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Un bacio sotto le stelle
Un bacio sotto le stelle
Un bacio sotto le stelle
E-book353 pagine5 ore

Un bacio sotto le stelle

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Info su questo ebook

Dall'autrice del bestseller Un amore oltre le stelle

Cara sapeva che la sua permanenza sul pianeta Leria non sarebbe stata una passeggiata, eppure si sente sola nella nuova scuola, circondata da alieni ostili. Nemmeno la colonia, nella quale si cercano di fondere le due culture, le sembra rassicurante. Lei e Aelyx, un giorno, potrebbero vivere insieme lì, ma sono così pochi gli spazi di libertà concessi che Cara comincia a dubitare di poter essere felice su quel pianeta, anche con il fidanzato al suo fianco. Intanto Aelyx è sulla Terra e sta cercando di rinsaldare l’alleanza tra i due pianeti. Gli esseri umani non sanno che la loro stessa sopravvivenza dipende dalla riuscita di questa impresa: solo i simili di Aelyx possiedono infatti la tecnologia per affrontare il problema della contaminazione globale delle acque che i governi stanno nascondendo, e di cui nessuno sembra davvero rendersi conto…

Romantico e fantastico
Il fenomeno del momento

Dall’autrice di Un amore oltre le stelle

I commenti delle lettrici:

«Mi sono affezionata a questa storia e ai suoi teneri personaggi. Fa volare la mia fantasia verso mondi lontani.»

«L’ho amato fin dal primo momento. Questo secondo libro è più intrigante del primo.»

«Non riuscivo a smettere di leggerlo. Lo consiglio a tutte le adolescenti come me che amano sognare ad occhi aperti.»
Melissa Landers
Vive fuori Cincinnati ed è un’ex insegnante che ha lasciato l’aula per seguire la passione della scrittura. La Newton Compton ha pubblicato Un amore sotto le stelle e Un bacio sotto le stelle.
LinguaItaliano
Data di uscita14 set 2016
ISBN9788854199606
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    Anteprima del libro

    Un bacio sotto le stelle - Melissa Landers

    Prologo

    Cara lanciò un’occhiata malinconica al borsone grigio ai piedi di Aelyx. Era identico a quello che si era portato da Leria l’autunno precedente, quando era andato sulla Terra per trascorrere l’ultimo anno delle superiori da lei.

    «Ci restano pochi minuti», le disse stringendo la sua mano nelle proprie.

    Cara lanciò un’occhiata fuori dalla vetrata della base di lancio, verso la navetta che avrebbe ricondotto Aelyx sulla Terra… stavolta senza di lei. Un brivido d’ansia le percorse la schiena. Il gemellaggio non doveva andare così, Aelyx sarebbe dovuto restare al suo fianco, a guidarla. Aveva una gran voglia di andare con lui, di tornare a casa, ma non poteva: su questo punto gli Anziani erano stati chiarissimi. Aveva una stretta al petto e gli occhi che le pizzicavano, ma non voleva piangere. Ricucire i rapporti fra i due mondi poteva salvare tutta la razza umana. In confronto, un cuore infranto non era niente.

    Abbozzò un sorriso e fissò gli occhi argentei di Aelyx. Se avevano solo un minuto, bisognava trarne il meglio. «Ti amo», gli disse.

    Gli angoli della sua bocca si piegarono verso l’alto. «Dimostramelo».

    «Sono giorni che ci provo», rispose lei sollevando un sopracciglio con fare allusivo. «Non pensavo che in una navetta grande come questa fosse così difficile trovare un po’ di privacy».

    La battutaccia non lo fermò. «Coraggio».

    «Vuoi che lo faccia qui?».

    Aelyx si guardò intorno per controllare che non li osservasse nessuno. «Vai. Non c’è alcun pericolo».

    Era meglio che non si venisse a sapere che Cara sapeva usare la Lingua Muta, ma Aelyx la faceva allenare tutti i giorni. Non era affatto facile.

