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Hic et nunc: Vent'anni e non capirci un cazzo
Hic et nunc: Vent'anni e non capirci un cazzo
Hic et nunc: Vent'anni e non capirci un cazzo
E-book155 pagine1 ora

Hic et nunc: Vent'anni e non capirci un cazzo

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Info su questo ebook

Dicono che i primi venti siano i più belli. Tutto gira senza fatica. Niente a cui pensare. Niente di cui preoccuparsi. Allora perché per qualcuno è così maledettamente difficile? Certe persone semplicemente non sono in grado di vivere serenamente. Certe persone non possono fare a meno di riflettere senza sosta su tutto e su tutti. Certe persone sono veramente stupide e complessate. Io sono una di quelle. Questo mezzo è l'unico che conosco per far respirare la mia mente.
Una raccolta di pensieri, pillole di tarda adolescenza che mi accompagnano ogni giorno. Nessun ordine cronologico, niente spiegazioni, niente note a piè di pagina, solo frammenti di pensiero che mi tartassano giorno e notte e che, quando trovo le parole adatte, cerco di mette nero su bianco.

LinguaItaliano
Data di uscita14 ago 2016
ISBN9781370703104
Hic et nunc: Vent'anni e non capirci un cazzo
Autore

Fabio Manenti

Fabio Manenti, classe 1991, laureato e poi sfruttato. Appassionato di letteratura, cerco di fare della mia passione un lavoro. Aperto a qualsiasi tipo di critica. Reperibile all'indirizzo mail: ManentiFabio19@gmail.com

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    Anteprima del libro

    Hic et nunc - Fabio Manenti

    HIC ET NUNC

    VENT'ANNI

    E NON CAPIRCI

    UN CAZZO

    Fabio Manenti

    © 2015 Fabio Manenti

    manentifabio19@gmail.com

    In base alle leggi sull’editoria, ogni riproduzione di quest’opera anche parziale e con qualsiasi mezzo realizzata, è illegale e vietata.

    Il sogno di chi si interroga

    sulla realtà che lo circonda,

    non è ottenere tutte le risposte,

    quanto non doversi più porre

    tutte le domande.

    Introduzione:

    Dicono che i primi venti siano i più belli. Tutto gira senza fatica. Niente a cui pensare. Niente di cui preoccuparsi. Allora perché per qualcuno è così maledettamente difficile? Certe persone semplicemente non sono in grado di vivere serenamente. Certe persone non possono fare a meno di riflettere senza sosta su tutto e su tutti. Certe persone sono veramente stupide e complessate. Io sono una di quelle. Questo mezzo è l'unico che conosco per far respirare la mia mente. Una raccolta di pensieri, pillole di tarda adolescenza che mi accompagnano ogni giorno. Nessun ordine cronologico, niente spiegazioni, niente note a piè di pagina, solo frammenti di pensiero che mi tartassano giorno e notte e che, quando trovo le parole adatte, cerco di mette nero su bianco.

    Il profumo del legno e della doppio malto mi riempiono le narici e fanno ballare i miei neuroni. Le cellule cerebrali si suicidano acconsentendo ad assumere alcol. Cèline e Hemingway sono morti un giorno l’uno dall’altro. Le formiche sono cannibali. I vermi avranno ormai banchettato con questi pezzi della storia della letteratura. L’impetuosità di Faulkner sepolta e annientata da creature grandi come un granello di sabbia. La follia della Woolf, magari un pezzo di lei gira ancora nello stomaco di qualche creatura nei pressi di un faro. Cosa ci fa la gente sulla Terra? Com’è possibile non accorgersi della necessità di mettere questo circo nero su bianco? Cosa aspetta il mondo a rendersi conto dell’importanza di questa risorsa? Tutto sembra scontato come i meccanismi dei romanzi di Dan Brown. Colpi di scena, cose assurde, ma la struttura di base è sempre la stessa, romanzo dopo romanzo. Questa roba mi gira in vena. Ne sono assuefatto. Me la sogno la notte, mi sveglia la mattina, mi tiene sveglio per ore. C’è sempre qualcosa da imparare però. Qualcuno mi cita un racconto di Fenoglio che non parla di guerra e partigiani. Io manco riesco a immaginarmelo. Rileggere la mia roba senza capo né coda fa male, è come riaprire vecchie ferite mai completamente cauterizzate. Allo stesso tempo ho davanti la mia incompetenza, la mia prosa scialba, la mi prolissa ricerca di termini e suoni. Hic et nunc, qui ed ora, l’esistenzialismo di Heidegger. Nessuno è perfetto. Ce ne fosse uno l’avremmo ammazzato al volo. Forse non ce ne saremo nemmeno resi conto in realtà.

