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Vico dell'Amor Perfetto: Un'indagine per taglie forti
Vico dell'Amor Perfetto: Un'indagine per taglie forti
Vico dell'Amor Perfetto: Un'indagine per taglie forti
E-book292 pagine4 ore

Vico dell'Amor Perfetto: Un'indagine per taglie forti

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Info su questo ebook

Dalla prefazione di Ferzan Ozpetek
"…Clara e socie agiscono in un microcosmo che a tutti pare un po’ di conoscere. Chi, infatti, non si è mai soffermato a fantasticare sui propri vicini di pianerottolo, immaginando chissà quali segreti custoditi dietro a porte chiuse a doppia mandata, oppure auspicando un maggiore calore umano, capace di tessere relazioni d’amore e d’amicizia tali da trasformare una serie di singoli individui in una comunità? A me è capitato più volte. Ha ispirato i miei film, ha riempito i miei libri. Se anche voi avete simili curiosità e fantasie, questo libro non vi deluderà".
Quale oscuro segreto custodisce il decrepito ma sontuoso Palazzo della Polena, nel cuore del centro storico di Genova? Quando Patti, Clara e Rosanna, tre amiche diversamente rotonde, decisero di realizzarvi il loro sogno, ovvero aprire la Boutique Tutta Curve, un negozio bomboniera specializzato in taglie forti, mai avrebbero immaginato di ritrovarsi di lì a un anno sulla scena di un delitto. Chi sono veramente gli abitanti del palazzo? Forse è tra loro che si nasconde uno spietato assassino? Una sola cosa è certa: nessuno è al sicuro. E tutti hanno qualcosa da nascondere. Lo psicologo esperto in adolescenti inquieti, l’ex moglie volitiva, una parrucchiera facilmente eccitabile, una vegliarda altezzosa con un debole per i carlini, uno strano ragazzo che pare un elfo… E così, tra prove d’abito, tazze di tè, cioccolatini, omaggi floreali anonimi, incontri pericolosi e molti pettegolezzi, Patti, Clara e Rosanna si improvvisano detective. Ma scoprire la verità non sarà per niente facile.

Adelaide Barigozzi è giornalista. Lavora per “Cosmopolitan” e ha scritto per diversi giornali e periodici tra cui “Corriere Mercantile”, “Bella”, “Corriere della Sera”, “Grazia”,“ Marie Claire,” ed “Elle”. Cresciuta a Genova, ha abitato per alcuni anni in Brasile. Da tempo vive a Milano.
LinguaItaliano
Data di uscita25 set 2017
ISBN9788869432248

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    Anteprima del libro

    Vico dell'Amor Perfetto - Adelaide Barigozzi

    Prefazione

    Amo l’elemento sorpresa. Lo cerco nei miei film, lo ritrovo nei miei libri. Racchiude il segreto stesso della vita. L’amore ti sorprende, l’amicizia ti sorprende. La volontà di sorridere nonostante tutto, ti sorprende. Perfino la morte nella sua ineluttabilità ha il potere di sorprendere sempre. Ebbene, questo romanzo ha il dono di sorprendere. C’è l’amore, c’è l’amicizia, c’è la volontà di sorridere sempre nonostante tutto senza mai prendersi troppo sul serio e, naturalmente, abbonda la morte, trattandosi di un noir. Ma ciò che fa la differenza, è lo sguardo attraverso il quale fatti e personaggi vengono narrati: uno sguardo originale e amabilmente beffardo che si diverte a cogliere il lato più sconcertante di ogni cosa. Pagina dopo pagina, si susseguono eventi bizzarri e caratteri eccentrici che hanno il potere di spiazzare e far sorridere al tempo stesso, in una trama che ha molti più colori del giallo, così come sono variopinte le sue protagoniste, tre donne in carne felici di esserlo, divertenti, vitali e un po’ pasticcione. La loro amicizia fatta di progetti in comune, chiacchiere scanzonate e tazze di tè con i pasticcini mi è familiare: vi rivedo, seppure attraverso la lente del grottesco, quella stessa segreta complicità femminile fatta di emozioni profonde e confidenze leggere, nella quale sono cresciuto. Dopotutto, Genova e Istanbul hanno parecchio in comune, a iniziare da un intero quartiere della mia amata città, Galata, che dal 1200 fu colonia dei mercanti genovesi: sono due porti nello stesso mare, due mondi da sempre aperti alla circolazione di uomini e idee. Da bambino restavo fino a notte fonda ad ascoltare incantato i racconti delle amiche di mia madre su amori perduti e sogni ancora da realizzare. Mi fingevo addormentato pur di non perdermi le storie della Signora Circassa, una conoscente di mia nonna, che aveva vissuto molti anni in un harem. Gli squilli di quelle risate inframmezzate dal tintinnio delle tazzine di caffè, i sussurri guardinghi nell’affrontare segreti scabrosi, riecheggiano nella mia memoria mentre seguo con simpatia le avventure di Clara, Patti e Rosanna, improvvisate investigatrici, nonché socie di una boutique di abiti sexy per taglie forti.

