Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le trame di Bea: La santella
Le trame di Bea: La santella
Le trame di Bea: La santella
E-book185 pagine2 ore

Le trame di Bea: La santella

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Dopo aver affrontato l'appassionante ricerca storica legata al dipinto nella stanza degli amori infelici, per Beatrice è tempo di rituffarsi in una nuova trama. Lo spunto arriva da una svolta importante, ovvero la decisione di lasciare la Facoltà di Economia per studiare Giornalismo. L'incarico di scrivere un reportage sulle santelle, le edicole votive ben diffuse nel Bergamasco, consente a Bea - dopo qualche perplessità iniziale - di tornare sulle tracce di storie antiche e quasi dimenticate. Le immagini sacre hanno molto da svelare; un dettaglio e una sensazione innescano una moltitudine di elementi che la ragazza dovrà individuare e ordinare per riportare alla luce segreti incredibili che legano i miti della sua terra. Non mancheranno sviluppi, a volte amari e a volte dolci, riguardo le figure più importanti della vita di Bea, a partire dal "suo" principe Andrea e quel castello che rimarrà un punto di riferimento imprescindibile. Prefazione di Gabriele Medolago.
LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2019
ISBN9788832811520
Le trame di Bea: La santella

Correlato a Le trame di Bea

Ebook correlati

Narrativa di azione e avventura per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Le trame di Bea

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le trame di Bea - Mara Bozzolan

    luoghi.

    Prefazione

    Per chi, per passione o per professione, si occupa ogni giorno di storia questo è un testo un po’ inusuale e ancor più inusuale è fare una prefazione a un libro di questo tipo, chi ricerca sempre date e fatti precisi si accosta con diffidenza a un romanzo.

    Come il primo volume Le trame di Bea, anche questo romanzo è un’opera di fantasia, però la Storia con le sue vicende e i suoi luoghi contribuisce a gran parte della narrazione, che è costruita su due livelli: quello della storia di Bea e Andrea da un lato e quello di una vicenda immaginaria che prende però spunto da quanto la Storia ci ha lasciato dall’altro, creando quasi un tessuto nel quale la trama romantica e di fantasia e l’ordito degli elementi storici si incrociano per creare la narrazione.

    Traendo ispirazione anche da alcune vicende e oggetti di recente riportati all’attenzione, questa volta le autrici si sono lanciate in un racconto ancora più ampio e complesso e l’invenzione narrativa si spinge molto avanti e si fa decisamente ardita.

    Il luogo di partenza è ancora Cavernago con i suoi due castelli, di Malpaga e, appunto, di Cavernago e la zona circostante con le sue cascine e santelle, ma la vicenda esce da questi confini e porta i protagonisti anche al di fuori dell’Italia, seguendo le peregrinazioni di alcuni oggetti legati alla figura del celebre condottiero Bartolomeo Colleoni (1392/1393-1475), uomo d’armi, ma anche di fede, costruttore di chiese e conventi, benefattore e promotore di opere per l’irrigazione, che nella rocca di Malpaga ebbe la sua Corte e spirò.

    Numerosi luoghi, fatti, situazioni, personaggi e oggetti che compaiono nel romanzo sono reali o tali venivano ritenuti, ma spesso vengono reinterpretati e trasfigurati dalle autrici, anche concedendosi qualche anacronismo; altri sono frutto di pura invenzione, ma inseriti in un quadro ricco di elementi storici, molti dei quali emersi da recenti ricerche. Il risultato è una storia che, oltre alla curiosità su come evolve la vicenda dei due protagonisti, suscita quella di conoscere meglio i luoghi in cui si svolge, gli antichi oggetti che vi sono citati e le diverse sfaccettature della personalità e delle imprese di colui che li volle o li possedette.

