L'incantatore
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In un lontano passato, il grande gelo ha decimato i Lupi mutaforma, costringendoli ad abbandonare le foreste e a unirsi alla comunità umana. Tra di loro i Raminghi vivono in armonia con gli uomini, mentre i Rinnegati si rifiutano di tradire i propri istinti. I Lupi Hominari, invece, si occupano di evitare attriti tra la comunità umana e quella dei mutaforma.
Verdana, una giovane Lupa, vive a Bluebell, in Alabama, insieme alla sua famiglia. Sono perfettamente integrati nella piccola comunità umana della zona, ma la rgazzafatica a reprimere gli istinti, che rischiano di smascherarla. Soffre inoltre per via dei sentimenti che la legano al fratello adottivo, Connor.
Un giorno la cugina Tasha si trasferisce presso la famiglia di Verdana e con il suo arrivo le cose si complicano ulteriormente. Il ritrovamento di un cadavere umano metterà Verdana di fronte a delle gravi accuse: il giovane morto sbranato ha il suo odore addosso. Lei però non ricorda nulla. I Lupi Hominari si presentano per indagare: tutti gli indizi portano a lei, ma i sospetti non possono essere confermati. Per scagionarla, Connor la morde per leggere i suoi ricordi attraverso il sangue, ed è così che scopre che la ragazza è stata drogata. Il mistero intorno alla morte del giovane umano si infittisce e la presenza di un Lupo sconosciuto riaccende la speranza, ma senza prove e a seguito del ritrovamento di un nuovo cadavere, i Lupi Hominari condannano a morte Verdana.
Per salvarla, Connor stringerà un patto con i saggi Lupi, scegliendo per se stesso una vita di infelicità.
Le cose, però, non sono come sembrano e gli eventi di Bluebell richiedono l’intervento dell’Incantatore, che riporterà la pace tra i Lupi. La famiglia di Verdana dovrà però trasferirsi presso una nuova comunità umana, dove la loro identità è possa continuare a rimanere segreta..
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Anteprima del libro
L'incantatore - Francesca Compagno
Shakespeare
Prologo
Venne il freddo, così intenso e pungente che i cervi si rifugiavano nelle grotte e gli uccelli cadevano dal cielo con le ali congelate. Faceva talmente freddo che il fiato dei Lupi si cristallizzava quando andavano a caccia. Non avevano mai temuto il gelido inverno, ma quell’anno il sottopelo e il folto mantello non erano sufficienti a proteggerli. Ogni respiro strozzava i polmoni e la gola.
Furono costretti a lasciare quelle terre, a separarsi senza sapere se si sarebbero rincontrati, se i cuccioli sarebbero sopravvissuti.
Sono trascorsi quattrocento anni da allora, da quando la specie venne decimata e i superstiti messi a dura prova. Nessun libro di storia ordinaria racconta di loro, né del grande gelo che portò il branco a disperdersi. Le fiabe della buonanotte narrano, però, di una lotta sanguinaria tra uomini e Lupi per la supremazia sul territorio e per la sopravvivenza.
Perseguitati, braccati, cacciati, emarginati, i Lupi furono costretti a nascondersi sotto sembianze umane. Se gli uomini avessero scoperto la verità, la caccia sarebbe ricominciata.
Non tutti accettarono questo compromesso, rifiutandosi di reprimere la propria natura di Lupi. Ai Raminghi mutaforma, che avevano imparato a vivere tra gli umani cacciando solo animali selvatici, si opposero quindi i Rinnegati. Gelosi della propria natura selvaggia, consideravano i Raminghi traditori della razza e decisero di sterminarli.
Fu così che la spietata lotta tra uomini e Lupi si tramutò in un conflitto tra branchi. Indeboliti e stremati, costretti a guardarsi le spalle anche dai propri simili, per salvaguardare l’incolumità di tutti stabilirono infine di darsi delle regole. Al termine di combattimenti cruenti vennero eletti cinque reggenti, che giurarono di far rispettare la legge con rigore e intransigenza; questi presero il nome di Lupi Hominari
.