    Che mondo di merda.

    9% di batteria. Potrei battere la Divina Commedia con questi miei stessi pollici nodosi prima che il telefono si spenga. E invece le parole latitano. Cristo che strazio quando succede. Senza le parole io non sono niente. Niente, zero, kaputt. Valgo meno del mio prodotto interno lordo. Sono un Paese del terzo mondo senza le parole. E non sfoderate il politically correct, che metto le cose nero su bianco, se ci stanno bene. La mia gioventù gocciola inesorabile nello scarico. Sono il prodotto di fallimenti passati e paranoie attuali derivanti dagli stessi. Ho marce che non ingranano, cavilli burocratici spessi come tronchi e resistenti come acciaio che mi incatenano al presente. Io voglio di più, ma non so come ottenerlo. Voglio di meglio, ma non è possibile, non con i mezzi attuali. Voglio dipingere le emozioni, dipingerle con colori mai visti, colori in grado di rappresentare l'inesprimibile. Cosa cavolo aspetta il mondo a darmi carta bianca? In realtà l'ansia da prestazione mi irrigidisce il polso. La paura mi blocca le dita. Il panico mi sfuoca la vista. Non tutti sono Beethoven in fondo. Io fatico a esprimermi anche con i requisiti necessari a disposizione. 8% di batteria. Pigio le dita sullo schermo. Non avrei mai pensato di potermici trovare bene. La modalità aereo è il mio si prega di non disturbare sulla porta. Fossi nato nel secolo scorso tutto questo sarebbe uno scroscio di pioggia, una sassaiola, una fitta grandinata. TATATATATATATATATA. E via a cambiare nastro, inchiostro eccetera. Che poi io il casino lo odio. 7%. Lo schermo luminoso al buio mi affatica gli occhi. Però è una metafora perfetta. La mia luce guida, il mio angolo privato, chiaro e luminoso nell'oscurità. Sono le due e trenta. Ho fame. Dovrei alzarmi e barcollare fino alla cucina. Non mi va. 6%. Quanti biglietti della lotteria dovrei comprare per vincere? Tutti? Ci guadagnerei qualcosa poi? Chiederò un parere al mio amico Frank. Mio padre si chiama Frank. Beh, Franco, la versione italiana. Io sono ancora in fissa col sogno americano. Sarà colpa di Max Payne, dell’On the Road di Kerouac oppure della televisione, non so. Sarà forse che tutto quanto suona meno ridicolo e più moderno in inglese. Una lingua in cui le parole suonano armoniose e sembrano più serie, come potrebbe non piacermi? 5%. La situazione non è delle più comode. Mi alzo, faccio due passi. In tv c'è Fight club, ma è già a tre quarti. E poi sinceramente sono uno di quelli da il libro è meglio. Perché è quasi sempre così, mica per partito preso. Nei libri i folli sono folli. Lo sono per due o trecento pagine. Impazziscono gradualmente o esplodono in un atto folle e improvviso. Non ci sono segnali visivi da minorati mentali. Non c'è bisogno della scena-indizio. Non c'è nessun filtro di visuale che ti indica dove guardare. Vedi quello che l'autore vuole che tu veda, ma in modo assoluto. Vedi quello che c'è lì, perché è quello che ha inventato l'autore, quindi è tutto quello che esiste lì. Tutto il resto (sfondo, comparse, colonna sonora, dialoghi aggiunti) sono finzioni, adattamenti inutili inseriti nel processo di trasposizione. Un romanzo non ha una colonna sonora. Anche se devo ammettere che più di una volta ho pensato a come sarebbe la mia vita con una colonna sonora. 3%. Il sistema mi avvisa che la batteria è scarica. La Divina commedia ti dico! Perlomeno un'epopea personale. Il viaggio di un giovane senza certezze alla ricerca del significato di tutto questo. Sarebbe bello. Fermarmi una volta preso il ritmo costa fatica. Siamo tutti stanchi, però. Sono quasi le tre. Io ho le palpebre pesanti. Il telefono reclama il carica batteria. Il mondo non ne può più di esistere. Vuole scomparire anche lui, perché è stato scritto solo fino a un certo punto, più in là cessa di esistere. Per quello che la notte è così calma, che tutti dormono e che quei pochi ancora svegli sono fuori dal mondo. Io dal canto mio salvo questo 1%, sperando che domattina mi sveglierò facendo ancora parte dei giochi. L'importante è tirare avanti finché ce n'è, è solo quello stupido 0% che si diverte a spaventare le persone. Buona non-esistenza amiche comparse.