    Il mondo in cui si muovono è piuttosto circoscritto: tutto o quasi avviene nell’antico palazzo che ospita il negozio delle tre amiche. Ma per lottare contro il male e i suoi crimini, non c’è bisogno di andare lontano. Clara e socie agiscono in un microcosmo che a tutti pare un po’ di conoscere. Chi, infatti, non si è mai soffermato a fantasticare sui propri vicini di pianerottolo, immaginando chissà quali segreti custoditi dietro a porte chiuse a doppia mandata, oppure auspicando un maggiore calore umano, capace di tessere relazioni d’amore e d’amicizia tali da trasformare una serie di singoli individui in una comunità? A me è capitato più volte. Ha ispirato i miei film, ha riempito i miei libri. Se anche voi avete simili curiosità e fantasie, questo libro non vi deluderà.

    Ferzan Ozpetek

    Prologo

    – Gina, gliel’ho già chiesto di non cucinare cavolo. Si sente fin sul mio piano! Insomma, non è bello per il decoro del palazzo!

    – Mi scusi tanto, signora Bacigalupo. È che ieri al mercato sono arrivata tardi, ho trovato solo quello. C’erano anche gli zucchini, ma con quello che costano, tremila lire al chilo! La Pinuccia invece le ha fatto una bella sogliolina alla mugnaia, eh? L’ho incontrata prima, e poi che profumino è arrivato fin qui sotto!

    – Si sente molto? Non me ne sono accorta!

    – Delizioso, proprio delizioso. Cosa ci mette la Pinuccia, la noce moscata?

    – Ha già preso accordi per il trasloco?

    – Sì, signora, è tutto a posto. Sabato sgombro. Non mi par vero, dopo quarant’anni di onesto portierato! E se penso alla bella casetta che grazie a lei mi sono potuta comprare! Mi verrà a trovare?

    – Gina, sa che non mi muovo mai. C’è posta?

    – Ecco qua signora. Chissà se i Sibari Ghirardeschi sono in casa. C’è una raccomandata per loro ma non li ho ancora visti. E sì che questa notte li ho sentiti… Lei no?

    – No. Ma uso sempre i tappi per le orecchie, sa, il traffico, gli schiamazzi. Perché, è successo qualcosa?

    – Se è successo qualcosa? Lo sa che le mie due stanzette sono proprio sotto la loro camera da letto.

    – Ma Gina!

    – No, signora, niente maialate, mi perdoni. Altro che, era proprio come quell’altra volta, ma peggio. Se ne dicevano di tutti i colori! Non posso nemmeno ripetere cosa, parole brutte, signora. Bruttissime! Proprio come...

    – Ho capito, Gina, ho capito. Come l’altra volta. Non c’è bisogno che ci torni sopra continuamente!

    – Insulti alla famiglia; ce n’erano per tutti, il padre, la madre… Prima lei poi lui, e poi di nuovo tutti e due, sarà durato ore. Ma lei sa signora che io sono una tomba. Non sono certo una pettegola. Al decoro del mio palazzo ci tengo quanto lei. E i mobili che si spostavano, i piatti che si spaccavano! Non ho chiuso occhio. Ci fosse ancora il comandante buonanima, chissà cosa direbbe! E la Pinuccia, povera donna! Meno male che almeno lei, signora, non ha sentito niente.

    – Per la liquidazione, allora, poi passi su da me. Il ragioniere ha già fatto i conti.

