Le sinergie di Marzio - Impasse - La quinta storia della saga
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Sintesi
Usando grandi dosi di umorismo, tenerezza e realismo, con "Le sinergie di Marzio", l’autore riesce a creare un ritratto demistificante e allo stesso tempo devastante della vita degli ingegneri informatici in Spagna. Prendendo come protagonista un professionista di nome Marzio (che è un nome raro e, quindi, qualsiasi somiglianza con la realtà sarà una coincidenza), l'autore ci svela un mondo nascosto e chiuso che tutti pensavamo fosse molto diverso: la gestione dei progetti, i rapporti con i subordinati, la ricompensa degli sforzi, il rapporto tra ingegneri, la convivenza in ufficio, i viaggi di lavoro, l'infinita disponibilità... Tutti gli aspetti di questo tipo di occupazione saranno sgranati, senza dimenticare la sorprendente vita personale del protagonista. Immergiti nei sette racconti di Marzio, scopri questo personaggio accattivante e vicino e vivi le sue avventure narrate con lo stile, l'ironia e la crudeltà delle favole.
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Anteprima del libro
Le sinergie di Marzio - Impasse - La quinta storia della saga - Mario Garrido Espinosa
Dedica:
Ai miei genitori e a mio fratello
A tutti gli informatici
A chi ha letto questo libro per capitoli nella sua prima versione auto pubblicata.
Questa non è una vendetta, sono solo fiabe, come quella di Cappuccetto Rosso;
o forse qualcosa di quello che qui si racconta può essere credibile ...
Nota dell’autore: Nei metalinguaggi informatici è comune indicare tra i simboli <
e >
espressioni che non sono parole riservate o sono variabili o frasi più complesse. Abusando di questa semantica, in questo libro si usano queste forme metalinguistiche per denotare descrizioni o caratteristiche di qualcosa o qualcuno che è più importante per lo scopo di ogni racconto rispetto al proprio nome. Ad esempio, nel testo possiamo trovare accezioni del tipo
, invece di, per esempio, quest’altra espressione più colloquiale: Paco
. In questo modo, il lettore informato —cioè, tu in questo momento— saprà a colpo d’occhio che ci stiamo riferendo a un dirigente; qualcuno che, presumibilmente, ha una certa responsabilità, un capo o piccolo capo, un profilo che dovrebbe dirigere progetti e persone; e che dovrebbe farlo bene, poiché ha raggiunto quella posizione, si suppone, per esperienza e competenza. Non ci interessa se si chiami Paco, Torquato o Priscilla.
Il presente libro è un’opera di finzione. I nomi, i personaggi, le società, i luoghi, i testi, le e-mail, i fatti e gli eventi narrati sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore e ogni somiglianza con la realtà è puramente casuale.
# 005 IMPASSE
––––––––
1
Ci sono aziende che, nel momento in cui un progetto finisce e non ce n’è un altro da assegnare alle persone, le congeda senza tanti complimenti. Ma ce ne sono altre che decidono di mantenere queste risorse —se vogliamo essere seri dobbiamo usare il linguaggio esatto; utilizzare l’accezione persona, impiegato o lavoratore e, a questo punto, ci dovrebbero fischiare le orecchie— come una sorta di riserva, di magazzino. Si dice allora che sono non assegnati
, che non seguono alcun progetto. Il lettore pratico penserà che questa è l'occasione perfetta, tra progetto e progetto, per formare e migliorare il non assegnato
, partendo dalle sue conoscenze per trasformarlo in uno specialista. Ma il mercato dell’informatica e le sue mode cambiano ogni secondo, così che gli esperti di una particolare applicazione o tecnologia non lo sono mai a lungo e devono costantemente convertirsi in un altro credo. «Perfetto», penserà il pratico lettore di prima: questo è il momento di formare questi professionisti in ciò che verrà chiesto di implementare nei prossimi mesi o anni; in quello per il quale presumibilmente ci saranno offerte a breve e sarà necessaria gente preparata. Bene, no. Assolutamente no. Quello che succede è che il povero non assegnato
rimane disoccupato, macerando nei suoi pensieri pessimisti sul futuro che potrebbe non avere. Spesso si incontrano in ghetti
, dove gli uni alimentano la disillusione degli altri. D'altra parte, devono sempre stare all’erta, poiché sono facili prede per vari usi denigratori, e per loro risulta pericoloso rifiutarsi —il licenziamento precedente torna sempre nel tuo subconscio di fronte a un rifiuto—. Quindi, li usano per assumere funzioni molto al di sotto della loro categoria, compiti che gli impiegati si rifiutano di svolgere o compiti specifici che nessuno dovrebbe assumere, che non si dovrebbero mai accettare. La scusa: è meglio che non fare nulla
. Parlo, ovviamente, della Spagna.