    Gabriele Medolago

    Capitolo I

    Eccomi: ora non sono più studentessa di Economia ma sono iscritta alla Scuola di Giornalismo. Vi aspettavate Storia o Storia dell’arte? Invece no! Ho scelto giornalismo perché, come ho già detto, la storia non fa proprio per me. Non mi districo bene tra date, re e regine; a me piace raccontare le storie e chi meglio di una giornalista potrebbe farlo? Non che sia tutto rose e fiori, ma adesso quello che faccio mi piace molto e ho un obiettivo che, quando frequentavo Economia, non avevo. Ora, se dovessero chiedermi come mi vedo tra vent’anni, non esiterei a rispondere: felice mentre scovo e racconto le storie perdute.

    L’unico problemino è che anche Paolo frequenta Giornalismo e purtroppo ha frainteso questa mia scelta; non si è dato per vinto, spera ancora in una possibile relazione tra noi due. Anche con i miei genitori non è stato facile: infatti, non l’hanno presa molto bene, non capiscono e non condividono questo mio cambio repentino di corso di studi. Mia madre si è subito buttata tra le braccia delle sue amiche del gruppo di cammino le quali, ovviamente, hanno detto che si è trattato di un colpo di testa dettato dalla mia sbandata per Andrea. Malignamente, poi, hanno fatto intendere che io voglia approfittare della situazione… insomma, per farla breve, pensano che la mia prospettiva futura sia quella di accasarmi con un partito sicuro e non fare altro nella vita. Niente di più sbagliato, io sono veramente determinata e non ho paura di guardare il mio futuro in faccia. Nonostante l’inizio sia stato un po’ burrascoso, non mi pento assolutamente di questa scelta.

    Oggi comincio il mio terzo mese di stage nella redazione di un giornale locale che si occupa di un po’ di tutto: cronaca locale e nazionale, cultura, sport. In poche parole, c’è la possibilità di sperimentare diversi campi giornalistici. Avrei voluto occuparmi di storie da riportare in vita e da proteggere dall’oblio, ma intanto iniziamo con la gavetta e impariamo l’arte del giornalismo: in futuro, forse, potrò iniziare a fare quello che veramente voglio.

    Andrea? Beh calma, non fate troppo i curiosi, in tutta tranquillità poi vi racconterò come sta proseguendo con lui.

    Oggi devo incontrare il mio capo, all’apparenza un tipo gioviale e grassoccio sulla cinquantina, ma ci si rende subito conto che si tratta di un principale più sullo stile tirannico che accondiscendente.

    «Bea, il grande capo ti vuole vedere… subito!» dice Carlo, un mio collega, mentre sbuca dalla porta del mio piccolo ufficio che condivido con altri tre ragazzi, stagisti come me. Di colpo sento tre paia di occhi puntati addosso e anch’io, esattamente come loro, mi sto chiedendo la causa di questa improvvisa convocazione. Al giornale i corsisti vengono accolti e seguiti da semplici giornalisti, non hanno mai occasione di incontrare il caporedattore in persona.

    Oddio, spero di non aver combinato nulla… almeno nulla di grave! Ti prego, ti prego fa’ che non mi dica che non ha più bisogno di me, mi piace questo lavoro, anche se a dirla tutta, a oggi, a parte leggere storie e catalogare articoli, non ho fatto altro. Certo, quando ho iniziato questo stage, immaginavo qualcosa che mi portasse a fare ricerche sul territorio o, che ne so, magari chiacchierare con le persone per sapere di più riguardo storie che stiamo trattando, invece no.

    Me ne sto tutto il giorno nell’ufficio a leggere i lavori che speravo di fare io e che, ahimè, fanno altri… lo so che questa è la mia gavetta e che tutti, o quasi, ci sono passati prima di me, ma io mi sento pronta a fare il salto. Sono determinata e convinta come mai prima d’ora e… oddio, cosa vorrà il capo da me?

    «Allora Bea, hai intenzione di andare o aspetti che venga lui da te?» sento dire dalla scrivania alle mie spalle.

    «Vado, vado!» riesco a biascicare, ma ho le gambe che proprio non si vogliono muovere. La testa sembra pronta a scoppiare a causa dei mille pensieri che si affollano in questo momento: tristezza, delusione, frustrazione… avete presente tutti quei sentimenti della serie mai una gioia? Ecco: la mia espressione, in questo momento, la dice lunga su come mi sento!

