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Toba. La prima sconfitta della morte
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E-book248 pagine3 ore

Toba. La prima sconfitta della morte

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Info su questo ebook

Toba, 75 mila anni fa. Claudio sogna un passato sconvolgente, segnato da un’eruzione vulcanica, terremoti e devastazioni senza tregua. Al risveglio le sensazioni sono strane, il sogno è troppo dettagliato per essere frutto solo dell’inconscio. Claudio poi non è una persona come tutte le altre. È sposato con Carla ed è anche geologo ed esploratore di altri universi, tanto che con Davin è riuscito a stabilire un canale di comunicazione da Terra Uno a Terra Cinque. 
Questa volta però il viaggio nello spazio-tempo di Claudio sarà diverso da tutti gli altri, catapultandolo in più mondi, dal lontano passato a uno più recente, il 1951, dove conoscerà una donna incredibile di nome Jennifer che resterà vivida nella sua memoria anche dopo il ritorno nel proprio mondo, minacciato da un disastro naturale di proporzioni mai viste.
Dopo il successo di Cheronea e Anchorage Bruno de Filippis firma un’altra storia che proietta il lettore in molteplici dimensioni dove la famiglia, i rapporti umani e la libertà individuale assumono un altro significato. Una storia di fantascienza che fa riflettere sul nostro mondo e sulle paure di una fine imminente.
LinguaItaliano
Data di uscita29 giu 2021
ISBN9791280660022
Toba. La prima sconfitta della morte

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    Anteprima del libro

    Toba. La prima sconfitta della morte - Bruno de Filippis

    La storia di Davin

    Davin era un importante funzionario di Terra Due ovest, ove si occupava, in particolare, di armamenti. I servizi segreti di Terra Due est avevano fatto in modo che si incontrasse con una ragazza, da loro costretta a trasformarsi in spia, di cui si era perdutamente innamorato. Poiché anche lei, di nome Taila, era stata presa d’amore per lui, la sorvegliante, l’implacabile Herta, l’aveva fatta immediatamente rimpatriare. Davin aveva passato il resto della vita a sognarla, senza più poterla incontrare perché le frontiere tra Terra Due est ed ovest erano inesorabilmente chiuse. Quando, alla morte del tiranno dell’est, i viaggi erano divenuti possibili, Taila era tornata, rivelandogli di essere stata, anche lei, sempre legata al ricordo di quel grande ed impossibile amore.

    Si erano finalmente riuniti, ma a Davin restavano pochi giorni di vita, perché, secondo le leggi del suo Paese, tese a consentire il ricambio generazionale, ad 81 anni l’eutanasia era obbligatoria. La gente viveva in forma e in salute fino a quell’età (la vecchiaia era stata vinta dal progresso tecnologico), ma poi doveva lasciare il posto ad altri.

    Per poter vivere quell’amore, Davin aveva acceso, nel suo mondo, ove da tempo il sistema vigeva incontrastato ed era accettato da tutti, la rivolta degli ottantenni che non volevano morire. Fallita la rivolta, era fuggito su Terra Cinque, sapendo che su quel mondo era previsto che tutti vivessero una seconda volta.

    Claudio aveva subito sentito una corrente di simpatia per i due innamorati e li aveva aiutati, restando poi intrappolato in questa empatia, per effetto della quale riusciva a percepire i pensieri di Davin e a colloquiare con lui.

    Grazie alle informazioni che Davin gli forniva, Claudio aveva iniziato a scrivere articoli su quel mondo, oltre a quelli che narravano della vita su Terra Due, dove era stato di persona. Inutile dire che questi articoli avevano suscitato un interesse enorme ed avevano fornito a Claudio introiti tali da spingerlo di forza nel mondo dei super ricchi.

    Le disavventure di Davin non erano però cessate nel momento in cui era arrivato su Terra Cinque. Anche lì vigeva la regola degli ottant’anni (uno in meno che non su Terra Due ovest) e le autorità del posto avevano disposto che venisse separato da Taila e immediatamente avviato al percorso di morte dolce.

