La Divina Commedia e il simbolo nascosto
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Anteprima del libro
La Divina Commedia e il simbolo nascosto - Maria Grazia Lopardi
Lopardi
La Profezia dell’età dello Spirito
Non vi saranno travagli e gemiti, ma serenità e riposo e pace in
abbondanza
(Gioacchino da Fiore)
Un’epoca passata da secoli, suscitante emozioni e passioni in una posterità che si volta indietro con la sensazione di dover comprendere un’eredità che la riguarda, perché quel passato ha lasciato qualcosa in sospeso, non è veramente compiuto come slittato in una dimensione parallela in cui si è persa un’opportunità…Quanti esseri del terzo millennio guardano al Medio Evo, pur conosciuto con l’appellativo di epoca oscura, come se avesse una promessa da mantenere, come se un tesoro fosse stato sul punto di emergere e poi il film si è interrotto all’improvviso, la pellicola si è spezzata…
In particolare il XII e XIII sono i secoli in cui un richiamo celeste ha alimentato la sete di divino ed in cui la creatura umana cerca sollievo recuperando le tracce del tesoro…
Una profezia ha animato quei secoli, una profezia di speranza e di rinnovamento in un’epoca in cui la realtà contrasta con la sete di divino, quella che induce moltitudini a lasciare le proprie case e l’intero proprio mondo per intraprendere lunghi pellegrinaggi da cui spesso non si torna ed in cui è difficile anche raggiungere la meta tra pericoli e malattie, tra necessità di lavorare nel frattempo per garantirsi la sopravvivenza e l’ansia di mondare la propria anima.
In un epoca in cui si ha l’impressione che il soprannaturale stia per irrompere nella storia degli uomini, in cui si attendono i segni di un rinnovamento, in cui la speranza alimenta il quotidiano, la voce del profeta serpeggia da bocca a bocca e da cuore a cuore e va ad alimentare le aspirazioni dell’uomo occidentale. Senza il profeta e la profezia non si comprenderebbe il Medio Evo, non si capirebbe l’ansia di raggiungere il cielo elevando svettanti cattedrale, di compiere il più difficile dei pellegrinaggi, quello per liberare i luoghi santi della vita terrena di Gesù. Senza il profeta non si comprende nemmeno la delusione di chi avverte, a cavallo tra il XIII e XIV secolo, che qualcosa non è andato per il suo verso e che il Graal si è ritirato nella dimensione dello Spirito in attesa del cavaliere puro e predestinato che potrà ancora aspirare a conquistarlo.
Nel XIII secolo il profeta era Gioacchino da Fiore e la profezia l’Evangelium eternum, ovvero l’Età dello Spirito. Nato a Celico in provincia di Cosenza in un anno tra il 1130 ed il 1145, Gioacchino, entrato a 25 anni nell’Ordine Cistercense, divenne abate prima del monastero di Corazzo e poi di quello di Casamari.
Dopo un periodo romano tornò nel sud dove sulla Sila fondò il monastero di S. Giovanni in Fiore, centro del suo nuovo Ordine florense che ottenne il riconoscimento da papa Celestino III. Gli vengono attribuiti splendidi disegni che illustrano le sue idee di rinnovamento e la sua profezia, fondamentale per comprendere l’atmosfera di attesa mistica del Medio Evo ed il nostro rivolgerci a questa epoca per prendere il testimone…Dante lo definisce:
il calabrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato
( Par. XII 140-141)
e lo colloca tra gli Spiriti Sapienti. Gioacchino muore nel 1202 nel suo convento di S. Giovanni in Fiore e lascia al secolo che inizia un seme fecondo destinato a dar frutto per la forza di diffusione delle sue profezie evidentemente in risonanza con una diffusa aspettativa. La sua opera maggiore è il Liber de Concordia novi et veteris testamenti, a cui aggiunse, nell’intento di proporre un radicale rinnovamento della Chiesa, l’Expositio in Apocalypsim e-pur con qualche dubbio nell’attribuzione-le significative immagini colorate raccolte nel Liber figurarum. La storia umana, secondo l’idea gioachimita, è dinamica e tende verso una sua realizzazione: nell’ampio respiro della creazione divina vi è un progressivo sviluppo che è speranza per l’uomo, ma anche profondo senso della sua esistenza, perché per l’uomo si manifesterà la terza età della Conoscenza. Il monaco calabrese nelle sue opere narra e tramanda l’avventura dello Spirito che soffia e tende verso il compimento della missione degli uomini che rispondono ai suoi impulsi: "Tria tempora ista ad similitudinem trium Personarum- dice Gioacchino suggerendo un piano divino che l’umanità realizzerà.