    Comunicare utilizzando esclusivamente la forza del pensiero era più estenuante della trigonometria avanzata.

    «Ma è il nostro ultimo minuto», obiettò lei. «Non mi merito un po’ di tregua?»

    «No». Le prese il viso fra le mani. «Dimostramelo».

    Non poteva dirgli di no, sapeva quant’era bello percepire i sentimenti di Aelyx, sentire a livello cellulare l’immensità del suo amore.

    «Okay».

    Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e sciolse i muscoli delle spalle. Aelyx le massaggiò le tempie per aiutarla a rilassarsi e ricordarle di liberare la mente. Quella era la parte più difficile: zittire la voce interiore.

    Appoggiò una mano sul petto di Aelyx, sul battito stabile del suo cuore, e si concentrò sul turbinio di emozioni che provava per lui: attrazione, rispetto, adorazione e, soprattutto, bisogno. Lasciò che i sentimenti le montassero dentro, gonfiandosi, ingigantendosi fino a diventare incontenibili, e poi aprì gli occhi e indirizzò la propria passione verso le pupille dilatate di Aelyx e verso la coscienza che ci stava dietro.

    Lui lo sentì: Cara glielo lesse in faccia. Chiuse le palpebre per un istante, come per godersi il momento, e poi la fissò dritta negli occhi. È stato incredibile, le comunicò. Stai migliorando.

    «Tocca a te», disse lei.

    Aelyx le diede un colpetto sulla fronte. Chiedimelo nel modo giusto. Da qui.

    «Schiavista».

    Un giorno mi ringrazierai.

    Cara trasse un lungo sospiro e ricominciò a sgombrare la mente. Quando si sentì pronta, puntò gli occhi dritti nelle pupille di Aelyx e diede forma a tre semplici parole: Tocca a te.

    Non successe niente.

    Riprovaci, la incoraggiò lui.

    Ritentò altre tre volte, ma fu inutile. Riusciva a condividere i propri sentimenti ma non a comunicargli delle parole. Almeno adesso non le veniva più il mal di testa che le veniva all’inizio.

    La accarezzò sulla guancia. Abbi pazienza e continua ad allenarti. Fatti aiutare da Elle, ti insegnerà a bloccare i tuoi pensieri e a condividerli. Di lei mi fido, ma agli altri cloni non dire niente dei tuoi progressi… Soprattutto agli Anziani.

    Cara fece per rispondere ma venne interrotta dal ronzio prodotto dal bracciale da viaggio al polso di Aelyx: doveva imbarcarsi. Si scambiarono uno sguardo disperato e lui la attirò a sé per baciarla.

    Non ci volle molto prima che quel bacio casto e innocente diventasse caldo e appassionato… Fra loro era sempre così. Cara sentì quel formicolio, quelle farfalle allo stomaco che solo lui le provocava, e si aggrappò alle sue ampie spalle come a una cima di salvataggio, come se pensasse che restandogli avvinghiata potesse impedirgli di partire. Ma era impossibile. Aveva cominciato a mordicchiargli il labbro inferiore quando lui si allontanò con un gemito.

    «Devo andare», le sussurrò appoggiando la fronte alla sua. Il bracciale emise un altro ronzio; era l’ultimo avvertimento, dopo sarebbe diventato rovente e l’avrebbe ustionato.

    Lo spinse via trattenendo le lacrime. «Muoviti, prima che ti ustioni». Poi, sorridendo, aggiunse: «Solo io posso provocarti i bollori».

    Aelyx le rivolse uno sguardo divertito, si caricò il borsone sulla spalla e corse sulla grata metallica che conduceva al corridoio d’imbarco. Prima di entrare, si voltò indietro e le urlò: «Stavo per scordarmelo. Ti ho fatto un nuovo blog, in sostituzione di quello che ha cancellato Syrine. Password e login sono gli stessi».

    «Grazie», gli gridò lei salutandolo con la mano. «Per essere un alieno… sei davvero fantastico».

    Aelyx scoppiò a ridere e imboccò il corridoio dicendo: «In realtà, l’aliena adesso sei tu».

