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Devil's Dark Flower - The Prophecy
Devil's Dark Flower - The Prophecy
Devil's Dark Flower - The Prophecy
E-book463 pagine6 ore

Devil's Dark Flower - The Prophecy

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Info su questo ebook

Paradiso ed Inferno esistono davvero?
Ora che il destino sembra averle affidato un compito che non ha chiesto ma dal quale non potrà sottrarsi, Celeste forse potrà conoscerne la risposta.
Ma se conoscerla potrebbe costarle l’amore dell’unico uomo che abbia mai voluto accanto a se?
La strada che ha intrapreso è lastricata di sangue, creature mostruose, segreti celati dal tempo che inevitabilmente la porteranno sempre più vicina ad una verità sapientemente celata dietro ad un’antica profezia nella quale non vorrebbe credere ma……..
LinguaItaliano
Data di uscita25 dic 2014
ISBN9786050343953
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    Anteprima del libro

    Devil's Dark Flower - The Prophecy - Chris Binghair

    d’amore.

    Capitolo 1

    Osservando le luci di Parigi scorrere attraverso il vetro del finestrino del taxi a Celeste tornò in mente quella vecchia strada di campagna che portava alla casa dove aveva vissuto da bambina.

    Era uno di quei pochi luoghi dove ancora di notte l’unica luce esistente era quella data dalle lucciole: migliaia di piccole sfere luminose che punteggiavano i prati e i cespugli circostanti.

    Era da quasi un anno che non tornava a Casole, un paesino o meglio una piccola frazione in provincia di Siena.

    Da quando la nonna se n’era andata per sempre il pensiero di ritornare in una casa dove non ci sarebbero più state braccia amorevoli pronte ad accoglierla le faceva ancora troppo male.

    Improvvisamente, però, si rese conto di quanto, nonostante tutto, le fossero mancati quei luoghi: aveva vissuto in quel vecchio podere di campagna insieme a sua madre e sua nonna fino all’età di quattordici anni.

    Poi gli studi l’avevano portata prima a Firenze e in seguito a Parigi. Ciononostante il desiderio di poter calpestare quella terra dall’inimitabile colore rosso, tipica della campagna senese che tanto amava, l’aveva riportata a casa ogni qual volta le era stato possibile.

    Quando pensava a quel luogo, si sentiva inevitabilmente stringere la gola da un nodo che difficilmente riusciva a sciogliere.

    Forse, però, era arrivato il momento di abbandonare il dolore e andare avanti con la sua vita; e chissà magari fare ritorno al vecchio podere della nonna poteva essere il primo passo.

    Celeste si sorprese a sorridere tra sè, era la prima volta dopo tanto tempo che riusciva a sentirsi veramente serena anche sola con sè stessa.

    Ultimamente la sua vita sembrava essersi indirizzata verso momenti più felici e spensierati e guarda caso a tal proposito nella mente di Celeste si affacciò subito un nome: Christian.

    Probabilmente era proprio grazie a lui se ora sembrava aver raggiunto una pace che aveva cercato invano per tanto tempo.

    Un’intima certezza si faceva sempre più largo dentro la sua mente: forse, diversamente da sua madre e da sua nonna, lei avrebbe potuto avere al suo fianco un uomo con il quale condividere una famiglia.

    Quella famiglia completa che sua madre non aveva saputo o voluto darle.

    Mentre percorrevano il lungo Senna, la Tour Eiffel improvvisamente s’illuminò come un gigantesco albero di natale. A Parigi le ore serali erano, ormai da qualche tempo, scandite così; Celeste sorrise tra sé pensando che dovevano essere appena scattate le nove, quindi almeno per una volta avrebbe avuto soltanto un leggero ritardo. Per liberarsi dall’acre odore di fumo di cui era impregnata l’auto, abbassò leggermente il finestrino lasciando entrare una lieve brezza tipica delle serate di fine maggio: sarebbe stata sicuramente una calda serata d'inizio estate.

    Abbassando lo sguardo per guardare l’abito che indossava, Celeste tirò un profondo sospiro, non amava affatto i vestiti eleganti, era molto più a suo agio con un paio di jeans e una t-shirt. Quella, però, era una serata importante: doveva presenziare alla conferenza del Prof. Swinmore con il quale stava approfondendo lo studio dell’impiego della Gramilaria, una rara pianta che cresceva in amazzonia, per la cura di diverse malattie del sangue.

