56 poesie d'amore e di lacrime
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Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ‘l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
EBOOK + AUDIO
Francesco Petrarch
Born in Italy in 1304, Francesco Petrarch moved with his family to Provence. Petrarch was smitten by the sight of a young woman named Laura. She did not return his love, but it stayed with Petrarch even after Laura’s early death. Laura inspired the 366 poems that make up his Canzoniere, translated here as ‘Scattered Rhymes’. Petrarch lived till 1374, and was writing and revising his sonnets into his last years.
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Anteprima del libro
56 poesie d'amore e di lacrime - Francesco Petrarch
Voi ch’ascoltate
È impressionante la differenza che divide Petrarca da Dante. Sono passati pochi decenni, eppure la poesia petrarchesca sembra distare secoli da quella dantesca. Il grande vulcano della Divina Commedia si è fatto nel Canzoniere un ruscello di chiare, fresche e dolci acque.
La riduzione dei temi trattati corrisponde alla riduzione delle modalità espressive e della quantità di parole usate. Petrarca usa un setaccio linguistico severissimo, solo un ristretto numero di parole è ammesso, nel senso di una eleganza squisita, da disegnatore di arazzi. I colori sono tenui, sembra sempre che si parli sottovoce. D’altronde è così. Mentre Dante voleva parlare a tutti gli uomini, Petrarca parla sempre e solo con se stesso, è l’inventore del soliloquio poetico, del lirismo psicologico. Mentre Dante si occupa nel suo poema di grandi temi pubblici, politica, storia, religione, Chiesa e Impero, riscatto dell’Italia, ecc., a Petrarca interessano principalmente i temi privati, primi tra tutti il tema dell’amore infelice e quello del passare del tempo, della vanità delle cose. Questi due temi, trattati in continue variazioni musicali per quasi tutte le trecentosessantasei liriche della raccolta (una per ogni giorno dell’anno più una di introduzione), descrivono ogni sfumatura della malinconia e della nostalgia. Questa è la musica della poesia petrarchesca, come si vede chiaramente in questo bellissimo sonetto, che nella raccolta porta il numero 311.
Quel rosignol, che sì soave piagne
forse suoi figli, o sua cara consorte,
di dolcezza empie il cielo et le campagne
con tante note sì pietose et scorte,
et tutta notte par che m'accompagne,
et mi rammente la mia dura sorte:
ch'altri che me non ò di ch'i' mi lagne,
ché 'n dee non credev'io regnasse Morte.
O che lieve è inganar chi s'assecura!
Que' duo bei lumi assai più che 'l sol chiari
chi pensò mai veder far terra oscura?
Or cognosco io che mia fera ventura
vuol che vivendo et lagrimando impari
come nulla qua giù diletta, et dura.
In Dante ci sono spesso endiadi come quella portentosa del canto dei ladri: "ma drizzò verso me l’animo e ‘l volto. È una endiadi severa, che ci parla di vergogna, di peccato, di odio. Anche questo sonetto di Petrarca contiene un’endiadi molto efficace, nel penultimo verso:
vuol che vivendo et lagrimando impari". Le due parole in endiadi sono parole centrali nel lessico petrarchesco. Il poeta infatti non fa altro, per tutto il Canzoniere, che parlarci di se stesso mentre soffre e piange. La sua vita, o per lo meno la vita di quel personaggio che Petrarca chiama io
, è tutta un piangere per la nostalgia. Petrarca vive nella contraddizione non risolta tra i desideri, d’amore e di gloria, e il