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Ramayana
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E-book221 pagine3 ore

Ramayana

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Il Rāmāyaṇa (lett. il "Cammino - ayana- di Rāma"), insieme al Mahābhārata è uno dei più grandi poemi epici dell'induismo, oltre a risultare uno dei testi sacri più importanti di questa tradizione religiosa e filosofica.
Il poema, attribuito tradizionalmente al cantore (ādivaki), e protagonista dello stesso, Vālmīki, narra le avventure del principe Rāma, avatāra di Viṣṇu, ingiustamente esiliato e privato della sua sposa, che tuttavia riconquista dopo furiosi combattimenti, unitamente al trono negato.

 
LinguaItaliano
Data di uscita25 mar 2018
ISBN9788894965124
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    Anteprima del libro

    Ramayana - Valmiki Muni

    GLOSSARIO

    Prefazione

    La storicità e la spiritualità del Rāmāyana

    O Rama, la notte s’è illuminata di luce d’aurora; è il tempo della

    Preghiera del mattino. Alzati, alzati! Ti sia propizio il nuovo giorno! ¹

    Rāmāyana

    Parlare della storicità del Ramayana può turbare molti lettori, abituati a vedere nei poemi epici dell’antichità l’espressione della fantasia dei poeti e nulla più…Ma i poemi vedici, le Itihasa (ciò accadde realmente), hanno da sempre affermato il proprio contenuto storico; l’uomo moderno, se vuole comprendere davvero questi testi, deve sforzarsi di accettare un modo diverso di fare storia e di trasmetterla. Del resto anche la prima filosofia greca, suprema espressione del logos, veniva trasmessa attraverso la forma del poema. I poemi vedici contengono l’intera conoscenza umana e sono una raccolta unica di sapienza scientifica, filosofica, artistica e politica; attualmente gli studi dell’indologo Alf Hiltebeitel, uno dei più insigni al mondo, affermano che l’origine della narrazione epica, per quanto si perda nella notte dei tempi e abbia conosciuto quale suo vettore principale la forma della recitazione e trasmissione orale da parte di bardi (sūta), deve aver poggiato su fondamenta ‘oggettive’: in altri termini, su di un patrimonio di storie fedelmente trasmesse di generazione in generazione. ² Storie appunto, e non leggende…E da questo zoccolo duro oggettivo che, nei millenni, molti redattori e compilatori, hanno poi sviluppato i poemi vedici arricchendoli con trattati, allegorie filosofiche e teologiche; compito dello storico attento è riuscire a separare gli sviluppi successivi e poetici dall’ossatura storica vera e propria. Comunque nelle civiltà passate la storia veniva cantata, narrata in modo epico. È come se oggi uno storico raccontasse in versi la vita di Napoleone o Alessandro Magno. La loro realtà storica non può essere annullata dalla forma che veicola il contenuto. Questo lavoro di discernimento è in atto, non a caso Hiltebeitel suggerisce che la peculiare ira e distruttività della dea (Devī), suo tratto caratteristico in tante epiche orali dell’India del nord, sia da ricollegarsi alla ferita inferta dall’invasione islamica e dall’occupazione da parte musulmana del sacro suolo hindu, identificato con la dea. ³ Questo riconoscimento è decisivo, poiché significa ammettere che anche certi aspetti simbolici dei poemi vedici hanno una loro causa scatenante in fatti storici realmente avvenuti e metabolizzati attraverso la narrazione epico-mitica. Il mito, dunque, come