    La sua tesi di laurea in biologia molecolare verteva proprio su quell’argomento ed era molto grata al professore per averla sostenuta in tutti quei mesi e per averla portata in amazzonia insieme a lui. Gli era soprattutto grata per esserle sempre stato vicino come un padre nell’ultimo anno che era stato per lei così difficile dopo aver perso nonna Costanza che era tutto ciò che le rimaneva della sua famiglia.

    Una famiglia in cui una figura maschile non c’era mai stata; Celeste era cresciuta tra l’affetto di Cinzia, sua madre, e quello della nonna.

    Suo padre le aveva lasciate ancor prima che lei nascesse, le era stato detto che era un mascalzone e sua madre non le aveva mai voluto nemmeno dire il nome per timore che potesse andarlo a cercare.

    E Dio sa se non ci aveva provato con ogni mezzo, da ragazzina aveva rovistato in ogni angolo della loro casa alla ricerca di una foto, di una lettera o di qualunque altra cosa potesse farla arrivare al suo nome.

    Non aveva mai trovato nulla, lei stessa portava il cognome di sua madre e sui suoi documenti di nascita non c’era niente.

    Aveva tempestato la mamma e la nonna di mille domande fino allo sfinimento ma l’unica risposta che fosse mai riuscita a strappare loro era che solo quando fosse arrivata a essere una donna lei stessa sarebbe riuscita a comprendere. Perciò fino ad allora non le avrebbero raccontato nulla di più. Quando aveva solo quindici anni, però sua madre era morta in un incidente stradale, nonostante ciò la nonna ancora una volta non volle raccontarle nulla. Ebbero una lite tremenda, Celeste le disse cose che avrebbe rimpianto per il resto della vita. Da quel momento non tornarono più sull’argomento, gli anni passarono, Celeste si trasferì a Parigi per i suoi studi universitari e da più di un anno ormai anche la nonna l’aveva lasciata portandosi per sempre con sé una verità che lei non avrebbe mai più potuto conoscere.

    I suoi pensieri furono interrotti dallo stridio dei freni del taxi che annunciava il suo arrivo a destinazione: Siamo arrivati, Mademoiselle.

    Mercì rispose Celeste porgendo i soldi all’autista.

    Quando scese, si rese conto di essere proprio di fronte ai cancelli dei Giardini de le Tuileries: ipotizzando per quella sera un tempo favorevole, la conferenza era stata organizzata all’aperto in modo da poter sfruttare uno scenario tra i migliori che Parigi potesse offrire. Attraversandoli Celeste fu avvolta da un’atmosfera da sogno, era un tripudio di fiori dei più svariati colori che riempivano l’aria di un inebriante profumo. Era stato creato un sentiero con una miriade di candele che lo illuminavano su entrambi i lati e le cui fiamme tremolavano al passaggio degli invitati. Una piccola orchestra di archi e fiati diffondeva una lieve musica medievale che si spandeva tutt’intorno dando a tutti i presenti l’impressione di essere stati improvvisamente catapultati in un’altra epoca. Camminando lungo il sentiero, l’attenzione di Celeste fu improvvisamente catturata da qualcosa alla sua sinistra: una statua raffigurante una vergine vestale.

    La statua era di candido marmo, aveva un volto dai delicati lineamenti e le vesti le fluttuavano intorno in morbide volute non era però di così pregevole fattura da poter attirare l’attenzione. Celeste si sentì, però, incredibilmente ed incondizionatamente attratta verso di essa, tanto che l’attimo dopo, senza nemmeno essersene resa conto, teneva già le sue mani poggiate delicatamente su di essa.

