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Il mare di Goondocks
Il mare di Goondocks
Il mare di Goondocks
E-book323 pagine4 ore

Il mare di Goondocks

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Info su questo ebook

Cosa lega il duro scozzese William MacKenzie, la dolce principessa Charlotte de Shih, il gentile olandese Edward Van Pieterzoon, lo stravagante inglese Peter Hawkyns e l’autoritario Capitano Marlow? Sono i membri della ciurma della St. Barbara che recluta tutti i ragazzi che vogliono affrontare una fantastica avventura nel mare di Goondocks. Miki, Tommi e Gio non si tirano indietro quando la St.Barbara gli compare dal nulla e salgono su di essa alla volta della Piattaforma. L’equilibrio del mare di Goondocks è stato spezzato ed il Libro, pieno di storia e misteri, che regola il mondo di Goondocks , è stato rubato. La ciurma di Raftland del perfido Capitano Morgan potrebbero allearsi con i nostri amici per combattere un nuovo nemico comune.
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2018
ISBN9788828339953
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    Anteprima del libro

    Il mare di Goondocks - Ivan Migliozzi

    EPILOGO

    Le avventure di Miki, Tommi e Gio

    IL MARE DI GOONDOCKS

    IL MARE DI GOODOCKS

    Le avventure di Miki, Tommi e Gio

    Ivan Migliozzi

    Sommario

    CAPITOLO 1 6

    CAPITOLO 2 24

    CAPITOLO 3 47

    CAPITOLO 4 70

    CAPITOLO 5 94

    CAPITOLO 6 117

    CAPITOLO 7 149

    CAPITOLO 8 178

    CAPITOLO 9 193

    CAPITOLO 10 217

    CAPITOLO 11 240

    CAPITOLO 12 254

    CAPITOLO 13 273

    CAPITOLO 14 296

    CAPITOLO 15 311

    EPILOGO 324

    CAPITOLO 1

    Era una bella giornata di fine estate e Diana, tornata il giorno prima dalle vacanze trascorse al mare con sua sorella Astrid e i genitori, non aveva voglia di passarla con i suoi amici in cantina. Era strano che non le andasse, aveva sempre amato trascorrere il tempo con Tommi, Gio e Miki, ma quel giorno non era dell'umore adatto. Era colpa di Tommi: durante le tre settimane di separazione aveva cercato di contattarlo più volte, ma lui l'aveva quasi sempre ignorata, se si escludono un paio di sms mandati più per obbligo che per piacere. Diana era furiosa con lui e non voleva proprio vederlo.

    Erano tornati tutti quel giorno dalle vacanze estive: Miki le aveva mandato un messaggio per avvisarla che si sarebbero trovati come sempre nel primo pomeriggio da Tommi, ma lei si era inventata un impegno con i suoi genitori. Mentre si incamminava verso il grande parco che circondava il paese si immaginava i suoi tre amici in cantina: Gio probabilmente era intento a raccontare delle nuove ricerche che aveva intrapreso mentre era in vacanza ad annoiarsi con i suoi genitori. Chissà di cosa si stava occupando ora. Extraterrestri? Misteri militari? Robot... Senza rendersene conto Diana rallentò il passo. I suoi pensieri corsero in fretta indietro di un paio di mesi, a quando non aveva avuto più notizie dei suoi amici per alcuni giorni, alle ricerche che aveva fatto per trovarli, alla strana avventura che era capitata loro nel mondo dei tbot… Quanto era stata in pena per i suoi amici. Ma in fondo anche lei avrebbe voluto viverla con loro quell’avventura, ma non andò così. E di nuovo tornò a pensare a quanto era stata felice i giorni successivi al loro ritorno, a quanto si era avvicinata a Tommi: ma al solo pensiero del ragazzo in lei tornò di nuovo una rabbia tale che riprese a camminare a gran velocità, inoltrandosi in una piccola stradina non asfaltata verso il fiume che attraversa il parco, tagliandolo a metà.

    In cantina i tre amici si erano finalmente riuniti. Erano molto felici di trovarsi di nuovo insieme. Nei giorni di vacanza si erano tenuti in contatto, ma questo non poteva bastare: quando erano a casa Miki e Tommi erano abituati a sentirsi ad ogni ora del giorno attraverso i walkie-talkie e a vedersi tutti i giorni anche con Gio.

