Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il quinto regno
Il quinto regno
Il quinto regno
E-book325 pagine4 ore

Il quinto regno

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Mentre l’attenzione del Mondo Unito è rivolta alla guerra contro i komaki delle Terre Libere e ai giochi dei Lucinia della grande capitale Erengard, lo stregone del Regno di Koran Aaron Ab-Dael raduna la sua compagnia e parte alle volte delle Terre Primordiali, per scoprire l’identità del potere oscuro che aveva percepito.
Intanto il sacerdote in nero Robert Langard risolve il mistero del detenuto delle carceri segrete del Rinnengard, mettendo a repentaglio la stabilità del Regno di Gannart, mentre il destino delle Frecce Nere si intreccia con le ambizioni di grandezza di Silfred Langard, lord del Regno di Foriart. 
 
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2019
ISBN9788834192030
Il quinto regno

Correlato a Il quinto regno

Ebook correlati

Fantasy Young Adult per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il quinto regno

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il quinto regno - Stefano Ponzani

    Stefano Ponzani

    Il quinto regno

    Editrice GDS

    Via Pozzo, 34

    20069 Vaprio d’Adda-MI

    Tel 02.90970439

    www.gdsedizioni.it

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Copertina : Pixabay © Dream – Lothar Dieteric

    Ogni riferimento a fatti, persone, cose e/o luoghi realmente esistenti e/o esistiti è puramente casuale.

    Stefano Ponzani

    Il quinto Regno

    Cevar Lucinia «il Conquistatore», re del Regno di Foriart, espanse i suoi domini sottomettendo tutte le nazioni del mondo civilizzato, costringendo i loro re ad accettare lo status di Provincia e firmare la costituzione dell’Unione.

    Il giorno della firma nacque l’Unione, o Mondo Unito, e fu preso come anno zero del calendario. Sono annotati con «p.U.» o «d.U.» tutti gli avvenimenti antecedenti o posteriori all’Unificazione.

    Cevar legittimò il suo potere proclamandosi re dei re e si assicurò il controllo delle province conquistate, mettendo i suoi uomini di fiducia alla guida dei rispettivi troni.

    I - Una visita inaspettata

    Il vento soffiava a gran forza e gli alti cipressi della Via del Trionfo si piegavano alla sua potenza. Dalla strada un uomo in tunica nera proseguiva sotto il diluvio al fianco di un leone bianco.

    Dopo cinque settimane di viaggio erano giunti a Rinnengard, capitale della Provincia del Nord.

    «Toc!» Il rumore di un pugno battuto sull’enorme cancello d’oro che chiudeva la Via del Trionfo.

    «Chi va là?» Domandò la giovane sentinella di turno aprendo lo spioncino.

    «Sono Aaron Ab-Dael, stregone della Provincia di Koran. Sono giunto fin qui per chiedere udienza a Mardok Stein» rispose l’uomo avvolto nella tunica nera.

    La sentinella chiuse lo spioncino e tirò la leva. Gli ingranaggi iniziarono a girare producendo un irritante cigolio metallico, mentre due massi di pietra, tenuti da una catena di ferro, scendevano tintinnando all’interno delle torri all’estremità del cancello.

    «Che cosa stai facendo, Sean? Non puoi aprire senza controllare i documenti!» rimproverò l’altra sentinella al collega.

    «Non servono i documenti, idiota! Guarda con i tuoi stessi occhi!» replicò Sean cercando di raddrizzare la fradicia cresta blu del suo elmo.

    Dal cancello d’oro si aprì una porta e lo stregone del Sud la attraversò.

    Era un uomo alto, avvolto in un mantello nero. Nella mano sinistra stringeva uno scettro d’avorio con un rubino incastonato sul manico. A seguirlo un possente leone bianco che entrando si fermò di fronte la sentinella più anziana e, fissandola negli occhi, ruggì.

    La guardia si pietrificò e il viso gli divenne pallido. «Visto Jill? È o non è lo stregone del Sud?» sfotté il ragazzo che tirò la leva.

    «St… sta… stavo solo svo… svolgendo il mio lavoro» balbettò spaventato.

