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Il custode del monumento ai caduti
Il custode del monumento ai caduti
Il custode del monumento ai caduti
E-book121 pagine1 ora

Il custode del monumento ai caduti

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Il mare, un molo, un tramonto e un uomo. Come quattro amici che si ritrovano a godere in silenzio della reciproca compagnia. Il bibliotecario di Sumatra analizza il presente raccontando del suo passato, in un volteggio leggero come un frullio d’ali, delicato come il suono di un carillon. Nei libri custoditi nella struttura di cui è guardiano, è raccontata la storia dell’umanità, a cui invece spetta il compito di scrivere il futuro. Un testo tanto spirituale quanto pratico, che tratta della religione e del Cristo sotto una luce nuova, mettendo a nudo al contempo la necessità umana di avere una vedetta che ci indichi la strada. L’abilità di Alessandro Giudice nel raccontare è quella di un maestro pacato, appassionato e appassionante, in grado di catturare e portare a percorrere le strade delle sue storie facendoci sentire quasi come se fossimo noi a scriverle.

Alessandro Giudice, l’autore dal cognome scomodo, è nato nel 1963. I suoi libri pubblicati sono: il saggio L’unificazione della trinità, la ragazza di Hare Krishna (2008 - 2010 - 2018), la raccolta di scritti ...and none of them the wiser (2014), il romanzo distopico The Dream Police (2017), scritto in Italiano e in Inglese, lanciato su RadioRai, e il testo teatrale  Due Quartetti / Two Quartets (2018), bilingue anch’esso. Ha ricevuto vari riconoscimenti letterari nazionali. Ha inoltre creato il dynamic reading teatrale The Lighthouse - Nella lunga notte scura (2013, trailer disponibile su YouTube). Di questo libro è stata pubblicata una parziale prima edizione nel 2015.
 
LinguaItaliano
Data di uscita22 feb 2019
ISBN9788855080613
Il custode del monumento ai caduti

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    Il custode del monumento ai caduti - Alessandro Giudice

    © 2018 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 978-88-9384-848-0

    I edizione novembre 2018

    In copertina: Porto di Syracusae

    Fotografia di Alessandro Giudice

    Immagine interna: Faro del Plemmyrion

    Fotografia di Alessandro Giudice

    Versione inglese ad opera dell’autore stesso.

    English version by the bilingual author himself.

    Il custode del monumento ai caduti

    ovvero:

    come

    nascere

    vivere

    forse morire

    e farla franca

    In fondo basterebbe poco.

    Però la regola, anziché stabilire che i soldi per le tasse vanno presi giustamente laddove ci sono, ordina che essi vanno tolti a chi non li ha.

    Più in generale: se i ricchi scomparissero, da chi verrebbe alimentato il mercato del lusso? Eppure si sa: quel mercato ammazza la gente comune, ovvero gli schiavi di sempre, anche perché, purtroppo, assai numerosi sono gli individui ai quali importa soltanto di sé stessi e i quali sono pronti a tutto, perfino a calpestare senza scrupoli il prossimo pur di possedere il benessere e a trasformare così la definizione dignità collettiva in una carcassa abbigliata a festa. Per farla breve, forse il problema non è l’esistenza dei prodotti di lusso ma la loro gestione.

    In tv il programma di storia dice che nell’antica Roma la manodopera era gratis e dunque il costo dei lavori riguardava semmai solo i materiali utilizzati; in questo caso il documentario trascura di riferire che gli schiavi non erano cittadini, non avevano diritti di alcun genere, non possedevano alcunché, non pagavano tasse ed avevano vitto e alloggio gratis, generalmente di infima qualità, a seconda dei padroni, ma vitto e alloggio gratis. Oggi invece il lavoro è retribuito. Cioè, se va bene, ti pagano forse quanto basta per arrivare a sostenere vitto e alloggio (di che qualità?) e per chiedere prestiti (ammesso che qualcuno te li conceda) con cui pagare le tasse. Altro che shopping e vacanze. Altro che eventuali accertamenti medici e cure. E, si badi, tante persone senza occupazione sgomitano per essere schiavizzate. Anche se magari assai diffusa, detta così sembra una semplificazione improponibile, ciò nondimeno ......