"Nell’età del Padre fummo sotto il dominio della Legge, in quella del Figlio fummo sotto il dominio della Grazia e dell’Amore. Il terzo stato, quello che attendiamo da un giorno all’altro, ci investirà di una più ampia e generosa Grazia con lo Spirito Santo che conferirà la pienezza dell’intelletto illuminando le coscienze.
Il primo stato tremò sotto l’incerto chiarore delle stelle, il secondo contemplò la luce dell’aurora e solo nel terzo sfolgorerà il mezzogiorno.
Ci sono tre ere nel corso della storia e la terza, la più grande è quella dello Spirito".
Rivela il profeta che questo sarà il periodo che i discorsi sigillati saranno dissigillati, i segreti svelati, che l’Ecclesia carnalis corrotta ed impura
lascerà il posto all’Ecclesia Spiritualis e la chiesa di Giovanni-caratterizzata da "…semplicitas vite, honestas, sobrietas, charitas de corde puro e fide non ficta…" subentrerà alla chiesa di Pietro. Una rivoluzione travolgerà la vita degli uomini, un soffiare impetuoso come solo lo Spirito- che spira dove vuole- sa fare.
Nel terzo stato, quando regnerà il nuovo popolo di santi, il papato sarà superato come istituzione così come ogni autorità gerarchica (Concordia, V, cap. 65) ma non la Chiesa- Ecclesia: "…commutata in maiorem gloriam manebit stabilis in eternum"
Nel terzo stato la Verità emergerà dal ventre della lettera del Nuovo testamento: è l’Evangelium Aeternum dell’Apocalisse.
Sarà Michael princeps magnus ad intervenire a favore del popolo di Dio per guidarlo nel passaggio al terzo stato (Concordia V, cap. 117). Un papa dispetto nell’esterno e grande nell’interno darà inizio alla terza età…Al Pontefice riformatore, "pontifex nove Hierusalem…
dabitur ei plena libertas ad innovandam christianam religionem…"
Questi concetti passano di bocca in bocca, queste idee scaldano i cuori e quando la speranza svanisce sotto il peso e l’amarezza degli eventi travolgenti che accompagnano il passaggio di secolo, occorre tramandare l’Insegnamento iniziatico; prima che la Tradizione torni sotterranea occorre affidarla alla posterità perché, al momento giusto, possa riemergere ed essere vivificata. La pietra delle costruzioni sacre, con la sua promessa di sfidare i secoli, reca scritta in sé la Conoscenza immutabile dell’Alchimia, della scienza della trasformazione dell’uomo da creatura confinata nel paese straniero degli opposti e della morte a Figlio di Dio del Regno dove non si muore attraversando la porta stretta, la via angusta che conduce alla vita…(Matteo, 7, 14).
Questo segreto va custodito e tramandato, il processo alchemico va consegnato alla più alta forma di poesia, quella che non muore, che le generazioni si trasmettono e studiano perché divina, quella che a distanza di secoli popoli lontani e di diversa cultura ricevono come un dono del passato carico della forza di essere percepito come eterno. Il sommo poeta lascia al futuro La Divina Commedia…ed in essa evidenti riferimenti alla profezia dell’Età dello Spirito per quando nuovamente se ne scorgeranno i segni…
Nell’Epistola a Cangrande della Scala Dante spiega il motivo per cui ha chiamato la sua opera Commedia
: a differenza della Tragedia, la Commedia, pur attraverso numerose traversie giunge a un lieto fine proprio come il cammino dell’anima da lui prospettato ed il suo sublime scopo è di …removere viventes in hac vita de statu miserie et perducere ad statum felicitatis…
cioè di allontanare l’umanità dallo stato di miseria in cui è caduta e condurla alla Felicità! Lo stesso poeta nel Convivio suggerisce che oltre al senso letterale (racconto di un viaggio ultraterreno), allegorico (percorso di salvezza dell’anima) e morale (precetti morali da seguire), ve ne è uno anagogico, quello che permette una comprensione superiore trasformante della coscienza: in questo si occulta l’insegnamento iniziatico. Il Cabalista Mosè de Leon attribuisce analoga valenza alle 4 consonanti PRDS della parola paradiso, simboli dei quattro strati di senso dove P sta per peshat, il senso letterale, R per reset, il senso allegorico, D per derasha, l’interpretazione talmudica e S per sod, il mistero. Il linguaggio è oscuro, l’interpretazione molteplice per celare e dire al contempo nel rispetto dell’evangelico ammonimento:
Non date le cose sante ai cani e non gettate
le vostre perle davanti ai porci…
(Matteo, 7, 6)
La Profezia e la speranza ad essa connessa viene affidata alla posterità e, come il fuoco sotto la cenere, tornerà a divampare quando i tempi saranno maturi.
Sirena bicaudata: particolare del portale anteriore sinistro
della basilica di S. Maria di Collemaggio
La Tradizione emerge…
O Voi che avete gl'intelletti sani
mirate la dottrina che s' asconde
sotto il velame delli versi strani.