    Al tatto avrebbe dovuto essere fredda invece sulle sue dita sentì diffondersi un calore innaturale che le pervase tutto il corpo facendole accelerare i battiti del cuore. Aveva il fiato corto come dopo una corsa, anche se non aveva fatto altro che pochi passi, ma sorprendentemente non aveva paura e non ne ebbe nemmeno quando ad un tratto vide brillare gli occhi della vestale di un incredibile fuoco verde. Socchiuse le palpebre per un istante e quando tornò a fissare la statua quei due occhi color giada erano ancora lì che la fissavano e sembravano ardere con ancora maggior intensità, se ne sentì completamente avvolta tanto da perdere il senso del tempo e dello spazio. Si lasciò cullare da quella sensazione di amorevole calore fino a che la testa della statua prese improvvisamente vita lasciando il posto ad uno splendido volto di donna. Era una giovane dai lunghi ricci color mogano e profondi occhi verdi, la sua voce era appena un sussurro: Celeste, tu che sei carne della mia carne e sangue del mio sangue, so che non ti spaventerai perché possiedi il dono di conferire con le anime così come tutte le donne della nostra stirpe. Non avresti dovuto essere da sola ad affrontare ciò che sta per giungere. Purtroppo sei completamente all’oscuro di tanti fatti importanti che riguardano la nostra famiglia. Non ci è data, però, la possibilità di modificare il tuo destino ora. Tu possiedi un grande tesoro dentro di te, non so bene quando o come ma sta per crescere con te una grande speranza per molti di noi …… per questo la tua vita è molto importante …mio dio mi è difficile guardare il tuo viso senza pensare a loro…. …..le mie povere bambine… Carlotta e Cecilia… siete tutte così identiche….Loro purtroppo non ce l’hanno fatta, ma tu sei forte bambina….sento che tu puoi riuscire laddove loro hanno fallito. Tu devi riuscire, per te stessa, per tutte quante noi e soprattutto per lui: non merita l’eterno destino di dolore che gli è stato riservato… ora devo andare non posso trattenermi oltre o riuscirà a captare i nostri pensieri, so che non vorrebbe farlo ma non ha scelta. E’ il mio più grande rammarico non averla saputa proteggere dalla loro crudeltà. Solo un ultima cosa… : guardati dalla donna con gli occhi di ghiaccio….è malvagia ….. tenterà in ogni modo di farti del male…..lei non vuole che la profezia si compia perciò non abbassare mai la guardia bambina mia…L’immagine della donna scomparve all’improvviso mentre un vento freddo carezzò la pelle di Celeste facendola rabbrividire e riscuotendola da quello stato di torpore.

    Qualunque altra persona sarebbe fuggita via in preda al terrore ma lei aveva imparato a convivere con le stranezze fin da quando era una bambina, l’eccentricità e la particolarità avevano sempre contraddistinto tutte le donne della sua famiglia; sua nonna, sua madre e lei stessa possedevano un dono speciale: riuscivano a comunicare con gli angeli o meglio con le anime di coloro che dopo la morte Dio aveva richiamato a sè.

    Inizialmente aveva temuto questo suo potere, poi sua madre e sua nonna le avevano fatto capire che non tutto ciò che non si comprende è necessariamente qualcosa di cui avere paura. Col tempo aveva, così, imparato a convivere con quelle presenze che le avevano, anzi, riempito i momenti di solitudine donandole un caldo rifugio d’amore in cui andarsi a nascondere nei giorni tristi della sua infanzia.

    Le parole dell’anima di quella donna, però, l’avevano lasciata perplessa, disorientata e spaventata. Da cosa mai voleva metterla in guardia e chi erano Carlotta e Cecilia, così uguali a lei. Ripensando alle parole che aveva ascoltato, potevano essere delle sue antenate così come poteva esserlo anche quell’angelo dagli occhi di giada. … guardati dalla donna con gli occhi di ghiaccio.., quelle erano le parole che più le avevano messo i brividi anche se non riusciva a capirne il motivo.

    Avrebbe tanto voluto che la mamma e la nonna fossero ancora in vita, loro avrebbero avuto sicuramente tutte le risposte.

    Nessun’anima mai si era rivolta a lei in quel modo e poi, se era veramente in pericolo, perché non erano venute ad avvertirla sua madre o sua nonna.

    C’erano davvero troppe cose che non tornavano.

    Completamente avvolta nei suoi pensieri, le sembrò di udire una voce molto lontana che chiamava il suo nome, ma non riusciva a mettere a fuoco da dove provenisse né a chi appartenesse, finchè non avvertì il tocco di una mano sul suo braccio che la fece trasalire.

    Voltandosi si trovò di fronte il volto familiare del Prof. Swinmore che le sorrideva scuotendo leggermente la testa in un gesto di amorevole rimprovero.

    Celeste come mai non mi sorprendo di trovarti in un angoletto buio con un’aria trasognata?

    Mi perdoni professore, mi ero fermata ad ammirare questa splendida statua e come al solito ho perso totalmente la cognizione del tempo. Celeste non avrebbe voluto mentire ma aveva imparato che a volte una piccola bugia riusciva ad essere meno pericolosa di una grande verità.