    Tornando ora ai soldi, dicevamo, è un fatto oggettivo: coloro i quali si garantiscono eccessivi standard esistenziali materiali, che ovviamente non possono essere estesi a tutte le persone del pianeta e che risultano intrinseci a determinati traguardi, sono artefici della sofferenza di tanti, genitori e figli, i quali vengono inevitabilmente privati, appunto, perfino della dignità. Se quindi ampliamo la veduta e ne osserviamo le proporzioni in termini di rapporti fra popoli ricchi e popoli poveri, ecco che abbiamo l’immagine del nostro strano mondo: in questo quadro occorrerebbe necessariamente ridefinire l’idea di libertà, poiché quella che qui viene comunemente chiamata libertà è invece purtroppo soltanto il frammentato riflesso di uno specchio rotto.

    Ma, rientrando adesso nella scala ridotta, ed escludendo rivoluzioni, se ad esempio i sedili dei grandi scafi o delle auto prestigiose venissero costruiti con anche soltanto cinquanta centimetri quadrati di pelle in meno, allora chi compra grandi scafi o auto prestigiose spenderebbe semplicemente un po’ meno, senza per questo compromettere il mercato del lusso (o della tappezzeria pregiata), quello che non conosce crisi e che non deve conoscere crisi; così chi ha i soldoni potrebbe versare tali eccedenti cinquanta centimetri quadrati di pelle nelle casse comunitarie e, di conseguenza, ancora ad esempio, la regola non imporrebbe tasse, fra alte ed inique, a chi non ha i mezzi per pagarle.

    Spontaneamente qui mi sta sovvenendo adesso – non è una cosa premeditata – un riferimento trasversale alla libbra di carne e a Shylock. Ma quella è un’altra storia.

    - Shakespeare e

    cinquanta centimetri quadrati di pelle,

    2015 -

    In quest’attimo,

    qualcuno sta nascendo,

    qualcuno sta morendo.

    If it makes you feel better,

    call it love.

    Sumatra. Il piroscafo era in rapido avvicinamento. Luce gialla obliqua a carezzare l’acqua leggermente increspata sul porto in quell’ora, in quella stagione. Nonostante tutto, l’oceano indiano era rimasto un mondo sconosciuto per Quidmo, il cui sguardo diceva molto del suo stato d’animo. Eppure si trattava di un tramonto facile, come gli altri tramonti di quei giorni, e verosimilmente erano i medesimi tramonti cui, circa 700 anni prima, aveva assistito il marocchino Ibn Battuta, presunto officiante silenzioso del cambio di denominazione, da Samudra a Sumatra, sultanato di Aceh. Lì, 130 anni addietro, era morto Nino Bixio, presenza italiana spinta per commercio in quel territorio equatoriale. Invece, nel caso di Quidmo non era tempo di morire. Forse lui aveva vissuto 100 anni nei suoi attuali 50, ed aveva detto, letto, ascoltato, visto, scritto un po’ a 360 gradi, e in fondo, di fronte a tutto ciò, talvolta gli veniva da pensare soltanto che la vita viene, la vita va, non sapeva altro, non voleva sapere altro. Ma come e quando era iniziato tutto questo?

    Quidmo si rivide ventenne sfrecciare in bici accanto a Belle, la sua ragazza, anche lei china sul manubrio a pedalare gomiti all’infuori con in testa il cappello bianco di lui... quel giorno Quidmo indossava una camicia a righe rosse sopra la maglietta, occhiali da sole pencolanti dal girocollo, calzoncini corti, lungo il sentiero sterrato accanto al fiume. Il verde, in tutte le sue sfumature, era quello dell’erba; il blu, in tutte le sue sfumature, era quello del tiepido cielo primaverile.