    Capitolo 1

    Lunedì 24 dicembre

    Un Natale beige

    Buone feste, terrestri! Benvenuti su Invaded, il vostro filo diretto con la donna che ha deciso di invadere il pianeta Leria… da sola. Non so come sia possibile che 597.350 di voi abbiano già trovato questo blog, ma è un vero piacere avervi qui con me. Mettetevi comodi, toglietevi le scarpe e prendete una bella tazza fumante di hali (la cosa più simile a una cioccolata calda che sono riuscita a trovare su questa navicella senza zucchero).

    È la vigilia di Natale, e se tutto va bene (allineamento dei pianeti e trasmissioni intergalattiche permettendo) vedrete questo primo post domani mattina. C’è un gelido zero assoluto qui nello spazio, ma dovremmo arrivare alla mia mite nuova casa entro l’ora di pranzo. Ve lo devo confessare: è stranissimo pensare che su questa navetta siamo solo in due a festeggiare il Natale. I miei nuovi amici sostengono che sia una cosa da pazzi credere che lo Spirito Santo abbia ingravidato una vergine, mentre naturalmente non c’è niente di strano nel credere che la Madre Santa abbia dato vita a sei divinità che hanno creato Leria a partire dalla polvere di stelle. Eh già, questo sì che è molto più plausibile.

    I leriani celebrano la nascita delle loro divinità in primavera, ma invece di scambiarsi auguri e regali come facciamo noi, praticano un digiuno di due giorni per avvicinarsi alla Madre Santa tramite la sofferenza collettiva.

    Lasciamo perdere, va’!

    Agli amici e parenti che mi leggono dalla Terra chiedo di papparsi uno zabaione in mio onore, e magari anche una bella fetta di plum cake ai canditi. Mi mancano da morire quei sapori terrestri… e mi mancate anche voi.

    Buon Natale e Felice anno nuovo!

    Postato da Cara Sweeney

    Non c’era ancora nessun commento, ma era normale: a volte ci volevano ventiquattr’ore per inviare o ricevere dei dati informatici dalla navetta leriana che stazionava fuori dall’atmosfera terrestre. In fin dei conti quei poveri byte dovevano attraversare un mucchio di galassie.

    Spostò il laptop di suo fratello e appoggiò la tele-sfera sul lucidissimo tavolo della mensa, dove a breve l’avrebbero raggiunta mamma e papà per la cena di Natale – in versione ologramma. Aveva la vaga impressione che la sua vita si fosse d’un tratto trasformata in un viaggio premio futuristico: Un Natale molto virtuale. Le sarebbe piaciuto abbellire la sterile sala da pranzo della navetta con un po’ di decorazioni digitali. Quel posto era ridente come il braccio della morte di una prigione: spoglie pareti grigie, ordinatissime file di tavoli e panche di metallo, silenzio assoluto. L’unica luce che fendeva l’oscurità era quella prodotta dallo schermo del computer.

    Erano le tre del mattino e non volava una mosca, in giro non c’era nemmeno un harra, l’equivalente leriano di un topo. E Cara, invece di starsene a letto a sognare una distesa di merendine al cioccolato, aveva impostato l’orario della East Coast, invertendo il giorno con la notte, e attendeva pazientemente che squillasse il telefono. Come le accadeva spesso nei momenti di inattività, si chiese cosa stesse facendo Aelyx a Manhattan.

    Era passata solamente una settimana da quando gli Anziani l’avevano rispedito sulla Terra con il compito di ricucire l’alleanza fra i due pianeti, ma sembrava molto di più… Sembrava che fosse già passato un anno. Cara aveva deciso di abbandonare la Terra per trasferirsi sulla colonia leriana insieme a Aelyx. Chi l’avrebbe mai detto che invece ci sarebbe arrivata da sola?