    I due non avevano neppure avuto il tempo di salutarsi o di stabilire come ritrovarsi nella seconda vita che ad entrambi spettava: erano stati separati al momento dell’arrivo da funzionari zelanti e, benché Davin avesse reagito furiosamente, costringendoli a sedarlo con raggi ipnotici, non era stato loro concesso di rivedersi.

    Su Terra Cinque si diceva che la prima vita serviva per fare esperienze e la seconda per utilizzarle. Il problema secondo cui quando si è giovani non si sa nulla e quando si è anziani si può anche sapere tutto, ma non serve più, era stato superato con il riconoscimento del diritto alla seconda vita.

    Secondo le prassi in uso e sfruttando il DNA della turritopsis nutricula, nota come medusa immortale, Davin era stato riportato allo stato neonatale. In quel giovanissimo corpo erano stati immessi i ricordi estratti dalla mente adulta, ricreando così un individuo identico, in grado di ricominciare il percorso della vita, forte delle esperienze e delle conoscenze acquisite.

    Il protocollo prevedeva che la seconda vita iniziasse in una località diversa e lontana da quella in cui si era precedentemente vissuto. Alcuni poi, da maggiorenni, vi tornavano, ma la maggior parte preferiva dare un taglio netto e vivere la seconda vita (quella vera) autonomamente e non come continuazione della prima.

    I rigenerati crescevano in strutture pubbliche che li ospitavano fino al (secondo) raggiungimento della maggiore età, che per loro era anticipato al conseguimento di una parziale maturità fisica, prestabilita a quattordici anni.

    Qualcuno veniva adottato da un singolo o da una famiglia, incuriositi dalle vicende della loro prima vita, sommariamente narrate da una scheda, e tanto era avvenuto a Davin, il quale, tra le altre cose, mi aveva descritto i suoi genitori, cui si era completamente affidato e dai quali dipendeva per tutto. Diceva che era una condizione meravigliosa, che questa volta voleva godersi pienamente (ciò era perfettamente in linea con la filosofia di T 5, dove ognuno era chiamato a compiacersi di ciò che prima non aveva saputo, per inesperienza, apprezzare).

    La lingua su Terra Cinque era unica, ma esistevano inflessioni e dialetti e Davin, con l’onnipotenza delle sue giovanissime cellule cerebrali, aveva rapidamente acquisito tutte le nuove sfumature. Il fatto di dover, quando fosse cresciuto, ritrovare Taila, continuava ad essere, per lui, un imperativo categorico, ma al momento i suoi maggiori desideri erano rivolti al latte caldo, ad un succhiotto dal quale non si era ancora separato e ai giocattoli che i suoi genitori compravano. In relazione al suo più immediato passato, aveva detto che fare un sonnellino mentre si viene portati a passeggio sulla carrozzina è un’esperienza incomparabile, tra le più belle della vita.

    Davin era adesso un individuo composito, che un abitante di T 1 (bigotto) avrebbe potuto definire mostruoso, avendo esigenze e desideri da piccolo e conoscenze e modalità di ragionamento da grande. Era un adulto con atteggiamenti da bambino o un bambino con pensieri da grande.

    Egli era la mia finestra su Terra Cinque. Mi descriveva tutto ciò che vedeva o comunque apprendeva ed io diligentemente lo annotavo sul taccuino, trasformandolo poi in articoli di successo.

    ⁵ La storia è narrata in Anchorage.

    Terra Cinque

    La gente va dove la porta il cuore (articolo del prof. Claudio Ossimòri)

    Se paragoniamo i costumi di Terra Cinque con quelli di Terra Due, possiamo dire che la prima rappresenta un ritorno indietro, un ripensamento rispetto al rifiuto della coppia come unico modello possibile e del sesso come cemento unificatore ed elemento identificatore del rapporto.