(Inf. IX, 61-63)
Messaggi dal Medio Evo, eredità affidata alla posterità in attesa di essere compresa ed ora siamo nell’epoca in cui tutto sarà svelato… In tutto il mondo si conosce il poema sacro della Commedia dantesca, che Boccaccio definì divina perché in effetti il suo messaggio e la sua meta sono divini. Nel momento in cui l’aspettativa di un ripristino di una condizione edenica sembra tramontare, Dante affida alla carta, con l’aiuto delle Muse il più alto segreto iniziatico, l’insegnamento eterno della Tradizione Unica rientrato in Occidente attraverso il filone sotterraneo delle Crociate e la presenza di scuole di Sapienza arabe e cabalistiche. Foscolo, Pascoli, Valli hanno espresso la possibilità di entrare nel poema dantesco più in profondità rispetto alle riduttive interpretazioni di tipo tomistico-teologico, ma in particolare con due grandi nomi, quello dell’abruzzese Gabriele Rossetti¹ e del più grande studioso del simbolismo sacro René Guénon², inizia a sollevarsi il velo che avvolge il nucleo più sacro ed esoterico del poema. Naturalmente non di esso si legge nei commenti scolastici, né si parla agli studenti dei licei, ma è del tutto normale perché lo stesso sommo poeta precisava di rivolgersi a coloro che hanno gli intelletti sani, ovvero una capacità di comprensione non comune, non offuscata dalle lenti colorate dell’astrale, delle paure, dei pregiudizi, dell’incapacità di vedere oltre… Il topos del viaggio vissuto come un pellegrinaggio mistico appartiene alla Tradizione nei suoi molteplici aspetti: Platone varca le soglie della morte nel mito di Ur, Cicerone nel Somnium Scipionis, l’amato poeta Virgilio, guida di Dante, discende agli Inferi con Enea come negli antichi misteri di Eleusi ed in altre altitudini nelle leggende celtiche…Nella tradizione ebraica il profeta Elia ed Enoch salgono al cielo mentre l’Islam dei Sufi accompagna Maometto nel suo viaggio notturno …
Forse fu proprio la tradizione sufi che maggiormente influenzò Dante, come già nel 1700 l’abate spagnolo J. Andrès aveva ipotizzato, tesi poi ripresa dal sacerdote spagnolo Don Miguél Asìn-Palacios, docente dell’Università di Madrid che pubblicò "La Escatologia Musulmana en la Divina Commedia". A dispetto del giudizio negativo espresso dal poeta su Maometto messo all’Inferno (Inferno, XXVIII, 34-40) e sui musulmani definiti "gente turpa" (Paradiso, XV, 139-148), attraverso il mondo arabo Dante è venuto a contatto con la conoscenza tradizionale nel suo aspetto esoterico, come rilevato da Guénon. Nel Corano (Sura 17:1 e 53:5) si parla del viaggio notturno di Maometto, l’isra, ed a tale fonte si aggiungono testi medievali, il Libro della Scala di Maometto, il Libro del viaggio notturno verso la maestà del Generoso, l’Alchimia della Felicità di un sufi arabo- ispano Mohyddin ibn Arabi, secondo cui il viaggio culminò nel Mi’raj, l’ascensione al cielo del Profeta.
Molti elementi tra racconto dantesco e leggende islamiche sono decisamente comuni, come la descrizione dell’Inferno a forma di imbuto che si inabissa fino al centro della terra, la legge del contrappasso, i cerchi concentrici degli angeli che ruotano intorno al Trono divino, gli effetti della straordinaria esperienza come quando, sia Dante che Maometto, di fronte alla Luce divina, avvertono la vista offuscarsi ed hanno difficoltà ad esprimere quel che vedono. Asìn-Palacios suggerisce che potrebbe essere stato il maestro di Dante, Brunetto Latini, ambasciatore in Spagna nel 1260, a fargli conoscere la cultura araba. Invero le fonti dantesche sono così varie e la conoscenza che traspare così grande che, per quanto sia indubbio il ruolo del cuore esoterico musulmano nel far riemergere la Tradizione iniziatica in Europa, in essa sono convogliate le diverse fonti interne ed esterne che Dante, quale affiliato al Movimento dei Fedeli d’ Amore ed esponente indubbio di quel che poi è passato alla storia della letteratura quale Dolce Stil Nuovo, ha raccolto ed espresso nella sua alta poesia ed affidato alla posterità con il messaggio di un cammino verso la Luce che appartiene alla Tradizione unica da cui irradiano le diverse tradizioni, facce molteplici di un unico diamante…
L’insegnamento iniziatico, la Sapienza della Philosophia perennis non è per tutti e Dante, il