    Capitolo I

    La Boutique Tutta Curve

    Sembrava ieri che ancora davano l’intonaco. Patti in camice bianco, residuato del suo passato da infermiera. Clara con la tuta da metalmeccanico di suo zio, un cimelio di famiglia. E Rosanna, la solita esibizionista, in costume da bagno. Quanto erano costati tutti quei bidoncini di vernice viola malva! Ma lì era stata Patti a sbagliare: chissà cosa le era saltato in mente di ordinarne venti, quando ne erano bastati sette. Ogni giorno succedeva qualcosa, un centimetro di troppo nel bancone a incastro, un guasto strutturale nell’impianto di riscaldamento, un ritardo nella consegna dei mobili, per non parlare dell’improvvisa sparizione dell’imbianchino che doveva stuccare il controsoffitto. I lavori procedevano all’infinito, di intoppo in intoppo. E invece, alla fine c’era stata l’inaugurazione. Il decrepito, sontuoso Palazzo della Polena, così chiamato per via del mezzo busto di donna che proprio sopra il portone si sporgeva trapassando il muro, per la prima volta apriva alcuni suoi locali al pubblico. L’insegna, viola e verde su fondo grigio, era stata montata sopra la doppia porta con vetrina sulla strada, in vico dell’Amor Perfetto 9 rosso. La tassa specifica era stata pagata. La Boutique Tutta Curve era ufficialmente nata e loro tre, da imbianchine, operaie e abili compilatrici di moduli in triplice copia per ogni possibile permesso, agevolazione, concessione e sgravio fiscale, erano state catapultate nell’ovattato mondo della moda taglie forti, nonché del suo straripante commercio. La Polena, stilizzata, era il loro marchio di fabbrica.

    Viste insieme, non potevano non fare colpo. Tre donne per così dire nel fiore degli anni, tre modi diversi di essere enormi. Patti, grandi occhi azzurri imbambolati, mascelle pronunciate, naso schiacciato da porcellino e bocca carnosa, nonostante la piccola statura si faceva notare per la circonferenza sferica, pressoché uguale a ogni sua latitudine. Un continente femminile quasi quarantacinquenne, capace di spostarsi con flemmatica e inesorabile lentezza, circonfuso di soffici, lanosi riccioli d’oro. Era la più anziana del trio e ne era fiera. Così come lo era di essere moglie e madre di due geni, rispettivamente l’oculato Pierparide e il meraviglioso Clemente.

    Clara la rossa, sempre in lotta con la tintura Purple savage e una proterva ricrescita bianca, i capelli invece li amava tenere sotto controllo, legati sulla nuca da un fermaglio di strass o da un fiocco di velluto. Trentasei anni vissuti intensamente, due matrimoni, quattro figli, aveva coltivato fin dagli anni delle medie un gusto speciale per l’introspezione psicologica che usava di preferenza per mettere in imbarazzo Totò, suo attuale compagno, leggendogli dentro come un libro aperto. Statura media, piedi e mani incredibilmente piccoli, occhietti da miope portatrice di lenti a contatto fin dalla più tenera età e naso leggermente aquilino, di lei si notava prima di tutto il seno prorompente. Questo, finché Clara non si girava mostrando la schiena. Mutato il panorama, a emergere come un morbido davanzale, solo un po’ più in basso, era il suo sedere. Tra questi, una vita proporzionatamente più sottile non faceva che sottolineare un corpo ad anfora dalle forme esagerate, come certe statuette ancestrali dedicate alle dee della fertilità.

    Rosanna, infine, era la più giovane e la più alta: trent’anni appena compiuti per un metro e ottantuno di ossa spesse e robuste, con una notevole dose di carne intorno. Il suo viso ovale, gli occhi castani e la grande bocca scura le davano un’aria da zingara che lei amava accentuare vestendo abitualmente folk. Come non perdeva occasione di rimarcare, i suoi capelli nerissimi e lisci, portati lunghi sulle spalle, erano naturali e lo sarebbero stati a lungo, grazie a Dio e a sua madre che aveva avuto il suo primo filo d’argento a cinquantacinque anni. Tale vanto, per altro, era oggetto di mal celata incredulità da parte di chi, abbonata alla tintura fai da te dall’età di vent’anni e poco più, sospettava piuttosto un lavoro professionale molto ben fatto e svolto nel più totale segreto.

