Nell'attesa della tua venuta: Il liturgista risponde
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Ecco il terzo testo di padre Enrico Finotti nel format delle domande e risposte sulla liturgia. Nell'attesa della tua venuta segue Il mio e il vostro sacrificio e Se tu conoscessi il dono di Dio. Anche qui si trovano tante curiosità per chi vuole conoscere la liturgia in modo profondo e non superficiale. Parlando della stola per esempio afferma: "La stola quindi è l’insegna-base di tutti coloro che sono stati ‘segnati’ dal carattere dell’Ordine sacro: il Vescovo, il Presbitero e il Diacono. Essa è portata traversa dal Diacono e diritta dal Presbitero e dal Vescovo. Ora, mentre gli abiti variano a seconda del tipo di rito o in ragione della diversa solennità, la stola - sempre sopra il camice o la cotta (e mai sull’abito civile) - è assunta sempre, in ogni genere di celebrazione liturgica. Eliminare l’insegna propria del ministro ordinato è quindi impoverire certamente i ‘santi segni’ e una novità assoluta rispetto alla tradizione secolare della Chiesa, orientale e occidentale". Padre Finotti ritiene sempre importante ribadire: "Infine, è necessario acquisire il senso della Liturgia come azione di Cristo e della Chiesa e non come un atto privato. Per questo nessuno, anche se sacerdote, può mutare, aggiungere o togliere elementi propri della liturgia stabilita dalla Chiesa ed edita nell’editio typica’". Questo concetto diviene oramai sempre più astruso per tutti coloro che usano della liturgia come possedimento privato.
E che dire, quando parla dei giovani? "La ‘pastorale giovanile’ non può ammettere il capriccio e non può rimandare ad una presunta futura maturazione che non verrà mai. Se non si inizia subito ad introdurre i bambini e i giovani nella esperienza delle leggi rituali e liturgiche, atte ad educare alla spiritualità, alla proprietà, alla vera devozione, domani avremo un popolo di Dio estraneo alle leggi fondamentali della vita interiore e del culto liturgico". Insomma, una visione se vogliamo controcorrente per cercare di raddrizzare la rotta di una barca che sembra andare alla deriva.
Poi si parla della necessità (o no) della quindicesima stazione della Via Crucis, dei bambini nella Veglia Pasquale, l'uso dei paramenti preziosi ("Lode ai nostri sacristi per la cura di paramenti tanto belli, che impreziosiscono le nostre sagrestie! Purtroppo molti pezzi di grande valore artistico e spirituale sono stati lasciati deperire, altri smontati per fare casule moderne, comunque abbandonati e non più usati. Il Concilio, come si vorrebbe far passare, non ha nel modo più assoluto comandato o consigliato l’abbandono dei paramenti storici, anzi ne ha sollecitato il restauro e la conservazione...") e molto altro.
Avete avuto problemi con le interminabili preghiere dei fedeli? Oppure qualche sacerdote non ha simpatia per il Credo? A proposito di quest'ultimo: "E’ per tutti chiaro che nessuno può riscrivere i testi della Sacra Scrittura, che hanno Dio stesso come autore. Ma è altrettanto evidente che neppure i testi liturgici possono essere modificati o sostituiti, in quanto esprimono la fede della Chiesa e non le opinioni private".
Insomma, un testo che va degnamente a quasi completare gli altri due precedenti (anche se altri ne seguiranno) per poter apprezzare la liturgia per quello che è non per quello che alcuni vorrebbero che fosse.
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Anteprima del libro
Nell'attesa della tua venuta - Enrico Finotti
Credo?
L'uso della stola nella Messa
Il mio parroco e altri sacerdoti non usano più la stola quando indossano la casula per la Messa. Egli dice che non ha senso un segno che non si vede. Da noi le stole delle pianete e delle casule sono tutte raccolte in un cassetto insieme ai vecchi manipoli, perché non servirebbero più. Cosa pensare?
Un sacrista.
L’omissione della stola sotto la casula é un costume oggi diffuso e dibattuto. Occorre allora un ragionamento per impostare il problema. Infatti, oggi è necessaria una adeguata formazione teologica e liturgica, che offra i motivi che presiedono alle disposizioni rituali e sia in grado di suscitare un’ adesione convinta.
Si deve distinguere tra abiti e insegne liturgiche. Gli abiti mirano a rivestire degnamente la persona del ministro, mentre le insegne dichiarano in modo più immediato il ministero di cui è investito e ne specificano i diversi gradi. Il camice (o la cotta sopra la talare), la casula, il piviale, la dalmatica e il velo omerale sono abiti liturgici. La stola, la mitra, il pastorale e il pallio sono insegne liturgiche. La stola quindi è l’ insegna-base di tutti coloro che sono stati ‘segnati’ dal carattere dell’Ordine sacro: il Vescovo, il Presbitero e il Diacono. Essa è portata traversa dal Diacono e diritta dal Presbitero e dal Vescovo. Ora, mentre gli abiti variano a seconda del tipo di rito o in ragione della diversa solennità, la stola - sempre sopra il camice o la cotta (e mai sull’abito civile) - è assunta sempre, in ogni genere di celebrazione liturgica. Eliminare l’insegna propria del ministro ordinato è quindi impoverire certamente i ‘ santi segni’ e una novità assoluta rispetto alla tradizione secolare della Chiesa, orientale e occidentale. Anzi, nella tradizione antica romana, la stola degli ordinandi veniva deposta sull’altare durante la notte che precedeva l’ordinazione, quasi per impregnarla della preghiera della Chiesa e della grazia divina invocata sugli eletti. Tale costume perdura ancor oggi per il pallio dei metropoliti, che viene depositato e conservato sotto l’altare della confessione nella basilica vaticana. Naturalmente il problema qui non è la stola per se stessa, ma il suo uso sotto la casula, quando ne rimane nascosta. In proposito mi pare che vi siano fondamentalmente tre ragioni per impostare una soluzione:
1. La stola interessa prima di tutti il ministro che la indossa nel contesto della preparazione alla Messa in sagrestia. Purtroppo, oggi, sembra esserci una esclusiva attenzione a ciò che si deve comunicare agli altri e una accentuata trascuratezza, invece, per la partecipazione spirituale del ministro, che si accinge a celebrare. Ne è testimone l’assenza del silenzio in sagrestia, l’assunzione solo funzionale e affrettata dei paramenti e l’eliminazione, talvolta totale, delle preci sacerdotali silenziose previste nel corso della Messa, per consentire l’unione personale del sacerdote al divin Sacrificio, che sta per celebrare. Con questo sguardo esclusivamente rivolto all’assemblea, la stola coperta dalla casula potrebbe non aver senso. Ma lo acquista se diventa segno di rinnovata assunzione spirituale del ministero sacro ogni volta che ci si veste per la Messa. La stola ha allora valore innanzitutto per il vescovo, il sacerdote o per il diacono che, indossandola con atteggiamento sacro e senso di venerazione, possono riscoprire, di volta in volta, il dono ineffabile di essere costituiti, nel loro diverso grado, ministri del Sommo Sacerdote, Cristo Signore. Tale atteggiamento, ispirato a pietà e vera devozione, non potrà che edificare tutti coloro che in sagrestia assistono i ministri nella loro preparazione al divin Sacrificio.
2. Nella tradizione classica la stola sotto la casula è sempre stata anche visibile, uscendo con i due pendenti anteriori e conferendo alla persona del sacerdote una notevole dignità. Si tratta allora di verificare quale cura e attenzione si riserva alla qualità degli abiti sacri. Certo