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Lo scrittore perduto. Racconti fuori dal comune
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Lo scrittore perduto. Racconti fuori dal comune
E-book179 pagine2 ore

Lo scrittore perduto. Racconti fuori dal comune

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Info su questo ebook

Sentimenti e lavoro, età adulta e infanzia, spinta individualista al successo e rapporto tra uomo e donna, scenari fantasiosi e storie di vita quotidiana… Sono solo alcune delle tematiche toccate da Lo scrittore perduto: un uomo si ritrova intrappolato, ferito e in attesa dei soccorsi che sembrano non arrivare mai. Per svagare la mente e per portare a compimento una raccolta di racconti ancora incompleta, comincia a scrivere. Parallelamente i personaggi del fumetto della famiglia Sgangheroni rischiano di scomparire per sempre se il loro scrittore non verrà salvato…
Lo scrittore perduto è un libro stimolante, che fa divertire e riflettere al tempo stesso ed è impreziosito da originali tavole grafiche.

"Ho sempre creduto, almeno fino a quando non ho convissuto con una persona del sesso opposto al mio, che le donne non facessero la cacca, non emettessero flatulenze più o meno puzzolenti, non ruttassero, non puzzassero quando sudano, non avessero peli sotto le ascelle.
Immaginate quindi il mio sgomento quando invece scoprii che le donne non solo fanno quasi le stesse identiche cose degli uomini, ma hanno anche una marea di peli, che definiscono superflui comunque."
LinguaItaliano
Data di uscita15 nov 2013
ISBN9788867930548
Lo scrittore perduto. Racconti fuori dal comune

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    Anteprima del libro

    Lo scrittore perduto. Racconti fuori dal comune - Alessio Blasetti

    sogni.

    PREFAZIONE

    L’autore, che è anche fumettista, ci propone un coraggioso esperimento di integrazione della narrazione classica con il fumetto.

    Un libro in cui la narrazione tradizionale viene arricchita, colorita, da immagini disegnate dallo stesso scrittore, che è al contempo anche il protagonista del racconto portante, e oggetto della ricerca dei personaggi del fumetto che accompagna i racconti.

    All'interno della storia principale sono poi presenti altre storie, in qualche modo legate a esso.

    In particolare, la narrazione principale è introdotta da una parte disegnata (il fumetto), intervallata, a ogni pensiero del protagonista, da un racconto breve. Alla fine parte della narrazione principale ritorna nella modalità fumetto.

    I racconti brevi - eventi vissuti o inventati non è dato sapere, o forse è lo stesso autore che vuole lasciare al lettore il dubbio - sono tutti riconducibili ai sentimenti e alla condizione in cui il protagonista dello stesso libro si trova in quel momento. Una situazione drammatica, sospesa tra la vita e la morte.

    È interessante notare come proprio la condizione del protagonista sia l'accorgimento con cui vengono introdotti gli altri brevi racconti che, nello stesso tempo, arricchiscono quello principale, utilizzando l'escamotage di uno scrittore, Sisaleo Sbaletti, che è lo stesso Blasetti perdutosi tra le montagne alla ricerca di se stesso, il quale, per cercare di restare sveglio in attesa dei soccorsi, ma anche per fare in modo che il tempo che gli resta a disposizione non vada sprecato, comincia a scrivere e correggere una raccolta di racconti che aveva in mente da tempo e che spera, nonostante tutto, di consegnare al suo editore.

    Tutto accade in un secondo, il tempo stringe, il protagonista (o l'autore del libro?) ha i minuti contati e tuttavia riesce a trovare il modo di raccontare dei piccoli aneddoti, degli eventi, dei ricordi che riescono ad attenuare la suspense della situazione in cui si trova, disperso, ferito e bloccato in un fosso, tra la vita e la morte.

    Drammaticità che traspare anche nella condizione di prossima estinzione in cui si trovano i personaggi disegnati dalla matita dello stesso scrittore, che vanno via via scomparendo insieme al loro creatore e decidono di andare alla sua disperata ricerca, in un viaggio tragicomico, che contrasta con i loro sforzi.