    Celeste non scusarti ho imparato ad apprezzare anche le tue stranezze insieme alla tua spiccata intelligenza e alla tua grande dedizione al lavoro, perciò ora che sei qui, vieni, ci sono parecchie persone alle quali vorrei presentarti, prima che inizi la conferenza.

    Grazie professore lei è sempre così gentile con me....... disse Celeste avviandosi al suo fianco.

    Non così tanto, direi, visto che non mi sono ancora complimentato con te, stasera sei di una bellezza e di un eleganza davvero straordinaria! così dicendo la prese a braccetto con un espressione di gran beatitudine sul viso.

    Beh diciamo che mi sentirei più a mio agio con un paio di nike piuttosto che con questi tacchi a spillo.

    Risero entrambi confondendosi in mezzo alla folla di persone che si era fatta sempre più consistente con l’avvicinarsi dell’inizio della conferenza.

    Il Prof. Swinmore presentò a Celeste tutte le persone più importanti e lei strinse mani e sorrise fino allo sfinimento.

    A un certo punto si trovarono di fronte ad un uomo poco più giovane del Prof. Swinmore, i capelli nerissimi sulle tempie erano screziati di grigio e piccole rughe gli segnavano i lati della bocca e degli occhi che dietro gli occhiali perdevano un po’ l’intensità di quel loro strano colore blu. La sua espressione colpì Celeste: aveva sul viso una luce di disperata malinconia che le fece stringere il cuore.

    La notevole altezza conferiva a quell’uomo un senso d'imponenza e di riverente rispetto, ma quando Celeste gli strinse la mano, sentì uno stranissimo trasporto verso di lui quasi che un’invisibile filo li avesse collegati non appena le loro mani si erano unite.

    Il cuore di Celeste accelerò vertiginosamente i suoi battiti e i suoi occhi si persero totalmente nel triste sguardo di quell’uomo con il quale sentì subito una grande quanto incredibile familiarità nonostante fosse per lei un perfetto sconosciuto.

    Celeste, stupendosi, sentì dentro di sé il bisogno irrefrenabile di confortare l’angoscia che aleggiava intorno a quell’uomo, anche se in realtà non riusciva nemmeno a capire come potesse percepire i sentimenti di qualcuno mai visto prima.

    Il dolore e la tristezza di quell’uomo, però, sembravano aleggiare su di loro come qualcosa di tangibile, quasi fossero gelidi fiocchi di neve che scendendo a posarsi sulla pelle di Celeste riuscissero a provocarle brividi in tutto il corpo.

    Nonostante il passare dei minuti, erano rimasti immobili senza dire una parola fino a che il Prof. Swinmore era intervenuto per stemperare il crescente imbarazzo di tutti i presenti:

    Ehm Celeste sono lieto di presentarti il Prof. Davey Hellman, come ti dicevo le sue ricerche ci sono state di grande aiuto per i nostri stessi studi.

    Oh io…io…sono….sono ….così …così …onorata di conoscerla …ehm Prof. Hellman. riuscì a malapena a balbettare Celeste facendo un notevole sforzo per distogliere il suo sguardo da quello dell’uomo.

    In quel preciso istante quello strano collegamento tra loro si sciolse e Celeste si guardò intorno smarrita come se fosse stata catapultata lì da un universo parallelo.

    Fortunatamente la conferenza stava per iniziare così tutti si riversarono verso i loro rispettivi posti, il Prof. Swinmore si avviò prendendo Celeste per un braccio e sospingendola verso il palco:

    Che c’è Celeste, non ti senti bene? Qualcosa non va? Stasera sembri essere più strana del solito. Smaniavi per conoscere il Prof. Hellman e poi quando te lo sei trovato davanti sei rimasta lì come ipnotizzata senza dire una sola parola!

    Mi perdoni professore, non so che mi abbia preso, spero di non aver compromesso i nostri comuni rapporti di lavoro e prometto solennemente che d’ora in avanti mi comporterò bene e la renderò fiero di me!

    Ok Celeste non preoccuparti, stasera sei così affascinante che nessuno noterà le tue stranezze, le ho già dimenticate persino io!

    Ribatté il Prof. Swinmore sorridendole affettuosamente mentre prendevano posto a sedere fianco a fianco.