    I ragazzi passarono il tempo a raccontarsi delle vacanze con i propri genitori, ma nessuno di loro ne sembrava particolarmente entusiasta. La situazione sarebbe stata diversa se le avessero trascorse insieme: avevano tentato di proporlo ai propri genitori, ma non c'era stato verso di convincerli. Se mai avessero avuto una minima possibilità, questa era sparita in seguito alla loro scomparsa nel mondo del futuro. Ricordavano con piacere l'avventura passata, seppur c'erano stati momenti difficili, e tornarono a parlarne. I tre ragazzi avevano ognuno dei motivi diversi per essere nostalgici di quel mondo, e si resero ancora una volta conto di quanto gli mancassero gli amici che avevano conosciuto e da cui si erano dovuti separare. Fu Tommi a cambiare discorso.

    «Ragazzi» disse, «ho pensato che per natale potrei farmi regalare dei walkie-talkie più potenti così da poter parlare anche con te, Gio, che ne pensi?»

    «Penso sia una bella idea, ma sei sicuro che esistano dei walkie-talkie così potenti?»

    «Basta informarsi...» s'intromise Miki.

    «Caspiterina, io ho sempre delle ottime idee!»

    «Questa l'ho già sentita» disse Gio in tono scherzoso. «Come quella volta che la tua ottima idea ci ha quasi fatto arrestare...»

    «Arrestare? Ma di cosa stai parlando?»

    «Quando ci avevi convinto, dicendo che fosse un'ottima idea, a portare via l'uva dal vigneto del signor Brambilla che altrimenti, a parer tuo, sarebbe marcita. E proprio in quel momento passarono i vigili. Per fortuna il signor Giuseppe ci ha visto e li ha distratti chiedendogli un'indicazione stradale...»

    «Ancora con questa storia? È successo più di un anno fa! E poi non mi sembra che mentre ti abbuffavi dell'uva ti lamentassi...»

    Miki sorrise allo scambio di battute dei due, finché Gio, imbronciato perché non sapeva cosa ribattere, cambiò nuovamente argomento.

    «Lo sapete a cosa mi sono dedicato in queste due settimane?»

    «A cosa?» domandò curioso Miki, ancora con il sorriso sulle labbra.

    «Mi sono informato sulle armi da lancio...»

    «Armi da lancio?» lo interruppe Tommi, ancora risentito dal discorso di Gio. «E il triangolo delle Bermuda lo hai già lasciato perdere?»

    Gio adorava fare ricerche su qualsiasi cosa: alcune volte se ne occupava per mesi interi, altre le abbandonava quasi subito. Ogni volta, però, ne parlava con i suoi amici, che erano sempre disposti ad ascoltarlo, anche quando esponeva delle teorie strampalate.

    «Lasciamo stare il trangolo delle Bermuda; è tutto un business. Parliamo di cose serie, le armi da lancio... Tipo fionda o frombola...»

    «Frombola?»

    «Ma non sapete proprio nulla!»

    «Caspiterina, sei tu che ti sei informato. Allora ci vuoi spiegare o no?»

    Miki si divertiva a vedere i continui battibecchi che c'erano tra i suoi due amici; non avevano mai litigato seriamente ma era difficile per loro parlare per più di cinque minuti senza prendersi in giro o arrabbiarsi.

    «La frombola è un'arma da lancio molto antica» il ragazzo assunse un tono serio per attirare l'attenzione dei due. «È una specie di fionda composta da una sacca con due lacci, uno dei quali termina con un cappio. Il cappio si lega al polso o al dito indice o medio, mentre l'altro laccio viene tenuto con l'altra mano; si mette il proiettile, che può essere ad esempio un sasso o una pietra, e si fa roteare. Quando si lascia il laccio, il proiettile viene scagliato verso l'obiettivo».

    I due amici ne sembrarono affascinati e non interruppero Gio, che invece si attendeva a quel punto della spiegazione qualche domanda: non ricevendone, continuò.

