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Testimoni silenziosi: Storie di alberi monumentali
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Testimoni silenziosi: Storie di alberi monumentali
E-book116 pagine1 ora

Testimoni silenziosi: Storie di alberi monumentali

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Info su questo ebook

Quando Adriano arriva nelle valli di Lanzo, trova ad attenderlo la vecchia casa di famiglia e un tiglio secolare.
In quel ritorno, scopre ben più della polvere e dei ricordi d’infanzia: il taccuino di suo nonno Gilberto.
Osservazioni naturalistiche, resoconti di scalate, appunti, ma anche storie e disegni, in cui ricorre il misterioso acronimo A.M.
In questa cornice in cui un nipote curioso e sensibile e un nonno partigiano si ritrovano tra le pagine, tra segreti di famiglia, addii e nuovi inizi, l’autrice incastona otto racconti dedicati ad altrettanti alberi monumentali del Piemonte, uno per ogni provincia.
A partire da fatti e luoghi reali, intrecciando fantasia e ricerca, un viaggio alla scoperta di presenze arboree come navi cariche di simbologia, di trame, di vite e delle molteplici relazioni tra l’animo umano e la ritualità legata alla natura: un affascinante e delicato incontro tra antropologia e letteratura.
LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2022
ISBN9791222010885
Testimoni silenziosi: Storie di alberi monumentali

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    Anteprima del libro

    Testimoni silenziosi - Cristina Converso

    Douja

    4

    Cristina Converso

    Testimoni silenziosi

    Storie di alberi monumentali

    www.buendiabooks.it

    Progetto grafico: Staff Buendia

    Illustrazioni interne: Nonna Tere

    © 2022 Cristina Converso

    © 2022 Buendia Books® – Torino

    ISBN 978-88-31987-50-9

    I Edizione Novembre 2022

    Il libro

    Quando Adriano arriva nelle valli di Lanzo, trova ad attenderlo la vecchia casa di famiglia e un tiglio secolare.

    In quel ritorno, scopre ben più della polvere e dei ricordi d’infanzia: il taccuino di suo nonno Gilberto.

    Osservazioni naturalistiche, resoconti di scalate, appunti, ma anche storie e disegni, in cui ricorre il misterioso acronimo A.M.

    In questa cornice in cui un nipote curioso e sensibile e un nonno partigiano si ritrovano tra le pagine, tra segreti di famiglia, addii e nuovi inizi, l’autrice incastona otto racconti dedicati ad altrettanti alberi monumentali del Piemonte, uno per ogni provincia.

    A partire da fatti e luoghi reali, intrecciando fantasia e ricerca, un viaggio alla scoperta di presenze arboree come navi cariche di simbologia, di trame, di vite e delle molteplici relazioni tra l’animo umano e la ritualità legata alla natura: un affascinante e delicato incontro tra antropologia e letteratura.

    L’autrice

    Cristina Converso è nata a Torino, dove lavora presso Arpa Piemonte. Vive in valle di Susa, ama ogni centimetro di quella e di tutte le altre valli.

    Dottore forestale, ha collaborato alla pubblicazione di rapporti scientifico-divulgativi su temi ambientali.

    Dal 2020 è Ambasciatrice del clima per Plant for the Planet e collabora con l’organizzazione in qualità di blogger e formatrice sul sito in lingua italiana.

    Dedica il tempo libero a esplorare, leggere e scrivere; ha pubblicato alcune raccolte che trattano con delicatezza il rapporto natura-umanità e i temi ambientali.

    Uno dei suoi racconti è stato pubblicato in lingua araba nella rivista Al-ArabyAl-Jadeed.

    Con Buendia Books ha già pubblicato il racconto L’uomo della radura (2019) e il romanzo La foresta fossile (2020), finalista al concorso nazionale Green book 2022.

    I suoi articoli sono disponibili su https://plant-for-the-planet-italia.org

    Il suo blog, dedicato a lettura e natura, è https://cristinaconverso.altervista.org

    Ai nonni e ai nipoti.

    "Il mio pachiderma è un faggio.

    Gigante.

    Le radici sono quasi tutte all’esterno e

    tra loro ci sono intimi spazi in cui ci si può accucciare.

    Porto in dono silenzio al suo silenzio,

    petto contro tronco sentiamo insieme la vita farsi compagnia"

    Chandra Candiani, Questo immenso non sapere

    "Una delle fonti fu un pioppo dai grossi rami

    che vedevo anche dal letto di camera mia.

    Fu sfrondato e mutilato dal proprietario,

    non so perché.

    Ora è stato abbattuto…

    Non penso avesse amici e i soli a piangerlo

    furono il sottoscritto e un paio di gufi"

    Humphrey Carpenter, J.J.R. Tolkien: A Biography

    Questa è un’opera di fantasia.

    Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia.

    Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    Alberi secolari, testimoni silenziosi

    di vite passate e presenti,

    monumenti nati da un piccolo seme,

    che ha trovato casa tra le rocce in un solco di umida terra;

    per opera del vento, per becco di un merlo, su ali d’insetto,

    o per mano d’uomo o di donna.

    Radici sfogliate di larice, consunte dall’acqua e dal vento,

    come mani di vecchio,

    nidi cavi per aghi arrugginiti e volpi spaurite.

    Fusto contorto, piegato, sofferto di salice,

    cresciuto come uomo in ginocchio, mani in terra e schiena

    nuda, inarcata al cielo.

    Fusto occhiuto di faggio,

    che tutto vede nell’ombra fitta della foresta.

    Chioma pungente di scuro ginepro, umile ma tenace difesa

    verso il mondo.

    Chioma di forma perfetta, quercia longeva, nuvola di passeri

    al tramonto.

    Albero, antica parola,

    nata con l’uomo, che ancora oggi ti respira.

    Mio nonno Gilberto era l’ultimo di sette figli.

    Attilio, Basilio, Candida, Delfina, Evaristo, Fiorenza, morta in culla, e il più piccolo, Gilberto, a cui era toccata la lettera g dell’ordine alfabetico, che seguiva quello anagrafico.

    Era finita da poco la Grande Guerra, quando nacque; i genitori erano già vecchi per un altro figlio, ma la spagnola si era portata via i primi due, e la mia bisnonna Rosina volle un gioco tutto per sé, un balsamo per quelle ferite. Pregò così tanto la Madonna del Ciavanis, che Gilberto arrivò, sano, rotondo e rosato come una melagrana.

    La nostra era una famiglia fortunata, i bisnonni lavoravano alle dipendenze della famiglia Peretti Griva, in quel di Coassolo, dove il notaio Francesco fu per anni anche sindaco. Fortunata perché vitto e alloggio erano garantiti, che per i tempi era già molto, perlomeno fino a che il Re Cit non lasciò il comando a Mussolini, e allora la musica cambiò, anche in casa Peretti.

    Già, perché a quei tempi gli antifascisti erano poco graditi, specie se colti e apprezzati in società. Pertanto, quando il figlio del notaio, il magistrato Domenico Riccardo, ebbe a cuore l’idea di temperare l’applicazione delle leggi razziali, in contrasto con la Cassazione, anche in casa Peretti Griva iniziarono a scarseggiare pane e companatico. Quando poi Domenico rifiutò di giurare obbedienza alla Repubblica di Salò e fu arrestato nell’aprile del 1944, la casa di Coassolo si svuotò. Furono messi al sicuro la moglie e i figli, e anche i domestici vennero allontanati a malincuore, per la loro stessa sicurezza.

    Una mattina di fine aprile, alle prime luci, un piccolo carretto uscì dal parco della casa di Coassolo, a tirarlo c’era il mio bisnonno Battista e sopra c’erano nonna Rosina, le figlie Candida e Delfina, un materasso arrotolato e la madia in abete, con dentro tutta la loro vita. Evaristo e Gilberto erano già da tempo arruolati, il primo negli Alpini, il secondo in fuga sulle montagne della Val Grande, intenzionato a unirsi ai compagni della Divisione Garibaldi.

    Era uno stambecco, il nonno, come quelli di Ceresole; dal Civrari al Giai non c’era punta che non avesse scalato. Quando morì, l’unica cosa che fissai del suo corpo invecchiato furono le mani grandi come lose, che mi spaventavano tanto quand’ero piccolo. Mani da scalatore, mani come ceppi di larice che abbracciavano le rocce per non cadere nel baratro sottostante. Quanta montagna avevano visto quelle mani, forse più dei suoi occhi, che con l’età si erano fatti acquosi, persi in quei tanti, troppi ricordi.

    Finita la guerra aveva avuto un posto prima come guardiaparco, poi come forestale. Con nonna Adele si sposò il 16 luglio del 1946, il giorno della Madonna del Ciavanis, in onore della grande devozione della bisnonna Rosina, convinta che, durante la guerra, fosse stata la Santa Vergine a preservarle dalle bombe e dalle fucilate i quattro figli rimasti. Non ci sono foto di quel giorno, non c’erano soldi per fare niente. A nonna Adele fu regalata una corona del rosario con i grani in madreperla, corona che sgranò fino ai suoi novant’anni. A mio nonno gli ex-compagni della Divisione regalarono un fucile Mauser K98. Il perché di quel regalo, offerto con

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