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La Magia del Sorriso: Imparare a sorridere per conquistare il mondo
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La Magia del Sorriso: Imparare a sorridere per conquistare il mondo
E-book275 pagine3 ore

La Magia del Sorriso: Imparare a sorridere per conquistare il mondo

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Info su questo ebook

Cosa c’è di più confortante, gioioso e salutare
che offrire e ricevere un bel sorriso?

Il sorriso è lo strumento, efficace e a costo zero, che ognuno può utilizzare per illuminare la propria vita e quella di chi ha intorno.

In questo volume l’autore attraversa, in un avvincente viaggio, i significati del sorriso declinati sotto molteplici punti di vista: dalla fisiologia alla storia, dalla poesia alla sociologia, passando anche attraverso citazioni e aforismi, per fare dell’arte del sorriso una vera e propria filosofia benefica di vita alla portata di tutti.

Un’opera importante per migliorare la propria attitudine nella vita quotidiana e, soprattutto, per comprendere come la felicità sia sempre dietro l’angolo. Spetta solo a ognuno di noi coglierla poiché, anche nelle difficoltà, c’è sempre un valido motivo per sorridere.

L’autore

Sergio Sito
Nato a Napoli il 6 dicembre 1962, sposato, con due figlie e una nipote. Geometra e giornalista pubblicista. Dal 1988 al 2007, collaboratore della storica rivista ludologica “Lottocorriere”. Attualmente lavora all’Ufficio Condono del Comune di Napoli in qualità di Tecnico Direttivo, incontrando tecnici e utenti per il Controllo Qualità sulle richieste di condono, riuscendo a creare rapporti empatici e risolutivi. Appassionato studioso di tematiche sociologiche e psicologiche.
LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2020
ISBN9791220241878
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    Anteprima del libro

    La Magia del Sorriso - Sergio Sito

    NOTA DELL’AUTORE

    Sono rimasto sempre affettivamente legato al mio vecchio libro di antologia che s’intitolava Capire e farsi capire: m’insegnò che prima è doveroso comprendere bene noi stessi ciò che vogliamo far capire agli altri. Maturando, con le esperienze che la vita ci fa collezionare, ho compreso che è basilare pure un’altra cosa per farsi capire: scrivere (o parlare) nel modo più semplice possibile, senza usare vocaboli ad effetto o redigere frasi contorte e complicate, per voler sembrare più dotti di quel che si è, rischiando di annoiare parte dei lettori.

    Mi sono, pertanto, imposto di non usare termini barbosi o sapienti, andando a sostituire immediatamente con il più comune sinonimo il vocabolo che può risultare indigesto. Farsi capire da tutti è il primo generoso pensiero di uno scrittore che pretende di essere letto dalla prima all’ultima pagina del libro.

    Amici non abituati alla lettura mi hanno sempre riferito che viene loro ansia quando s’imbattono in libri cosiddetti mattoni, grossi tomi, oppure in capitoli interminabili. Seconda ripromessa, ho scritto capitoli sintetizzati in poche pagine, in modo che il lettore, volendo, possa comodamente leggerlo in momenti diversi, ma completando la lettura di un determinato capitolo.

    Nella parte finale del libro ho aggiunto una pagina notes: Plinio il Vecchio diceva che non c’è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare.

    Quando leggiamo c’è sempre qualche frase di cui c’innamoriamo, che ci piace più di tutte le altre, che vorremmo ricordare; oppure qualche dato o data, qualche nome o un’idea originale che ci viene in mente leggendo.

    Ebbene, i libri solitamente non lo prevedono e ci obbligano a scrivere a matita in spazi non consoni (è oltraggioso usare la penna se non per una dedica!).

    Troverete la pagina idonea per i vostri appunti

    Buona lettura!

    INTRODUZIONE

    Decidere di scrivere e pubblicare un libro a un’età non più giovane, quasi sessantenne, potrebbe far sorgere una prima, immediata domanda di curiosità ai lettori che leggono il mio anno di nascita sul retro di copertina: «Come mai non ha scritto niente prima?».