    Metto fiato nella tromba del mio nichilistico egoismo. Sono io. Egomaniaco. Sono io. Io che non so rispondere alle mie domande, anche se un po' ne so. Sono io. Porto il mio fardello nei viali della mente. I cieli cristallini e le acque limpide. Acquisire caratteristiche di ciò che non si è. La notte con le cuffie addosso non esiste. Quei pochi rumori che sopravvivono al sonno soppressi in un fragoroso battere di tamburi, squillo di trombe, voce di tenori. Per questo cammino guardando a terra. Trasecolo quando un'ombra passa nel mio campo visivo, a volte reale, a volte trasposizione mentale delle mie paure. La notte mi capisce. Il mondo è una foto coi colori invertiti. Le dietrologie sono la norma, la norma è guardata con sospetto. La controcultura è il dogma delle scienze nascoste, quelle che di giorno suonano strano tipo alchimia, mentre di notte sono pratiche di tutto rispetto. I maghi notturni col cappello a punta e le bottiglie in mano sono l'equivalente dei chimici diurni con camice, maschera e guanti di gomma. La gente muore di overdose ululando alla luna in trance. Sono il solitario senza volto, lasciatemi vagare per queste notti così perfette. I lampioni sono soli artificiali a comando, chiazze di luce tanto care ai pittori impressionisti, casa di insetti che sciamano in gruppi per far girare l'economia di sangue dell'ecosistema. La ruggine erode la catena alimentare. L'uomo non mangia più carne animale, si limita a cannibaleggiare mangiandosi il fegato sul suo piatto di insalata. Mi pigliasse un accidente. Le mascelle cadono di fronte a tutti questi prodigi tecnologici. Ricavo un certo piacere sadico nel vivere queste ore di morte apparente. Il mondo è morto. Sono sopravvissuto al mondo. Almeno fino alla prossima alba. Allora andrò a nascondermi come un vampiro, solo dopo aver succhiato quanta più linfa vitale possibile a questa notte alcolica.

    Il wild blue angel di colore che ammazza Sgt. Pepper's per un'oceanica folla di fricchettoni. Le smorfie nell'assolo orgasmico. Sono gli anni delle droghe psichedeliche, dei pantaloni a zampa e della beat generation. Pazzi poeti figli di puttana che scorrazzano ubriachi e drogati per le vie di sobborghi operai, di quelli che ti immagini stipati di casette con le mattonelle rosse e le verande di legno sgangherate. Gioventù bruciata la chiamavano. Non avevano idea di come sarebbero state le generazioni a venire. Se potessi scegliere come bruciare questi anni, beh... credo che quel modo non mi dispiacerebbe. Trent'anni prima che nascessi. Trent'anni. Più della mia intera esistenza. Io sono venuto al mondo per vedere cosa? Le infinite crisi economiche? La terza guerra mondiale che si profila all'orizzonte? Gli estremismi religiosi? L'apogeo del consumismo di massa? Gli isterismi da bufale sul web? La tv spazzatura? Ligabue? Cosa c'è qui oggi? Per le strade vedo solo vecchie snob col cane, tutte in ghingheri, di quelle che si farebbero le unghie anche per andare alla discarica.

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