    Sean scoppiò a ridere, reggendosi il grembo come stesse perdendo le proprie interiora, mentre Aaron accarezzò il leone passandogli tre volte la mano destra sulla criniera per dimostrare a Jill che il Kerjar, il suo animale magico, non era aggressivo.

    Al terzo tocco l’animale svanì nel nulla e un tatuaggio che lo raffigurava comparve sull’avambraccio destro dello stregone.

    Le due sentinelle rimasero a bocca aperta: Sean si strofinò gli occhi credendo che la mente, stanca per le lunghe ore di servizio, gli stesse giocando dei brutti scherzi. Jill invece era rasserenato, felice al pensiero che il leone fosse svanito e non potesse più fargli del male.

    Calò un silenzio imbarazzante che si spezzò solo quando Sean esordì lamentandosi: «Acqua, acqua e ancora acqua. Sono mesi ormai che va avanti così. Vostra eminenza non potete fare qualche incantesimo per questa pioggia?» domandò Sean strizzandosi i pantaloni.

    «Per quanto siano grandi i miei poteri, non posso andare contro il volere di Sifius» l’amara confessione dello stregone del Sud, poiché non poteva cambiare le condizioni climatiche volute dal Dio del vento.

    «Almeno quest’anno non è nevicato» Sean cercò di confortarsi scrollando le spalle.

    «Non è nevicato?» domandò sorpreso Aaron.

    «No! Neanche un fiocco per tutto l’inverno!» informò Jill avendo ritrovato finalmente il colore sulle gote.

    «Mio nonno dice che una stagione simile non si verificava da almeno trecento anni!» intervenne Sean, cercando invano di scrollarsi l’acqua di dosso.

    «Trecentocinquantatré per l’esattezza» puntualizzò Aaron. «L’evento fu inserito negli Annales, alla vigilia del Plenilunio di fuoco di metà inverno. Lo stesso evento astronomico di questa notte.» Le due lune Curm e Nat, nel giorno del loro massimo splendore, segnano il picco della stagione invernale. Anche il clima sta cambiando pensò con aria cupa. Era consapevole che il regno di Gannart doveva essere coperto di neve da tre mesi, ormai. «Perdonate la mia scortesia ma ora devo proprio andare da Mardok Stein.»

    «È stato un piacere conoscerla. Raah ven’in Tork!» Sean salutò lo stregone alzando il palmo della mano destra al cielo.

    Quel soprannome echeggiò nelle orecchie di Aaron come un tuono, facendogli salire un brivido lungo la spina dorsale. Gli riportava alla memoria i dolorosi ricordi del Decennio di Fuoco e riaccendeva nel suo animo antiche paure.

    Lo stregone del Sud aveva ancora in mente le immagini del duello contro Stòroka, la «progenie dei draghi», quando il nitrire di un cavallo lo riportò alla realtà.

    Salutò le due sentinelle con la cortesia consona alla propria carica e riprese il suo cammino.

    Attraversò il Quartiere dei Pidocchi, salì i tremila gradini della Grande Scalinata, scese il Vicolo di Pontestretto, superò la Via del Mercante e si fermò sull’uscio de I Tre Lupi, l’osteria tra il negozio di tessuti e la falegnameria a Sud-Ovest della Piazza Azzurra.

    Il cigolio delle catene arrugginite dell’insegna che oscillava dal muro richiamò l’attenzione dello stregone. Aveva una forma circolare e raffigurava tre lupi neri, intagliati in altorilievo, che ululavano al plenilunio rosa di Nat.

    Lo stregone pensò fosse merito del vecchio Harry, un artigiano dalle mani fatate famoso in tutta la Provincia del Nord per le sue opere d’arte. La sua supposizione non era sbagliata, poiché la maggior parte delle insegne prodotte a Rinnengard erano state realizzate dalle grinzose mani di Harry.

    *

    Appena Aaron spalancò la porta, il caos prese forma. Si udivano grida di voci alterate dall’alcol e i canti e gli stornelli tipici della cultura del Nord.