    Mentre Quidmo viaggiava nel suo tempo passato, una nebbia ovattata avanzava sulla distesa marina uniformando così i colori in un grigio intenso. Un cormorano stava appollaiato indolente su un suo scoglio, come un uccello domestico sul proprio trespolo.

    Pur da quella distanza, era evidente il fatto che il volatile riteneva sconveniente qualunque motivazione che potesse giustificare un suo minimo sforzo o movimento verso un cambio di posizione rispetto al proprio posto d’osservazione; non era chiaro se fosse Quidmo ad osservare lui o piuttosto il contrario.

    Frattanto, appunto, la luce lasciava il posto all’impacco dell’umido sopravvenuto così all’improvviso. Pochi metri più in là, sulla banchina, una coppia discuteva animatamente, anzi, per lo più era lei a discutere mentre lui articolava qualche suono gutturale in risposta: l’accento di lei era polacco, lui era italiano; italiani ovunque. Quidmo mosse qualche passo per non udirli, ma loro si spostarono di lì a breve nella sua stessa direzione. Sembrava che lo facessero apposta, ma invece semplicemente i due camminavano senza badare ai propri movimenti, come chi, mentre parla al telefono, attorciglia il cavo o disegna i ghirigori, ai tempi in cui cordless e cellulari non erano diffusi, tempi di ghirigori.

    Il cormorano era ancora fermo lì al suo posto.

    Si udì un suono sintetico provenire dalla coppia, l’audio del loro portatile venne favorito all’orecchio di Quidmo dalla brezza per qualche istante, era una rap song in italiano e diceva più o meno così:

    E noi dobbiamo pagare ultra-tasse

    noi che siamo dentro e fuori le masse

    Noi che siamo stufi del talk-show

    noi che ci chiediamo do you know?

    Togliere soldoni senza dar ceffoni

    a quelli che del mondo si credono i padroni

    Significa moderare il commercio del lusso

    significa mitigare un indecente flusso

    Se al posto di dorati tappetini

    metti semplici e ordinari stuoini

    Nulla togli alle tue Lamborghini

    e paghi imposte alle famiglie di venti bambini

    E noi dobbiamo pagare ultra-tasse

    noi che siamo dentro e fuori le masse

    Noi che siamo stufi del talk-show

    noi che ci chiediamo do you know?

    Versare secondo pazza aliquota è codificato in carta straccia

    ma comunque ti fa sentire la vita come una minaccia

    La sproporzione assodata è una maialata avallata senza esitazione

    I superstipendi sono roba trita ambita

    da riccone parassita son stupendi

    E noi dobbiamo pagare ultra-tasse

    noi che siamo dentro e fuori le masse

    Noi che siamo stufi del talk-show

    noi che ci chiediamo do you know?

    Tassare i soldi laddove essi sono

    vuol dire ridiscutere il perdono

    Così per evitare l’imbarazzo

    tanto vale seguitare con l’andazzo

    Io pago per la tua esagerazione

    tu continui a ignorare la mia sopportazione

    Sapere che tutto ciò non è eterno

    scalfisce appena il tuo mega-scafo dall’esterno

    E noi dobbiamo pagare ultra-tasse

    noi che siamo dentro e fuori le masse

    Noi che siamo stufi del talk-show

    noi che ci chiediamo do you know?

    La legge di mercato dice che il laccato va intaccato solo in superficie

    dignità e lavoro sono il vero oro ma questo non interessa loro

    Le mafie non si abbattono, è fatturato consolidato, si adattano

    il privilegio non si discute - giusto, politico egregio? - le parole son rese mute

    Ovvero dando ad esse libero spazio

    come anche in questo caso

    È garantita la prosecuzione dello strazio

    e ci si riempie il vaso

    E noi dobbiamo pagare ultra-tasse

    noi che siamo dentro e fuori le masse

    Noi che siamo stufi del talk-show

    noi che ci chiediamo do you know?

    Quidmo riprese a viaggiare nel suo tempo passato.

    Anche mentre lui e Belle pedalavano sul

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