    Un anno dopo, erano ancora lì. Tutte e tre. E già questo, con la crisi e tutto il resto, era qualcosa. Le clienti andavano e venivano e, spesso, compravano. Eccome, se compravano! Non fosse stato per Patti, in negozio era tutto un coro di giubilo. E anche questo era un fatto. Solo Patti, con quell’espressione catatonica che a volte inquietava i suoi stessi congiunti, pareva ritrovare qualche briciola di vitalità facendo l’uccello del malaugurio. Sempre a considerare il bicchiere mezzo vuoto. Sempre a rimarcare le uscite e non le entrate, i debiti e non i crediti. Ma era colpa di Pierparide. E che cosa poteva fare quell’ometto arrogante, da quando ciabattava per casa in pensione anticipata, se non sobillarla con le sue critiche astiose? Clara se li immaginò nella loro camera da letto tutta ninnoli e soprammobili di vetro, lei sotto le sue famose lenzuola ricamate a mano, passivamente in ascolto da brava moglie devota, a bersi i velenosi commenti dello spigoloso consorte, per poi ripeterli come una bambina che ha imparato la lezione. Ma che la sobillasse pure. Prima o poi, Patti nel sonno avrebbe fatto un movimento di troppo e i suoi 105 chili, etto più etto meno, lo avrebbero sbriciolato.

    – Cos’hai da ridere?

    A Rosanna non sfuggiva nulla.

    – Niente, niente. Stavo pensando tra me e me, a una cosa che mi ha detto Pedro, sai quelle frasi buffe dei bambini.

    Rosanna non avrebbe apprezzato certe fantasie. Erano fuori della sua portata. Meglio parlare di lavoro.

    – Sono davvero contenta degli arrivi estivi, sei d’accordo anche te?

    – Eccome! Hai visto che belle le gonne a balze bicolore! Sono un sogno!

    – Già, soprattutto l’abbinamento rosso e rosa.

    – E gli abiti a schiena nuda! Quanto sono sexy?

    Clara condivideva. Avevano davvero una scelta esplosiva per la stagione. Le loro già affezionate clienti ne sarebbero state entusiaste. E se magari a qualcuna l’abito a schiena nuda sarebbe parso troppo audace, era compito loro convincerle. Grasso è sexy, era il loro motto. Più carne hai, più vale la pena mostrarla!

    A proposito di clienti e di carne in abbondanza (che poi era un po’ la stessa cosa), a Clara cadde l’occhio su un appunto nell’agenda: la straripante signora Boitani avrebbe chiamato per avere notizie di un tailleur da modificare.

    – La Boitani telefona oggi per il tailleur. Il taglia 54 rosso con la martingala a due bottoni. Ne sai qualcosa?

    – È pronto. Patti l’ha riportato ieri, ha fatto il lavoro a casa perché qui non riusciva a concentrarsi. Che poi, ti dico, sai che pace con Pierparide che rompe e quell’altro nella sua cameretta che le fa esplodere l’appartamento un giorno sì e l’altro pure...

    – Clemente non si è ancora stancato con gli esperimenti?

    – Ma no, figurati, e perché dovrebbe? Con i genitori che lo incoraggiano! Te l’ha detto Patti che hanno speso seimila euro in apparecchiature elettroniche che neanche all’università ce le hanno? Seimila euro!

    Questa dei seimila euro Clara era almeno la quinta volta che la sentiva. Rosanna era fatta così. Partiva subito in quarta. I fatti degli altri erano i suoi, e mai una volta che non avesse da ridire. Meno male che era altrettanto abile nel taglia e cuci, quello vero e proprio. Clara si ripromise, una volta di più, di non raccontarle mai un segreto. Chissà che cosa diceva di lei, non appena le voltava le spalle.

    Per un attimo le venne il dubbio di averle detto di quella volta che aveva chiuso per scherzo Totò nudo con il berretto da Babbo Natale in testa fuori dal balcone. Una vicina della casa di fronte aveva chiamato i vigili e lui era stato denunciato per atti osceni. Anni dopo avevano scoperto casualmente che da allora risultava schedato come maniaco esibizionista! Ma, appunto, era successo un secolo fa, Pedro e Momo non erano ancora nati e le grandi, Selvaggia e Diana, erano andate a Zanzibar a raggiungere il padre per le feste.

    Erano ancora i tempi in cui il Principe impazzava per le sale operatorie dell’Africa Sudorientale. Ora, a quanto risultava dalla sua ultima lettera, era di stanza nel Sud-est asiatico. Chissà cosa si credeva di fare quando aveva sposato il Principe con tanto di matrimonio in chiesa e abito bianco con lo strascico. Sarebbe stato facile dare la colpa di tutto a quella sua fissazione di operare in condizioni estreme, che l’aveva subito condotto lontano da lei, qua e là per il mondo, sempre in Paesi dove le comunicazioni erano difficili o in procinto di interrompersi. Clara, però, non era il tipo da scrollarsi di dosso le sue responsabilità. Era abbastanza onesta con se stessa da ammettere che se la loro storia non aveva funzionato, le ragioni erano altre. Fosse stato solo per i lunghi mesi di lontananza, senza avere la di lui benché minima notizia, avrebbe anche sopportato. Queste notizie, però, non le erano mancate, purtroppo, anche se da origine imprevista.