    Alla sinistra dell’entrata si estendeva un bancone di legno marcio, schiacciato da una montagna di calici di ferro e caraffe di vetro. Proseguendo verso destra, dietro la dozzina di barili di legno sistemati l’uno sopra all’altro, si scorgeva a malapena un tavolo dove giacevano tre uomini barbuti quasi privi di vita.

    «Straniero! Desiderate un boccale di buona birra?» domandò l’oste, alzando il volume della voce per contrastare le urla e le risa dei clienti.

    «No, signore, sono passato a trovare un vecchio amico» rispose togliendosi il cappuccio.

    Aveva la testa e il viso rasati e la pelle nera come l’humus delle Terre Fertili e il collo coperto di tatuaggi. I suoi occhi marroni scrutavano curiosi ogni centimetro del locale in cerca di Mardok Stein, il quale aveva l’abitudine di cenare alla locanda ogni giorno da quando era a Rinnengard.

    «Volete qualcosa di asciutto da indossare?»

    «Non ce n’è bisogno.» Aaron agitò lo scettro in senso orario e la tunica iniziò ad asciugarsi dal basso verso l’alto.

    Un ubriacone seduto alla seconda fila di tavoli non credette ai propri occhi. Guardò il boccale di birra rossa, poi di nuovo lo stregone e, pensando di aver bevuto troppo, si alzò e se ne andò barcollando.

    «Non dubito che siate una brava persona, straniero, ma avete appena fatto scappare il mio miglior cliente» puntualizzò l’oste.

    «Non era mia intenzione signore» replicò. «Tenete!» lanciò un Galeone d’oro. «Spero possiate perdonare l’inconveniente.»

    L’oste l’afferrò al volo. «Siete molto generoso straniero» lusingò mordendo la moneta d’oro per valutarne l’autenticità. Era la prima volta in vita sua che vedeva un Galeone d’oro e i suoi occhi brillavano di felicità.

    Aaron Ab-Dael si voltò e si diresse in quella che sembrava una sala ristorante, cercando di non attirare attenzioni, ma non ci riuscì.

    Appena avanzò, sentì su di sé gli occhi di tutti, potendo quasi percepire sulla propria pelle la pressione dei loro sguardi. La sua comparsa era riuscita a far calare il silenzio, trasformando quelli che prima erano cori e canti festosi, in sussurri e bisbigli.

    Aaron continuò a muoversi senza dare troppa importanza alle chiacchiere. Alzò lo sguardo e vide che dal soffitto pendevano prosciutti, spallette, lonze, guanciali, salami, salsicce, coppiette di cavallo e molti tipi di formaggi, che differivano tra loro a dozzine per forma e stagionatura. Poi trecce di agli, mazzetti di rosmarino, carote, fili di prezzemolo e ogni altro ben di Prosperia, emanando un profumo che apriva lo stomaco.

    A Rinnengard era considerato impossibile entrare nei Tre Lupi e non aver appetito e Aaron ne stava capendo il motivo.

    All’ultimo tavolo della sala, quello dietro l’angolo del muro del bagno, vi era seduto Mardok Stein. Un uomo talmente grande da occupare la sedia con una sola natica e sollevare il tavolo con le ginocchia. Aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in trecce all’altezza delle tempie, una folta barba macchiata da qualche pelo arancione e due occhi azzurri dell’intensità del Mar Ghiacciato. Dalla larga schiena partivano due possenti braccia che finivano in due enormi mani, impegnate a togliere con lo stecchino una minuscola littorina dal proprio guscio.

    Aaron puntò lo scettro e colpì il mollusco con un incantesimo, trasformandolo in un bocciolo di rosa rossa che lentamente si aprì.

    Lo stregone del Nord rimase a bocca aperta per lo stupore.

    «Aaron?» domandò guardandosi attorno. Poi si alzò di scatto rovesciando il tavolo.

    La zuppa di pesce volò contro il muro e la sedia su cui era seduto sembrò ringraziare il cielo per essere stata liberata da quella pesante zavorra.

    «Mardok!» esclamò lo stregone del Sud allargando le braccia per stringere il suo vecchio amico.

    «Saranno quindici anni che non vieni fin qui» disse abbracciandolo.