    Mi fosse chiesto direttamente, inviterei i miei interlocutori a sederci comodamente davanti a un bar, berci un bel caffè napoletano, che delizia bocca e stato d’animo, spiegando serenamente, col sorriso sulle labbra, due cose molto semplici della mia vita, che meritano di essere raccontate:

    a) quando si è giovani si pensa a vivere, a correre, a volare, si vuole raggiungere l’altra parte del mondo con le proprie gambe o con una bici, una moto o un’utilitaria, amica fedele della quotidianità.

    Sono stato un bambino vivace, inseguivo un pallone per ore assieme ai compagni di gioco, fino a che il buio della sera non permetteva più di vederlo.

    A detta dei miei familiari avevo capacità intellettiva e mnemonica eccelse, tanto che papà si pavoneggiava, portandomi al bar tra i suoi amici, facendomi leggere pubblicamente il giornale, azione che eseguivo dimostrando buon lessico e ottima orazione.

    Papà morì per infarto quando avevo meno di dieci anni e, poverina, la mia mamma faceva fatica a seguire i sei figli, dovendo gestire una modesta merceria per farci vivere dignitosamente.

    Ero il quinto figlio, dopo tre femmine, Giovanna, Enza e Maria. Nacquero tre maschi, il mio compianto fratello Claudio, io e Salvatore.

    Forse fu proprio la morte di mio padre che determinò in me un’anticipata maturazione, passai dalla vita spensierata che non conosce affatto la morte, alla consapevolezza che si possono perdere gli affetti più grandi così, da un momento all’altro.

    Questo mio netto passaggio, dall’infanzia felice all’adolescenza consapevole e misurata, me l’hanno testimoniato con marchio indelebile le valutazioni scolastiche riportate nel classico libretto dello studente.

    Quello delle scuole elementari, stilato dal maestro Carmelo Iozzia (siciliano rigoroso, severo e all’antica) recitava: «Di carattere alquanto ribelle, quasi turbolento, contestatore, insofferente di certe regole del vivere in comune. Non è molto volenteroso, ma la sua intelligenza è superiore alla media per cui riesce bene in tutte le materie. È bravissimo in aritmetica, non solo in riferimento ai vari meccanismi ma, in particolare, all’intuizione e alla risoluzione dei problemi».

    Evidentemente le prime parole mi suonarono così male, mi risultarono così indigeste (anche perché ribelle lo ero per davvero, infrangevo le regole del vivere in comune quando vedevo abusi, soprusi e interessate preferenze, favoritismi a figli di persone agiate, con nette differenze di trattamento per noi più poveri o orfani di genitore), da non averle più dimenticate, le recito a memoria.

    Nei tre anni di scuola media inferiore, le valutazioni recitavano in maniera più sintetica (queste non le ricordo a memoria, ho dovuto prendere il libretto per rileggerle): primo anno, «Il profitto è stato ottimo in tutte le materie perché è un elemento intelligente e riflessivo. Ha rivelato attitudine in matematica»; secondo anno, «Alunno educato, sensibile e intelligente. Riesce con una certa facilità in tutte le discipline. Maturo per la sua età. La sua preparazione è ottima»; terzo anno, «Educato e intelligente, riesce nello studio con una certa facilità. Ha partecipato attivamente alle lezioni, dimostrando un grande interesse».

    Sembrano giudizi su due alunni diversi, quelli del maestro elementare Carmelo Iozzia e quelli del prof. Alfonso Merola.

    Loro erano decisamente diversi ma, come già detto, evidentemente la morte di mio padre segnò un solco indelebile nella mia vita, facendomi maturare assai prima del tempo.

    Le partite di pallone diminuirono e aiutavo doverosamente, quando era necessario, mia madre in negozio, scaricando dai furgoni dei fornitori pacchi e scatole di merce, sistemandoli negli scaffali del nostro indimenticabile Emporio Giuseppina.