    Be’, okay, non era proprio da sola. C’era anche Troy, suo fratello, partito per Leria con il ruolo di tutor terrestre. Peccato però che Troy fosse un vero imbecille, il genere di ragazzo che pur di farsi una grassa risata non le avrebbe detto di stare in guardia dalle piante aliene carnivore… sempre che esistessero. Cara sperò vivamente che non fosse così.

    Il rumore di passi strascicati la indusse a voltarsi verso l’ingresso, dove c’era Troy che camminava trascinando gli stivali slacciati sul pavimento. Indossava la stessa divisa militare scalcinata con cui era andato a letto la sera prima e si grattava simultaneamente petto e sedere, uno con una mano e l’altro con l’altra, mentre sbadigliava rumorosamente a bocca aperta.

    Eh già, quello era il suo tutor. Ma che bello.

    «Hanno già chiamato?», bofonchiò sedendosi di fronte a lei.

    Cara gli allungò una barretta nutritiva. «Buon Natale anche a te».

    Senza degnarla di una risposta, suo fratello si stropicciò un occhio e prese il dono dal tavolo. Aveva una vera e propria passione per quelle barrette iperproteiche, cosa che Cara trovava assolutamente incomprensibile. Sapevano di cavolo bollito.

    «Buon Natale», disse poi, aggiungendo in coda: «Sfigata».

    Mostrargli il dito medio non sarebbe stato in linea con lo spirito natalizio, perciò si limitò ad alzare gli occhi al cielo. «Per che ora è previsto lo sbarco?»

    «Non lo so».

    Cara si appoggiò il mento su una mano e sospirò.

    Avevano raggiunto il sistema solare di Leria già da alcune ore, ma per qualche oscura ragione gli Anziani non si decidevano a farli sbarcare. Cara aveva cominciato a soffrire di una forma acuta di mal di cabina – o mal di navetta – e temeva che un’altra notte insieme al russare cronico di Troy l’avrebbe fatta andare fuori di testa. Suo fratello aveva insistito per dormire con lei quando Aelyx era ancora a bordo (il cielo non volesse che Cara potesse spassarsela per una volta) e dopo non si era più tolto dai piedi.

    Lo osservò con circospezione. «Non penserai mica di dormire in camera mia anche all’Egida?». O sulla colonia… O da qualsiasi altra parte.

    Si aspettava una rispostina tagliente, invece Troy abbassò lo sguardo e sul suo volto passò un’emozione che Cara non riuscì a decifrare. Assomigliava molto al senso di colpa, ma era impossibile. Troy era troppo egoista per sentirsi in colpa per qualcosa.

    «Che c’è?», gli chiese. «Vuoi per caso dirmi qualcosa…?». Fu interrotta dal ronzio di mille calabroni che le rimbombò nella testa, l’irritante (quanto efficace) suoneria con cui la tele-sfera la avvisava della trasmissione in arrivo. Con il volto contratto in una smorfia di fastidio, si portò il guscio metallico alla bocca e bisbigliò la password.

    Davanti ai suoi occhi comparvero mamma e papà sottoforma di due ologrammi di quindici centimetri e Troy saltò sul tavolo per andarsi a sedere accanto a lei.

    «Buon Natale!», esclamò mamma ballonzolando sulle gambe di papà dal divano tutto addobbato per l’occasione. Papà indossava un maglione rosso acceso che cozzava coi suoi capelli arancioni. Quell’immagine era l’apoteosi del kitsch eppure era la cosa più bella che Cara avesse mai visto.

    In sottofondo si sentiva la voce pastosa di Bing Crosby che cantava I’ll Be Home for Christmas, sarò a casa per Natale… Che ironia. Cara e Troy ricambiarono gli auguri e Cara sollevò la barretta nutritiva.

    «Avete già mangiato? Potevamo cenare insieme».

    «Oh», fece mamma, «abbiamo preso la cena da asporto dal cinese in fondo alla strada». Abbozzò un sorriso ma non riuscì a eliminare la tristezza dalla propria voce. «Non aveva senso preparare un cenone solo per noi due».

    Cara afflosciò le spalle e mise via il pasto. «Le odio queste barrette proteiche».