    L'alternanza della drammaticità della storia principale con l'ironia con cui vengono presentati questi buffi personaggi, nonché i racconti brevi, rende senza dubbio particolare e curioso questo esperimento narrativo.

    Dicono che quando si rischia di morire si rivivono i momenti principali della propria vita; ebbene, in questa stessa condizione, nonostante l'incedere del tempo, la ferita che sanguina, le percezioni distorte, il protagonista rivede assieme al lettore frammenti di vita, raccontati o inventati con squisita ironia, portandolo, insieme a se stesso, a dimenticare quasi il dramma che sta vivendo.

    Ed è così che il protagonista si mette a scrivere, riprendendo qualcosa che già aveva iniziato in passato: lascia scorrere i pensieri, sente il bisogno di imprimerli sul foglio prima che svaniscano, prima di perdere i sensi, o il senso di quello che sta facendo.

    Non si tratta di un percorso regolare, ma di un avvicendamento di momenti vissuti raccontati ricordati o inventati; l'autore non ce ne da spiegazione, nella speranza di coinvolgere il lettore, per essere ricordato e letto a sua volta e non diventare uno scrittore perduto, dimenticato.

    Il tema del viaggio, che la Famiglia Sgangheroni intraprende, è tema già trattato nella prima pubblicazione di Alessio Blasetti, Nessuna Fermata Intermedia del 2005.

    L'espediente di inserire una storia dentro la storia con cui inizia il racconto l'abbiamo vista anche nel romanzo dello stesso autore, La Doppia A, pubblicato nel 2010; così come il finale ironico con cui conclude le sue storie e l'alternanza del racconto a pensieri e riflessioni sulla vita sono elementi tipici degli scritti di Blasetti che, in quest'ultima pubblicazione, tocca temi come la morte, la diversità, i luoghi comuni, i sogni e le paure del protagonista in particolare ma dell'uomo in generale. E parla di vicende, sentimenti, amicizie, stereotipi con cui almeno una volta nella vita ognuno di noi è venuto in qualche modo in contatto.

    E.M. LECCA

    TESTI – DISEGNI – LETTERING: Sisaleo Sbaletti

    CONTINUA…

    16:25

    Intrappolato.

    Per non impazzire del tutto, mentre aspetto i soccorsi, devo fare qualcosa.

    Non posso muovermi, le gambe sono bloccate da un gigantesco masso e per non pensare sempre al chi me lo ha fatto fare decido di scrivere, raccontare, rivedere ed evocare parole.

    Magari queste parole non le leggerà nessuno, ma devo far passare il tempo.

    E se i soccorsi non arrivassero?

    No, devo essere positivo, non pensare al peggio, respirare piano e cercare di non consumare troppa aria.

    Prendo i fogli con gli appunti dentro lo zaino che, per fortuna, non è finito lontano da me e dal masso sopra di me.

    Sto ultimando una raccolta di racconti, magari la troverete sugli scaffali delle librerie dopo la mia dipartita, ma io spero di potervela presentare di persona comunque.

    Tiro fuori il mio blocco di appunti dallo zaino con una fatica immane e con delle fitte pazzesche che mi penetrano nel cervello come una lama nel burro, ed ecco qua il primo racconto.

    Spero che la botta in testa e l'enorme quantitativo di sangue che sto perdendo dalla mia coscia destra non mi mandino troppo presto al Creatore, devo finirla questa raccolta, devo.

    Sento che sto per svenire e ho paura.

    Ho paura come quando da bambino mia madre mi raccontava le storie dell'Uomo Nero prima di addormentarmi.

    Act.1:

    Mommòtti

    Non capisco perché non riesca a farmi degli amici.

    Ora più che mai ne avrei bisogno.

    Cosa c’è che non va in me?

    Qual è la formula esatta che, scientificamente, fa sì che gli uni vengano attratti dagli altri?

    Sono un po’ scuro è vero, è innegabile ed è un fatto oggettivo.

    Forse ancora ci attacchiamo al colore di una persona?

    Come mai non riusciamo a superare tutto questo senza scadere nell’arcaico razzismo?