    Anche quando giocavo con gli amici al pallone, ero ormai più ragionatore, ero il regista della squadra del quartiere, una volta organizzata nei bar, un’altra nelle associazioni cattoliche.

    Non ho più saputo fermare la mente, non ho mai conosciuto la meravigliosa arte dell’ozio mentale.

    Non di rado mi sentivo le gambe stanche (il mio vero punto debole), braccia doloranti, per fortuna raramente mal di testa.

    La allenavo così tanto nelle mie varie attività quotidiane, oltre allo studio, perché amavo leggere fumetti e romanzi, mi divertivo nel preparare e presentare programmi radiofonici per l’emittente locale del mio quartiere napoletano, Radio Centro Ponticelli.

    Poi iniziai a collaborare, ormai maggiorenne, con la rivista ludologica più famosa d’Italia, il Lottocorriere, ottenendo successo e notorietà in tutta la nazione, grazie a mie intuizioni di ricerca statistica e di previsioni lottologiche, offrendo ai lettori previsioni vincenti che fecero rumore.

    Due, tra le tante, furono le seguenti:

    1) suggerendo una sestina (combinazione composta da sei numeri) su ruota unica, la Nazionale, centrai ben quattro dei cinque numeri estratti.

    Proposi i numeri 05.33.56.58.62.90

    Dopo 2 giorni, il 1° agosto 2015, furono estratti proprio sulla ruota indicata, in ordine di sortita, 77.56.90.05.33.

    Solo il primo numero non c’era nella mia previsione.

    2) suggerendo una quartina (combinazione composta da quattro numeri) su ruota unica, Napoli, centrai ben tre numeri in due estrazioni consecutive.

    Proposi i numeri 06.14.70.90

    In soli quattro giorni consecutivi, il 21 marzo e il 25 marzo del 1998, furono estratti sulla ruota partenopea, rispettivamente 06.14.70 e 06.14.90.

    Molteplici sono le vincite che ho fatto realizzare più modeste ma altrettanto sostanziose e interessanti come gli ambi secchi (coppia di numeri prevista e sortita).

    Ancora oggi è un mio punto forte, anche se gran parte del tempo libero lo dedico al calcio-scommesse con buoni profitti.

    Evidentemente le mie abilità matematiche, riconosciute dai maestri fin dalle elementari, ben si sono sposate con la tecnologia e gli straordinari fogli excel che mi permettono di realizzare pianificazioni economiche per le poste da scommettere, o filtri di ricerca statistica sui palinsesti delle partite in programma.

    Essere un uomo di testa più che di piede mi onora, del resto far goal di testa è sempre più spettacolare che far goal di piede!

    Quando poi fui assunto dalla Napoli Servizi S.p.a. (partecipata del Comune di Napoli), iniziai da caposquadra degli operai che si dedicavano alla pulizia di scuole, chiese, uffici, parchi e strutture comunali, ma con tanta volontà e spirito d’abnegazione, eseguivo pure compiti in cui si evidenziava una carenza di qualche diretto superiore.

    Imparando moltissimo dai corsi aziendali (non ne perdevo nessuno e assimilavo quante più nozioni possibili), in pochi anni, mostrando tanta autostima e competenza, superando le difficoltà sempre col sorriso sulle labbra, senza mai perdere la pazienza e la fiducia, diventai prima supervisore dello stesso settore, poi tecnico-amministrativo nella Manutenzione del Verde, successivamente responsabile-amministrativo nel settore PIS (primo intervento stradale) e poi responsabile direttivo specialistico nel settore Condono, dove esercito il ruolo di Controllo Qualità sulle pratiche di richiesta condono edilizio da parte di tecnici incaricati o direttamente dai cittadini.

    Perché vi ho descritto il mio percorso lavorativo che, pur non essendo entusiasmante, è comunque un cammino progressivamente positivo e gratificante?

    Per essere un esempio per i lettori più giovani che possono facilmente arrendersi, se si ritrovano prematuramente orfani o crescono in una famiglia non agiata.

    Bisogna solo credere nelle proprie capacità, ragionare in positivo, mettere in risalto le proprie idee e genialità.

