Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Cronache semiserie da un futuro prossimo
Cronache semiserie da un futuro prossimo
Cronache semiserie da un futuro prossimo
E-book141 pagine2 ore

Cronache semiserie da un futuro prossimo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In un futuro molto prossimo, dentro la capitale del sobborgo peninsulare dove tra scenari di orwelliana memoria si consuma l’esistenza nel segno di una curiosa distopia, si assiste ad un rinnovato fermento sociale. Tra disparate restrizioni tese all’annientamento della creatività degli individui, questi sempre più isolati e posti gli uni contro gli altri, due pedoni ragazzini si muovono sopra una scacchiera di verosimiglianze e finzioni abilmente orchestrate dai maestri della distrazione massiva. Dentro la grande città si insedia un nuovo governo, al capo del quale è stato chiamato un frate nero portatore di filosofie gnostiche e fautore di strambe vaccinazioni collettive. Una nuova guerra fredda genera un nuovo conflitto, forse perduto forse non vero. Un muro invisibile e un ordito complesso sono quinte dorate di un racconto cospirativo quanto rivoluzionario. Il disincantato narratore è testimone di un tempo traslato, vi accompagna lungo un percorso disseminato di avvenimenti bizzarri, composto da gruppi di personaggi curiosi. I due pastori bianchi brandiscono un unico bastone apostolico in difesa del loro gregge. Tutto troppo similare a questo presente, nonostante sia un ironico incubo dal quale si prende la giusta distanza nel timore che possa realizzarsi veramente. Questa è la storia di uno scenario, sicuramente fantastico, tuttavia non improbabile.
LinguaItaliano
Data di uscita6 dic 2016
ISBN9788822874672
Cronache semiserie da un futuro prossimo

Correlato a Cronache semiserie da un futuro prossimo

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Cronache semiserie da un futuro prossimo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Cronache semiserie da un futuro prossimo - Tom Magliocchetti

    Ringraziamenti

    Intro ambizioso

    © 2015 Tommaso Magliocchetti - tutti i diritti riservati

    L'allegoria è una forma retorica, come la metafora, dove si sostituisce un oggetto con un'altro, ma con fare nettamente più razionale.

    tratto liberamente da Wikipedia

    Esiste un luogo fantastico dove non è detto sia tutto favoloso, tuttavia nemmeno mitico o deforme. La vita scorre simile a quella che conducete, tutto ciò che è presente non è esattamente reale. Questo luogo sembra delle stesse fattezze a voi conosciute, muta solamente il tempo, il quale è annoverabile come futuro molto prossimo.

    Le persone che vivono la realtà parallela - così come amerebbe tratteggiare un romanziere di fantascienza - sono del tutto uguali a quelle del vostro tempo, quelle che vi sono intorno, nello stesso attimo che state vivendo, in questo esatto momento che state leggendo. Semplicemente sono gli stessi identici individui. Forse qualcuno non sarà più presente, nel futuro appena prossimo, per motivi ineluttabili, perché così il destino ha voluto che fosse.

    L'istante nel quale leggete queste righe - determinabile in pochi secondi di minuto – accadono inesorabili avvenimenti in successione. Ne osservate l'inizio forse non gli prestate particolari attenzioni. Ascoltate notizie e vedete immagini le quali sembrano uguali a quelle che avete ascoltato e visto il giorno precedente. Nel futuro appena prossimo - sarebbe giusto definirlo verosimile - esistono avvenimenti mutati, evoluti in ordine di grado e d'importanza.

    Non avete potuto mostrare attenzione, non solo per vostra trascuratezza, perché vi è stata impedita l'esatta comprensione, quella dovuta nel momento in cui una cosa accade concretamente. Forse, più semplicemente, non avete voluto ascoltare e guardare. In questo caso specifico nessuno darà a voi colpe immeritate.

    Sembra l'inizio di una storia in realtà è solo la fine.