    «Ma è un'arma poco precisa e molto pericolosa, quindi mi sono informato su come si costruisce una fionda... E l’ho costruita!» concluse con grande entusiasmo, sistemandosi gli occhiali per darsi un'aria ancora più seria.

    Gio tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans una fionda di legno.

    «Caspiterina, è bella! Ma funziona?»

    «Che domande... Certo che funziona! E mi sto esercitando, voglio diventare il migliore ad usare la fionda!»

    «La possiamo provare?»

    I tre ragazzi si spostarono nel giardino di Tommi, sul retro della cantina. Posizionarono una latta sui bidoni dell'immondizia e iniziarono a prendere la mira e lanciare sassi di diverse dimensioni. I primi tentativi erano stati un vero fallimento per Miki e Tommi, ma quando provò Gio i due dovettero ammettere che era veramente bravo: non sapevano se fosse il migliore in assoluto, ma certamente lo era tra loro tre.

    Diana si stava inoltrando sempre di più nel parco, continuando a pensare ai suoi amici. Si chiedeva se Miki fosse riuscito a togliersi dalla mente Alice, la ragazza conosciuta nel futuro e di cui, cosa piuttosto evidente, lui era follemente innamorato. Oppure i due si erano continuati a sentire attraverso il computer e avevano continuato a sognarsi? In fondo quella sarebbe stata una bellissima storia d'amore, peccato che c'erano duemila anni a separarli…

    Era inutile continuare ad immaginarseli e a fantasticare su quello che stavano facendo: in fondo voleva stare con loro, non voleva passare il pomeriggio da sola. Cambiò di nuovo idea su come avrebbe voluto trascorrere quella giornata; ci aveva pensato molto prima di inventarsi l'impegno con i genitori inviando, quindi, un sms a Miki. Ora aveva capito che voleva andare alla cantina. Si sarebbe giustificata dicendo che con i suoi genitori aveva finito prima e che, avendo il pomeriggio libero, aveva deciso di passare da loro.

    Appena presa questa decisione, si distolse dai suoi pensieri e si rese conto di aver raggiunto le rive del fiume; nel punto in cui si trovava, questo creava una piccola cascata. Il parco era in una zona pianeggiante, quindi il corso d'acqua scorreva lento e annoiato; solo in quel punto sembrava darsi una scossa, affrontando il dislivello. Quello era il punto del fiume che lei preferiva: non era sua intenzione raggiungere quel luogo, camminava senza meta, ma in fondo era felice di trovarsi lì. L'acqua, scorrendo veloce e cadendo a un metro di altezza, creava una nebbiolina, simile alla foschia invernale. Quando i raggi del sole incontravano le gocce di vapore sospese a mezz'aria si creavano dei bellissimi arcobaleni. Le piaceva l’idea che a poche centinaia di metri dalle strade trafficate ci fosse un angolo così meraviglioso. La ragazza rimase alcuni minuti ad osservare i bellissimi colori che la natura riusciva a creare, pensando a quanto fosse meraviglioso trovarsi lì. Quando l'arcobaleno svanì, Diana riuscì a intravedere l'altra riva del fiume e notò che da dietro un basso cespuglio provenivano dei luccichii. Concentrò il suo sguardo sull'altra sponda per capire se si trattasse di un semplice riflesso della luce o se ci fosse qualcosa e riuscì ad intravedere quella che sembrava una cassa di legno. Non era strano vedere dei rifiuti abbandonati in riva al fiume: purtroppo, sebbene il parco fosse recintato e ben curato, spesso se ne trovavano in mezzo alla vegetazione. Ma la cosa strana era che i raggi del sole sembravano riflettersi sulla cassa. Ovviamente Diana si domandò cosa contenesse. Per raggiungere l'altra riva del fiume avrebbe dovuto camminare ancora un paio chilometri prima di poterlo attraversare, percorrendo un piccolo ponte di legno costruito per i pedoni; poi avrebbe dovuto risalire il fiume fino a quel punto lungo l’altra riva, dove avrebbe dovuto farsi strada tra rami, cespugli e piante varie, ma pensò che ne valesse la pena e anche che sarebbe stato il caso di avvisare i suoi amici per farsi raggiungere.

    Chiamò quindi Miki.

