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L'età della giovinezza: 1950 - 1969
L'età della giovinezza: 1950 - 1969
L'età della giovinezza: 1950 - 1969
E-book368 pagine1 ora

L'età della giovinezza: 1950 - 1969

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Info su questo ebook

L’Autore, autorevole scrittore di saggi e articoli di politica, filosofia, storia medievale, e molto altro, presenta un suo lato inedito, quello poetico. 
Un vizio, la poesia, che coltiva in silenzio, fin dalla giovinezza. In questo volume sono proprio le poesie giovanili a portarci nel mondo ricco di speranze ma al contempo di dolorosi ricordi del dopoguerra italiano con tanta voglia di ricominciare a sognare, a vivere e ad amare.
 
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2021
ISBN9788831381789
L'età della giovinezza: 1950 - 1969

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    Anteprima del libro

    L'età della giovinezza - Stelio W. Venceslai

    fiele

    Dedica

    Alla memoria di mia madre,

    Alba Lavezzo Venceslai,

    che mi fu maestra e ragione di vita.

    Avvertenza

    Queste poesie della mia giovinezza, in fondo, sono un diario sentimentale, una specie di storia emotiva, senza alcuna pretesa oltre a quella di conservare quanto scritto in tempi lontani, con il fervore e le illusioni della giovinezza.

    Sono un regalo a me stesso e un modo per trasmettere alle persone che mi sono più vicine e che amo memoria di me.

    L’Autore

    Nota dell'autore

    Quando l’Autore mi ha chiesto di pubblicare le sue poesie di una vita, ho fatto un sospiro profondo. Ero in forte difficoltà. Come dirgli che nel nuovo millennio la poesia è severamente vietata a tutte le piccole case editrici? Non perché non ci siano più poeti: l’Italia è un paese di poeti! Non perché non ci siano più lettori, amanti della poesia. Ma perché, purtroppo, il mercato del libro, così come è organizzato da noi, nuoce gravemente a tutti gli aspiranti poeti.

    Fondamentalmente se non ti chiami Leopardi o D’Annunzio, il destino di questi libri di poesia è un magazzino pieno di copie invendute. D’altro canto, nessun libro ha la certezza di evitare l’oblio, perché, in Italia, da sempre, la lettura è cosa per pochi.

    Fare l’autore è da pazzi, ma ancora più folle è pensare di fare l’Editore! Campare con i libri è più difficile che trovare un ago nel pagliaio! Ma poiché nella mia vita ho fatto tante cose sciocche, una in più non mi mette timore!

    L’Autore è però un uomo colto e di mondo. Senza farmi parlare, mi solleva da ogni impegno morale e, fissandomi negli occhi, mi dice: " È’ solo per le persone a cui voglio bene, per gli amici stretti, non ti preoccupare, non ha ambizioni di mercato ". Rilassato, inizio il lavoro di editing e comincio a leggere queste poesie.

    Parlano di un tempo in cui non ero ancora nato, il mitico mondo del dopoguerra italiano. Un periodo in cui l’orrore della morte di milioni di persone, di familiari, di amici, si accompagnava all’allegria dello scampato pericolo, alla speranza di un mondo migliore, alla volontà di vivere la pace, di creare un futuro per se stessi e per le future generazioni.

    In queste poesie ho ritrovato quelle emozioni, quella voglia di amare, di soffrire, di ricercare la vita in tutti i suoi aspetti. C’è in esse uno spirito senza tempo, una spinta valida per qualsiasi età. Troppo facile dire che servirebbe ai giovani di oggi, più probabile che serva agli adulti di oggi, troppo spesso incatenati dentro maschere pirandelliane, in una lenta agonia che, giorno dopo giorno, uccide l’anima.

    Qui c’è il fanciullino che ognuno di noi dovrebbe coltivare e non far morire mai. C’è vita e c’è speranza.

    Per questo ho chiesto all’Autore di sfidare l’impossibile, di rendere fruibile ad un pubblico, auspicabilmente più vasto, il suono della sua poesia.

    Da tempo, non ho più il timore di fallire. Ho il timore di rinunciare a lottare per un sogno, per un’idea, solo perché difficile o impossibile. Senza il coraggio di sfidare l’impossibile, non esiste la vita.

    L’Editore

    1950

    Pallide stelle d’Occidente

    Pallide stelle dell’Occidente,

    lontano, luminoso velario

    del cielo,

    come le onde sontuose

    del mare,

    come il fruscìo tenue

    del vento,

    come un ricordo appena

    sopito,

    come un cantico solenne

    che echeggi per via.

    E avverto ancora il palpito

    della sua mano

    e fra le mie braccia

    un abbandono infinito.

    I miei sogni sono

    stelle cadenti,

    pallide luci lontane

    d’Occidente.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 15/05/1950

    La tiepida aurora

    Svegliati,

    gli uccelli trillano

    nell’aia piena di vapori rosa;

    è l’ora,

    quando il sole s’imporpora

    ad Oriente

    e scende una luce dorata

    sui tuoi capelli.

    Schiudi i tuoi occhi

    come una goccia iridata

    che s’apra

    alla luce del sole.