    Sempre più poveri, sempre più eleganti

    Le sorelle della nota casa di moda sono pronte ad investire i propri cospicui risparmi in beni immobili i quali un tempo sembravano essere di tutti. Sembrerebbe ora una mancia immeritata, data sul palmo di mano della comunità indebitata fino al collo per via di quelle ridondanti storie legate all'europa e alla sua bizzarra moneta. Ricordo bene quel palazzo, in realtà lo vedo tutti i giorni passando di lì per recarmi al lavoro. Ronzarvi intorno era prassi ricorrente, un tempo era pieno di popolani, gente simpatica che parlava il dialetto arcaico, quello dei film in bianco e nero. Li hanno cacciati tutti quelli lì: credo possa definirsi una pulizia etnica. In centro non si ascolta più quella lingua resa famosa dagli avi, immortalati su celluloide, stampata a mano dentro gabinetti oscurati. Il dialetto ha subito una metamorfosi - non dico sia peggiore - ora viene giù dalle periferie dentro pesanti carrozzoni piombati. I nuovi abitanti della grande città, quelli che vivono nei fatiscenti sobborghi, sovente praticano il pellegrinaggio destinazione centro. Per sentirsi parte delle antiche vestigia, per osservarle con timoroso distacco, per illudersi di farne parte. Vero è, esistono luoghi che includono lo scibile, santuari laici ben climatizzati quanto ben distribuiti dove si unisce l'utile al dilettevole: la frenesia del moscone impazzito e la possibilità di dilapidare una cospicua paghetta. Luoghi enormi spesso scenografati come surrogato di città storica, lager dalle fattezze piramidali eretti allo scopo di tener lontana la marmaglia dal salotto buono. Le sortite in centro sarebbero del tutto superflue se non esistessero ancora grandi vene viarie votate esclusivamente al consumo. Le biciclette, il pallone, i calzettoni puzzolenti, sono retaggio del passato. Noi - gli adulti - abbiamo subito passivamente la rivoluzione digitale insieme all'esproprio degli spazi verdi, quei prati incurati che ci videro troppo spesso rovinare a terra nelle nostre gioventù bruciate da impertinenti e assidue attività motorie. Si pone ora un grande quesito: cosa sia giusto fare per noi stessi non meno per i nostri figli. Sono nato dentro il " nido di vespe". Così venne definito dalla polizia politica del ventennio. Grande rione un tempo periferico ma oggi completamente conglomerato alla grande città. Troneggiato da un’enorme cupola che metteva un timore fottuto, dalla sua sommità anche ieri vi piovevano petali di rosa, gli zingari erano compagni di scuola e di giochi. Era solo questione di tempo, convinti che non potesse sostenersi da sola, la cupola, prima o poi sarebbe caduta in pezzi sulle nostre capoccie magari distrutta da un godzilla sputa fuoco piovuto dallo spazio. Ignari che poco lontano di lì si erigeva un’altra cupola, ancora più alta, ancora più bella, maestosa come solo le grandi opere marmoree possono essere. Bontà loro, nel quartiere erano ancora presenti gli arzilli vecchietti. Molti erano reduci del rastrellamento dell'ultima guerra mondiale, quella del secolo scorso appena terminato. Iscritti tutti alla sezione ANPI dentro la galleria che unisce la via consolare alla sua parallela, la loro parola suonava come la radio e suscitava rispetto. Le immagini analogiche erano relegate dentro un piccolo tubo catodico il quale proiettava ininterrottamente figure antropomorfe, nebbiose e monocolore. Non si era preda della realtà aumentata. La tecnologia era un amica che ci prendeva per mano. Si notavano a malapena i capelli bianchi del giocatore canuto. L’asso del pallone era un minorenne. Il calcio mondiale ballava il tango mentre i militari sudamericani si deliziavano nei voli della morte. Queste parole, dette così, sembrerebbero piene di nostalgia. In realtà tutto era giocoso, per nostra impagabile fortuna totalmente assente la noia. Sconosciuto il male oscuro e la sua categoria medica curante. Il ragazzo e la ragazza hanno nomi da divi dei primi novanta, quando le acconciature facevano gridare al miracolo ingegneristico per proprie capacità autoportanti. Sono molto giovani e terribilmente annoiati. Nati nei tempi della grande ritinteggiatura, iniziata dal centro della grande città e terminata ai confini del raccordo anulare, quando ci si preparava con un lustro in anticipo per il millenario appuntamento con il Giubileo del Papa Polacco. Non possono ricordare i palazzi dilavati, vagamente decadenti. Credono che l’ocra sia il colore ufficiale della loro vita. In effetti sono dei simpatici sempliciotti - non particolarmente scolarizzati – ma, come ebbe a dirsi un tempo, dei gran bravi ragazzi. Griffati dalla testa ai piedi considerano le botteghe dell’usato la conseguenza diretta della crisi