    «Trentadue per l’esattezza.» Aaron era un uomo scrupoloso sempre pronto a puntualizzare, e Mardok lo sapeva bene.

    «Non fraintendermi Aaron, non è che non ti voglia vedere, ma ogni volta che vieni fin qui non ci sono mai buone notizie.» Si grattò la barba sospettoso.

    Lo stregone del Nord faceva bene a diffidare perché il moro, in tutta la sua vita, era venuto solo tre volte a trovarlo a Rinnengard.

    «Sei venuto la prima volta nel novantanove, quando mi hai reclutato per la spedizione nella Giungla Nera… poi nel 1310 per liberare i Tumuli Neri dalla Setta dei Magi e… e poi…» stava pensando tenendo il numero con le dita.

    «Nel quindici! Due anni prima che partimmo per le Terre Primordiali.»

    «Sì, bravo! Quando abbiamo combattuto nel Decennio di Fuoco. Poi ci siamo persi. Sei un pessimo amico, Aaron. Fossi mai venuto per stare insieme una serata, prenderci una birra, divertirci in qualche locanda.»

    «Temo tu abbia ragione» ammise lo stregone del Sud abbassando lo sguardo. Poi posò una mano sulla spalla dell’amico. «Ti dispiace se adesso ordiniamo qualcosa da mangiare? Ho un certo appetito.»

    «Jacob portaci due zuppe di pesce!» urlò all’oste.

    «No, no… per me arrosto di capriolo al miele e contorno di patate» corresse lo stregone del Sud brandendo coltello e forchetta.

    «E da bere?» domandò l’oste mentre sistemava il tavolo caduto a terra.

    «Un Fuoco del Nord e un boccale di Idromele» ordinò Mardok.

    «Ti ricordi ancora qual è la mia bevanda preferita?!».

    «È passato tanto tempo, ma ho ancora una buona memoria» ironizzò il nordico. «Ah! La mia povera schiena.» Lamentò accomodandosi sulla sedia, il cui scricchiolio sembrava imprecare gli Dèi per essere stata di nuovo schiacciata da quell’enorme peso.

    Nel Decennio di Fuoco Mardok incarnava i canoni della perfezione del corpo umano, con un fisico così muscoloso da far invidia ai «Bronzi di Kronos», le due famose statue scolpite da Sten Krono conservate nella Sala Grande del Palazzo Reale di Erengard.

    Un uomo diverso dall’ammasso di lardo che Aaron aveva davanti agli occhi.

    I duri lineamenti del suo viso si erano addolciti sotto due guance così mosce da farlo somigliare a un bulldog. I massicci pettorali avevano lasciato il posto a due seni flaccidi e quelli che un tempo erano addominali d’acciaio, ora sembravano il grembo di una giovenca gravida.

    «Adesso puoi spiegarmi il motivo della tua visita?» La curiosità lo stava tormentando.

    «Ero a Nasrodin a svolgere delle mansioni per il re Sheridan Bartiel.» Aaron era anche famoso per la sua loquacità. Quando doveva raccontare una cosa, lo faceva partendo dal principio, rischiando di annoiare per ore i suoi ascoltatori.

     «Ero sulla torre Sud-Est quando d’improvviso il cielo divenne nero. Non erano nuvole, ma uccelli che fuggivano in gran numero da Sud verso Nord.»

    «Oh Aaron!» esclamò girando gli occhi.

    «Gli uccelli migrano ogni anno da Sud verso Nord» minimizzò, afferrando il calice di Fuoco del Nord che Jacob aveva appena portato.

    «Sì, ma non in questa stagione» puntualizzò il moro. «Le migrazioni sono in anticipo di quattro mesi, almeno… e poi non ho mai visto tanti animali spostarsi insieme. Ma la cosa che mi preoccupa di più è che la loro rotta indica le Terre Primordiali.»

    «Vorresti dirmi che sono tornati i draghi?» Il bicchiere gli andò di traverso.

    «No, Mardok. Temo sia qualcosa di peggiore!» ammise abbassando lo sguardo.

    «Peggiore dei draghi?» il nordico scoppiò in una risata dalla sfumatura malvagia.