    Volere è potere!

    In qualsiasi campo mi sia messo in gioco, ne sono poi uscito bene o addirittura vincitore.

    b) Se si riesce ad arrivare alla mia età con adeguata maturità già conclamata, con un grande senso di libertà per poter dire tutto ciò che si pensa, senza freni inibitori o tabù, con la grinta che dà un’accresciuta autostima, con la forza che ti viene riconosciuta da chi ti vive accanto, nella vita o sul posto di lavoro, puoi pure decidere di non diventare mai dirigente di un’azienda politicizzata, se ciò significa sottostare a servili ubbidienze politiche e umiliare la propria autostima. Raggiungendo, allo stesso tempo, soddisfazioni economiche utilizzando altre risorse e altre capacità che tutti noi possediamo, anche se in tanti non sanno metterle in luce, lasciandole sepolte nell’oblio della loro rassegnazione, della loro apatia, del loro vittimismo cosmico.

    Ho iniziato a sentirmi fiero del mio operato, sia lavorativo che ludologico, proprio nel momento in cui ho messo da parte ogni facile giustificazione sulle mie momentanee sconfitte, sui miei insuccessi periodici, evitando di sentirmi sfortunato o perseguitato da qualcosa o da qualcuno.

    Studiando, cercando le soluzioni idonee ai miei insuccessi, confrontandomi con esperti della materia che mi vedeva deficitario, arrivavo a raggiungere la strada vincente, a volte faticosamente, altre volte senza troppi ostacoli.

    Bisogna sempre confrontarsi con persone positive, menti illuminate, generose, nobili.

    È ciò che ho insegnato alle mie due figlie, affrontare la vita con il sorriso sulle labbra, non lasciarsi mai sconfiggere da una delusione o da un malessere, reagire positivamente e ragionare sulle motivazioni del momentaneo insuccesso, fino a trovare l’idonea soluzione per ribaltare il risultato a proprio favore.

    La vita è un insieme di circostanze, di episodi fortuiti, di avvenimenti conseguenziali e diventa necessario imparare a cavarsela da soli, affrontando le circostanze sorridendo e pensando in positivo.

    Ricevendo complimenti da amici e conoscenti per il mio modo di agire, di pormi agli altri, di confrontarmi, ma anche per il bel nucleo familiare formato, è nata in me l’idea di scrivere questo libro, con lo scopo di indicare la giusta via su come bisogna agire per piacere, per essere accettati, per conquistare la stima di coloro che ci vivono accanto e di chi ritroviamo al lavoro.

    A qualcuno tra voi lettori potrò sembrare presuntuoso, di certo non ho la bacchetta magica o la ricetta miracolosa per la perfetta riuscita nella società, perché sta a voi lettori, non ad altri, assimilare ciò che qua scrivo con passione e comprovata esperienza.

    Sarete voi che, ragionandoci su, vi costruirete uno stile di comportamento, un canale comunicativo, in base alle vostre esigenze, alle vostre attese, ai progetti finora solo pensati e mai messi in atto.

    Se due persone s’incontrano e si scambiano un oggetto, per esempio una moneta dal valore di 1 euro, torneranno a casa ognuna con una moneta dello stesso valore (probabilmente soltanto con una data di coniazione diversa, stampata sulla moneta scambiata), sicuramente non più arricchiti di quanto lo erano prima del loro incontro; se invece due persone si scambiano un’idea, un’informazione culturale, una notizia d’attualità con fonte certa, un dato che l’altra persona finora non sapeva, è certo che torneranno a casa entrambe più arricchite, perché avranno aggiunto al loro sapere, un pizzico di cultura rivelato dall’altra persona.

    È ciò che mi auguro di riuscire a fare con voi lettori.

    Se dopo aver letto il presente libro, vi sentirete più ricchi di prima, soddisfatti di avermi dedicato qualche ora del vostro tempo, avrò raggiunto il mio scopo, colmato la mia anima altruista.

