pavimenti tremavano rumoreggiando; poi tutto ritornava placido – come se non fosse mai accaduto, come se il casale, in realtà, affondasse radici tentacolari in una foresta desertica senza età e non si fosse mai mosso.

    Da bambina, Maddi seguiva il fratello, che attraversava la strada per andare a giocare nel giardino di una villa padronale abbandonata da cent’anni. Lui procedeva sicuro di sé nell’intrico di edera e caprifoglio del sottobosco dei pioppi e degli aceri. Sapeva che la sorella minore l’avrebbe osservato per ore, in silenzio, senza disturbarlo; gli capitava di dimenticare la presenza della figuretta magra e svelta. Si sedeva sul ceppo di un tronco e si metteva a fabbricare cerbottane con un coltellino dal manico in madreperla. Maddi andava a intrufolarsi nelle rovine della villa, oppure cercava i nidi degli storni arrampicandosi fino a quasi in cima agli alberi. Poi restava fra i rami, appesa come un uccello tessitore, a guardare la città in lontananza, e la coda delle nuvole.

    Al piano terra del casale si sviluppavano cinque grandi stanze. Nella sala d’ingresso, disposte su tavoli e credenze, c’erano opere d’arte che cambiavano velocemente nel corso dei mesi, sostituite da altre e altre ancora. Solo alcune di loro rimanevano appoggiate perennemente su un antico scrittoio impolverato, o finivano prigioniere in un angolo del muro intonacato a calce. Le statue regnavano sui dipinti, carnose, drammatiche, piene di vita. La testa di un ragazzo era così realistica, posata con disinvoltura su un piedistallo in ceramica, che Raoul, il pastore tedesco, più volte le si appostava sotto, gemendo e abbaiando per richiamare la sua attenzione.

    Dietro gli sportelli di vetro di una libreria s’intravedevano le sagome di grandi libri, vecchie edizioni di romanzi, volumi sulla vita dei pittori, cataloghi di mostre. Due altre stanze ospitavano il laboratorio di Maddi, con il suo disordine composto, la ridda di madie, bussole, panche, scrittoi, credenze; i banchi da lavoro, le troncatrici, le pialle e le file di strumenti appesi alla parete: martelli, sgorbie, scalpelli, seghe, segacci, pialle, lime, tenagli, taglierini. Dappertutto c’erano accatastate lastre e pezzi di legni odorosi. Il retro della casa dava su un ampio appezzamento di terra, sorvegliato da un cerchio di alberi da frutta e rigato dai pioppi, con un lago artificiale al centro, affollato di ninfee e pesci rossi. In fondo, vicino lo steccato, accanto alla siepe, c’era la vecchia stalla. Ora era il deposito del legno: assi di frassino, olmo, radica, massello, compensato, la riempivano fino al soffitto.

    Maddi viveva ai piani superiori del casale con Gigliola, la madre, e Luna, la figlia. Suo padre e il fratello morirono molti anni fa, e così suo marito; tutti uccisi dalla vecchia strada provinciale. Anche Gigliola era stata investita tempo addietro da un camion davanti casa, ma dopo mesi di coma ne era uscita quasi incolume. Si raccontava che un’antica statua lignea di San Pietro, ricevuta in dono dalla figlia in quel periodo, avesse contribuito a salvarla. A venticinque anni Maddi si era sposata con Raimondo, che era stato il suo ragazzo dai tempi del liceo artistico. Non tanto alto, robusto e forte, con i capelli ricciuti, selvatici, lo sguardo d’acqua, era stato un pittore straordinariamente dotato; dipingeva nella stalla grandi acquerelli: pesci volanti con cappelli di carta, navi svettanti su montagne, coccodrilli bizzarri e volatili immaginari. Vestiva con abiti della moda degli anni trenta: giacchette su misura cucite con tessuti preziosi, fiocchi azzurri o gialli su camicie immacolate. Maddi era alta, molto snella e con i capelli biondi portati corti, vestiva miniabiti coloratissimi su zeppe viola o gialle, e collane di legno che costruiva lei stessa, dai colori lucidi, gli inserti in pietra dura, i ganci luccicanti d’argento.

    Quando era morto Raimondo, Maddi era incinta di Luna; disperata e piena di timori per il futuro, si era rivolta di nuovo alla statua per assicurarsi che la figlia nascesse sana, e protetta dalla maledizione della strada provinciale che aveva reso semideserto il casale.