Era comunque possibile che un alfa con idee contrarie osasse sfidarli. Se fossero rimasti uccisi in combattimento, sarebbe stato tutto vano. I Lupi Hominari si interrogarono dunque su quale fosse il modo migliore per mantenere la propria supremazia. Era noto che alcuni Lupi nascessero con delle facoltà particolari, pertanto si misero alla ricerca di un antico Lupo albino: con le sue capacità mentali poteva proteggere i cinque reggenti ed essere d’aiuto ai Lupi in ogni parte del mondo, garantendo la segretezza della specie.
Da allora e ogni qualvolta si sarebbe reso necessario, i Lupi Hominari l’avrebbero convocato per ripristinare ordine e giustizia.
1.
Le fiamme ardevano alte nel cielo, accendendo la notte di vivide luci e scintille che prendevano il posto delle stelle.
Era un ricordo di me bambina ancora vivo nella mia mente, divenuto un sogno ricorrente. Dal bosco, dove mi trovavo con i piccoli orfani, vedevo figure confuse entrare e uscire dall’edificio devastato dal fuoco. I pigiami sporchi di cenere, i volti pallidi per il terrore, osservavamo mio padre, Regola, rientrare ripetutamente nella struttura che gestiva insieme a Tate, la sua compagna, sparendo dietro la coltre di fumo per uscirne poco dopo con un altro piccolo in braccio.
Tate aveva attraversato le fiamme tossendo per il fumo che le riempiva i polmoni, stringendomi a sé. Un lembo della sua vestaglia aveva preso fuoco, ma non si era fermata. Raggiunto il bosco aveva strappato la stoffa, che continuava a bruciare, e mi aveva lasciata insieme a Connor, per poi tornare verso l’edificio in fiamme. Abbracciata a lui, continuai a osservarla mentre spariva in quell’inferno. Rimasi con gli occhi incollati all’ingresso, nascosto dal fumo denso e nero, in attesa di vederla uscire. Una finestra esplose, poi un’altra e un’altra ancora. L’orfanotrofio crollò sotto i nostri occhi.
Mi svegliai in un bagno di sudore. Le mie notti erano spesso popolate da incubi terrificanti e caotici, con fiamme ardenti e urla di terrore. L’incendio mi aveva segnato più di quanto volessi ammettere.
Ero ancora confusa e rintronata dalla serata trascorsa al Black Moon insieme ai miei fratelli adottivi, Connor e Caleb. Per scherzare mi avevano sfidata a chi beveva di più, sapendo che avrebbero vinto loro. Il proprietario ci conosceva bene, sapeva che eravamo minorenni, ma per un piccolo extra era disposto a servirci alcolici sottobanco, facendo attenzione a non esagerare per non attirare l’attenzione dello sceriffo. Ci aveva anche procurato dei documenti falsi da esibire in occasione dei concerti che ogni tanto organizzava, quando il locale si riempiva di giovani provenienti anche dai paesi vicini.
La sera prima ci avevamo dato dentro con le birre. Il fatto che mi trovassi nel mio letto con i vestiti addosso era segno che le cose, per fortuna, non erano degenerate. Non bisognava dare nell’occhio.
Negli ultimi tempi avevamo dovuto cambiare città con frequenza quasi annuale. Nella città in cui avevamo abitato prima di trasferirci qui, uno dei Rinnegati aveva ucciso un ragazzo della scuola che frequentavamo. La polizia aveva indagato, tutto si era complicato.
Ulric, appartenente al branco del Rinnegati, inizialmente era stato imprigionato dallo sceriffo perché beccato sulla scena del delitto con il sangue della vittima addosso, ma poi l’autopsia aveva decretato che il nostro compagno era morto in seguito all’aggressione di un animale selvatico: il corpo dilaniato e i segni di artigli e morsi non lasciavano dubbi. Così Ulric era stato rilasciato con un’ammonizione perché non era intervenuto per aiutare il giovane. Questa era la legge degli uomini.