    La conferenza era stata interessante e il pubblico era rimasto estasiato dai numerosi relatori, i giornalisti avevano subissato il prof. Swinmore delle più svariate domande e lui da bravo oratore quale era aveva fatto come sempre un’ottima impressione. Il professore aveva poi comunicato a Celeste che i fondi raccolti bastavano abbondantemente a finanziare la loro prossima spedizione in Amazzonia. Presto sarebbero quindi ripartiti e lei avrebbe potuto finalmente concludere la sua tesi ma soprattutto avrebbe potuto rivedere Chris: non era ancora sicura di esserne innamorata ma teneva molto a lui e le era mancato in quell’ultimo periodo di lontananza. Ora però doveva assolvere il compito che il professore le aveva affidato per quella serata: le pubbliche relazioni erano sempre state la sua arma migliore e non voleva certo deluderlo perciò si mescolò alla folla che si stava riversando sul buffet mentre una piccola orchestra diffondeva un sottofondo di musica classica.

    Capitolo 2

    In un angolo poco illuminato una donna aveva seguito in disparte tutta la conferenza.

    Indossava un elegante quanto anonimo abito nero in grado di confonderla tra la folla e del resto, avendo trascorso tutta la sua vita a nascondersi tra la gente, era diventata molto abile ad osservare gli altri senza essere notata.

    Quella sera però il suo obiettivo non era così semplice quanto le era sembrato inizialmente, perché come al solito il suo nemico di sempre sembrava essere nella posizione migliore per contrastare i suoi piani.

    Il suo rapporto con Davey Hellman era sempre stato un mix di amore e odio fin dal loro primo incontro.

    Aveva amato profondamente l’uomo passionale e seducente che era, ma aveva altresì odiato la sua anima così pura e il suo feroce desiderio di fare sempre e comunque la cosa giusta.

    Il suo rammarico per le scelte sbagliate che la vita a volte porta a compiere la faceva infuriare.

    Lei, infatti, aveva ben presto imparato che l’unica cosa davvero importante era perseguire il proprio obiettivo senza fermarsi a guardare chi si calpestava per poterlo ottenere.

    Davey al contrario le aveva sempre puntato il dito contro rinfacciandole questo suo modo di essere, lasciandosi logorare dal rimorso ogni qual volta non era riuscito a fermarla o quando per farlo lui stesso si era macchiato di qualche colpa.

    Eppure mentre lo aveva ascoltato esporre la propria relazione ad un pubblico estasiato si era rabbiosamente stupita di come suo malgrado fosse rimasta colpita lei stessa dalla sua voce suadente capace di ammaliare chiunque lo ascoltasse anche per pochi minuti.

    Maylika non era mai stata in grado di archiviare il periodo in cui erano stati amanti: la calda voce di Davey che le sussurrava parole infuocate mentre facevano l’amore scivolava sulla sua pelle come un dolce balsamo profumato impossibile da dimenticare.

    La sua stessa incapacità di togliersi dalla mente quella moltitudine di ricordi che l’avevano costretta a rimanere suo malgrado legata a quell’uomo, aveva alimentato in lei l’odio verso Davey e la sua stessa famiglia. Il compito che le era stato affidato e che l’aveva costretta negli anni a seguire le azioni e la vita di Davey certamente non aveva potuto che accrescere il risentimento che provava per l’unico uomo al mondo che non solo era stato in grado di resisterle ma aveva anche osato gettarla via come qualcosa di vecchio ed inutile.

    Quell’uomo così stupido e senza ambizioni aveva avuto l’ardire di respingerla nonostante gli fosse sempre stato ben chiaro tutto ciò che Maylika avrebbe potuto offrirgli. Davey si era sempre sentito superiore a tutto ciò e non aveva mai mancato di sbatterle in faccia la sua umiltà, sfoggiando invece con orgoglio la sua totale indifferenza alla sete di gloria e potere che per Maylika, invece, erano le uniche cose per cui avesse senso vivere.

    Anche quella sera, infatti, alla fine della conferenza aveva potuto leggere nel suo sguardo un sentimento di pura soddisfazione e si chiese, ancora una volta, come potesse essere appagato da così poco sapendo di poter ottenere infinitamente di più. Durante gli anni che avevano trascorso insieme, aveva tentato con ogni mezzo di convincerlo che entrambi avrebbero potuto avere in pugno il mondo intero ma lui se ne era andato sbattendo la porta ignorando qualsiasi suo tentativo di fargli cambiare idea. Da quel momento in poi Davey aveva iniziato contro di lei una lotta serrata volta a contrastare in ogni modo i suoi ambiziosi progetti.