veicolo di una storia dimenticata. Veniamo al Ramayana. Il poema è attribuito al saggio-poeta Valmiki, che lo compilò, secondo gli ultimi studi, nel II secolo d.C., anche se il nucleo della storia risale ad almeno tremila anni fa. Tali datazioni però non possono sondare la vera antichità della storia di Rama, poiché la cultura vedica ha trasmesso le proprie conoscenze oralmente per millenni. Ciò che a noi interessa è il periodo a cui fa riferimento il poema stesso: il regno di Rama è esistito, nella visione dei cicli vedici, nel Treta-yuga, il 24° del Vaivasvata Manvantara, cioè circa venti milioni di anni fa. Abbiamo già visto che esistono prove archeologiche di manufatti risalenti a questi periodi, ma l’ideologia ufficiale è costretta ad occultarle poiché verrebbe meno la favoletta dell’evoluzionismo ⁴ e dell’homo sapiens comparso per caso in tempi recenti (al massimo 200.000 anni ). Eppure la storia geologica del pianeta non è in contrasto con le affermazioni dei poemi: …troviamo riferimenti al suo eroe, Rama, che dall’attuale costa occidentale dell’India contempla un vasto continente oggi occupato dal Mare Arabico, descrizione che trova sostegno nelle più recenti ricerche sottomarine. ⁵ Si è tentato di mistificare i testi vedici con la falsa teoria, ormai smascherata, dell’invasione ariana. Tale teoria serviva per negare all’India una cultura avanzata ed autoctona, appoggiando così le tesi darwiniane e l’origine umana relativa all’Africa, ma "la fine della teoria dell’invasione ariana potrebbe rappresentare soltanto la punta dell’iceberg di tutta una serie di concezioni errate circa l’età e la natura dell’antica India…[…] Secondo quanto riferito dai testi della tradizione Siddhanta del Tamil Nadu, una enorme inondazione avrebbe sommerso il Kumari Kandam. […] Le testimonianze raccolte durante le esplosioni compiute dalla goletta svedese Albatross nel 1947 riferiscono la presenza di un grande plateau di lava solidificata che si estenderebbe per almeno diverse centinaia di miglia a sud-est dello Sri Lanka." ⁶ Il poema storico del Ramayana non diventa più soltanto una raccolta di saggezza, di narrazioni sacre e allegoriche, ma ha in sé il ricordo di regni esistiti milioni e milioni di anni fa. Rama fu re di Ayodhya e rappresenta, all’interno del poema, un Avatar, cioè una forma di Dio stesso che si manifesta nella storia per riportare equilibrio, giustizia, armonia; il suo regno rappresenta l’archetipo del governo perfetto, ideale: Quando Sri Ramacandra era il re del mondo, tutte le sofferenze fisiche e mentali – la malattia, la vecchiaia, la confusione, il lamento, il dolore, la paura e la fatica – erano completamente assenti. ⁷ ( Srimad-Bhagavatam, Canto 9, cap. 10, v. 53). Il suo regno e le sue imprese eroiche sono da millenni fonte d’ispirazione e possono ancora oggi indicare la strada da percorrere per il raggiungimento di una vera civiltà. Rama in tutte le sue storie si comporta come perfetto esempio da seguire, sempre in accordo con i testi sacri e il dharma. Infatti Srila Prabupada scrisse in proposito: "Un buon governo può esistere soltanto quando tra i cittadini e lo Stato si instaura una relazione simile a quella esemplificata da Sri Ramacandra e i suoi sudditi. Sri Ramacandra governò il suo regno proprio come un padre si prende cura dei propri figli…[…] …se il sistema del varnashram-dharma (sistema sociale vedico) sarà introdotto, le condizioni di