Il grande risveglio
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Cal, giovane recluta dell'Aviazione, si sforza di soddisfare le aspettative del padre che oltretutto è anche il suo ufficiale superiore. Incaricati di difendere le sagge e autorevoli cicale della Grande Stirpe del Sud, padre e figlio si troveranno ad affrontare una crisi di notevole entità e un viaggio inaspettato. Lungo questo cammino, nuovi amici apriranno loro gli occhi su una realtà che li turberà profondamente e li spingerà a rischiare la propria vita per salvare quella di un'intera specie.
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Anteprima del libro
Il grande risveglio - Chaise Allen Crosby
Ignoranza e innocenza
Carolina del Sud
Anche senza guardare il cielo, si riusciva a percepire l’arrivo di un temporale, ma il sinistro silenzio che aleggiava fece sì che nessuno degli animali guardasse verso l’alto. L’aria della sera era calda e umida, anche se i boschi erano già avvolti dall’oscurità. La quiete che era calata prima della pioggia, tipica nel mese di maggio in Carolina, non era insolita, eppure il temporale che si stava preparando quella notte non sarebbe arrivato dall’alto.
Sollecitato dal padre, Cal fissò il suolo e notò l’erba che ondeggiava nella brezza leggera, in balìa del vento. Questa, in effetti, era stata la cosa più interessante che aveva notato negli ultimi minuti. Stanco per il volo e per il caldo del giorno prima, sentì che gli occhi cominciavano a chiuderglisi; per ora, era sopravvissuto a una sola estate della Carolina e non era impaziente di affrontare il caldo di un’altra. Sebbene il caldo non fosse così terribile, l’umidità poteva essere insopportabile. A peggiorare le cose, c’erano le pressioni crescenti della famiglia e degli amici perché Cal trovasse una compagna: molti dei suoi amici l’avevano già trovata, ma i frequenti viaggi l’avevano distolto dal pensiero di sistemarsi. Inoltre, era convinto che sarebbe stato ancora più difficile durante i mesi estivi, poiché era abbastanza sicuro che le sue piume non avessero un bell’aspetto a causa dell’aria calda e umida.
Forse avrebbe potuto evitare di distrarsi con tutti quei pensieri, se solo avesse potuto schiacciare un pisolino per qualche minuto…
Cal era, secondo gli standard corvini, veramente un bell’uccello. Le sue piume nere come la pece si confondevano quasi alla perfezione con il cielo notturno, eppure non era riuscito ancora a liberarsi degli occasionali commenti su quanto fosse carino: non vedeva l’ora di riuscire a sbarazzarsi della sua espressione da pulcino. Sembrava decisamente una versione più giovane del padre. Stando appollaiati uno accanto all’altro, la somiglianza appariva evidente.
Il padre di Cal però era maestoso, in ogni senso. Andava orgoglioso di se stesso e del suo ragazzo: colonnello dell’Aviazione, era impaziente di trasmettere tutto ciò che sapeva al figlio, dal momento che era in procinto di andare in pensione e aveva la certezza quasi totale che Cal, il suo ultimogenito, avrebbe calcato egregiamente le sue orme. Sarebbe stato completamente sicuro se non fosse stato per la tendenza che aveva Cal, di quando in quando, a perdere la concentrazione. Un ufficiale dell’Aviazione doveva essere sempre all’erta!
«Cal! Fai attenzione!»
Cal parla con suo padre
Cal aprì gli occhi con aria mortificata. Non voleva deludere il padre. Aveva lasciato il nido molte lune prima, perciò provava quasi vergogna per il fatto di non avere la stessa capacità di concentrazione del padre. Anche se non aveva ancora trovato una compagna, ormai era un adulto! Avrebbe dovuto essere già totalmente indipendente, pur sapendo, chiaramente, che avrebbe sempre avuto molto da imparare dagli uccelli più vecchi e più saggi.
Intenzionato a liberare la mente da qualunque distrazione, per assurdo, si immerse ancora di più nei suoi pensieri. Forse la sua ansia era dovuta più che altro al timore di non essere in grado di seguire le orme del padre come colonnello dell’Aviazione? Cal, che si era arruolato solo pochi mesi prima, il giorno del suo compleanno, era ancora una recluta, mentre suo padre, una volta, aveva salvato uno stormo intero da morte imminente, mentre i motori di un aeroplano si avvicinavano. Quale impresa avrebbe mai potuto portare a termine, per superare quella del padre?