    Tutte quelle lettere anonime firmate un’amica, le estemporanee telefonate da Nairobi circonfuse da equivoci risolini femminili di sottofondo, i silenzi imbarazzati dei colleghi tornati a casa per le vacanze a cui lei chiedeva notizie del mancato rientro del coniuge, apparentemente sparito nel nulla... E quelle non erano state che le prime avvisaglie. Non era mai stata una donna particolarmente gelosa, ma di fronte all’evidenza scrupolosamente fotografata a colori di Carlo insieme a tale Jasmine, tale Marcella, tale Thereza e, dulcis in fundo, tale Jou-Jou, davvero uno schianto di ragazza, inviatale tramite posta dalla solita amica, di fronte a questa mole di realtà così ben documentata, non aveva più potuto evitare di prendere atto che qualcosa nel loro legame non stava funzionando come lei se l’era immaginato. Scoprire poi l’esistenza di Maurice, 16 mesi, nato a Maputo con ben 5 chili e tre etti (povera Thereza), l’aveva convinta che il divorzio sarebbe stato alla fin fine l’epilogo migliore per la loro separazione già avvenuta di fatto. Le bambine non avrebbero notato la differenza. E così fu.

    Poi era capitato Totò e la famiglia si era data una bella sistemata. Riguardando indietro ora non aveva nemmeno più quella curiosità, che pure l’aveva attanagliata per mesi, di conoscere e magari incontrare vis-à-vis la famosa amica. Da anni, ormai, tutto questo non aveva la minima importanza. Il capitolo Principe era chiuso. Ora c’era Totò e alle ragazze si erano aggiunti i bambini. E c’era il negozio.

    Capitolo II

    Una buona idea nasce sempre da una delusione

    L’idea di una boutique per taglie forti era venuta a tutte e tre insieme. O, almeno, questa era la versione ufficiale. La prima volta che ne avevano parlato erano a casa di Rosanna, su questo erano tutte d’accordo. Uno di quei raduni d’emergenza che tanto piacevano a Patti. Aveva conosciuto Rosanna anni prima a un corso di taglio e cucito, la sua passione, ed erano diventate amiche. Rosanna era praticamente sola al mondo, suo padre era morto e sua madre dopo la pensione era tornata a vivere in campagna dove era nata, a più di 700 chilometri di distanza. Patti era diventata per lei un punto di riferimento.

    Quel giorno Rosanna aveva tentato inutilmente e per l’ennesima volta di mettersi telefonicamente in contatto con Michele, a Rio de Janeiro ormai da tre anni e da tre anni intenzionato a restarci senza intrattenere più alcun rapporto con lei. Un punto di vista ragionevole, considerato che lui l’aveva lasciata ormai da quattro anni e anche quando erano una coppia, per soli sette mesi, non avevano fatto altro che litigare. Questa era la situazione vista da uno sguardo distaccato e al di fuori delle parti, ma certo per Rosanna era difficile farsene una ragione. Adesso Michele doveva avere pure cambiato numero di telefono, perché non era riuscita nemmeno a parlare con la sua segreteria, come faceva di solito.

    Rosanna era uno straccio. E più passava il tempo, più c’era da preoccuparsi: forse che questo dolore fosse diventato una mania, un’ossessione? Se interrogato a proposito Michele avrebbe risposto affermativamente e con forza, specie dopo quelle tre visite a sorpresa a Rio, quando se l’era ritrovata sotto casa. La prima volta l’aveva fatta salire. Ma era stata anche l’ultima. Era stato già abbastanza imbarazzante sentirla recriminare su errori comuni del passato da non ripetere per salvare la loro relazione che, lei ne era certa, non era ancora finita e andava solo rintuzzata con il fuoco dell’amore (a questo punto si era sdraiata lascivamente sul divano cercando di trascinarci pure lui). Ma era stato ancora peggio dover poi spiegare la situazione a Jaìra, la sua attuale compagna, accorsa per lo schiamazzo seminuda dal bagno, dove stava facendo la doccia, mentre Rosanna si scatenava in una folle scenata di gelosia. Quell’orrore, comunque, non si era ripetuto. Se c’era una cosa che funzionava maledettamente bene da quelle parti era la sorveglianza armata 24 ore su 24 a ogni accesso.