Sul punto di far parte di questo gruppo c'era un consulente, chiamiamolo Marzio (che è un nome raro e, quindi, ogni somiglianza con la realtà sarà una coincidenza). Nei quattro anni precedenti aveva lavorato alle dipendenze del cliente, che era stato un ministro. Il venerdì precedente, alle 14:30, mezz'ora prima della fine della giornata, aveva ricevuto una telefonata inaspettata.
—Ciao Marzio, sono Enrico —lo informò l'attuale responsabile del nostro protagonista—. Senti, lunedì prossimo devi fermarti all'ufficio centrale. Devi abbandonare il progetto... Immagino che te l'aspettassi già, no?
—Beh... Ho sentito delle voci, ma...
—Beh, sai che il progetto sta finendo e tutti dovranno uscire poco a poco. Forse due o tre rimarranno solo per la manutenzione. Vedremo. Comunque, siccome qualcuno deve essere il primo, allora abbiamo deciso che sarai tu; non per qualcosa, non pensare male.
—Già, non fa niente. I progetti iniziano e finiscono — disse il nostro consulente, usando la frase che aveva sempre usato in queste situazioni—. Ma avresti potuto avvertirmi prima, per tirare insieme le mie cose, fare dei backup, alla fine, quelle cose... Me lo vieni a dire solo mezz'ora prima di finire la giornata di oggi, e lunedì dovrò già andarmene.
—Sì, scusa. Hai ragione. È che non è stato ufficiale fino a mezz'ora fa. Abbiamo mille cose da fare. Mi dispiace.
Certo, era falso, come quasi tutto ciò che un responsabile confessa ai suoi subordinati in questi casi; va beh, in tutti i casi. L’uscita di Marzio dal progetto era stata decisa giorni o settimane prima, ma l'usanza, su queste cose, era di informare all'ultimo minuto. Forse si pensa che i programmatori, una volta ricevuto l'avvertimento fatale, smettano di lavorare o smettano di farlo al solito ritmo, mettendo in pratica quella frase così spagnola che dice para lo que me queda de estar en el convento, pues me cago dentro.
[1] Ma in questo lavoro, come in altri, ci sono professionisti che, sebbene siano mal pagati e trattati in quel modo, alla fine continuano a svolgere i loro compiti nel miglior modo possibile fino all'ultimo minuto o quasi. Perché, se non fosse così, quelli che subiranno le conseguenze saranno quelli che restano, che per loro sono anche amici, dopotutto. Anche se ci sono sempre delle pecore nere. Ma non mettiamo in discussione le buone pratiche
nella comunicazione dell’informazione da parte di responsabili e dirigenti e continuiamo ad approfondire la conversazione telefonica che ci riguarda.
—Va bene, a che ora devo essere lì? Chiedo di te?
—No, no. Io non ci posso essere. Vai direttamente al secondo piano, a Magenta 2. Lì ti riceverà Itziar. Sai chi è? Itziar Algora.
—Sì, penso di sapere chi è.
—Ok. Lei ti spiegherà tutto.
—E a che ora? —chiese di nuovo.
—Dunque... Vai alle 9:00 —disse il responsabile, tanto per dire qualcosa.
***
Il nostro consulente arrivò alle 8:30. In uno dei due uffici di Magenta 2, una targa indicava Itziar Algora, Direzione EAR
. Marzio non sapeva cosa significasse quella sigla, oltre al famoso formato, usato in informatica, che serve per raggruppare i moduli in un server delle applicazioni. Ma non poteva essere quello. Non si poteva essere giunti a così tanta modularità. In ogni caso, chiunque avesse inventato il nome non avrebbe potuto sceglierlo più correlato al mondo dell’informatica. Sembrava fatto apposta, anche se quasi certamente l'inventore era stato qualcuno con posizione di alto livello che conosceva l'informatica come Marzio conosceva la poesia romantica uzbeka della metà del sedicesimo secolo.
Gli uffici erano formati da pareti di vetro, quindi vide chiaramente che era deserto. Andò al distributore automatico a prendere un caffè. Dopo l'ingestione, il suo organismo avvertì la caratteristica urgenza che precede l’evacuazione dei residui. Il suo corpo non era abituato alle proprietà delle bevande di quella macchina e lo aveva beccato