Cose di casa nostra
Di Lucia D'Aleo
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Anteprima del libro
Cose di casa nostra - Lucia D'Aleo
Lucia D’Aleo
Cose di casa nostra
2021 By ATILE Edizioni Cose di casa nostra redazione@atileedizioni.com www.atileedizioni.com Autore: Lucia D’Aleo
Copertina: grafica di Alessia Pizzo
A nonna Giulia dolce, sensibile, elegante e terribilmente donna.
Indice
pag 03 Frontespizio
pag 09 Prefazione
Racconti
pag 12 Angelina
pag 17 Noi quattro
pag 22 Rosamarina è parrucchiera
pag 24 A briglie sciolte
pag 27 Amore infinito
pag 31 Ciacco
pag 33 Le feste in famiglia
pag 44 Come era verde la mia valle
pag 53 Far West
pag 58 Il prezzemolo
pag 61 La mela avvelenata
pag 65 Dalle suore Orsoline alle Vincenzine
pag 70 Le malattie esantematiche
pag 74 Le feste Natalizie
pag 80 Gli animali di casa
pag 84 Mamme dei gattini di casa
pag 86 Arabella ladra di professione
pag 89 Il centauro
pag 92 Rosamarina finalmente si sposa
pag 97 Papà, Michelino e il viaggio a Lourdes
pag 100 Tazio gatto signore
pag 103 Esperienze di guerra di papà e zio Gherardo
pag 106 Il cuore di Gesù
pag 110 La festa di Santa Lucia
pag 115 Lupo e Lassie
pag 117 Il principe Ranocchio
pag 119 Angelina e la pecora
pag 122 Il gatto siamese del vicino di casa
pag 124 I giochi con zia Laurella
pag 127 Il liquore al Mandarino
pag 131 Il mio amico Ciccio
pag 136 La festa dei morti
pag 140 Margherita mi racconta della sua maestra
pag 142 La Sicilia
pag 147 Angelina e Margherita dopo
Poesie
pag 12 Angelina
pag 16 Noi quattro
pag 21 A Sofia
pag 29 Mamma
pag 30 Anima
pag 38 Matita
pag 39 Narcisu
pag 40 Giacintu
pag 41 Ortigia
pag 42 Armonia
pag 48 Girasuli
pag 49 Comu u corvu niuru addivintò
pag 50 Mare
pag 51 Papavero
pag 52 Cielo
pag 56 Lau
pag 69 Signuri
pag 78 Natali
pag 83 Silenzio
pag 96 Rosa
pag 107 Santa Lucia
pag 114 La casa rosa
pag 143 Universi
pag 145 Poesia
pag 146 Mare
PREFAZIONE
Angelina viaggia sul colorato sentiero dei ricordi con il preciso itinerario di mettere a fuoco i giochi di sensazioni, emozioni, fantasie, immagini e immaginazioni che della fanciullezza rappresentano l'anello di connessione fra passato formativo e presente. Non solo, grazie ad Angelina possiamo immergerci in una realtà socio-culturale ben definita: quella della Siracusa degli anni '50.
Cose di casa nostra
non è soltanto la testimonianza della vita infantile e adolescenziale della protagonista ma anche il connubio fra l'amore per le proprie radici familiari, per il proprio passato, e il senso di identità e di appartenenza a una comunità sociale. L'anello di congiunzione con il passato, inteso come epoca storica di un popolo ma anche come epoca storica di ogni persona, è la manifestazione delle vicissitudini che trasformano una bambina in una donna e Angelina ha vissuto la propria infanzia in una famiglia di sani principi morali, quindi in una realtà familiare in cui le è stato possibile costruire, su basi solide, la personalità e il futuro.
Angelina non è soltanto la bimbetta eccessivamente vivace che vive di birichinate ma anche una bimba sensibile, protettiva, amorevole verso gli animali, ingenua e credulona come sono tutti i bambini che non conoscono malizia, cattiveria e orrori.
Ormai adulta, Angelina incastra i ricordi infantili con le tradizioni e con le tipiche espressioni dialettali siracusane e Cose di casa nostra
si trasforma in un racconto storico-culturale da scoprire e apprezzare, in un racconto per adulti e per piccini, in una sagra familiare.
La scrittrice e poetessa siracusana, Lucia D'Aleo, ha ben saputo equili-brare registri linguistici con capacità comunicative tali da confezionare un percorso di ricordi in un'opera narrativa e poetica di affascinante storia d'amore, di solarità e di mare mediante cui il suo essere interiore rinasce e si afferma intriso di sicilianità.
Elena Midolo
ANGELINA
La mia vita è un frutto mancato una parola che ho solo pensato una carezza che non ho donato un libro già letto
il tramonto di un giorno che rimane senza ritorno, una miriade di ricordi
come una musica piena di accordi.
Mi rivedo bambina, smilza dagli occhi vivaci, capelli tagliati alla Guglielmo inglese, sempre pronta a ribattere alla propria mamma a cui al momento opportuno, per evitare uno sculaccione, rivolgevo il voi e non il tu, come se mamma non capisse che dietro quel voi c'era la mia risposta a lei. Una volta, dopo l’ennesima birichinata, la mamma mi disse che ero molto monella e che quelle come me avevano messo sulla croce Gesù, io ribattei che avevano fatto bene.
Desiderosa sempre di libertà, amavo stare all’aria aperta ed ero fortunata perché allora, dove abitavo con la mia famiglia, c’era una sconfinata campagna e la città, Siracusa, terminava al Corso Gelone, oggi zona commerciale con bei negozi eleganti.