    Svegliati alle tiepida

    aurora

    e lascia che ti parli d’amore

    accarezzandoti

    i capelli.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 06/07/1950

    Sentinella

    Sentinella lassù,

    grigia.

    fra il torvo chiarore

    dei lampi,

    all'insistente sibilo del vento,

    tra massi scoscesi

    e sanguigni.

    Con il cuore palpitante

    e la mente che vaga

    e si perde

    nei fluttuanti spazi

    del sonno incipiente.

    Uno sparo

    rompe il silenzio

    che di nuovo ritorna,

    rotto a tratti

    da uno schianto di fulmini.

    Sbatter d’occhi,

    pesantezza alle gambe,

    e s’addensano

    tanti fantasmi, taluni

    immoti, altri sanguinanti,

    che scompaiono nella notte.

    E il fante veglia,

    grigio,

    a guardia di quelle rocce

    scabre e desolate.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 20/11/1950

    1951

    Fantasticherie

    Aveva un corpo pieno,

    languoroso e forte,

    tenero e cedevole,

    ma ben formato.

    I suoi seni erano grandi,

    soffici ed un po’ lenti,

    teneri al tatto,

    con le punte rosee

    ben dritte,

    dolci da accarezzare.

    Il suo corpo era nuovo,

    una grande pianura

    da cui partivano serpeggianti

    tante strade

    verso i seni e i fianchi,

    la distesa ondulata del ventre

    fino al bosco dei salici

    piangenti,

    dove s’accendeva la fiamma

    ritrosa

    del suo ignoto piacere.

    Con le braccia incrociate

    sembrava

    che stesse pregando.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 09/05/1951

    La retàra

    Veniva da un viottolo,

    di là della scarpata del torrente.

    Portava in testa uno scialle

    attorcigliato

    e sopra un cesto di reti già fatte,

    coperto da un grande telo.

    Si muoveva leggera,

    con i piedi scalzi sui ciottoli

    della strada polverosa.

    Il calore dell’estate

    le aveva arrossato il volto,

    ma il suo sguardo era fiero.

    Sfidava il vento caldo e la gente,

    sicura di sé.

    Sul greto del torrente

    le donne del paese,

    curve sugli arcolai tessevano

    le reti dei pescatori,

    altre filavano la canapa delle funi

    che forse un giorno

    avrebbero salvato i marinai.

    L’aria era tersa e la città,

    dopo il torrente,

    con le sue prime case,

    era il mercato.

    Così, da tempo immemorabile

    veniva quella figura

    di giovane donna affaticata.

    Usciva da Omero,

    dalle donne dei Proci,

    dal rito dei Greci

    che andavano in cerca

    di risposte dagli Dei.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 09/08/1951

    Per un compagno caduto

    Sei caduto come una fiamma

    smorzata da un vento di morte,

    con le braccia aperte

    e una rosa vermiglia sul corpo,

    in mezzo a quelle rocce bianche.

    Anche tu, come gli altri,

    senza medaglia.

    ti ha ricoperto un po' di terra nera.

    Sulla canna del tuo mitra

    sporco

    è piantato il tuo elmetto ammaccato.

    Su quelle doline sei rimasto

    solo,

    un fiore piegato sullo stelo

    dei tuoi vent'anni bruciati.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 08/09/1951

    1952

    Settimana di passione

    Settimana di passione,

    stesi fra sassi e rovi

    come serpi

    abbrancati alla canna

    bollente del mitra,

    sotto la bufera e il mugolio

    del vento e gli spari.

    Distesi per terra, nel fango,

    lacrimando e sparando,

    vigili, ma senza più voce.

    Settimana di passione

    tra lo schianto della mitraglia,

    il fumo degli incendi,

    il lamento dei feriti

    e il rantolo dei morenti,

    sputando sangue e fango nero,

    maledicenti e disperati.

    E intorno,

    i morti e i feriti con le carni

    brucianti e straziate,

    i volti tumefatti e rigati

    di fango e di sangue rappreso.

    Quanti morti abbandonati, quanti morti!

    S. Benedetto del Tronto (AP), 13/03/1952

    Vespro

    Quando laggiù,

    tra quelle cime oscure

    dei monti

    tramonta il sole,

    l'aria appare immota

    e un rintocco lento

    sembra suonare quasi a morte.

    Vespro,

    con rintocchi gelati

    e in cielo

    un tripudio di voli,

    sfrecciare di rondoni affamati.

    Rintocchi nel vespro

    e sono già lunghe le ombre

    dei campanili

    e da lontano il mare mugghia,

    voglioso di compagnia.

    Con mano stranita

    il vespro disegna il profilo

    delle nuvole,

    rassetta nel buio il colore

    del cielo e delle stelle,

    annuncia il progredire della notte.

    S. Benedetto del Tronto (AP), 08/05/1952

    Lo sconosciuto del Nord

    Sono cadute ad una ad una

    le stelle lungo il sentiero

    della tua vita,

    o sconosciuto che una croce

    ricopre senza nome,

    sperduto messaggio di pace

    nell’infuriare della tempesta.

    Io ti conosco,

    se nella vampa sanguigna

    d’un tempo

    che bruciava nel

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