    Quel pensiero le fece affiorare un sorriso: anche se ancora non lo sapeva, Davey non poteva farcela contro di lei, non era abbastanza forte ma soprattutto ignorava informazioni che certamente lo avrebbero portato ad una rovinosa sconfitta.

    Anche in passato nulla aveva potuto fare contro le oscure trame che aveva scatenato contro di lui: non si era nemmeno reso conto di come ci fosse stata sempre la sua mano in tutte le tragedie che avevano travolto negli anni la sua preziosa famiglia.

    Non poteva certo negare che si era sempre sentita fortemente gratificata ogni qual volta era riuscita a fare del male a quell’uomo che aveva osato sfidarla come mai nessuno era stato in grado di fare.

    Punire Davey Hellman era sempre stato, infatti, tra i suoi più importanti ed oscuri scopi.

    Il Prof. Davey Hellman, ignaro della presenza della sua eterna rivale, si sentiva molto gratificato per aver, come al solito, lasciato tutti estasiati alla fine della sua relazione.

    Ciononostante si sentiva inquieto, avvertiva intorno a sé presenze negative e l’incontro con quella ragazza, poi, Celeste Giannelli così si chiamava, lo aveva sconvolto.

    Si sentiva strano e non riusciva a concentrarsi su nulla. Le persone intorno a sé erano forme indistinte che non riusciva a mettere a fuoco, sentì allora di doversi allontanare immediatamente da quella folla.

    Si era diretto così verso il parcheggio rifugiandosi nell’auto che aveva noleggiato per la serata.

    Mentre ripensava al momento in cui aveva stretto la mano a quella ragazza, non aveva potuto fare a meno di notare nello sguardo di lei il suo stesso smarrimento per quella sensazione così strana che lo aveva pervaso nell’attimo in cui le loro mani si erano unite.

    Forse anche lei aveva avvertito la particolare sensazione di un legame che aveva unito entrambi non appena i loro corpi erano entrati in contatto per lasciarli poi frastornati e quasi senza cognizione di ciò che era avvenuto qualche minuto dopo.

    Non riusciva a darsi una valida spiegazione per quanto era successo, in ogni caso doveva assolutamente scoprire ciò che di completamente insolito incombeva su quella ragazza.

    Poteva essere una minaccia per se stesso o per la sua famiglia? Questo non era ancora in grado di stabilirlo con certezza ma si disse che avrebbe fatto bene a tenerla d’occhio, specialmente in virtù del fatto che molto presto sarebbe tornata in Amazzonia e sarebbe stata quindi a poca distanza dalla sua casa e dal suo laboratorio.

    Certo era incredibile che pur essendo stata per tanti mesi a lavorare presso i laboratori del prof. Swinmore non l’avesse mai incontrata prima.

    Un dubbio si fece immediatamente strada nella sua mente: poteva essere una spia mandata da Maylika a controllarlo? Non l’aveva più vista da un tempo infinito ma sapeva bene che non era tipo da desistere specialmente quando non riusciva ad essere lei a dire l’ultima parola.

    Quella Celeste poi aveva in sé qualcosa d’insolito quindi era certamente il tipo di persona di cui amava circondarsi Maylika che era sempre stata per Davey una vera spina nel fianco impossibile da estirpare definitivamente dalla sua vita.

    La cosa che però lo rendeva davvero incredulo era il motivo per cui il profumo di quella ragazza lo avesse attratto così tanto.

    Celeste era di certo una ragazza davvero carina ma nella sua vita aveva avuto modo di frequentare donne ancor più belle ed affascinanti senza però subirne una tale attrazione. Inoltre era terribilmente giovane, molto più di quanto non lo fossero i suoi stessi figli.

    Doveva quindi riuscire a togliersela dalla testa per riacquistare la concentrazione necessaria a capire cosa stava davvero succedendo, in fondo un uomo come lui non poteva certo essere messo in difficoltà da una qualunque ragazzetta.

    Dopo tre matrimoni e svariate relazioni fallimentari, aveva giurato a se stesso di tenere qualsiasi donna il più lontano possibile e questa strana ragazza non poteva e non doveva certo fare eccezione.