    Circa una volta l’anno, comunque, Rosanna ci riprovava. Nel frattempo si era convinta di amare il Brasile più di ogni altro posto al mondo, così appena poteva volava fin laggiù. Ormai, Michele o non Michele, Rio era la sua seconda casa. Stava pensando persino di trasferirsi definitivamente in un monolocale con vista sulla favela della Rocinha a Copacabana, prima che iniziasse l’avventura della boutique.

    Durante uno dei suoi soggiorni carioca era riuscita a conoscere una collega di Michele e a diventarne la più cara amica. Sognava di prendere il suo posto e andare a lavorare fianco a fianco del suo amato.

    Per tornare a quel fatidico pomeriggio, comunque, nemmeno la solita segreteria aveva risposto. Una voce metallica l’aveva avvertita in portoghese, lingua che ormai conosceva alla perfezione, che quel numero era stato disabilitato.

    Per Patti, ogni crisi era un invito a nozze: dove c’erano lacrime e frustrazione, lei accorreva con torte, sformati e bottiglie di vino. Dove c’era una scusa per mangiare, far da mangiare e dar da mangiare, lei non si tirava indietro. Clara, che Patti conosceva da anni, era stata cooptata grazie al suo potenziale umano che faceva subito allegria. Era il periodo in cui la ditta le aveva rifiutato il part-time e si era ritrovata a pagare la baby-sitter con tutto il suo stipendio più 50 euro e il biglietto dell’autobus. Eppure, apparentemente non sembrava aver subito alcun contraccolpo. Si era solo tinta i capelli di un rosso più intenso.

    Per forza di cose si erano ubriacate. Cianciando a ruota libera era saltato fuori che c’era un negozio a due luci in affitto (in realtà un’ex portineria) a Palazzo della Polena, quel meraviglioso edificio cinquecentesco in vico dell’Amor Perfetto, proprio di fronte a dove abitava Clara. Che cosa potremmo farci se fosse nostro? Superate alcune facili battute per via del nome della strada, un tempo al centro di fruttuose attività postribolari, da quella domanda generica e innocente partì un vero progetto, poi sviluppato in mesi di riunioni, confronti, strategie e indagini a tappeto, sulle reali potenzialità commerciali della zona. Una boutique molto molto raffinata, pochi capi creati su misura e collezioni prêt-à-porter selezionate, esclusivamente dalla taglia 46 in su; ecco che cosa ci avrebbero fatto. Ci furono poi ulteriori incontri e animose discussioni prima di arrivare al punto fermo che diede loro la definitiva certezza: il nome giusto. Era nata così la Boutique Tutta Curve.

    In seguito, Clara si era autoconvinta di aver fatto per prima la proposta, dopo tutto lo spazio in affitto l’aveva visto lei! Ma anche Patti rivendicava la grande intuizione, senz’altro per via del fatto che la famosa riunione l’aveva organizzata lei. Quanto a Rosanna, credeva sinceramente che l’ispirazione fosse scesa su di loro tre contemporaneamente per una sorta di magica possessione collettiva a cui i loro quadri astrali non erano del tutto estranei.

    Di chiunque fosse stata l’idea primigenia, il progetto era nato e si era sviluppato per avere successo. E poi, lo spazio in questione era ideale per un negozio bomboniera come se l’erano sognate loro. Un’ex portineria di un palazzo cinquecentesco tutt’ora in buona salute (a parte qualche cedimento invisibile ai più), incapsulato come una porcellana relativamente nuova tra edifici ben più cadenti, se non in rovina, nel centro storico di Genova. La zona, è vero, era un po’ mal frequentata, se la si guardava per il sottile, ma a ridosso del cuore pulsante della città. A pochi metri l’area commerciale, bonificata e restaurata di recente, scintillava di vetrine di noti marchi multinazionali d’abbigliamento, tutti rigorosamente muniti solo di taglie 40-44. Protetta dall’ombra antica della polena, la Boutique Tutta Curve si presentava semplicemente perfetta. Soffitti ad arco, pavimenti di marmo e ardesia, colonne forse in alabastro e, quel che più

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