    «Ciao Diana!» rispose l'amico con il solito tono allegro.

    Diana notò quanto fosse diversa la sua voce al telefono, sembrava dimostrare più anni di quanti ne aveva.

    «Ciao Miki, sono riuscita a liberarmi e ora mi trovo nel parco in riva al fiume, dove c'è la cascata...»

    «Ma cosa ci fai lì?» la interrupe Miki. «Potevi passare da noi... Sai, stiamo tirando con la nuova fionda di Gio! È più bello di quanto pensassi!»

    «Ah, sì?» domandò la ragazza sforzandosi di sembrare interessata alla cosa. «Comunque ho chiesto ai miei di lasciarmi nel parco, poi vi avrei raggiunti».

    «Ma non potevi farti lasciare direttamente qui da noi?»

    «Miki, non interrompermi». Diana si rese conto che forse il suo tono era diventato un po’ brusco, ma Miki aveva sempre questo vizio di interrompere le persone mentre parlavano al telefono o, ancora peggio, con il walkie-talkie. «Riuscite a raggiungermi al ponticello di legno? Io sarò lì tra una decina di minuti...»

    «Sì, penso di sì, ma perchè?»

    «Prima arrivate e prima lo saprete. Vi aspetto lì» e Diana schiacciò il tasto rosso prima ancora di lasciare a Miki il tempo di rispondere.

    Sapeva che non rivelando il motivo di quell'incontro l'avrebbero raggiunta il prima possibile, presi dalla curiosità. Se gli avesse detto che aveva visto una cassa da cui proveniva uno strano luccichio forse non avrebbero nemmeno accettato di raggiungerla, ma così sarebbero arrivati in poco tempo.

    Quindi si incamminò con passo spedito verso il ponte di legno.

    Quando lo raggiunse i tre amici erano gia lì; in bicicletta erano stati più veloci di lei.

    Tutti la salutarono, ma notò subito che Tommi non incrociò il suo sguardo. Diana prese coraggio e decise che avrebbe cercato di fare finta di nulla con lui, almeno per quel pomeriggio, poi magari avrebbe affrontato il problema.

    «Si può sapere perchè ci hai fatto venire qui con tutta questa fretta?» si rivolse in malo modo Gio alla ragazza.

    Gio non era un ragazzo dai modi gentili, soprattutto con le ragazze, ma conoscendolo, i suoi amici sapevano quanto teneva a loro, e che quello era solo il suo modo di comportarsi.

    «Dobbiamo andare dove c'è la cascata, ma da quasta parte della riva...» rispose Diana, non tanto per dare una spiegazione a Gio, quanto più per giustificarsi del fatto di averli fatti andar lì in così poco tempo.

    «Ma di qua è scomodo, non c'è nemmeno un sentiero... Se proprio dobbiamo raggiungere la cascata andiamo da questa parte».

    «Seguitemi e poi vedrete perchè dobbiamo andare di qua...»

    La ragazza non voleva ancora dare nessuna spiegazione e si incamminò, senza aspettarli, verso l'altra riva.

    Miki e Tommi la seguirono senza fare altre domande, e Gio si vide quindi costretto a fare altrettanto.

    Come suo solito aveva da ridire, ma avrebbe seguito i suoi due amici ovunque, come già aveva fatto molte altre volte.

    «Diana, fai andare avanti me e Tommi» disse Miki. «Così possiamo fare strada...»

    «Grazie, Miki. Sei sempre il solito cavaliere...» la ragazza rivolse uno sguardo torvo a Tommi mentre la superava, ma lui non sembrò accorgersene.

    I quattro camminarono per una decina di minuti, cercando di evitare le ortiche, i rami e le spine dei vari cespugli che attraversavano. Durante la passeggiata, Gio continuò a lamentarsi per ogni piccolo graffio, e smise solo quando Tommi lo prese in giro, dicendogli: «Sei peggio di una femmina. Se ci fosse stata qui Astrid avrebbe frignato molto meno di te!»

    A quel punto Gio, che diceva di non sopportare Astrid fin da quando un paio di anni prima l'aveva conosciuta, si sentì offeso e non fiatò più, anche se ad ogni passo sbuffava peggio di un vecchio treno a vapore.