    Percorro il lungo corridoio che porta all’ufficio del signor Erasmo e, mentalmente, ripenso a questi mesi: sono sempre arrivata cinque minuti prima dell’inizio del mio turno, non ho mai detto di no quando qualcuno mi ha chiesto di fermarmi oltre l’orario previsto, sono stata attenta ai lavori che mi hanno dato da visionare e allora… cosa avrò mai combinato?

    Sono davanti alla porta e, mentre faccio un lungo sospiro, come una condannata a morte, busso un po’ tentennante. Aspetto finché sento dall’altra parte: «… avanti!» e con uno sforzo enorme faccio il mio ingresso. Dietro la scrivania di mogano c’è il mio capo, almeno per ora; alza lo sguardo verso di me mentre dice:

    «Si accomodi Beatrice, prego!» e mi indica una poltroncina davanti a lui.

    Bene, adesso forse starete immaginando che io mi trovi davanti al classico capo fico, un cinquantenne affascinante che ogni segretaria vorrebbe; in realtà davanti a me c’è la figura di un uomo paffutello, un po’ stempiato. Porta occhiali con lenti spesse come fondi di bottiglia e, per sua fortuna, è felicemente sposato, ne danno testimonianza le molte foto di lui con famiglia, sparse sulla scrivania!

    «Allora signorina Beatrice, come sta andando per lei questa esperienza?» mi chiede mentre cerca dei fogli sul tavolo da lavoro.

    Un attimo di panico, ho le mani che sudano nonostante senta freddo, cerco di sistemare i pensieri nella mia testa e poi inizio a dire tutto d’un fiato:

    «Direi proprio bene, sono contenta di far parte di questo gruppo! Come lei sa ho lasciato la Facoltà di Economia e sono passata a Giornalismo perché mi sono resa conto in tempo di ciò che volevo fare nella vita. Sono passata dallo studio dei numeri allo studio della vita delle persone, ma, come le ho già detto, da grande voglio raccontare le storie perdute, storie di persone non famose che hanno lasciato o fatto qualcosa per cui è giusto che non siano dimenticate, bensì riportate a galla. Io la ringrazio per l’opportunità che mi sta dando. Ho visto in questi mesi come lavorate e mi ritengo fortunata a far parte di questa famiglia!».

    Una bella sviolinata ci sta sempre bene, penso, e spero che mi sia d’aiuto!

    «Signorina, in questo lavoro spesso si parte con tanti buoni propositi e ideali ma poi ci si scontra con la dura realtà. Non sempre si può scrivere quello che vorremmo o che ci piace. Un buon giornalista sa trovare il lato interessante e positivo di tutto quello di cui tratta. La passione deve andare di pari passo con l’impegno e il sacrificio. Solo così troverà sempre soddisfazioni e otterrà ottimi risultati in tutto quello che farà» risponde con tono burbero il signor Erasmo.

    Mi battezza subito con una ramanzina, lui di acqua ne ha vista passare sotto i ponti. Suona un po’ scontata, in realtà. Tanto si sa che a noi giovani scansafatiche, che immaginiamo un futuro di soldi e successo senza sacrificio, è sempre opportuno dare una scossa. Questo atteggiamento di scontro generazionale non mi piace. È vero che tutti, non solo i giovani, cercano la via più facile e breve ma questa posa di superiorità non serve a incoraggiare a dare il meglio di sé, probabilmente ottiene l’effetto opposto.

    Ad ogni modo, mentre sono assorta in queste considerazioni, lui continua:

    «È un po’ di tempo che collabora con noi e, prima che il suo periodo di stage volga al termine, è mia consuetudine dare la possibilità agli studenti di mettersi alla prova con un reportage».

