Un'inaspettata trasferta a Tokyo
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Info su questo ebook
dovesse recitare il copione di un film. Disillusa dalla vita amorosa, si crogiola idealizzando un collega nipponico
con cui tiene una corrispondenza via mail.
Inaspettatamente le viene proposta la possibilità di trasferirsi a Tokyo e, nonostante i tentennamenti iniziali, decide
di dare una svolta alla sua vita e partire.
Elisa si troverà a vivere in un ambiente lavorativo nuovo, scoprire una cultura diversa e a riconsiderare l’amore.
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Anteprima del libro
Un'inaspettata trasferta a Tokyo - Monica Tomaino
Tzu
I.
Alle sette del mattino il sole picchiava, accecando gli automobilisti che sfrecciavano nell'orario di punta per raggiungere il posto di lavoro. Come ogni giorno, Elisa era seduta alla guida della sua Panda rossa, in coda per andare in ufficio. Nonostante fosse uscita da casa da poco meno di un quarto d’ora, l’afa, incrementata dai gas di scarico delle macchine, non le dava tregua. Quel poco di sollievo ottenuto dalla doccia mattutina era ormai scemato, il caldo era insopportabile. Tirò su i finestrini e accese l'aria condizionata al massimo, godendosi un po' di fresco.
Il prossimo anno me lo faccio mettere il condizionatore, pensò tra sé. Una promessa che ricorreva ogni volta che l'arsura estiva le impediva di riposare e che puntualmente infrangeva.
Si guardò allo specchietto per controllarsi il trucco. I capelli mogano erano raccolti in una coda bassa, un filo di immancabile matita nera nell'interno occhi ne faceva risaltare il colore azzurro ghiaccio, insieme al mascara, che contribuiva ad attenuare l'espressione da pesce lesso, portata dal sonno e dalla costante stanchezza. Aveva deciso che la sua preparazione era più che sufficiente ripromettendosi di riprendere con fondotinta, terra, fard e cipria superata l’estate. Temeva che il caldo avrebbe sciolto il tutto, facendola sembrare un clown da quattro soldi.
Dopo mezz'ora di strada, si diresse al parcheggio dei dipendenti, salì le scalinate che la portavano all'ingresso principale, per poi recarsi subito nel suo ufficio. Per fortuna l'aria condizionata faceva da padrona in tutto l'edificio.
«Buongiorno Elisa» la salutò la sua collega.
«Buongiorno a te!»
Carla aveva un paio d'anni in meno di lei e l'avevano affiancata ad Elisa poiché imparasse il suo mestiere, nel caso in cui si fosse assentata. Era molto attenta ai pettegolezzi dell'azienda e si sollazzava a raccontarglieli consapevole che non gliene importasse niente.
«Vuoi sapere l'ultima?»
«Cos'è successo questa volta?» Ogni tanto, Elisa si sforzava di sembrare interessata per non apparire troppo scortese nei suoi confronti.
«Guarda qui!» le disse, spostando il proprio monitor verso di lei, ancora in attesa che il suo computer si accendesse. Lesse il comunicato del direttore generale, in cui era richiesta la partecipazione di alcuni dipendenti ad una riunione a metà mattinata.
«Tutto lì?» domandò delusa.
«Hai notato?»
«Cosa?»
«Non vedi? Sono stati chiamati al rapporto solo i capi ufficio che hanno a che fare direttamente con la Casa Madre.»
Elisa diede nuovamente un'occhiata, strizzando gli occhi per acuire la vista.
«Hai ragione, quindi ci tocca» sbuffò con fare annoiato. «Mettiamoci a lavoro prima della riunione allora.»
Il computer si era finalmente avviato, aprì l'applicativo della e-mail, iniziando a rispondere ai clienti. Era la responsabile della logistica. Il suo lavoro consisteva nella gestione dei flussi di merci che arrivavano direttamente dal Giappone. Da quando si era laureata, aveva sempre lavorato in questa azienda. Era stata selezionata perché aveva una conoscenza base del giapponese, che sfruttò solo una volta. In quell’occasione, i rappresentanti del consiglio di amministrazione della Casa Madre vennero in visita presso la loro sede ed ebbe modo di presentarsi, mentre il resto della conversazione si tenne in inglese.