    «Eccoci arrivati alla cascata» urlò Miki per farsi sentire anche dall'ultimo del gruppo, che ovviamente era Gio.

    «Diana, ora puoi dirci perchè siamo qui?» chiese Tommi con tono curioso, rivolgendole la parola per la prima volta, prima che lei li raggiungesse.

    La ragazza aspettò che Gio sbucasse dai rovi un minuto dopo, sempre sbuffando.

    «Sì, perchè siamo qui?» domandò anche lui con il fiatone.

    Ma lo sguardo di Miki aveva già notato lo strano luccichio che proveniva da dietro il cespuglio a pochi passi da lui. Si avvicinò piano piano e non appena vide la cassa, anticipando la risposta di Diana, urlò: «Uao! Ragazzi, venite a vedere... Che meraviglia!»

    Tutti si precipitarono da Miki. I ragazzi circondarono il cespuglio a bocca aperta: il riflesso proveniente dalla cassa risplendeva nei loro occhi facendogli assumere una tonalità dorata.

    «Caspiterina...»

    «Che meraviglia...»

    «Saranno vere?»

    «Non so... Ma di certo sono tante. Così tante che accecano...»

    Tommi fu il primo a far scomparire le mani in mezzo alle migliaia di monete d'oro che riempivano la cassa fino all'orlo; se ne riempiva il palmo e poi le lasciava ricadere. I quattro amici non resistettero e fecero lo stesso, lanciandole e facendole sbattere tra loro in mano e nella cassa: senza dire più nulla, sembravano come incantanti dal tintinnio dorato delle monete e dal loro luccichio.

    Il primo a distogliersi da quello stato fu Tommi.

    «Ma che caspiterina...» la sua voce era bassa, coperta dal rumore delle monete e della cascata, ma bastò agli amici per capire e guardare nella stessa direzione dell'amico.

    Attraverso la nebbiolina della cascata tutti notarono la sagoma di un'enorme barca, che proveniva dalla direzione del ponte che avevano attraversato.

    «Ragazzi, secondo me abbiamo le visioni...»

    «Non può essere...»

    «Non passano barche per questo fiume» disse Gio. «E poi non è possibile che una nave così grossa sia passata sotto il ponte di legno, per di più controcorrente. E il fondo non è così profondo, la nave avrebbe dovuto incagliarsi…» Gio era lucido nelle sue riflessioni, ma era come se parlasse tra sé, con lo sguardo fisso verso la sagoma dell'imbarcazione che si avvicinava sempre di più alla cascata.

    «Nascondiamoci!» urlò Tommi, che dovette strattonare per il braccio Gio per farlo muovere e destarlo da quello stato di trance.

    Si diressero quindi verso i rovi, allontanandosi dal forziere, e si nascosero dietro la vegetazione.

    Attraverso i rami e i cespugli tutti e quattro riuscivano a vedere sempre meglio l'enorme barca. Era un grosso veliero di legno con tre alti alberi: quello centrale era il più imponente e sembrava raggiungere l'altezza di un palazzo di tre piani. Era ben visibile anche il grosso bompresso alla cui estremità aveva una statua di legno che rappresentava un delfino.

    Le vele erano ancora legate ai pennoni degli alberi, ma la nave apparsa all'improvviso sembrava immobile.

    Dalla direzione da cui proveniva l'imbarcazione iniziò a soffiare un forte vento che aumentò via via la propria potenza, raggiungendo velocemente il punto in cui si trovavano i ragazzi; le vele si spiegarono e si gonfiarono spinte dalla forza del vento che sembrava accompagnare la nave e che aumentava con il suo avvicinarsi. I ragazzi si schiacciarono ancora più a terra, uno in fila all'altro, non solo per nascondersi, ma anche per proteggersi dall’aria: i rami sopra le loro teste si muovevano freneticamente e sbattevano tra loro facendo cadere le foglie per terra. Per un paio di minuti non riuscirono neppure ad alzare le teste, erano tutti preoccupati a ripararsi senza capire che cosa stesse succedendo. Poi improvvisamente il vento svanì, così come era arrivato, e rimase di nuovo solo il rumore dell'acqua.