    Fantastico, un reportage tutto mio! Finalmente potrò cimentarmi da sola in un lavoro personale per saggiare le mie capacità giornalistiche. Dopo aver lasciato la Facoltà di Economia per Giornalismo non posso più permettermi di sbagliare! Da quando ho scoperto il dipinto di Ludovica e il sarto nel castello dello zio di Andrea – il mio meraviglioso ragazzo – non riesco a liberarmi da quella sensazione elettrizzante. Probabilmente non mi succederà più di fare una scoperta così esaltante ma l’entusiasmo di quei giorni mi accompagnerà sempre nel lavoro.

    «La ringrazio per la possibilità che mi concede» rispondo, «farò del mio meglio».

    «Sarà un’occasione per imparare i rudimenti della professione e ricevere suggerimenti per migliorare le sue tecniche» aggiunge guardandomi attraverso i suoi occhiali spessi.

    Che modesto! Però è anche vero che sono proprio agli inizi e quindi posso solo imparare.

    «Ho pensato di darle l’incarico di fare una ricerca sulle edicole delle zone in cui vive» afferma.

    «Edicole?!» mi esce senza volerlo.

    «So che vive in un paese ricco di storia anche se poco raccontata e sottovalutata. Vediamo cosa riesce a raccontarmi su queste santelle: non sa che vengono chiamate anche edicole? O s’immaginava che le chiedessi un reportage sulla vendita dei giornali?».

    Lo dice in modo sarcastico, sottolineando la mia ignoranza come se, in cuor suo, sapesse già che non potrò riuscire a raccontargli nulla di nuovo su questo argomento. È certo che fallirò facendo un lavoro scontato. Per essere un capo che si propone di insegnare il mestiere ed essere un maestro, in realtà sembra solo un uomo che trova soddisfazione a dimostrare di essere migliore… magra consolazione essere il migliore quando ci si confronta con studenti alle prime armi!

    In effetti non ne so molto di queste santelle, edicole o come caspita si chiamano, mi è capitato di vederne qualcuna vicino casa ma non mi sono mai fermata a osservarle da vicino. Come spesso accade ci accorgiamo delle cose quando ne siamo direttamente interessati e io, prima d’ora, non ho mai dovuto occuparmi di edicole storiche. Però sono determinata, voglio dimostrare che credo in quello che ho scelto e che ho tutte le intenzioni di mettermi subito all’opera per fare un ottimo lavoro. Saluto e ringrazio il mio capo per l’opportunità che mi sta dando ed esco dall’ufficio piena di buoni propositi.

    Torno dai miei compagni d’ufficio che mi attendono ansiosi. Non faccio in tempo ad aprire la porta che subito Carlo mi dice:

    «Ammazzastagisti?».

    «Ovvero?!» rispondo un po’ accigliata.

    «Ti ha incaricato di fare un articolo?» risponde lui con un sorriso.

    «Sì, ho saputo che è una consuetudine per chi è qui da qualche mese come me, ma perché l’ammazzastagisti?» chiedo molto incuriosita. Certo, dal nome si può intuire che non è nulla di buono e Carlo non aiuta molto perché mi liquida con un semplice:

    «Lo capirai da te».

    Bene, a quanto pare, come sospettavo, non mi aspetta nulla di piacevole. Probabilmente è prassi del capo incaricare i poveri e sprovveduti stagisti di redigere un lavoro per poi stroncarli con critiche pesantissime tali da scoraggiare chiunque nel continuare la professione. Ma io non mi farò abbattere, sono una persona determinata e quando mi metto in testa un obiettivo nulla mi può sviare dalla meta e in questo momento sulla mia lista dei progetti c’è quello di fare una buona impressione al signor Erasmo.

    So che il discorso sulla determinazione lo faranno tutti, ma io arrivo dalla Facoltà di Economia e ho scelto Giornalismo con cognizione di causa, sono convinta più che mai della mia decisione e non sarà certo lui a farmi desistere.

    La sera inizio a programmare il mio lavoro, faccio qualche ricerca su internet, poi provo a fare una lista di posti da vedere e persone da incontrare. Infine chiamo il mio Andrea. Ecco, ora vi racconto di come procede con lui.

    Sta sempre a Piacenza ma, appena gli è possibile, corre da me e trascorriamo ogni momento

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1