Elisa amava il suo lavoro, dava sempre il massimo e pian piano aveva iniziato a vivere per quello. Questo le aveva permesso di mettere da parte un bel gruzzoletto, ma il rovescio della medaglia era essersi allontanata dalle amicizie. Ogni tanto si sentiva con qualcuno, ma erano rapporti quasi freddi e senza sostanza. La questione uomini ormai era off limits, aveva deciso d’innalzare un muro attorno a sé dedicandosi solo alla carriera, che almeno le stava dando un bel po' di soddisfazioni.
Ultimamente aveva iniziato a fantasticare sui colleghi giapponesi. A chiedersi che aspetto avessero, idealizzando uno in particolare di loro: Hiroshi Murata, con il quale si metteva in contatto costantemente per comunicare i report giornalieri di vendite. Il loro rapporto lavorativo si limitava a questo scambio di informazioni, niente di più, ma nella sua mente era partito un film, con protagonista lei e questo uomo, che non riusciva a fare a meno di girare.
Anche quella mattina vide la e-mail di Hiroshi e sorrise, senza rendersene conto.
«Ti ha scritto il signor Murata?» le chiese Carla.
«Perché?» si voltò verso di lei infastidita da quella domanda premonitrice.
«Fai sempre quel sorrisetto quando leggi le sue e-mail...»
«Che sorrisetto?» per un attimo la colse il panico di essere stata smascherata.
«Non te ne accorgi, ma io sì...» la stuzzicò.
«Non dire fesserie! E mettiti a lavorare che tra poco dobbiamo andare alla riunione.»
Carla fece una smorfia e iniziò a battere sulla tastiera le risposte per i clienti.
Le prime ore di lavoro passarono in fretta e arrivò la telefonata della segretaria del direttore che le invitava a presentarsi per la riunione. Lanciarono uno sguardo all'orologio, rendendosi conto che erano già le undici.
La sala conferenze era all'ultimo piano, quindi presero l'ascensore per raggiungerla. Trovarono già alcuni colleghi seduti in attesa e si unirono, scambiandosi qualche fugace opinione del perché di un incontro così improvviso.
«Buongiorno a tutti» li salutò l’amministratore delegato, pronto ad entrare nel vivo della riunione, senza perder tempo. Era un uomo di mezza età, distinto e poliglotta, sempre in giacca e cravatta. Qualche capello brizzolato spuntava sulla sua impeccabile chioma nera. Li guardò uno per uno e, dopo essersi accertato che ci fossero tutti, iniziò.
«Stanotte ho parlato con la sede per incrementare le nostre vendite. Il mercato richiede sempre di più prodotti performanti, a basso consumo energetico, che permettano di superare questo caldo infernale. In Giappone trovate il condizionatore ovunque e credetemi, io ci sono stato, sono nei posti più impensabili. Nelle case può mancare il cibo, l'acqua, il letto, un armadio o le sedie ma mai il condizionatore. Perché?» si guardò attorno, continuando a rispondendosi da solo. «Uno perché spesso non dispongono delle caldaie e quindi utilizzano le pompe di calore sia in estate sia in inverno. In secondo luogo perché loro ci sanno fare nelle vendite. Per i giapponesi è un prodotto di prima necessità. Quindi, se vogliamo crescere, dobbiamo prendere esempio da chi è più avanti di noi. Ci è stata data un'enorme opportunità e vorrei che apriste bene le orecchie perché queste sono occasioni irripetibili nella vita.»
Tutti si guardarono in attesa della grande rivelazione, nonostante fossero consapevoli che stesse volutamente esagerando.
«Mi hanno proposto di mandare uno o due dipendenti lì per un paio d'anni, per imparare il loro metodo, al fine di provare a proporlo qui in Italia. Il lavoratore in questione avrà vitto e alloggio pagati oltre ad un super stipendio da trasferta. Inoltre, potrebbe essere un perfetto candidato per prendere il mio posto in futuro.»
Il direttore osservò i suoi interlocutori che avevano l'aspetto di persone a cui era colato addosso cemento fuso. Interdetti e pietrificati. Nelle mente di ognuno dei presenti il pensiero giunse ai propri affetti, a due anni lontano da casa in un paese oltreoceano, alle ore di volo, al cibo e alla lingua. Percepì l'incertezza di tutti e prese nuovamente a parlare.
«Non è un'opportunità che chiunque può cogliere. Siamo italiani, radicati in questa terra. Voi siete la rosa di candidati che ho scelto. Preferirei che qualcuno si facesse avanti di sua iniziativa, in modo da evitare a me l'ingrato compito... Vi dò una settimana di tempo per rispondere. Ora, se volete scusarmi, ho da fare.» Uscì, chiudendosi la porta alle spalle lasciandosi dietro un’aria pesante.