    Su Terra Cinque la fedeltà è nuovamente di moda e l’unione (etero o omosessuale) è rigorosamente a due. La differenza, rispetto a noi, è il riconoscimento della sua volatilità. In quel mondo, lasciarsi dopo cinque anni è la regola e restare insieme l’eccezione. Quando due persone scelgono di unirsi hanno diritto di pretendere la reciproca fedeltà, ma il matrimonio è a tempo e dura cinque anni, prorogabili, se entrambi lo richiedono, per altri cinque. Il divorzio è possibile ed è di regola vissuto senza traumi, comportando, se richiesto prima della scadenza fissata, unicamente conseguenze economiche.

    Il pensiero che sta alla base di questo modello consiste nello smascheramento e negazione dello schema del passato, allorché esigenze politiche e sociali avevano imposto agli esseri umani la prigione della fedeltà al di là del periodo in cui essa è fisiologicamente destinata ad operare. L’imposizione, ancorché utile, era stata crudele, ma peggio era stato affidare il compito di carceriere alla persona più vicina ed amata, al partner della vita a due. I componenti della coppia erano stati trasformati reciprocamente in custodi del dogma della fedeltà fisica ed incoraggiati ad utilizzare ricatti e senso di colpa per assolvere il proprio compito, spesso con il risultato di condannarsi entrambi all’infelicità.

    Le leggi di Terra Cinque incentivano le unioni, attribuendo vantaggi e benefici a coloro che le stipulano e la cultura fortemente le incoraggia, basandosi su teorie che valorizzano l’affettività, la socialità e la cooperazione. Non vi è, tuttavia, nessuna forzatura della natura umana, nessun impiego di sensi di colpa religiosi o di sanzioni penali ad opera dello Stato, per far sì che le persone si comportino in modo diverso da ciò che sentono ed evitino di andare dove le porta il cuore. Sì, possiamo definire questo mondo come il luogo in cui la gente va dove la porta il cuore.

    Sotto il profilo della libertà e della ricerca degli equilibri cui conduce la natura umana, senza interventi coercitivi esterni, T5 si pone sullo stesso piano di T2, diversamente da quanto avviene da noi. Ognuno segue la sua strada e tutte le scelte hanno uguale valore sociale. Ciascuno può, se vuole, essere orgoglioso della sua. Esiste il club della cinquina, composto da persone che hanno vissuto almeno cinque matrimoni, cui si contrappone il club della decina, formato da persone che sono riuscite a far durare il proprio almeno dieci anni.

    Da buon cittadino della vecchia Terra Uno, complessata e carica di condizionamenti culturali, avverto un senso di vertigine al pensiero di una società senza punti di riferimento fissi, dove niente è sicuro ed anche il compagno della vita può lasciarti in qualsiasi momento. Subito dopo, però, provo compiacimento per la libertà che ciò assicura, per il rispetto della maturità e della capacità di scelta delle persone che comporta, per la certezza che dà in ordine al fatto che chi sta con me lo fa semplicemente perché lo vuole. Il punto cruciale, a mio parere, consiste nel voler interpretare la vita come qualcosa che, dopo essere incominciato, ci conduca meccanicamente avanti oppure come una sfida ed una conquista da vivere giorno per giorno, nella quale condividere l’esistenza per un certo periodo con una persona non significa che, dopo, essa diventi un nemico, ma, al contrario, la trasforma in un amico, per il quale la confidenza e le complicità che ci sono state hanno tracciato un solco che non si cancellerà.

    La nostra cultura, con un’interpretazione drammatica del divorzio e con l’individuazione delle cause di esso come rifiuto del partner e delle sue qualità umane, piuttosto che come fisiologica rinnovazione dei rapporti e riconoscimento della natura non monogamica dell’essere umano, impone a due ex innamorati di essere nemici, ricordando in ogni istante, a chi abbia maggiormente subito la scelta dell’altro, di aver ricevuto un torto che non può ignorare, se non vuole perdere la dignità.

    Secondo la mentalità di T5, invece, non vi è alcuna offesa da punire, poiché il divorzio è un evento, non necessario o inevitabile, ma, quando avviene, fisiologico, imputabile alla natura dell’uomo, che implica continui cambiamenti e perenne ricerca della felicità e, quindi, due persone che sono state insieme sono più vicine tra loro, anche dopo la fine del rapporto, di quanto non lo siano coloro che non lo sono mai state.