La legge dei Lupi Hominari, però, era tutt’altra cosa. Uccidere gli umani era severamente vietato. I cinque reggenti avevano quindi emesso ed eseguito la condanna a morte, e tutti sapevamo che l’Incantatore era intervenuto per modificare la memoria degli umani che avevano sorpreso Ulric chino sul ragazzo, con i denti e gli artigli coperti di sangue, cancellando l’immagine dalle loro menti.
Io appartengo ai Raminghi e Regola, il nostro capobranco, ci controlla giorno e notte per impedirci di compiere gesti avventati. Fin da piccoli ci è stato insegnato a cacciare animali diversi dall’uomo e a nutrirci di cibo comune.
Mi alzai a fatica dal letto e scesi in sala da pranzo. Erano già tutti lì.
Mio padre e Tate si sorridevano, accarezzandosi amabilmente. Guardandoli capivo cosa volesse dire essere perdutamente innamorati.
Raggiunsi il tavolo dove i miei fratelli, chini sulle ciotole di latte e cereali, stavano ridendo. Portavano gli occhiali da sole per coprire le occhiaie pesanti e sussurravano battutine spiritose su di me. A malapena riuscii a biascicare un buongiorno
.
Connor e Caleb erano gemelli. Il primo, dal fisico statuario, aveva occhi grigio-azzurri e folti capelli mori, sempre leggermente spettinati. Una corta barba gli ricopriva la mascella volitiva. Il fratello era più alto e robusto, attraente senza essere appariscente. Caleb era sempre stato un po’ insicuro, ma Connor non lo abbandonava mai, difendendolo da tutti e da tutto. In quanto loro sorellina adottiva, io venivo onorata e protetta, come è giusto che sia in un branco rispettabile.
Arrivati a Bluebell, la comunità ci aveva guardati con sospetto, ma dopo pochi mesi eravamo stati accettati. La competenza medica di mio padre era importante in quel posto dimenticato da Dio e le doti culinarie di Tate si erano rivelate essenziali per la tavola calda al centro della piazza.
Da che avevo memoria, noi cinque ci presentavamo come la famiglia del dottor Regola Blokerk, affascinante uomo sulla cinquantina, nonostante la sua vera età fosse ormai dimenticata da tempo immemorabile. Moro, alto e longilineo, con gli occhi cerulei e una cicatrice che gli attraversava la guancia sinistra, ricordo di un combattimento, che non passava mai inosservata. Lui spiegava ai più curiosi che era il risultato del gesto di un paziente invasato. Mi è andata di lusso
, diceva, sorridendo.
La verità era ben diversa: se l’era procurata perché aveva voluto sfidare il branco a cui apparteneva Tate, che era promessa a un altro Lupo. Per conquistarla, mio padre aveva accettato di lottare contro ogni membro del branco. Anche Tate voleva stare con lui, ma per i Lupi le leggi sono importanti. Ricoperto di sangue e con numerose ferite che gli squarciavano la pelle, Regola aveva potuto infine prenderla per mano e portarla via con sé.
Era bellissima, Tate: i ricci capelli ramati le incorniciavano il viso tondeggiante, su cui si aprivano grandi occhi nocciola screziati d’oro. Era il mio punto di riferimento, visto che la mia madre biologica mi era stata strappata troppo presto.
Regola era il mio vero padre, ma per la legge del branco non era importante tanto la discendenza, quanto il legame di sangue, stabilito con un rituale tra tutti i membri di un branco, che ci univa e fortificava.
Avevo una fortissima emicrania. Persino pensare si stava rivelando doloroso. Mi versai una generosa tazza di caffè. Non appena mi scivolò sulla lingua, sputai, schifata.
«Molto divertente», borbottai, accigliata. Avrei voluto saltare oltre il tavolo per strozzare entrambi i miei fratelli.
«Buona la terra del giardino?» domandarono insieme, sghignazzando senza ritegno.
2.
Trascorsi l’intero pomeriggio stesa sul divano: le budella mi si contorcevano e la testa doleva, continuando a martellare. Non avevo niente di particolare da fare, a parte finire i compiti delle vacanze, ma non riuscivo a trovare la concentrazione.
«Noi usciamo», disse