    Senza dirsi nulla, frastornati e ricoperti di foglie, con le mani ancora a coprirsi le orecchie e il capo, i quattro amici alzarono lo sguardo e, attraverso il cespuglio dietro cui erano sdraiati, videro che l'enorme nave era proprio di fronte a loro, galleggiando tranquillamente nella pozza d'acqua formata dalla piccola cascata.

    Dalla loro posizione riuscivano a vedere il gigantesco scafo di legno; alzando lo sguardo scorsero le punte degli alberi della nave con i relativi pennoni e le vele che erano piegate su se stesse, immobili.

    In cima all'albero più alto c'era una bandiera nera, ma anche questa aveva smesso di sventolare a causa della mancanza improvvisa di vento. Fu Tommi il primo a notarla.

    «Una bandiera nera, non promette nulla di buono..» bisbigliò, rimanendo sdraiato a terra.

    «Cosa vorresti dire?» a Diana tremava la voce.

    «Non ha senso quello che sta succedendo. Non può esserci una nave del genere qui di fronte a noi...»

    Gio tremava dalla paura e continuava a parlare tra sé, così a bassa voce che anche Miki, vicino a lui, faceva fatica a sentirlo.

    Erano passati un paio di minuti da quando il vento era scomparso e la nave rimaneva completamente immobile. Non c'erano voci e sembrava che non ci fosse nessuno nei paraggi a parte loro quattro.

    Proprio quando Miki stava per trovare il coraggio ed alzarsi per vedere meglio la nave e cercare di avere maggiori notizie, uno degli oblò si aprì. Ancora una volta tutti e quattro si schiacciarono a terra, sperando che le foglie, che ancora avevano addosso, potessero aiutarli a mimetizzarsi; Miki riuscì a sistemarsi in una posizione che gli permetteva di vedere bene quello che stava succedendo.

    Dall'oblò uscì una piccola scimmia, che silenziosamente scivolò giù per lo scafo e saltò sulla riva. Toccò la terra ferma proprio di fronte al cespuglio che nascondeva i quattro amici: nonostante avesse lo sguardo rivolto verso di loro sembrava non averli notati. Aveva un muso di forma triangolare, curioso e simpatico, con delle piccole orecchie a punta ed un naso simile a quello di un topo; due piccoli occhi si muovevano veloci, circondati dal pelo nero che faceva sembrare che avesse delle grosse occhiaie. La lunga coda prensile si attorcigliava su se stessa, aveva delle esili e veloci zampe anteriori e delle zampe posteriori molto robuste. Dopo aver guardato rapidamente intorno a sé si girò verso la nave ed iniziò a muoversi freneticamente, saltando sul posto ed emettendo versi striduli ed acuti: sembrava stesse facendo dei segnali alla nave.

    Dopo pochi istanti, continuando a saltellare, si diresse velocemente verso la cassa con il tesoro; aumentò la velocità e prendendo lo slancio si staccò da terra con un alto salto; allungò la coda che si attorcigliò al ramo di un albero e si accovacciò su di esso, proprio sopra la cassa abbandonata. Da quel punto era strano che non avesse ancora notato i ragazzi, ma sembrava fosse così.

    I quattro amici non si preoccuparono della scimmia, in fondo era solo un simpatico animaletto saltellante, e rimasero con lo sguardo fisso verso lo scafo della nave. Temevano che qualcuno potesse scendere a terra e che loro non avrebbero avuto il tempo di scappare senza farsi notare: a tutti tremavano le gambe, erano rimasti a bocca aperta e non avevano il coraggio di dire nulla.

    Dal ponte della nave venne gettata una fune e subito iniziò a calarsi una persona che, puntando i piedi sullo scafo, scendeva facendo dei salti a piedi uniti tenendosi con le mani alla grossa corda. Ad ogni spinta che si dava con le gambe, faceva scorrere le mani e contemporaneamente urlava:

    «Op... Op…».