    Nonostante ciò sentì un incredibile gelo crescergli dentro mentre il sangue cominciò a scorrere sempre più lentamente nelle sue vene fin quasi a cristallizzarsi.

    Riusciva solamente a pensare a lei: i suoi occhi erano bellissimi ed era inquietantemente desiderabile. Il suo profumo poi era così buono e così intenso da poterlo sentire ancora impresso sulla mano che l’aveva toccata.

    Si era portato la mano alle labbra per poter assaporare quel profumo, lo sentiva tutto intorno a sé e lo inebriava tanto da stordirlo.

    Alzò lo sguardo verso lo specchietto retrovisore ma nel volto che vide riflesso davanti a sé, stentò come sempre a riconoscersi:

    "Signore e signori siamo lieti di presentarvi il Prof. Davey Hellman grande biologo, genetista, brillante ricercatore e padre di cinque splendidi figli ormai adulti." Si schernì proclamando con ironica enfasi la stessa frase con cui era stato presentato alla conferenza conclusasi da poco.

    Anche se in fondo non era affatto divertente e quella sua vita fatta di menzogne lo era ancora meno.

    Capitolo 3

    La festa era iniziata e i partecipanti alla conferenza si erano già riversati verso il buffet quando Celeste, mentre conversava con una facoltosa amica del prof. Swinmore, non poté fare a meno di notare un ragazzo poco più che ventenne fare il suo ingresso alla festa sfoggiando un’andatura sinuosa che lo rendeva più simile a un felino che a un essere umano. Era un giovanotto dalla bellezza strabiliante: un metro e novanta due spalle ampie che scendevano su un corpo perfetto il volto dolce dai lineamenti morbidi come le labbra piene e perfettamente disegnate. I bellissimi occhi di un intenso colore blu brillavano come due fiammelle ed erano incorniciati da lunghe ciglia nerissime come i capelli che ricadevano appena sulle spalle in lucidi e soffici riccioli.

    Celeste notò che nonostante la giovane età indossava con estrema disinvoltura uno smoking dal taglio impeccabile e la sua candida camicia di seta metteva in risalto la sua carnagione olivastra resa ancor più scura da un’abbronzatura piuttosto recente.

    I suoi occhi vagavano tra la folla in cerca di qualcuno muovendosi velocemente da un volto all’altro mentre un’ansia crescente gravava sempre di più sul suo sguardo col passare dei minuti.

    Celeste si chiese chi mai cercasse con così profonda determinazione quello splendido ragazzo e soprattutto perché il suo cuore aveva iniziato a rimbalzarle in petto come impazzito.

    Rendendosi conto di osservarlo con eccessiva insistenza, Celeste cercò di focalizzare la sua attenzione su un qualsiasi altro volto scoprendo ben presto di non esserne affatto capace.

    I suoi occhi non erano in grado di abbandonare quel bellissimo quanto strano ragazzo e lo seguirono anche quando si mise seduto ad un tavolo un po’ in disparte.

    Apparentemente era totalmente rilassato mentre sorseggiava champagne da un bicchiere di cristallo che mandava scintillanti bagliori grazie al riverbero delle luci delle candele sparse un po’ ovunque.

    In realtà Celeste non poté fare a meno di cogliere in lui un atteggiamento di attenta attesa molto simile all’immobilità forzata di un felino prima dello scatto finale volto alla cattura della preda.

    Scusi signorina Giannelli, la sto forse annoiando con le mie chiacchiere? sbottò ad un certo punto l’anziana signora che stava parlando con Celeste facendola arrossire per l’imbarazzo.

    Non so davvero come giustificarmi, sono una vera maleducata! si scusò Celeste mentre le sue guance s’imporporavano ulteriormente.

    Non si scusi signorina! Se solo avessi qualche anno in meno sono certa che anche la mia attenzione sarebbe stata fortemente attratta da un così bel giovanotto! rispose la signora strizzando l’occhio a Celeste mentre con un cenno del capo indicava il ragazzo che aveva monopolizzato la sua mente negli ultimi minuti.

    Celeste pensò che quella serata diventava più strana ad ogni secondo che passava e il suo stesso comportamento era sempre più bizzarro.

    Mentre quella folla di pensieri cozzavano uno contro l’altro all’interno della sua mente il suo sguardo cominciò a spostarsi nuovamente verso quel giovane con un movimento che andava al di là della propria volontà.