    «Vi vedo malissimo», commentò mamma. «Perché siete al buio?».

    Troy si avvicinò al laptop e aggiustò le impostazioni dello schermo per aumentare la luminosità. «Qui stanno molto attenti al consumo di energia».

    «Fanno bene», affermò papà. «Venite più vicini, voglio darvi un’occhiata».

    Cara e Troy obbedirono, mettendosi guancia a guancia per lasciarsi esaminare. Papà annuì in segno di approvazione ma poi puntò gli occhi su Troy. «Quand’è che ti deciderai a tagliarti quei capelli? Sembri Raperonzolo. Mi stupisco che ti permettano di indossare l’uniforme conciato così».

    Troy si toccò i boccoli neri – identici a quelli di mamma – che gli arrivavano alle spalle. Tra un po’ sarebbe riuscito a farsi la coda bassa che portavano tutti i leriani.

    Con la fronte aggrottata rispose: «Paese che vai…».

    «Tagliali», disse papà perentorio e poi, sorridendo, si rivolse a Cara. «Non mi abituerò mai a vederti con quei vestiti da leriana, Peperina. Mi sembri una di quelle ragazzine che si travestono e si tingono la pelle di marrone».

    «Aspirantiane», lo imbeccò mamma storcendo la bocca.

    «Esatto».

    Cara si lisciò la casacca, imbarazzata. Nemmeno lei riusciva ad abituarsi alla divisa né al fatto di dover sempre legare i suoi capelli ramati in una treccia. Le mancavano i jeans e le maglie girocollo, e avrebbe dato qualsiasi cosa per i suoi stivali di pelle e l’arricciacapelli doppio.

    Ma la salvezza della Terra valeva il sacrificio. E anche Aelyx.

    Evidentemente papà aveva fatto un ragionamento simile al suo. «Hai sentito Aelyx ultimamente?»

    «Mi ha chiamata un paio di giorni fa», rispose. «Sta alloggiando con l’ambasciatore a Manhat…». Si interruppe quando vide l’ologramma di una palla di pelo bianca saltare sulle gambe di sua madre. Sembrava una specie di criceto troppo cresciuto. Cara lo indicò. «E quello cos’è?».

    Mamma se lo avvicinò al viso rivolgendogli dei versetti sdolcinati. «Ti presento Linus, il tuo nuovo fratellino. È un barboncino maltese». Poi, parlando direttamente al batuffolo: «Chi è l’amore di mamma? Sei tu! Esatto!».

    Un barboncino maltese?

    «L’abbiamo adottato al canile», spiegò suo padre, che non sembrava molto entusiasta. «Credo che vostra madre sia stata colpita dalla sindrome del nido vuoto».

    Mamma gli diede una gomitata nelle costole e Cara e Troy si scambiarono un’occhiata interdetta.

    «Ma io sono allergica ai cani…», disse Cara. «Come faremo quando verremo a trovarvi?».

    Mamma la zittì con un gesto della mano. «Ci penseremo quando verrà il momento… Tanto manca ancora un sacco di tempo».

    «Ehm, a dire il vero…», attaccò Troy, poi si interruppe per schiarirsi la gola. «Io tornerò prima del previsto. Il colonnello Rutter mi vuole sulla Terra. Ho ricevuto l’ordine proprio ieri».

    Cara si voltò di scatto verso suo fratello, quasi slogandosi il collo. «Cosa?».

    Troy si mise sulla difensiva. «Ero venuto su Leria solo per il gemellaggio scolastico, che adesso è finito. Gli altri due terrestri non vengono perché hanno paura. I Marine mi vogliono…».

    «Quando?», volle sapere Cara.

    Le rispose senza guardarla negli occhi. «Fra due settimane».