    «Non dirmi che sono stati aperti i Nove Cancelli Torti del Regno degli Inferi

    Secondo il credo Decatheista, erano i nove portali che dividevano i vivi del mondo terreno dai dannati del Regno dei morti.

    «Non essere sciocco Mardok.» Aaron mandò giù mezzo boccale d’idromele.

     «Ec…»

    «Ecco a voi la zuppa di lumache» intervenne l’oste interrompendo Aaron per servire le pietanze.

    «E per voi l’arrosto di capriolo.»

    «Pancia mia fatti capanna!» esclamò Mardok riprendendo lo stecchino per sgusciare le lumache di mare.

    *

    I due stregoni mangiarono le portate senza dire più neanche una parola.

    Aaron finì il piatto per primo fermandosi a guardare lo spettacolo di Mardok impegnato ancora una volta a sgusciare le littorine, tirando fuori la lingua per sottolineare l’impegno e lo sforzo con i quali cercava di estrarle con lo stecchino.

    «Mardok!» richiamò l’attenzione del suo amico.

    «Io ho paura.»

    «Tu paura?» lo stregone del Nord non riusciva a credere alle proprie orecchie.

     «Aaron tu non conosci la paura! Tu sei il grande Raah Ven’in Tork, colui che sconfisse Stòroka, la progenie dei draghi, tu sei il moro del Sud che sconfisse la Magia Nera dei Magi, tu sei l’immortale che ha bevuto alla Fonte dell’eterna giovinezza, tu sei l’unico uomo che è sopravvissuto alle Namire della Giungla Nera…»

    «Ti sbagli Mardok» obiettò amareggiato.

    «C’è qualcosa nelle Terre Primordiali, qualcosa carico di negatività e dotata di un potere così grande che ho paura solo a percepirlo.» Aaron mandò giù l’altra metà di idromele e fece segno a Jacob di portargliene un altro boccale.

    «Sono venuto fin qui per chiederti di intraprendere insieme a me un ultimo viaggio. Dobbiamo tornare in quelle terre dimenticate dagli Dèi e scoprire cosa sta accadendo.»

    «Un ultimo viaggio?» Mardok non riuscì a nascondere il sentimento di paura che accese il suo volto.

    «Sì, amico mio. Se verrai con me non potrò assicurarti che tornerai.» L’espressione afflitta di Aaron trasformò la sua potente voce in un bisbiglio palpitante.

    Mardok sbarrò gli occhi.

      «Un Fuoco del Nord Jacob!» Ordinò dopo la sconcertante confessione del moro.

    «Siamo gli unici che possono andare a indagare. Gli Dèi ci hanno fatto dono dei nostri poteri ed è nostro dovere usarli al meglio per difendere l’Unione, anche a costo della vita.»

    L’idea della morte fece calare il silenzio tra di loro.

    Mardok era immerso nei suoi pensieri e valutava la decisione da prendere passando il suo enorme dito sul bordo del calice di vetro. Aaron invece frugava dento la sua tracolla. Una borsa incantata nella quale il moro poteva mettere tutto ciò che poteva passare attraverso la sua fessura.

    «Questi li offre la casa» esordì Jacob servendo le bevande ordinate dagli stregoni.

    Mardok e Aaron brindarono alla propria salute e mandarono giù i bicchieri tutto d’un fiato.

    «Quando partiremo?» domandò il nordico col viso infuocato dal liquore. «Non crederai mica che ti lasci prendere tutta la gloria di questa avventura?» intervenne prima che Aaron potesse aprir bocca.

    Un largo sorriso prese finalmente scena sulla faccia cupa dello stregone del Sud.

    «Non appena recluteremo Dimitri McIcran e Lee Lane.»

    «Loro due?» al nordico si strozzò la voce in gola.

     «No! Non sono adatti!» Per poco non gli esplose il fegato. Aveva sempre provato ostilità per gli altri due stregoni. «Dimmi, quanto tempo è che non li vedi? Dimitri è ormai un vecchio ubriacone e Lee ha la mente offuscata dal Tawincio.»