    Ora la statua giaceva al centro del salotto, al primo piano del casale, posata su un treppiede con il piano di marmo, e guardava paziente le travi del soffitto, con le mani aperte.

    Maddi era una delle restauratrici più abili di Parma. Man mano che guadagnava con il suo lavoro, acquistava statue e dipinti, e mobili in stile da rivendere. Se si affezionava alle opere, però, non se ne separava a nessun prezzo. La casa cominciò a riempirsi di statue e quadri. Un ragazzo di gesso a grandezza naturale si accovacciava alla base della scala che portava dal salotto alla cucina. Un Perseo di bronzo occupava con la sua base di ottanta centimetri di diametro gran parte dell’imponente tavolo di cucina sul quale Gigliola preparava i tagliolini. Sui tre lati dell’alto muro della zona della sala da pranzo erano appesi tre dipinti di Raimondo, tre paesaggi lunari e marini onirici che sembravano spalancare le pareti della casa, e portarla con sé in viaggio.

    Dopo l’incidente, Gigliola non se la sentiva di uscire, se non per le visite di controllo, e passava ogni ora della sua esistenza dentro il casale, muovendosi a fatica con la stampella da un piano all’altro. Andava giù, nel giardino, per dar da mangiare al cane; poi tornava verso le camere da letto al primo piano. Scendeva di nuovo per portare le lenzuola sporche nella stanza della lavanderia. Saliva le scale ancora una volta per andare in salotto, e la breve scala per arrivare alla cucina. Oltre alle rampe di scale di legno vi erano altri modi per attraversare i piani e le sale della casa; qualche anno prima Gigliola era caduta come un sacco pieno di canapa dalle scale ripide di uno di quegli stretti passaggi che portavano dal secondo al primo piano, che sprofondava in una antica cantina umida grazie a una chiocciola di gradini di pietra logora, mangiata dall’umidità; non riportò danni, soltanto un largo livido sul cranio. Non era la prima volta che Gigliola stupiva i medici per le sue capacità di resistenza ai traumi, alla malattia e al dolore.

    Passava la sua giornata a preparare la pasta sfoglia, a impugnare il matterello, e a sfidare la sua stessa abilità nel confezionare anolini sempre più piccoli, e a creare la sfoglia più sottile che esista che contenga il ripieno morbido, e che al tempo stesso resista al fuoco dell’acqua che bolle, e si spacchi soltanto grazie alla forza dei denti.

    Gigliola era forte come il vecchio casale in cui abitava la sua famiglia da cinque generazioni.

    Oltre a quello di vedere crescere sua nipote armoniosa come un buon albero, e a sperare nella buona salute della figlia, le restavano pochi desideri: battere se stessa nella preparazione della sfoglia e godere del piacere di ricevere commenti degli occasionali ospiti a cena, che emettevano gemiti di soddisfazione assaggiando il cibo che preparava. La sua giornata era segnata anche dalla speranza che la figlia le facesse fumare, ogni tanto, una sigaretta; una volta ottenutala, dopo una breve o lunga contrattazione, l’aspirava con lenta gratitudine davanti alla finestra aperta sulla strada provinciale.

    Trascorreva le ore seduta di fronte alla tv, la stampella posata accanto la poltrona, e il vento dei ricordi dietro la fronte. Aveva visto passare i nazisti, quella casa, che avevano minacciato di incendiare il granaio che si ergeva dove ora si moltiplicavano le ninfee. Erano riusciti a prendere le bestie, ma le provviste non le avevano trovate, sua madre e le zie le avevano nascoste bene. Quando arrivavano i partigiani le donne cuocevano chili di tagliolini dentro un grande paiolo; lo coprivano con lenzuola e lo portavano in due, a fatica, nel campo dietro la casa. Accanto al filo dove si stendevano i panni suo padre aveva scavato, prima di partire in guerra, un rifugio sotterraneo per i ragazzi. Pensava a quella volta, quando non aveva voluto raggiungere il rifugio antiaereo ed era rimasta a dormire mentre gli aerei sganciavano le bombe. Vicino al casale, dall’altra parte della strada, allora, c’era ancora il binario della ferrovia, e solo per una sorte benevola la casa aveva scampato la completa distruzione.

    Maddi, prima che morisse Raimondo e che nascesse l’adorata Luna, aveva fatto avanti

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