Molti siracusani si vantano di abitare al Corso Gelone, da tempo divenuto una zona centrale, io invece non vorrei stare neanche se mi pagassero a peso d’oro al Cosso Giloni
, come dicono in dialetto. Amo troppo la natura perché è stata il mio imprinting.
Quanta felicità mi dava stare ore intere con don Angelo, un vecchio contadino che curava il giardino della mia famiglia, che mi spiegava i deliziosi segreti del piccolo creato tutto nostro. Gli chiedevo perché le foglie delle piante non avessero tutte lo stesso verde, mi rispondeva con il suo sorriso sdentato:
Viri, Angilina, u Patri Eternu è fantasiusu e ci piacinu tanti culuri virdi e poi iddu s’annuiassi a taliari sempre u stissu culuri.
Il Padre eterno ha molta fantasia e ama le diverse tonalità di verde e poi lui si annoierebbe a osservare sempre lo stesso verde.
Bonariamente mi diceva che Dio in Paradiso ama circondarsi di tante piante diverse e con tanti fiori e farfalle con le più svariate tonalità di colore. Se gli facevo notare che alcune piante ornamentali hanno le foglie rosse mi rispondeva con fare sornione: Picchì saffruntunu
(perché si vergognano), sono troppo timide e quindi hanno le foglie rosse. Mi insegnò a riconoscere i lombrichi, le coccinelle, le lumache, quelle nude , ossia senza pudore.
Avevo circa sei anni allora e don Angelo almeno settanta, era così curvo a furia di zappare fin da ragazzino la terra che potevamo guardarci negli occhi, quest’ultimi celesti come il cielo. Assieme a quel suo grande naso ricurvo, non li dimenticherò mai più. Don Angelo mi ha insegnato a osservare con attenzione tutto, mi faceva immaginare anche quello che a occhio nudo non si vede.
Mi raccontava che la terra è piena di vita e ogni foglia che cade viene subito trasformata in una nuova vita; quando, da adulta, studiai Microbiologia capii meglio ciò che intendeva dirmi.
Amava le coccinelle, quando ne vedeva una che succhiava le afidi s'inebriava e con il suo largo sorriso diceva: Si stannu bivennu un poco di succo ruci
.
Quel succo ruci (dolce) non era altro che la linfa elaborata, ricca di zucchero, delle piante che le afidi rubano alle loro ospiti, essendo insetti parassiti.
Invidiava bonariamente le lucertole al sole e decantava il loro caldo riposo, chissà quante volte da lui agognato da giovane durante le lunghe giornate di lavoro estivo nelle assolate campagne siciliane. Un giorno, mentre zappettava le aiuole, uscì dal terreno un grillo talpa che a me fece tanta paura, lui lo uccise e soddisfatto mi disse:
Chistu è nu disgraziato e dilinquenti.
Quell’insetto brutto e sporco si
nutre delle radici delle piante e le fa morire.
Insieme con noi c’era sempre qualche gatto di casa che amava la nostra compagnia, a volte Alcibiade, un gattone bianco e grigio- azzurro, oppure Pituliana, una gattina bianca e nera delicata e buona che non graffiava mai, il signor Rossi, un gattone rosso furbo e astuto dall’intelligenza spiccata e veloce nell’acchiappare uccellini e lucertole, che io tentavo sempre di salvare e qualche volta mi riusciva. A quell’epoca andavo nella scuola elementare vicino casa, le lezioni erano nel pomeriggio e così, nelle belle giornate anche invernali - che nella mia terra hanno un sole che scalda fin dentro le ossa - mi piaceva fare i compiti fuori, sotto la veranda di casa. Usavo un vecchio, anzi un antico tavolino esagonale, nero, e ogni tanto sollevavo lo sguardo verso il cielo azzurrissimo e abbagliante: mi piaceva quell’azzurro del cielo siciliano limpido, terso, caldo. Quel colore mi è entrato nel cuore e oggi amo ricordarlo nei miei quadri.
I colori della mia terra sono forti, energici e ti si insediano dentro per caricarti di vita. Chi è nato in Sicilia resterà sempre legato alla propria isola anche se andrà a vivere in capo al mondo perché la Sicilia è come una strega: ti ammalia e ti vuole sempre suo.
Purtroppo oggi, che sono una diversamente giovane, di anni sessantotto, con grande rammarico posso dire che molti Siciliani non comprendono e non capiscono tanta bellezza, per loro è normale essere abituati al sole, al mare cristallino e trasparente dalle bellissime tonalità della pietra chiamata acquamarina per l’azzurrino ceruleo. Mi piace viaggiare per conoscere la mia terra e attraversare appositamente con il camper le strade che rasentano le immense distese di uliveti, vigneti, agrumeti che, con i loro frutti invernali dorati, mi riempiono di estasi. Il Creatore ci ha dato il meglio ma molti lo ringraziano offendendo Lui e madre Terra e, inoltre, depositando i rifiuti in ogni angolo.
Il comportamento di molti giovani non è per niente ambientalista, a eccezione di qualcuno, e questo è un danno enorme per la nostra bella isola.
NOI QUATTRO
Sempri ti viru dietro lu cancellu ca mi saluti cu la to manuzza
" Ti biniricu - mi ricevi - figghia!" paroli santi pi la to Rituzza
Mentri luntanu luntanu mi nni ieva