    Una forza misteriosa spinse gli occhi di Celeste a perdersi nello sguardo di quel ragazzo che ora la fissava con estremo interesse. Celeste fu immediatamente avvolta da una piacevole sensazione che rese il suo corpo così leggero da poter fluttuare nell’aria come un’impalpabile piuma.

    In mezzo a tutta quella musica e all’incessante cicaleccio di voci Celeste rimase senza fiato quando si rese conto di essere stata improvvisamente catapultata nella mente di qualcun altro. Celeste non riusciva davvero a crederci ma era innegabile ciò che le stava succedendo: per quanto fosse a dir poco impossibile era entrata nella mente di quel ragazzo ed ora era in grado di guardare se stessa con gli occhi e le sensazioni di lui. Riusciva a captare persino i suoi pensieri: La creatura più bella che avesse mai visto e di una sensualità prorompente, questo era ciò che stava pensando di lei. Le guance di Celeste s’infuocarono immediatamente per quel pensiero non suo ma che indubbiamente la riguardava. Era davvero la cosa più pazzesca che le fosse mai successa e detto da una che parlava con i morti, assumeva certamente un significato estremamente ridondante. Celeste sentì l’effetto che il suo stesso profumo aveva su di lui e avvertì chiaramente il battito accelerato del suo cuore mentre la scrutava con scrupolosa attenzione. Gli occhi di lui notarono il suo metro e settantacinque di altezza che con i sandali alti color argento che portava arrivava almeno al metro e ottanta, ammirò poi il suo corpo dalle curve morbide e proporzionate e Celeste sentì il respiro di lui farsi affannoso esattamente quanto il suo. Quella sera Celeste indossava un abito color pesca composto da un attillato bustier sorretto da un unica spallina intrecciata che faceva risaltare i suoi splendidi seni rotondi. La gonna sottolineava i fianchi scendendo in una morbida svasatura fino ad arrivarle alle caviglie. Aveva raccolto i capelli castano scuro con due pettinini d’argento lasciando sciolto soltanto qualche ricciolo ai lati del viso che facevano risaltare ancora di più il suo volto.

    I vecchi pettinini regalateli dalla nonna che erano per lei una sorta di portafortuna e che portava sempre con sé.

    La sua fronte era impreziosita dall’attaccatura dei capelli che al centro scendeva a formare una graziosa punta.

    Gli occhi di un castano talmente scuro da sembrare quasi nero erano grandi e si accendevano di una luce particolare che diminuiva o si accentuava in base alle sue emozioni, le labbra erano piene e morbide, bellissime anche soltanto con quel piccolo tocco di lucidalabbra. La sua pelle sembrava seta color bronzo.

    Non avrebbe mai colto tanti aspetti di se stessa nemmeno se fosse rimasta ogni giorno per ore e ore davanti a uno specchio.

    Era incredibile pensare di poter far proprie le sensazioni e le emozioni di un altro essere umano, fino a quel momento non si era mai nemmeno sognata potesse accadere, eppure in quel preciso istante sentiva più forte che mai la profonda attrazione che il ragazzo provava per lei. Celeste avvertiva però qualcosa di oscuro ed indecifrabile tra i sentimenti di quel ragazzo, qualcosa che faticava però a definire con chiarezza. Certo i sensi di quel giovane dovevano essere acutissimi per riuscire a percepire così intensamente il calore e la luce dell’aura che circondava il suo stesso corpo. Anche il suo modo di captare i profumi e gli odori intorno a sé sembrava essere esageratamente amplificato tanto che il suo stesso profumo la investì con violenza facendola ondeggiare in preda ad un forte capogiro. Quel ragazzo oltre alla fragranza del profumo che Celeste aveva usato prima di uscire, riusciva ad avvertire molto chiaramente l’odore della sua pelle, un’aroma particolare che faceva parte di lei e che le scaturiva da dentro per espanderlesi tutto intorno come un’aura potente che li attirava inesorabilmente uno verso l’altra: un profumo dal potere antico.

    Celeste provava una misteriosa quanto fortissima attrazione, identica a quella di lui che andava persino oltre ad una semplice necessità fisica e che aveva fatto rabbrividire entrambi; poté leggere la sua stessa paura negli occhi di lui ma ciò non impedì loro di assecondare l’istinto che li spingeva ad avvicinarsi.

    "Buonasera signorina, non ho potuto fare a meno di notarla. Non vorrei importunarla ma la sua bellezza mi ha affascinato

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