    Cara si asciugò i palmi sudati sui pantaloni. Non era un buon segno. I Marine avevano dislocato Troy su Leria per due anni, fino a quando gli studenti del gemellaggio – compresa lei – non fossero tornati a casa. Se lui se ne andava, lei sarebbe rimasta da sola. L’unica terrestre su un pianeta di leriani odia-terrestri. Aveva esagerato sul blog quando aveva parlato di amici. L’unico clone che le rivolgeva la parola su quella navetta era la sorella di Aelyx.

    Troy era un rompiscatole, ma era il suo rompiscatole e gli voleva bene. Doveva esserci un modo per costringerlo a restare con lei. Poteva disertare. Cosa mai potevano fargli i Marine, processarlo dalla Terra?

    «No», gli disse scuotendo energicamente la testa. «Non puoi andartene. Il gemellaggio non è ancora finito. Io sono qui e…». Ho bisogno di te.

    «Il punto è che adesso sei una colona», disse Troy. «Non sei più una studentessa in gemellaggio. Alla fine dell’anno rimarrai su Leria… definitivamente».

    «Peperina», intervenne mamma, «se lì non sei felice puoi sempre tornare a casa con tuo fratello».

    Il laptop di Troy emise un lieve ding per segnalare una trasmissione di dati informatici: stavano arrivando dei commenti al post che Cara aveva postato sul blog.

    Ashley ha detto:

    Non sai quanto ti invidio. Davvero, voglio venire anch’io. Portami dal tuo leader!

    Eric ha detto:

    Sono contento che tu stia bene (PER ORA) ma solo un’idiota lascerebbe la Terra per correre dietro a un tizio qualunque, soprattutto dopo che ci hanno avvelenato l’acqua!!!

    Tori ha detto:

    E. non ha tutti i torti. Torna a casa, mi manchi.

    Cara picchiettò sul touchpad e chiuse la pagina web prima di leggere qualche altro commento negativo. Ormai aveva scelto quella vita e non aveva nessuna intenzione di fare marcia indietro.

    Un guaito assordante la trascinò fuori dai suoi pensieri: sua mamma aveva preso Linus in braccio e gli stava dando dei colpetti sulla schiena come se dovesse fare il ruttino. Era ufficiale: Cara era stata rimpiazzata da un barboncino maltese. Di lì a due settimane avrebbe perso anche suo fratello e sarebbe atterrata su Leria senza un solo amico al mondo.

    Quello era decisamente il Natale più brutto della sua vita.

    «È il Natale più bello della mia vita!». L’aspirantiana si mise a saltellare rischiando di scivolare sul marciapiede ghiacciato mentre Aelyx le autografava una copia di «Squee Teen».

    «Figurati». Scarabocchiò una firma semi-illeggibile e le restituì la rivista.

    Lei fissò ammaliata il mini poster otto per dieci di Aelyx e la sua amica sfoderò una copia di «Fangasm» chiedendo: «Me è vero che tu e Cara vi siete sposati in segreto? Che cosa romantica!!!».

    «Scusi, signorina». Sharpe, un giovanissimo membro della Guardia Nazionale, la bloccò con un braccio. «Stia indietro».

    Lei annuì e arretrò di un passo ricongiungendosi al resto delle ragazze, una decina in totale, tutte con le uniformi in stile leriano e i capelli raccolti sulla nuca. L’unico pericolo che poteva venire da quelle ragazzine era che uccidessero Aelyx di ammirazione. Le sue guardie del corpo erano decisamente troppo zelanti, però la loro presenza lo confortava. L’ultima volta che era stato sulla Terra avevano attentato alla sua vita, e voleva tornare da Cara tutto intero.

    «No», disse alla ragazza abbozzando un sorriso. «Terrestri e leriani non possono sposarsi». Con una strizzatina d’occhio aggiunse: «Non ancora».

    «Oh, per tutti gli dèi», bofonchiò Syrine, la sua ex (e bisogna sottolineare ex) migliore amica. Da quando aveva cercato di mettere zizzania fra lui e Cara sulla navetta non si erano praticamente più rivolti la parola. Syrine si fece largo a suon di spintoni e salì i gradini d’ingresso dell’albergo in cui si trovava la suite che dividevano con l’ambasciatore leriano.