«Ma io ho moglie e figli!» disse il capo reparto della contabilità, Luca Radionte.
«Non sei l'unico» le rispose Mario Martello, il responsabile del marketing.
«Ragazzi... Io...sono incinta...» ammise quella del servizio clienti.
Elisa e Carla si guardarono. Erano rimaste loro due e non avevano scuse plausibili come gli altri.
«Sembra che, secondo la vostra opinione, ce la dovremmo vedere noi due...» appurò Elisa in tono polemico.
«Ma figurati, non intendiamo questo...» rispose in imbarazzo Luca. «Ognuno sa cosa bolle nella sua pentola... Era solo uno sfogo...»
Elisa lo esaminò e si accorse che non era proprio così. Si trattava di una richiesta di aiuto.
«Abbiamo una settimana per rifletterci» ricordò ai presenti. «Ora torno ai miei doveri. Buon lavoro a tutti voi.»
Uscì, mentre Carla rimase al tavolo, ancora stordita da quella patata bollente. «Scusatela...» disse, alzandosi.
«Pensateci bene per favore e fateci sapere» implorò la collega incinta, con le lacrime agli occhi che riusciva a frenare a stento. Quella frase aveva appena confermato i sospetti della sua responsabile d’ufficio. Con l’amaro in bocca annuì e uscì per raggiungerla.
Carla la trovò già seduta alla scrivania, intenta nel suo lavoro.
«Eli, ci vado io» si propose, ostentando una certa risolutezza.
«E il tuo fidanzato?»
«Capirà.»
«Ti lascerà... nessuno aspetta così tanto.»
«Sei cattiva... Come...»
«Sono realista. Se fossi cattiva con te, non starei valutando di farmi avanti.»
«Davvero?»
«Per te sì, gli altri sono solo dei lecchini e non si meriterebbero niente. Luca si aggrappa alla scusa della moglie e dei figli, quando poi è noto a tutti che se la fa con la segretaria... L'altra che era incinta lo si sapeva già da mesi e Mario ha paura che se esce con un piede fuori casa la moglie hitleriana lo scortica vivo.»
A Carla scappò un risolino: «Dici cose che fan ridere con quell'espressione così seria!»
«Non c'è mica tanto da ridere, è la verità...» affermò Elisa, addolcendo il tono.
«Comunque, sono l'unica che non ha nulla da perdere: sono una zitella che vive per il lavoro e quindi il partito ideale da far svolazzare dall'altra parte del mondo.»
«Zitella, addirittura! Che parole forti che usi!»
«Alla mia età come dovrei definirmi?»
«Hai solo trentatré anni, mica cinquanta!»
«Peccato che la maggior parte delle mie coetanee siano già sposate, mamme o quantomeno fidanzate.»
«Ma tu sei una donna in carriera!»
«Certo e guarda a cosa mi ha portato... Alla mia età si pensa di dare una svolta, di fare qualcosa di importante che ponga le basi per i propri anni a venire...»
«E tu lo stai facendo... Poi hai pensato che potresti conoscere Hiroshi? Forse il tuo destino è sposare un giapponese...»
«Sicuramente... Rimettiamoci a lavorare.»
Mentre maneggiava i documenti, Elisa non poté fare a meno di distrarsi, pensando a ciò che aveva accennato la collega. L'idea di poter conoscere Hiroshi la incuriosiva, l’occasione di dare finalmente un volto al personaggio che si era immaginato nei suoi viaggi mentali. L'illusione e l'entusiasmo di poter incontrare qualcuno di particolarmente interessante si smorzò rapidamente, lasciando spazio a pensieri più pessimistici.
E se fosse un uomo di mezza età orribile? Se fosse sposato? Si sa che i giapponesi sono cortesi, ma se fosse così solo via e-mail? Magari poi ti massacra a lavoro perché è frustrato. Ora che ci penso... I ritmi di lavoro in Giappone sono estenuanti... Non che qui si lavori poco ma...
«Rispondo io?» domandò Carla, risvegliandola dal suo monologo interiore. Si rese conto che il telefono stava squillando e fece un cenno d'assenso rapido, non sapendo con esattezza da quando stesse trillando.