satya-yuga (età dell’oro) possono essere ripristinate." ⁸ Anche se il paradigma vedico ci mostra una realtà ciclica di epoche d’oro e epoche degenerate, nulla toglie, a coloro che sanno applicare la giusta conoscenza sociale e spirituale, di vivere in modo sereno e perfetto. La storia del Ramayana è appassionante. Dopo aver dato prova del proprio straordinario valore Rama, figlio di Dasaratha, ebbe la possibilità di accedere al trono, ma per varie vicende familiari, dovette rinunciare ed andare in esilio nella foresta. In tale esilio però Rama non fu solo, poiché portò con sé la moglie Sita e il proprio fratello, Lakshmana. Poi il re demoniaco Ravana rapì Sita, costringendo Rama ad entrare in guerra con lui. Dopo averlo sconfitto, conquistando il regno di Lanka (l’attuale Sri Lanka) Rama tornò ad Ayodhya, poiché il periodo dell’esilio era concluso. Così i Purāna descrivono il suo regno: Sri Ramacandra diventò re durante il treta-yuga, ma grazie al suo buon governo, quell’età era simile al satya-yuga. […] Durante il regno di Sri Rama le strade della capitale, Ayodhya, erano spruzzate di acqua profumata e di gocce di liquori aromatici che gli elefanti spargevano intorno con la proboscide. […] I palazzi, i cancelli del palazzo, i palazzi per le assemblee, le piattaforme per gli incontri, i templi e i luoghi pubblici erano tutti decorati di anfore d’oro per l’acqua e ornati con vari tipi di bandiere. ⁹ La bellezza non era un optional nelle civiltà antiche, ma era fondamentale che i cittadini fossero immersi in un’atmosfera splendida, poiché il brutto non fa che danneggiare la psiche dell’essere umano. Ma nella cultura vedica ogni aspetto è curato, sia dal punto di vista pratico sia dal punto di vista estetico. L’ideale nasce da una realtà che si è manifestata in un momento ben preciso, così Rama diventa la sorgente di ogni sovrano ideale e di ogni fiabesco principe azzurro; ma tale modello deve sempre essere ri-vissuto, infatti "come Sri Ramacandra è il marito ideale, così madre Sita è la moglie perfetta. Una simile combinazione rende perfetta la vita di famiglia. Yad yad ācarati sresthas tat tad evetaro janah: qualunque cosa faccia un grande uomo, la gente segue le sue tracce. Se i re, i capi e gli insegnanti stabilissero l’esempio ricevuto attraverso la letteratura vedica, il mondo intero potrebbe diventare un paradiso… ¹⁰ Il popolo ha sempre seguito dei modelli e la sociologia conferma che ognuno basa la propria vita sull’esempio di personalità più o meno famose; nell’epoca attuale ad aver rovinato l’umanità sono dei modelli deleteri, autodistruttivi, che hanno incitato all’uso di droghe e al consumismo. Nelle civiltà vediche i re imitavano il modello storico di Rama, modello di armonia e purezza. Ogni modello sociale ha sempre avuto una base storica ben precisa; certi miti sono l’idealizzazione di eventi arcaici che l’umanità ha conservato per potersi sviluppare: È il mito che dice come rispondere a certe crisi, alla delusione, alla felicità, al fallimento o al successo. I miti mi dicono dove mi trovo. […] Quando una persona diventa modello di vita per altre persone, significa che si muove in una sfera mitologica." ¹¹ La storia non ha mai cessato di produrre miti: il mito di Garibaldi, il mito di Alessandro Magno, il mito di Napoleone…Ma ogni mito personale può svilupparsi solo se ha delle radici storiche reali, così il mito di Rama sottintende la figura storica di Rama.