economica. Certo, come noi crescemmo con la litania dentro le orecchie quale un mantra chiamato inflazione, loro ora hanno altre parole d’ordine: crisi economica rientra tra quelle. Presumibilmente frustrati, troppi i tentativi falliti per far parte di quella trasmissione televisiva, evidentemente poco telegenici e non idonei per i canoni stabiliti dai signori dello spettacolo. Decidono dunque di provocare uno strappo, darsi all'avventura, esplorare il centro storico della grande città a loro distante quanto amena e sconosciuta. Così sembrava, molto prima che capissi. Siamo sotto le festività natalizie. I ragazzi sono cresciuti con una certezza assolutista, ovvero che Babbo Natale portasse davvero i doni su di una slitta trainata da tante renne. Purtroppo per loro sono passati dall'illusione dei balocchi alla realtà di un’adolescenza avara e brufolosa. Quel barbone ora è solo un vecchio stronzo, sempre esista veramente, dedito all'arte dell’illusionismo, ci erano cascati in piedi e con tutte le scarpe griffate col baffo. La metropolitana è magica: un treno che sonda gli intestini del sottosuolo e ti porta velocemente a destinazione. Peccato per gli scioperi, le risalite frettolose per non perdere il mezzo di superficie, le discese impervie per rientrare nelle viscere in orario utile, quello stampato sul caro biglietto. Si caro, non certo per questioni affettive, bensì troppo esoso per quelle loro tasche griffate ma vuote. Prima o poi si arriva, purtroppo per loro arrivarono. Il sabato mi dedico a mio figlio. In realtà mi dedico a lui molto spesso e con estremo piacere. Insomma, nulla di straordinario per un padre che ha avuto la fortuna in un età piuttosto tardona. A buon ragione direi la prole dell'ultimo minuto utile. Oltremodo la maturità acquista e la sensazione di essere stati in qualche misura miracolati accentua non poco quell'orgoglio genitoriale un tempo oggetto di tanto ostracismo. Ebbene si, miracolati, nel mondo dell’asettico sterilizzato è un trionfo l’arrivo dell’erede. Tuttavia si diventa dei fanatici, si proietta in loro la propria ambizione in noi oramai sopita, verso piccoli esseri ancora troppo sbigottiti dalla loro venuta al mondo, eternamente galleggianti dentro il rassicurante liquido amniotico. Mi piace portarlo in centro, le fontane, le chiese, anche se tutto questo barocco risulta sempre più spesso stucchevole; provoca la nausea dell'indigestione prima dello sbocco finale. Quello dentro il water. Visto quanto accaduto alle memorie dell'umanità bisogna necessariamente accontentarsi. Barocco sia. Al contrario lui è eccitatissimo. Però sovviene il ragionevole dubbio che non gli freghi nulla delle bellezze artistiche. Del resto come non capire che pochi anni di giovane vita siano ancora insufficienti per apprezzare gli aspetti culturali. A meno che non lo afferri tra collottola e cintula per scaraventarlo dentro il famoso negozio di giocattoli: allora sì che si illuminano gli occhioni blu! Questi due ragazzotti venuti da una periferia indefinibile si avvicinano a noi mentre osserviamo l'acqua rifrangersi sul travertino fontanile. Sono diffidenti, sembrano due cagnolini perduti, vittime delle angherie dell'uomo i cui risultati sono ben visibili dentro i loro occhi. Concedo loro una sponda; compio un plastico quanto goffo cenno di confidenza con la testa ed ecco che si avvicinano. Mi chiedono dove sia un famoso negozio griffato per giovani griffati. Mi sembrano terribilmente familiari, non nascondo che la cosa imprime in me un insopportabile fastidio. Domandano si ma con fare sottomesso, lo sguardo basso e insistentemente rassegnato. Che strani che sono, forse ne hanno solo sentito parlare di quel negozio, forse già vi erano andati ma accompagnati da guide più esperte. Forse, più semplicemente, si vergognano perche sono consapevoli di essere evidenti quali sprovveduti quasi avessero un enorme freccia luminosa ad intermittenza sulle loro teste. Fuori posto quanto l'esotica iguana dentro il terrario del mio amico contrabbandiere. Ciò nonostante do loro soddisfazione. Casualmente, il mio piccolo ed io, procediamo per lo stesso percorso e ci ritroviamo a seguire la loro frenetica andatura. Nel contempo rifletto; affrontare uno sconosciuto solo per trovare un luogo banale con quello spirito triste e rassegnato. Nonostante la tecnologia invadente ti porti ovunque mi incuriosisce questo approccio passivo direi mortificato. Ora, allphone alla mano seguono le molliche di pollicino. Come mai quelle espressioni tanto timorose nei loro giovani e paffuti volti? Cosa può provocare simile annichilimento? Li osservo dribblare quelli delle arance della salute e poi quelli della fame

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1