E comunque, come facevano gli aeroplani a volare senza battere le ali?
Si meravigliava spesso delle invenzioni degli umani, per quanto fossero spesso pericolose. Forse però il pericolo era inevitabile per qualunque specie provasse ad andare contro il volere della natura: se gli uomini fossero stati fatti per volare, non avrebbero dovuto avere ali e piume? Ebbe un brivido al pensiero di come sarebbe stato non avere le piume e, per un attimo, provò compassione per gli umani. Si chiese se, senza piume o alcuna traccia consistente di pelo, si sentissero brutti.
«Guarda lì!»
L’eccitazione nella voce del padre riportò di colpo Cal nel mondo reale. Più o meno sei metri più in basso, riuscì a distinguere qualcosa che aveva la forma di un buco e che si stava formando sulla superficie del terreno; poi un paio di antenne che sbucavano fuori, seguite da due occhi rossi. La creatura si muoveva con cautela, man mano che si adattava a un ambiente che aveva quasi dimenticato. Il suo minuscolo corpo, di colore bruno, emerse dal buco e iniziò a esplorare il bosco circostante. Non sembrava avere paura; sapeva di non essere sola.
La creatura aveva destato la piena attenzione di Cal. A dire il vero, la piena attenzione del suo stomaco: quasi pregustava quel boccone morbido e non ancora troppo croccante. Si sporse in avanti come faceva sempre prima di uno spuntino, quando il padre lo spinse indietro con l’ala.
«No! Cal, non dimenticare il giuramento che hai fatto quando ti sei arruolato! Quella creatura deve ancora adempiere al suo scopo, non è ancora arrivata la sua ora.»
Cra! Cra! Frustrato, Cal guardò il padre. «Papà, non sai quanto sono affamato! Abbiamo volato per ore ed è tutto il giorno che non tocchiamo cibo. Non capisco proprio cosa ci sia di tanto speciale in quel tipo laggiù. Non ti è mai importato nulla degli insetti, perché tante storie adesso?»
Il padre, più esperto, sembrò irritato dalla reazione di Cal. «Quello non è un insetto qualunque. Questo è il tempo della Grande Stirpe del Sud. Io, insieme a tanti altri, ho aspettato questo momento per molte stagioni e tu seguirai il mio esempio, per poi tramandare la tradizione ai tuoi figli. Riposati un po’, domattina voleremo verso nord. Non ci vorrà molto perché il resto della covata esca dalla terra.»
Consiglio per il Risveglio dei Cicadidi, XIX Stirpe, Carolina del Nord
Ondate di pensieri ed emozioni avevano attraversato la mente e il cuore di Cedric per giorni. La vita, come l’aveva conosciuta, presto sarebbe finita. Di fatto, la sua stessa esistenza, a breve, sarebbe finita.
Sapere quanto tempo si ha ancora a disposizione per vivere su questa terra e riuscire a non impazzire, è cosa da pochi, di questo era sicuro. Eppure, Cedric aveva avuto questa consapevolezza per gran parte della sua vita e, fino a quel momento, gli era sembrata una cosa da niente. Ora che stava per farne esperienza però, era sicuro di una sola cosa: era agitato.
Per quanto tentasse di pensare ad altro, non riusciva a liberarsi di quella morsa che gli attanagliava lo stomaco. Cominciò a credere che la paura non avesse molto a che fare con la morte: perché avrebbe dovuto temerla? Sapeva da sempre che quel giorno, prima o poi, sarebbe arrivato. La natura aveva concesso quel tempo a lui e ai suoi compagni, a partire dal giorno in cui erano venuti al mondo. No, la sua agitazione era sicuramente dovuta alla nuova fase della vita in cui sarebbe stato catapultato a breve. Le cose sarebbero state molto diverse, ma anche più allegre. Era sicuro di voler scambiare la sicurezza in cui si era crogiolato per tanto tempo, con la felicità effimera che lo attendeva.