    Inoltre all’interno del poema storico-epico abbiamo gli insegnamenti che il saggio Vasishtha comunicò a Rama stesso; ecco alcuni estratti:

    O sublime Sri Rama, questo ti insegno: così come la barca robusta si riceve da un grande barcaiolo, così si riceve il metodo per superare l’oceano delle rinascite ( Samsara) solo attraverso l’associazione con i grandi saggi.

    Non si dovrebbe vivere senza scoprire la propria reale identità. Colui che si chiede: chi sono io? ha davvero raggiunto la dimensione umana.

    Non si dovrebbe passare nemmeno un giorno in un luogo che non abbia ospitato una persona santa.

    Bisogna avvicinare i grandi saggi anche quando tacciono. Persino i loro giochi contengono una sapienza segreta.

    L’associazione con i saggi trasforma la mancanza in opulenza, la morte in immortalità e la sfortuna in fortuna.

    I saggi sono pieni di compassione. Senza la loro misericordia chi troverebbe riparo in questo mondo tormentato?

    O magnifico Sri Rama, è vera saggezza solo quella che viene impartita a un degno discepolo, libero da ogni passione.

    Se il discepolo non ha raggiunto una chiara comprensione l’insegnamento del Maestro non può proseguire secondo la linea disciplica.

    Il Signore si manifesta a noi attraverso il Guru e le Sacre Scritture. Occorre purificare la propria mente per accoglierli.

    L’essere vivente può perdere le arti meccaniche a causa della sua pigrizia, ma l’arte della saggezza ricevuta per misericordia getta semi eterni.

    Come una collana che si ritrova dopo molto tempo grazie al ritorno della memoria, così le parole del Maestro Spirituale ci fanno ricordare la nostra reale identità.

    Davvero sfortunato è colui che ricerca la felicità attraverso il piacere dei sensi; egli è come chi si accorge troppo tardi che il cibo con cui ha banchettato è stato avvelenato.

    Colui che, una volta compresa l’illusorietà dei piaceri materiali, continua a ricercarli è un asino e non un uomo.

    Ogni pensiero materiale immerge l’essere vivente nella pena. Chi ha la mente fissa sulle realtà spirituali sperimenta la vera gioia.

    Nell’illusione del sogno un’ora sembra durare cento anni; in modo analogo nello stato di veglia cadiamo nelle forme illusorie di Maya.

    Felice è colui che ha raggiunto il distacco e osserva ogni mutamento materiale come un semplice spettacolo messo in scena dall’energia materiale del Signore Supremo.

    Colui che ha realizzato la presenza di Dio all’interno del proprio cuore avrà una vita gloriosa, o Signore Rama.

    Quando il corpo muore l’essere vivente, la Jiva- atman (l’anima) prosegue la sua esperienza; gli ignoranti piangono pensando che l’essere si sia estinto per sempre.

    Così come alla rottura del vaso il nettare che vi era contenuto continua ad esistere, così alla morte del corpo la scintilla dell’energia marginale del Signore ( Tathasta- Shakty) rimane eterna.

    In realtà tutte le anime stanno sognando e l’energia materiale del Signore permette loro di sognare di nascere e morire, fino al completo risveglio nel mondo spirituale.

    L’energia marginale è superiore all’energia materiale, così come l’aria è più libera e leggera della terra. Se è così perché pensare che le anime possano nascere o morire?

    L’Origine di tutte le energie eterne è SriBhagavan, Dio in persona, che resta nella gioia suprema. Comprendilo e sii lieto per questo.

    O grande Rama, è più nobile essere un mendicante per le strade che vivere una vita che ignori queste eterne verità.

    Nessuna malattia, o veleno o sciagura può dare all’uomo più sofferenza della stupidità che nasce dall’ignoranza. ¹²

    In questi pensieri è contenuta l’immensa saggezza vedica, una saggezza eterna, da sempre consapevole di ciò che oggi la fisica quantistica ha dimostrato: il mondo materiale è un sogno ¹³ , un ologramma. Questi insegnamenti verranno ripresi e ancor più esaltati nel Mahabharata. Da millenni questa saggezza ha prodotto grandi anime illuminate, fino ai giorni nostri, con l’esempio di Gandhi. Una saggezza così straordinaria non può che provenire da una civiltà molto più avanzata della nostra. Per concludere cito la sconvolgente scoperta, fatta dalla NASA nel 2002, del ponte di Rama, fotografato da un satellite spaziale. Si tratta di una struttura rocciosa e corallina che collega l’India con lo Sri Lanka; secondo il poema fu per volere di Rama che tale struttura venne costruita, milioni di anni fa: O grande eroe, anche se per te le mie acque non sono certo un ostacolo sulla via di Lanka, ti prego, costruisci un ponte per aumentare la tua fama…[…] Dopo aver costruito un ponte sull’oceano…[…] Sri Rama entrò a Lanka per liberare sita dalle grinfie di Ravana. ¹⁴ ( Srimad-Bhagavatam, canto 9, cap. 10, v. 15-16). Ecco l’immagine del ponte visto dallo spazio:

    Il Ponte di Rama che congiunge l’India e lo Sri Lanka visibile solo dal satellite spaziale

    Certi studi geologici affermano che tale struttura non possa risalire a più di 3500 anni fa, ma nulla toglie che una base artificiale abbia costituito l’ossatura su cui si sono, poi, depositate le formazioni coralline…Inoltre la speciale curvatura del ponte rispetta le più sottili leggi dell’ingegneria, per poter sopportare le correnti oceaniche. Probabilmente, dati gli strumenti scientifici attuali e l’antichità della struttura, è impossibile chiarire fino in fondo la questione. Resta però il fatto che il Ramayana indicava l’ esistenza di una tale struttura quando nessun satellite poteva vederla…Al lettore il giudizio su questo enigma storico-archeologico…e, soprattutto, buona lettura del Poema!

    Valentino Bellucci, Ancona 2018-03-13

    [1]

    Hinduismo antico, Mondadori, Milano 2010, pag. 435.

    [2]

    A. Rigopoulos, Introduzione…, in Hinduismo antico, Mondadori, Milano 2010, pag. CXI.

    [3]

    Ivi., pag. CXII.

    [4]

    Per approfondire l’ideologia scientista e smascherare dogmi dell’evoluzionismo Cfr. V. Bellucci, La Chiesa di Darwin, Harmakis, 2016.

    [5]

    J. D. Kenyon, op. cit., pag. 150.

    [6]

    J. D. Kenyon, op. cit., pag. 153 e 155.

    [7]

    Srimad-Bhagavatam, canto 9, BBT, Firenze 1996, pag. 319.

    [8]

    Ivi., pag. 317.

    [9]

    Ivi., pag. 317, 346-347.

    [10]

    Srimad-Bhagavatam, canto 9, BBT, Firenze 1996, pag. 321.

    [11]

    J. Campbell, op. cit., pag. 39.

    [12]

    Yogavāsişţha, Ramananasram, India 2005, pag. 7-9. (traduzione dall’inglese mia)

    [13]

    Il fisico David Bohm scrive: Non esistono oggetti di base, entità o sostanze materiali, ma tutto ciò che possiamo osservare rimane relativamente stabile per un certo tempo, e poi scompare… [cit. in M. Teodorani, David Bohm. La fisica dell’infinito, Macroedizioni, Cesena 2006, pag. 49.] Il mondo materiale è solo un sogno, la fisica atomica ha dimostrato la natura della materia, e si tratta di una struttura olografica, simile ad una proiezione tridimensionale.

    [14]

    Srimad-Bhagavatam, canto 9, BBT, Firenze 1996, pp. 292-293.

    BALA KANDA

    1

    Valmiki e Narada

    Una volta, tanto tempo fa, quando si studiavano i sacri libri Veda, coloro che desideravano la realizzazione spirituale si ritiravano nei luoghi sacri, di cui l'India è ancora oggi ricca. La vita delle persone era suddivisa in varie tappe, ed il culmine era la rinuncia ad ogni attaccamento alle cose materiali, prima che il tempo ineluttabile esercitasse la sua forza portando via tutto con la morte. Il saggio Valmiki, autore dell’opera oggetto del nostro racconto, era una di quelle persone. Trascorso il periodo durante il quale l'ignoranza ottenebrava il suo cuore, egli si ritirò in un eremo nella foresta a studiare e a meditare. Valmiki era diventato un saggio

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