    Se riesco a convincervi che in voi c’è la necessaria autostima da esaltare, se riesco a farvi mettere in luce il meraviglioso sorriso che vi renderà più attraenti, più empatici, se riesco a trasformarvi in persone vincenti, potrò affermare: «Missione compiuta!».

    Essere altruisti è una fortuna che bisogna ritrovarsi nel proprio DNA, nell’educazione ricevuta dai genitori, ma anche l’altruismo (come una delicata piantina) va coltivato, concimato, annaffiato, curato e protetto; per farlo nel migliore dei modi c’è necessario bisogno degli altri.

    Spero vivamente, con i vari capitoli, di aver scritto piantine d’altruismo dedicate a voi lettori e a tutte le persone che amo e che stimo, perché solo donando qualcosa di prezioso o di utile a voi migliorerò me stesso e riuscirò a mantenere sana e vegeta la piantina d’altruismo che vive in me.

    Sono tempi duri, siamo oppressi e stressati per una pandemia mondiale che non vede fine.

    Per meglio difenderci, occorre non farsi sconfiggere dal senso d’impotenza, dallo sconforto.

    Bisogna informarsi e seguire solo direttive di esperti del settore, senza cadere vittime dei persuasori occulti o di farabutti.

    È necessario studiare, leggere, proprio in questo periodo in cui ci chiedono di non fare assembramenti e di restare a casa, dobbiamo fare in modo di contagiarci la voglia di leggere, influenzarci l’un l’altro, fino a far scoppiare una seconda pandemia, la più bella del mondo: la lettura-20!

    IL MIO SOGNO DA BAMBINO CHE NON HO MAI DIMENTICATO

    Questo è il capitolo a cui sono più affezionato e con cui ho voluto fortemente iniziare il libro perché rappresenta un mio sogno reale, vissuto da bambino, avevo i miei quasi nove anni, frequentavo le elementari, avevo perso papà da qualche mese.

    Un sogno che raccontai subito a mia madre il giorno dopo al risveglio e che ripeto più volte ai miei amici più cari, questo ha fatto sì che a distanza di cinquant’anni l’ho ancora in mente, come se l’avessi sognato la notte scorsa.

    Il luogo era il mio quartiere. Ponticelli, dove sono nato, cresciuto, dove ho trovato l’amore, mi sono sposato, ho avuto due figlie, studiato, lavorato e ancora oggi vivo.

    Ponticelli è la mia vera patria, altro che l’Italia, che conosco per la maggior parte sulle cartoline, perché chi ha la serenità interiore ha sempre poca voglia di evadere o di andare a scoprire nuovi luoghi, anche le vacanze estive non mi allontanano mai dalla regione Campania, da ben 21 anni le godo nella Zona Lago di Santa Maria di Castellabate.

    A Ponticelli, cittadina napoletana abitata soprattutto da contadini e operai, tutti eravamo felici, tutti ci sentivamo parenti, nei vicoli, nei cortili, nei bassi, spesso ci si metteva a tavola in dieci o anche più, assieme ai vicini di casa e ai loro eventuali parenti, visitatori occasionali, ci si offendeva se andavano via senza sedersi con tutti gli altri.

    Anche nel mio sogno tutto era così bello, nessuno criticava l’altro, erano tutti sereni e sorridenti.

    Si cantava e si scherzava, bastava un niente per ridere a crepapelle, magari grazie ad uno strafalcione detto dal più tonto della compagnia o dal più ignorante, che rideva a sua volta, senza mai offendersi.

    C’era un grande spirito di gruppo e di autoironia.

    Mentre stavamo tutti seduti al tavolo del compare Turillo e della comare Maria, nel cortile di via Napoli 95, zona Santa Croce, a un tratto la signora Amalia Picardi (proprietaria dell’appartamento in cui vivevo con la mia famiglia), moglie del cantiniere Romeo, ci chiamò da lontano, invitandoci all’uscita del cortile, per osservare un tizio, un estraneo che indossava un vestito trasandato e che si fermò a bere alla grossa fontana zampillante della nostra

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