    Il padre adottivo della mia fonte di T5, di nome Patrick, ha avuto, prima dell’attuale moglie Xhola, un’altra compagna. Xhola invece è al suo primo matrimonio. I due stanno insieme da otto anni e sembrano essere due tipi fantastici, molto effervescenti. Patrick era solito dire che un suo obiettivo era entrare nel club della decina, ma, da quando ha conosciuto Xhola, si è fermato. Quando litigano, lei lo invita a passare subito al prossimo esperimento, ma quando fanno pace, lui dice che il suo più grande desiderio è che il loro matrimonio non finisca mai.

    In questo momento, dalle loro parti, è attuale il dibattito sulla proposta, che qualcuno ha formulato, di vietare per legge la quarta proroga della stessa unione. Patrick pensa che sia utile, per evitare quella che è stata definita la sindrome di Stoccolma dei matrimoni, vale a dire la situazione nella quale uno dei due, succube dell’altro, accetti un prolungamento che in realtà non vuole. Dice che rilievi statistici hanno dimostrato trattarsi di una evento piuttosto frequente. Xhola, gesticolando come sua abitudine, ribatte che, per impedire una possibile costrizione, se ne vuole imporre una certa (e maggiore), violando il fondamentale principio di libertà, caposaldo della loro Costituzione. Discutendo, hanno raggiunto un compromesso, evitando di vietare la quarta proroga, ma sottoponendo chi la chiede ad una verifica psicologica. Nella loro famiglia il problema è pertanto risolto, nell’intera società non so.

    Prescindendo dai costumi che alla fine vengano adottati, quello che apprezzo, sia nella civiltà di Terra Due che di Terra Cinque, è la libertà lasciata alle persone. Da noi è diverso, perché la nostra tradizione e la nostra storia non parlano di libertà. Vi è sempre stato qualcuno che, per ragioni di Stato o più spesso per interesse personale, ha cercato di stabilire e imporre come gli altri dovessero comportarsi.

    Pensiamo ad un contadino vissuto nel 1500, dopo l’editto di Federico di Danimarca, che codificò la servitù della gleba. I genitori sceglievano la moglie, il sovrano comandava quale dovesse essere il lavoro, la chiesa dettava i comportamenti quotidiani, penetrando in profondità, fino a stabilire come dovessero essere i pensieri e a punire quelli non conformi. Le necessità e le esigenze di vita, con la fatica bestiale che provocavano per soddisfarle, imponevano il resto.

    Vi è poi stato il ventesimo secolo, con le dittature e lo Stato Grande fratello, che dovunque spiava e imperava, considerandosi padrone delle vite e delle coscienze degli uomini.

    L’epoca successiva ha trasformato il fratello grande in piccolo, ma ha continuato ad imporre quanti più comportamenti potesse.

    L’impostazione di fondo è mutata, perché le imposizioni non sono più avvenute in nome di un’ideologia o del potere bastante a sé stesso, ma con l’apparente finalità di proteggere i cittadini, anche se spesso non si trattava di proteggerli da pericoli esterni, ma dal male che si pensava potessero farsi da soli.

    Dallo stato dittatoriale allo Stato paternalisticamente invasivo, il livello di decisioni lasciate ai singoli è sempre stato modesto, come se le persone restassero sempre maggiorenni a metà.

    L’esempio di altre civiltà può agevolare la nostra riflessione su questi temi.

    La mia agenda computerizzata

    La mia agenda computerizzata era Titti. Al diavolo il pc, fosse anche un super pc. Per nulla al mondo avrei rinunciato al piacere di una bella assistente che, con voce sorridente, mi ricordasse gli impegni della giornata.

    Titti era rossa di capelli, le lentiggini le davano l’aspetto di un’eterna adolescente. Soprattutto era affidabile ed efficiente: un sogno.