Non che fosse infelice adesso, ma la sua vita era stata piuttosto insipida negli ultimi tredici anni. Aveva un vago ricordo d’infanzia del luogo in cui la vita inizia e finisce. Ricordava la luce, una grande fonte di luce che brillava dall’alto e che lo metteva di buon umore, come non gli era più capitato da allora. Gli sembrava di sentire ancora il calore di quella luce in certi momenti, soprattutto durante quelli che supponeva fossero i mesi estivi, ma la sensazione non era più stata la stessa. Ricordava anche i colori. Tanti tipi di verde e blu, ma anche tutti i colori delle creature che vivevano sulla terra. Per tutta la vita, da quel breve momento di consapevolezza in superficie, era vissuto in un’oscurità costante e in un ambiente pieno di colori sbiaditi, in prevalenza marrone e nero. Tutti i suoi amici e i membri della sua famiglia erano essenzialmente dello stesso colore, così come le loro tane. Non c’era varietà sotto terra.
«Su un albero o per terra?» Chiese uno dei suoi compagni dandogli di gomito.
«Mm? Di cosa stai parlando?»
«Sul serio? Cedric, sto seduto qui a parlare con te e tu non mi ascolti nemmeno?»
Cedric ridacchiò. «Senti, mi dispiace. È che ho un sacco di cose per la testa adesso.»
«Sì, certo… Come tutti. Volevo solo sapere dove pensi che incontrerai la ragazza dei tuoi sogni, a terra o su un albero? Le ragazze con i piedi per terra hanno i loro vantaggi, ma io credo che cercherò sugli alberi: vorrei una ragazza con uno spirito avventuroso, capisci?»
Cedric trovò la cosa divertente. Anche gli altri, lì dentro, stavano pensando al grande giorno che sarebbe arrivato. Il tipo accanto a lui era sicuramente preso dallo stesso pensiero che, Cedric se n’era reso conto, lo aveva agitato e, al tempo stesso, emozionato tanto. Una volta raggiunta la superficie, avrebbe dovuto trovare una compagna. Milioni di cicale avrebbero compiuto la loro metamorfosi, diventando adulte, per le imponenti celebrazioni che si sarebbero tenute in superficie. Avrebbero cantato e danzato, così da trovare qualcuno con cui deporre nuove uova e far ricominciare il ciclo. Sarebbe stato di certo più emozionante dei giorni passati sotto terra! Rifletté per qualche secondo sulla domanda dell’amico, prima di rispondere.
«Mm… Nessuna delle due! Mi piace la tua idea, ma io vorrei inserire una dimensione tutta nuova: il cielo. Scommetto che non c'è niente di meglio che incontrare qualcuno in volo. Pensa che panorama e quanto ci divertiremmo spiegando le nostre ali nuove. Questo sì che sarebbe un fantastico primo appuntamento!»
«Sì, come no. Non vedo l’ora di guardarti mentre vieni accecato in volo dall’amore. Sarai talmente inebetito che finirai per schiantarti contro un pino, mentre io sarò su un ramo dell’albero accanto a tenermi la pancia per le risate.»
«Ah! Beh, se passerai tutto il tempo a guardarmi volare, vorrà dire che te ne starai su quel ramo da solo.»
«Quercia, è deciso!» Dichiarò una femmina imponente di fronte all’assemblea, che aveva appena deciso quale tipo di linfa avrebbero bevuto per il loro ultimo pasto sotto terra. Cedric ci rimase un po’ male perché non aveva votato: le distrazioni, evidentemente, avevano il loro lato negativo.
Beh, sarebbe sopravvissuto: almeno non era costretto a bere quell’orribile succo di pino che avevano dovuto trangugiare qualche anno prima, quando c’era stata quella terribile siccità che aveva trasformato il buon cibo in un bene di lusso.
«Ced, mi sa che mi sono innamorato. Non riesco a smettere di pensare alla Presidentessa. Te lo immagini quel torace con un paio di ali? Mm…»
«Ah! Phil, sul serio, la devi finire. Dobbiamo stare attenti, questa è l’ultima riunione del Consiglio.»
«Che me ne importa», continuò Phil, «la vita è troppo breve per stare attenti alle riunioni. Penserò a cosa dire a Miss Presidentessa domani, quando la vedrò con il sole. Credi che sarà ancora carina dopo la muta?»
Cedric decise di ignorarlo, nel frattempo: Phil aveva l’abitudine di parlare all’infinito se riceveva qualsiasi tipo di risposta. L’adorabile ninfa lì di fronte era conosciuta solo come la Presidentessa; presiedeva il Consiglio per il Risveglio della XIX Stirpe, detta anche Grande Stirpe del Sud. Come Presidentessa di uno dei consigli più importanti di una delle stirpi più grandi, aveva una notevole influenza sulle politiche delle cicale un