Oratio De Hominis Dignitate: Discorso sulla dignità dell'uomo
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Il Discorso elogia grandemente la capacità intellettiva e deduttiva dell'essere umano. Infatti l'intelligenza per Pico e per l'uomo è sinonimo di libertà e mezzo di formulare concetti in grado di poter condizionare nella buona e nella cattiva sorte il suo futuro. Ed è proprio per questa suprema capacità che l'uomo si distingue dagli altri esseri viventi come le piante o gli animali. Quella di Pico della Mirandola è una vera e propria esortazione affinché l'essere umano diventi superiore rispetto agli altri esseri e che primeggi nella conoscenza e nella sapienza avvalendosi dello studio e della filosofia come mezzo (in questo caso il neoplatonismo agostiniano e non più l'aristotelismo); solo così l'uomo e conoscenza saranno un tutt'uno, facendolo salire ad un grado così elevato da eguagliare quello di Dio e degli angeli.
(Con testo in Italiano e in Latino)
Giovanni Pico Della Mirandola
Count Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) was an Italian Renaissance philosopher. He is famed for the events of 1486, when at the age of 23, he proposed to defend 900 theses on religion, philosophy, natural philosophy and magic against all comers, for which he wrote the famous Oration on the Dignity of Man, which has been called the "Manifesto of the Renaissance", and a key text of Renaissance humanism and of what has been called the “Hermetic Reformation."
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Oratio De Hominis Dignitate - Giovanni Pico Della Mirandola
Giovanni Pico della Mirandola
Oratio De Hominis Dignitate
Discorso sulla dignità dell'uomo
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A cura di Paola Agnolucci
Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.
Aprile 2018
© Impaginazione ed elaborazione grafica: Paola Agnolucci
ISBN: 9788894965162
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Indice dei contenuti
INTRODUZIONE
DISCORSO SULLA DIGNITA' DELL'UOMO
ORATIO DE HOMINIS DIGNITATE
GIOVANNI PICO DELLA MIRANDOLA
INTRODUZIONE
Il Discorso sulla dignità dell'uomo ( Oratio de hominis dignitate) è un'opera letteraria scritta nel 1486 da Giovanni Pico della Mirandola. L'orazione, che dimostra la potenza dell'intelletto che mette l'essere umano al centro dell'Universo, definendosi così come un Dio plasmatore e creatore, è ritenuta una delle sue maggiori opere.
Il Discorso elogia grandemente la capacità intellettiva e deduttiva dell'essere umano. Infatti l'intelligenza per Pico e per l'uomo è sinonimo di libertà e mezzo di formulare concetti in grado di poter condizionare nella buona e nella cattiva sorte il suo futuro. Ed è proprio per questa suprema capacità che l'uomo si distingue dagli altri esseri viventi come le piante o gli animali. Quella di Pico della Mirandola è una vera e propria esortazione affinché l'essere umano diventi superiore rispetto agli altri esseri e che primeggi nella conoscenza e nella sapienza avvalendosi dello studio e della filosofia come mezzo (in questo caso il neoplatonismo agostiniano e non più l'aristotelismo); solo così l'uomo e conoscenza saranno un tutt'uno, facendolo salire ad un grado così elevato da eguagliare quello di Dio e degli angeli.
Formulando un mito personale, Pico della Mirandola immagina Dio intento a creare il Cosmo con le piante, gli animali e ogni genere di creatura vivente che conosciamo, traendo spunto dalle Sacre Scritture. Successivamente il Creatore, dato che la Catena dell'Essere (o dell'Esistenza) era stata colmata dagli angeli che, salendo di grado in grado per le loro qualità si congiungevano a lui, diede origine alla razza umana. Questa, avvalendosi delle sue capacità intellettive, sarebbe stata artefice del proprio destino o salendo la Catena mediante lo studio e la filosofia, o pensando alle cose inutili, divenendo così un vegetale ignorante.
Su ciò si basa il concetto di dignità umana
ovvero la qualità suprema che solo l'uomo ha ricevuto da Dio; egli può coltivarla e farla crescere avvalendosi solo della conoscenza della filosofia. Tuttavia ammette Pico che il cammino si prospetta difficile e arduo perché nei secoli vi sono state numerose filosofie, tutte diverse perché appunto concepite dalla multiformità del cervello umano. Solo basandosi su una vera filosofia, nata dall'unione di alcune di queste dottrine, considerate buone e istruttive dall'animo, potranno consentire all'individuo di ascendere alla Catena verso Dio.
DISCORSO SULLA DIGNITA' DELL'UOMO
§ 1. Preambolo
1. Ho letto, molto venerabili Padri, nelle fonti degli Arabi che Abdalla Saraceno interrogato su che cosa, in questa sorta di scena del mondo, scorgesse di sommamente mirabile, rispose che non scorgeva nulla di più mirabile dell'uomo.
2. Con questo detto concorda quello di Mercurio: «Grande miracolo, o Asclepio, è l'uomo».
§ 2. Insufficienza delle motivazioni correnti circa la superiorità umana
3. A me, che pensavo al senso di queste affermazioni, non erano sufficienti le molte cose che da molti sono addotte circa l'eccellenza della natura umana: che l'uomo è principio di comunicazione tra le creature, familiare alle superiori, sovrano sulle inferiori; per la perspicacia dei sensi, per l'indagine razionale e per il lume dell'intelligenza interprete della natura; interstizio tra la fissità dell'eterno e il flusso del tempo e (come dicono i persiani) copula, anzi imeneo del mondo, rispetto agli angeli (ne dà testimonianza Davide) solo un poco inferiore.
§ 3. La scoperta finale
4. Cose grandi queste, ma non le principali, tali cioè da consentirgli di rivendicare a buon diritto il privilegio della somma ammirazione.
5. Perché infatti non ammirare di più gli stessi angeli e i beatissimo cori del cielo?
6. Alla fine è sembrato di aver capito perché l'uomo sia tra gli esseri viventi il più felice e quindi il più degno di ammirazione, e quale sia alfine, nella concatenazione del tutto, la condizione che egli ha avuto in sorte, che non solo i bruti, ma anche gli astri, ma anche le intelligenze ultraterrene gli invidiano.
7. Cosa incredibile e mirabile!
8. E come altrimenti? Giacché è a causa di quella propriamente l'uomo è detto e stimato un grande miracolo e un meraviglioso essere animato.
9. Ma quale sia udite, Padri e con orecchio benigno, conforme alla vostra umanità, siate indulgenti verso questa mia opera.
§ 4. Il racconto della creazione
10. Già il sommo Padre, Dio architetto aveva foggiato questa dimora del mondo, che noi vediamo, il tempio augustissimo della divinità, secondo le leggi della sapienza arcana.
11. Aveva ornato con le intelligenze la regione iperurania; aveva animato i globi eterei di anime eterne; aveva riempito le parti escrementizie e sozze del mondo inferiore con turba di animali di ogni specie.
12. Ma, compiuta l'opera, l'artefice desiderava che vi fosse qualcuno che sapesse apprezzare il significato di tanto lavoro, che ne sapesse amare la bellezza, ammirarne la grandezza.
13. Perciò, terminata ogni cosa, come attestano Mosè e Timeo, pensò alla fine di produrre l'uomo.
14. Ma tra gli archetipi non c'era di che dar formare la nuova progenie, non c'era nei tesori qualcosa a elargire in eredità al figlio, non c'era tra i seggi di tutto il mondo dove potesse sedere il contemplatore dell'universo.
15. Tutto era ormai pieno; tutto era stato distribuito tra gli ordini, sommi, medi, infimi.
16.