    «Forse sarebbe meglio concludere», sussurrò il soldato Sharpe. «Siamo troppo esposti qui».

    Una folata di vento gelido colpì Aelyx sulla nuca provocandogli un brivido. Prima di andare sulla Terra non sapeva cosa fosse l’inverno, e sperava vivamente di potersene dimenticare presto. Al piano di sopra lo aspettava il tepore del caminetto perciò non si fece pregare.

    «Okay, l’ultimo», disse Aelyx sollevando una serie di mormorii delusi da parte delle ragazze. Stava per firmare l’autografo quando qualcosa catturò la sua attenzione. Un soldato della Guardia Nazionale stava venendo verso di loro da un Humvee parcheggiato sul ciglio della strada, gli stivali pestavano rumorosamente il sale e la poltiglia che ricoprivano il marciapiede. Aveva una cicatrice rosa sulla fronte e gli occhi castani. Aelyx osservò attentamente la giacca dell’uomo e non scorse nessuna targhetta col nome.

    Perché non ce l’aveva?

    Il soldato si mise a correre e Aelyx si irrigidì, i suoi sensi scattarono in allerta. Ammutolito, osservò l’uomo estrarre una pistola e puntargliela dritta al cuore. Con una voce più gelida della brina del mattino l’uomo disse: «Questo è per i Patrioti», e premette il grilletto.

    Aelyx reagì d’impulso, ma non abbastanza in fretta. Stava per buttarsi a destra quando uno scoppio assordante gli perforò i timpani e un peso di novanta chili lo trascinò sull’asfalto ghiacciato. Dopo non ci fu altro che un mix di urla, stivali che correvano e spari.

    Gli occorsero alcuni istanti per rendersi conto di avere il soldato Sharpe addosso. Aelyx si liberò e si sollevò su un gomito solo per vedere l’attentatore fuggire lungo la strada e scomparire fra i palazzi. Alcuni soldati si lanciarono all’inseguimento dell’attentatore mentre gli altri cominciarono a setacciare la zona per assicurarsi che non ci fossero altre minacce.

    Sharpe rotolò a pancia in su e gli chiese: «Tutto bene?».

    Aelyx si toccò il petto e mosse le braccia e le gambe per controllare. «Sì», rispose sollevato, ma poi si accorse che sulla spalla di Sharpe c’era una chiazza di sangue che si stava allargando rapidamente. «Sei ferito».

    Sharpe seguì lo sguardo di Aelyx verso la propria ferita e abbandonò la testa a terra lasciando andare un verso di fastidio. «È solo un graffio… ma appena mi passerà la scarica di adrenalina mi brucerà da morire».

    Solo in quel momento, guardandolo così da vicino, Aelyx si rese conto di quant’era giovane, non doveva avere più di vent’anni. Poteva anche essere un suo coetaneo, eppure aveva i riflessi e il coraggio di un guerriero esperto. «Quella pallottola era destinata a me».

    Sharpe scrollò la spalla sana. «È il mio lavoro».

    Aelyx non poté non sorridere davanti a quella dimostrazione di stoicismo. Anche su Leria ci sarebbero volute delle persone come lui. «Be’, allora grazie, soldato Sharpe».

    Sharpe si lasciò scappare una risatina, poi fece una smorfia di dolore e gli allungò l’altra mano. «Io sono David».

    Capitolo 2

    Cara urtò contro l’imbragatura di sicurezza col polso e fece una smorfia di dolore. A giudicare dal bozzo sottocutaneo che le era comparso nel punto in cui le avevano fatto la vaccinazione, su Leria non le sarebbe venuto neanche un raffreddore. Meglio così: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un’influenza intestinale aliena. I leriani erano più intelligenti, più veloci e più forti dei terrestri, perciò probabilmente i loro virus erano molto più pesanti. Chiuse la fibbia e si risistemò sul sedile accanto a Troy, che da quando erano saliti sullo shuttle, cinque minuti prima, non aveva spiccicato parola.