    Mi reputate antipatico, forse? Poco incline alla socializzazione?

    Ormai ho la mia età e qualche amicizia avrei dovuto crearla, ma con lo scorrere del tempo, inesorabile e implacabile come una mia vecchia conoscenza, che sicuramente conoscete anche voi, le persone che ho incontrato si sono tutte allontanate, mi hanno dimenticato, come se non esistessi più, come se non mi avessero mai conosciuto.

    Il mondo cambia, le persone cambiano: passano le generazioni ed è sempre più complicato che riesca a conoscere qualcuno con cui parlare.

    Sono in età di pensione, ormai, e ripensare ai fasti d'un tempo, a quello che ero e che rappresentavo nella società, mi fa entrare nel vortice della malinconia e mi fa credere che quei tempi per me non torneranno più.

    Le persone che frequentavo una volta non potrei considerarle proprio amiche ma mi ci divertivo, loro invece sicuramente no, e certamente questo le ha fatte allontanare... E dimenticare.

    Il mio capo dice che non ho più fiducia nei miei mezzi e che questo la gente lo capisce e non crede più in me.

    C’è stata la TV che ha modificato la visione del mondo, oltre alla pubblicità e ai videogiochi.

    La modernità, che avanza come il nulla di quel fantasy che vidi insieme a un bambino pieno di paure negli anni '80, ha scacciato il mio essere e questo mi ha portato allo stato di solitudine in cui mi trovo.

    Quasi agonizzante, quasi senza speranze, con il cappio stretto al collo che mi fa prendere in considerazione l’idea di emigrare in posti dove la tecnologia non è arrivata, dove c’è ancora qualcuno che racconta ai figli favole spaventose per farli crescere con il sano germe della paura, per formarli con principi e valori puri.

    I bambini d’oggi si spaventano solo se NON vedono un po’ di sangue in televisione, lo considerano strano se un po’ di violenza non emerge dai loro Led o Lcd a qualsiasi ora.

    Non hanno quasi più paura di niente!

    Siete così sicuri oggi, così pieni di certezze tutti quanti!

    Questo non esiste, questo non è vero, questo non fa paura.

    E poi crescete, il bambino diventa adulto e vi dimenticate di me.

    Io ci campavo e godevo delle vostre ataviche e recondite paure.

    Io che non avevo amici e adesso capisco cos’è la solitudine, ma quando lavoravo a pieno ritmo non ci pensavo a queste cose, e gli altri, le persone di giovane età soprattutto, che conoscevo, mi rispettavano perché sapevano che li avrei portati via, sapevano che mi dovevano temere, che se non avessero percorso la retta via, la via del giusto, li avrei incatenati a me.

    Che bei tempi, i miei tempi d’oro!

    Gli anni '50, ma partendo anche da un po’ prima, già dal dopoguerra.

    L’Italia che si doveva ricostruire, l’Italia liberata dagli americani che era ancora spaventata dalle bombe e dal suono delle mitragliatrici e dalle esplosioni.

    L’Italia dei bambini nati in precarietà che non avevano i benefici e gli oggetti moderni di oggi, tutte queste diavolerie.

    I bambini che venivano allevati nella povertà e che non avevano le comodità odierne, quelli sì che si lasciavano spaventare da uno come me e che mi davano la carica per andare avanti ogni giorno!

    Quei bambini adesso sono cresciuti e chissà, se mi ripresentassi da loro, magari si ricorderebbero di me, di quello che gli facevo passare, di come mi divertivo con loro.

    Forse quelli si potrebbero considerare amici adesso, ma non credo nell’amicizia, uno come me, per quello che ha fatto e che vorrebbe ancora continuare a fare, non può porsi questi dilemmi esistenziali.

    Perché io per molti non esisto e se esisto è solo per brevi periodi della loro vita.

    Voi, crescendo, ormai credete solo in quello che potete toccare.

    A me non mi si poteva toccare, da me si doveva solo scappare e Santi Numi se era bello tutto ciò!

    Entravo in casa, mi nascondevo nel buio, voi andavate a letto dopo una bella storia su di me e poi puff apparivo io

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