    Dopo i saluti di prammatica, mi ricordò che, quel giorno, alle 10 dovevo incontrare un gruppetto di colleghi venuti dagli USA per uno scambio culturale (poi lei stessa li avrebbe condotti in giro e a colazione), alle 11 avevo appuntamento con il Rettore dell’università, che voleva parlarmi di chissà che, alle 12 dovevo tenere una lezione, per la quale avrei potuto, volendo, farmi sostituire da un professore associato, alle 14 dovevo incontrare mia moglie a colazione (Titti aveva prenotato lì vicino), alle 16 dovevo andare ad assistere alla recita scolastica delle mie figlie e infine, alle 18, dovevo presiedere una riunione di tutto il nostro staff, che quella stessa mattina avevo convocato per discutere del terremoto in Indonesia. Aggiunse infine che il prof. Àlvarez aveva più volte telefonato e che, se volevo, era già reperibile sulla linea tre.

    Pensai che Àlvarez avesse mostrato una bella faccia tosta, chiamandomi dopo tutto ciò che aveva fatto⁶ e stabilii che andasse messo quanto meno in attesa, con l’aiuto di qualche musichetta, per un giorno o due.

    Annullai tutti gli impegni della mattina (quelli del pomeriggio proprio non potevo) e mi concentrai sul mio lavoro di verifica, cercando di capire cosa sarebbe successo tra 21 giorni.

    Continuavo tuttavia a pensare ad Abel e a Luna, soprattutto a Luna. Luna era selvaggia, ma bellissima. Forse la vedevo con gli occhi e i ricordi di Abel, anzi ne ero sicuro, perché nel sogno la caverna era assai poco illuminata. Fino a quel momento, avevo pensato alle donne della preistoria come creature intelligenti, ma nel fisico poco diverse dalle scimmie. Ora sapevo che non era così. Luna, se fosse venuta da noi e si fosse un po’ messa in ordine, avrebbe suscitato l’ammirazione di tutti.

    La immaginai vestita con un attillato abito da sera, che le valorizzasse le spalle ed il decolté e restai affascinato per qualche minuto, con lo sguardo perso nel vuoto. Pensai che assolutamente dovevo andare a prenderla e tenerla con me, restando poi stupito del mio stesso pensiero. Cosa mi stava succedendo? Ero stato Abel in un’altra vita? La sua personalità si stava impossessando di me e ragionavo con la sua testa invece che con la mia?

    Avrei parlato anche di questo a Carla, che era la mia confidente a 360 gradi, la mia metà in tutti i sensi. Magari avrei omesso o comunque raccontato in modo diverso la parte in cui mi sentivo innamorato di Luna. Carla era eccezionale, ma non potevo pretendere troppo. La prudenza mi consigliava di sfumare assai su questo punto.

    Il mio sogno, la possibile apocalisse, il rifugio antiatomico, la sovrapposizione tra me ed Abel, la sfrontatezza di Àlvarez: il tempo della colazione non sarebbe bastato.

    Più tardi, invece, riuscii a dire quasi tutto e Carla fece, come mi aspettavo, le sue ragionevoli osservazioni e proposte, ma io faticavo ad ascoltarla. I miei pensieri non facevano che tornare a Luna. Non vedevo l’ora che fosse notte, sperando che il mio sogno ricominciasse da dove si era interrotto.

    La sera lasciai l’auto al giovanotto che, presso di noi, fungeva da autista, garagista e, nel tempo libero, giardiniere (avevamo anche una cuoca, una cameriera e una o, a seconda dei momenti, più baby sitter). Con la scusa della stanchezza, accelerai i tempi per andare a letto, dopo aver cancellato un impegno mondano per la serata, al quale neppure Carla aveva voglia di partecipare.

    Prima che prendessi sonno mi trovai di nuovo in comunicazione con Davin. Due volte nello stesso giorno era una novità, ma la sorpresa maggiore fu nel sapere che adesso aveva sei anni. Mentre da noi era trascorsa solo mezza giornata, lì era passato molto più tempo. Annoverai anche questo tra i misteri dello spazio-tempo e delle dimensioni parallele, in ordine ai quali avevo unicamente compreso che tutto è molto più vasto e complicato di quanto a noi sembri. L’unica cosa in più

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