Elisa passò la pausa pranzo in ufficio, mangiando uno yogurt e cercando su Google informazioni sul Giappone. Ai tempi dell'università era molto incline a conoscere e approfondire quella cultura, ma ormai il suo interesse era limitato ai ristoranti di sushi¹. Mentre spulciava i siti, si rese conto di come la sua vita le fosse sfuggita rapidamente di mano, di quanto entusiasmo aveva avuto dodici anni prima, nel fiore del periodo accademico. Le tornarono in mente i discorsi con le compagne, l'idea del famoso viaggio a Tokyo per mettere in pratica la lingua e per visitare una città così all'avanguardia su tutto. Tra di loro c'erano anche ragazze appassionate di animazione e fumetti giapponesi, ogni tanto era stata coinvolta in qualche tour delle fumetterie di Torino in cui le amiche cercavano sempre di coinvolgere il negoziante di turno nei loro discorsi sull'amore per il Paese del Sol Levante e i manga², costringendola a rimanere lì con loro per ore. Al ricordo si sentì di essere stata un po' molesta, ma l'entusiasmo per qualsiasi stimolo culturale era quello che più le mancava. Era ciò che aveva perso.
Travolta dalla spirale del lavoro, stava andando avanti a mettere i soldi nel porcellino che di tanto in tanto usava per fare qualche viaggio organizzato e sentirsi un po' in pace con se stessa. Visitare nuovi posti l’aiutava a compensare molte delle mancanze della sua quotidianità, ma era un palliativo. Leggere articoli su Tokyo e pensare ad un cambiamento drastico, l’aiutò a realizzare di essere da troppo tempo in una fase di stallo. Anni vissuti inserita in un meccanismo ciclico, come un criceto che corre sulla ruota freneticamente, senza arrivare da nessuna parte. D'istinto si alzò in piedi, si sentì soffocare e aprì la finestra. L'aria esterna era calda e umida. Richiuse l’infisso, osservando la sua immagine riflessa sul vetro.
Vuoi dare una svolta alla tua vita?» si domandò. «Allora vai via da qui!
Il pomeriggio fu denso di richieste dei clienti e questo le permise di accantonare il problema trasferta per qualche ora. Quel giorno aveva deciso di andare a cena dai suoi, che abitavano nell’Astigiano. Si era presa l'impegno di recarsi da loro almeno una volta a settimana. Dalle quelle parti l'aria era meno afosa. Ritornare nella casa d’infanzia, era un modo per sentirsi ancora parte di qualcosa.
Durante la cena raccontò ai suoi la proposta ricevuta dal suo capo e i genitori, persone semplici ma sempre pronti a sostenerla, non mancarono di spronarla a seguire la sua strada.
La madre approfittò dell'occasione per riportarle alla luce gli stessi ricordi universitari che le erano balenati nella mente la stessa mattina. Dopo aver mangiato tornò in fretta a casa, trascorrendo la sua buona mezz'oretta di viaggio in macchina a riflettere ancora sulla questione Giappone, arrovellandosi il cervello senza riuscire a trovare un po' di pace. Giunta a destinazione, si mise a letto con gli occhi sbarrati che guardavano il soffitto. Tra i pensieri e il caldo soffocante, trascorse una notte travagliata.
II.
Quando la sveglia suonò le parve di essersi appena addormentata. Era sfatta e accaldata. A fatica scese dal letto per infilarsi nella doccia. Si sentì rinascere e, con l'accappatoio addosso, mise sul fuoco la moka.
Almeno in Giappone non si soffre il caldo visto che, da come ha detto il capo, ci sono condizionatori ovunque. Un motivo per partire l'abbiamo trovato! Pensò, mentre si vestiva in fretta e furia. Appena l’aroma di caffè invase il soggiorno si apprestò a spegnere il fuoco, poi prese una tazzina, sedendosi al tavolo per fare colazione. Come ogni mattina, appena appoggiava il sedere sulla sedia, le lancette dell’orologio iniziavano a muoversi più rapide del normale e fece appena in tempo ad accorgersene, rischiando di essere in ritardo. Corse a lavarsi i denti, appoggiando la tazzina nel lavandino e uscì di corsa.
Quando giunse in ufficio, trovò Carla un po' distratta e spenta. Solitamente l'accoglieva con qualche pettegolezzo della giornata, mentre quel giorno il suo saluto sembrava abbastanza piatto. Era già impegnata a fissare il computer, svolgendo il suo lavoro.
Elisa decise di non essere invadente, di lasciarle del tempo prima di chiederle qualcosa. Quindi prese posizione e appena vide le e-mail, la prima che le saltò all'occhio fu proprio quella di Hiroshi.
Potresti davvero essere tu la mia anima gemella? Devo seriamente prendere questa opportunità per dare una svolta alla mia vita? Forse