    «Non importa se uno è un alcolizzato e l’altro un tossico! Loro due sono gli unici uomini ad avere le capacità per intraprendere una simile missione.» controbatté Aaron. Il sorriso che era apparso prima sembrava non essersi mai manifestato sul suo volto.

    «Metti da parte le tue ostilità perché loro, che ti piaccia o no, verranno con noi! Domani all’alba partiremo per Torrevecchia.» Tirò fuori dalla tracolla la mappa per studiare il tragitto più veloce.

    «Ci vorranno circa tre o quattro settimane per raggiungere Dimitri.»

    Mardok lo informò che lo stregone dell’Ovest si era trasferito a Passostambecco, una piccola città della Provincia del Nord, famosa per le sue distillerie, dove Dimitri si era trasferito per il basso prezzo dell’alcol.

    Una manna dal cielo che avrebbe fatto guadagnare tempo prezioso alla tabella di marcia di Aaron.

    Gli stregoni uscirono dalla locanda, intenzionati a partire senza aspettare l’alba.

    Quindi imboccarono la scalinata a Nord-Est della Piazza Azzurra, risalirono il Vicolo delle Streghe, passarono la Volta del Sole e raggiunsero le Stalle Reali del Rinnengard. Poi sellarono due stalloni e galopparono verso la Via del Trionfo, lasciando la città.

    Il Rinnengard

    II - L’alleanza di Novlak

    La catena montuosa di Altovalico divideva le Terre Libere dalle forze armate dell’Unione. Dalla sommità di Simar, la vetta più alta, si potevano osservare a perdita d’occhio gli accampamenti dello sconfinato esercito dei centocinquantamila uomini di Foriart. Tende bianche e oro spuntavano dal suolo come funghi tra la cenere dei fuochi ancora fumanti, accesi per scaldare la notte dei soldati.

    A Sud-Ovest, dove l’orizzonte fondeva cielo e terra, un mare di mantelli color porpora si agitava in aria pitturando il verde manto delle Pianure dell’Ovest, mentre gli elmi placcati d’oro e le spade d’acciaio riflettevano la luce del sole, abbagliando gli intrepidi occhi degli Uomini Liberi che osservavano l’avanzata degli invasori.

    Il re dei re Eraldo Minear, annoverato come uno dei migliori sovrani degli ultimi cinquecento anni, ormai anziano e costretto a vivere con l’angoscia della morte, voleva scolpire il suo nome sulle pagine degli Annales, i libri di storia scritti dai sacerdoti amanuensi di Scribia, biblioteca di Erengard, la più grande e ambita dai letterati di tutta l’Unione, compiendo un’ultima grande impresa: sottomettere la popolazione dei Komaki.

    *

    «Sono passati ventisette giorni dall’inizio dell’in-vasione» esordì il messaggero per far rapporto a re Eraldo. «E le forze armate di Marmo, guidate dal jager Novlak Norton, stanno resistendo all’attacco al Varco di Nord-Ovest, l’unico sentiero che unisce le Terre Libere a Pentum, la Provincia dell’Ovest. Il rapporto di uomini è di quindici a uno, rappresentando un sostanziale vantaggio per i nostri eserciti, ma gli spazi stretti e la conoscenza del campo di battaglia hanno ribaltato le sorti dello scontro a favore degli Uomini Liberi, annullando la disparità numerica.» Tirò fuori dalla tracolla una pergamena bollata.

    «Lord Random Greenwood dice: l’impresa eroica dei diecimila Vaar’is Caran si vociferava già tra le vie delle Grandi Capitali, sconvolgendo la monotonia quotidiana dei cittadini. I poeti s’affrettano a scarabocchiare rime per battere sul tempo la concorrenza, i giullari affilano satire taglienti, i cantori intonano le corde vocali e i bambini emulano le epiche battaglie per le vie e le piazze delle città. Ovunque, nei Cinque Regni, non si parla d’altro che dei Komaki, della loro gigantesca stazza e della loro formazione da combattimento: la falange. Lo schema è stato ideato dal jager Novlak Norton per valorizzare al massimo il campo da battaglia e il numero delle milizie, così da impedirci di raggiungere le Terre Libere e la città-stato di Marmo.» Si schiarì la voce.

     «Poi il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1