    Nonostante fosse di corporatura robusta era piuttosto veloce e agile. Indossava dei pantaloni verdi, strappati in diversi punti e ai piedi aveva dei vecchi scarponi consumati e ricoperti di palta; una vecchia camicia hawaiana sotto ad una giacca militare sventolava ad ogni movimento e in testa indossava un berretto militare che ne copriva completamente il capo fino alle orecchie. Con un'ultima forte spinta riuscì a lanciarsi verso la riva e con destrezza fece una capriola cadendo in piedi.

    «Op... Op…»

    Subito fu seguito da un compagno che con la stessa tecnica e urlando allo stesso modo scendeva ancora più agilmente dalla nave. Si trattava di una ragazza, i lunghi e dritti capelli di un nero corvino erano così lucidi che sembravano riflettere la luce del sole. La ragazza indossava un corto mantello blu scuro che arrivava appena sotto le spalle, dei pantaloni grigi attillati ed una tunica azzurra lunga fino alle ginocchia, ricamata di fili d'oro che splendevano ad ogni movimento incontrando la luce. Alla vita aveva una grossa cintura da cui sbucava un piccolo pugnale.

    Quando i due si ritrovarono a terra uno di fianco all'altra si diressero subito verso la cassa; nel frattempo la scimmia strillava sopra le loro teste, saltellando da un ramo all'altro.

    «Caspiterina, ma chi sono quei due? Pensate che ci abbiano visto?» a Tommi tremava la voce.

    «Non ne ho idea, ma dobbiamo decidere se rimanere nascosti o darcela a gambe... Pensate di farcela a correre?»

    «Quella ragazza ha un pugnale... No, no, ragazzi. Rimaniamo nascosti, non ci hanno visti» Gio era terrorizzato.

    L'uomo sceso dalla barca si girò bruscamente ed iniziò a guardare verso di loro; aveva una benda su un occhio e il berretto aveva disegnato un grosso teschio sul davanti. Non parlò, ma rivolse uno sguardo alla sua compagna e poi alla scimmia.

    I due presero in mano il baule e lo sollevarono, all'apparenza senza un briciolo di fatica. La scimmia si spostò dal ramo e, con l'aiuto della coda, si avvicinò alla nave ritrovandosi sopra le teste dei quattro amici che subito smisero di parlare tra loro e rimasero immobili, sperando che l'animale non attirasse l'attenzione dei due. L’uomo e la donna si spostarono lentamente verso la riva e vi appoggiarono il baule.

    Dalla nave vennero lanciate altre due funi che terminavano con dei ganci di metallo che furono ancorati alle maniglie del baule per issarlo sulla nave. Velocemente i due risalirono arrampicandosi e subito la scimmia saltò sulla fune seguendoli, facendo un ultimo stridulo verso in direzione del cespuglio dove i ragazzi erano nascosti. Sembrava quasi che volesse salutarli.

    Il vento ricominciò a soffiare, le vele stavano riprendendo a gonfiarsi. Ma all’improvviso dalla nave si sentì una voce e tutto tornò subito calmo.

    «Li riconosci?» una voce di donna proveniva dal ponte della nave. Non essendoci più il rumore del vento, da terra si poteva sentire abbastanza distintamente la conversazione.

    «Sì, certo... Sono loro».

    Nell'udire la risposta, i ragazzi a terra si guardarono in faccia stupiti; conoscevano quella voce.

    «Ma questa voce l’ho già sentita».

    «State pensando anche voi quello che penso io?»

    «Non può essere...»

    «Astrid!»

    La ragazzina si affacciò dal ponte della nave e guardò in giù. Sembrava aver visto i tre amici e la sorella, ma non gli rivolse alcun cenno. Al suo fianco c'era ora la donna che era appena risalita sulla nave e che probabilmente le aveva rivolto la domanda.

    «Non ci sono più» disse la Principessa. «Beh, non possiamo obbligarli, hanno avuto la loro possibilità. Ragazza, mi sa che ti sei sbagliata!»

    La donna si girò allontanandosi, scomparendo dalla vista.

    Astrid rimase affacciata ancora qualche secondo, dopodiché la seguì.

    Il vento riprese a soffiare e le vele si gonfiarono, iniziando a far spostare la nave.

    Improvvisamente Gio si alzò da terra.

    «Non possiamo lasciarla andare. Dobbiamo salvarla!» iniziò a correre verso la nave.

    Il vento stava aumentando

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