    Poco dopo arrivò Elle, che andò a sedersi nella fila di posti di fronte a loro, e Troy raddrizzò le spalle e si mise i boccoli neri dietro alle orecchie. A Cara venne il sospetto che si fosse preso una cotta per la sorella di Aelyx; d’altra parte Elle era una bellissima ragazza, con delle ciglia lunghissime e i lineamenti delicati. Inoltre aveva un’indole molto altruista e protettiva, caratteristiche che infatti le erano valse la nomina a medico di bordo. Il tempismo di Troy, però, era veramente pessimo. Il lian di Elle era stato ucciso qualche settimana prima in Cina, e lei era ancora in lutto.

    Troy si tamburellò le dita sulla coscia. «Non vedo l’ora di tornare con i piedi sulla terraferma», disse, rivolgendosi soprattutto a Elle, muovendo nervosamente il piede a terra. Poverino, si era preso proprio una bella sbandata… Conquistato dall’aliena.

    «Mmh», fu la risposta laconica di lei. Dopo essersi allacciata la cintura puntò gli occhi argentei su Cara. Appena i loro sguardi si incrociarono Cara sentì la sua voce nella testa. Riesci davvero a sentirmi?

    Cara restò pietrificata. Nessuno doveva sapere che era in grado di comunicare in quel modo.

    Me l’ha detto Aelyx, proseguì Elle. Ma non ci credevo.

    «Sì», disse Cara inviandole una specie di messaggio in codice. «Anch’io non vedo l’ora di scendere da questa navicella. I viaggi nello spazio mi fanno venire la nausea».

    «Spero che non ti dispiaccia», disse Elle a Cara, «ma ho chiesto agli Anziani di assegnarci la stessa stanza». Poi aggiunse: Aelyx mi ha chiesto di sorvegliarti mentre lui non c’è.

    «Dipende», disse Cara con una strizzatina d’occhio. «Russi?»

    «Ogni tanto», confessò Elle senza capire la battuta. «Ma Eron diceva che era un suono molto tenero». Si morsicò il labbro inferiore e abbassò gli occhi sulle proprie mani, il volto incupito dal dolore.

    Rimasero tutti e tre in silenzio a fissare l’oscurità fuori dai finestrini.

    Alcuni istanti più tardi arrivarono gli ultimi due passeggeri e la porta si chiuse con un sibilo. Cara buttò un’occhiata ai due cloni e sgranò gli occhi.

    «Salve, Cah-ra».

    Jaxen, il giovane leader, si sedette di fronte a lei e stese le lunghe gambe in avanti, i suoi stivali sfioravano quelli di Cara. Prese a fissarla intensamente mentre Aisly, sua sorella, si accomodò accanto a lui rivolgendo a Cara un cenno del capo.

    Cara ritrasse i piedi e abbozzò un sorriso. Non si aspettava di vedere Jaxen. Lui e Aisly facevano parte della Guida, il governo di Leria… Allora perché non viaggiavano con gli Anziani?

    Jaxen si allacciò l’imbragatura senza toglierle gli occhi di dosso. «Io e Aisly ci siamo offerti di scortarvi fino alla capitale», le disse come se le avesse letto nel pensiero. Cara però era quasi certa che quella era una cosa che non sapevano fare neanche i leriani.

    Aisly alzò la testa e scrutò il viso di Cara, non con disprezzo, piuttosto con una curiosità simile a quella di una persona che guarda un animale esotico allo zoo. Probabilmente doveva abituarsi a essere osservata. Su Leria le razze non esistevano più, e con la sua pelle chiara, gli occhi azzurri e i capelli ramati era praticamente impossibile passare inosservata.

    «Sulla Terra», disse Aisly, «un anno corrisponde a una rivoluzione del pianeta intorno al vostro sole, giusto?».

    Cara annuì e sentì il sedile vibrare, scosso dall’accensione dei motori. Quando lo shuttle si staccò dal corridoio d’imbarco con una lieve oscillazione, venne percorsa

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