L'età della giovinezza: 1950 - 1969
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Info su questo ebook
Un vizio, la poesia, che coltiva in silenzio, fin dalla giovinezza. In questo volume sono proprio le poesie giovanili a portarci nel mondo ricco di speranze ma al contempo di dolorosi ricordi del dopoguerra italiano con tanta voglia di ricominciare a sognare, a vivere e ad amare.
Leggi altro di Stelio W. Venceslai
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Anteprima del libro
L'età della giovinezza - Stelio W. Venceslai
fiele
Dedica
Alla memoria di mia madre,
Alba Lavezzo Venceslai,
che mi fu maestra e ragione di vita.
Avvertenza
Queste poesie della mia giovinezza, in fondo, sono un diario sentimentale, una specie di storia emotiva, senza alcuna pretesa oltre a quella di conservare quanto scritto in tempi lontani, con il fervore e le illusioni della giovinezza.
Sono un regalo a me stesso e un modo per trasmettere alle persone che mi sono più vicine e che amo memoria di me.
L’Autore
Nota dell'autore
Quando l’Autore mi ha chiesto di pubblicare le sue poesie di una vita, ho fatto un sospiro profondo. Ero in forte difficoltà. Come dirgli che nel nuovo millennio la poesia è severamente vietata a tutte le piccole case editrici? Non perché non ci siano più poeti: l’Italia è un paese di poeti! Non perché non ci siano più lettori, amanti della poesia. Ma perché, purtroppo, il mercato del libro, così come è organizzato da noi, nuoce gravemente a tutti gli aspiranti poeti.
Fondamentalmente se non ti chiami Leopardi o D’Annunzio, il destino di questi libri di poesia è un magazzino pieno di copie invendute. D’altro canto, nessun libro ha la certezza di evitare l’oblio, perché, in Italia, da sempre, la lettura è cosa per pochi.
Fare l’autore è da pazzi, ma ancora più folle è pensare di fare l’Editore! Campare con i libri è più difficile che trovare un ago nel pagliaio! Ma poiché nella mia vita ho fatto tante cose sciocche, una in più non mi mette timore!
L’Autore è però un uomo colto e di mondo. Senza farmi parlare, mi solleva da ogni impegno morale e, fissandomi negli occhi, mi dice: " È’ solo per le persone a cui voglio bene, per gli amici stretti, non ti preoccupare, non ha ambizioni di mercato ". Rilassato, inizio il lavoro di editing e comincio a leggere queste poesie.
Parlano di un tempo in cui non ero ancora nato, il mitico mondo del dopoguerra italiano. Un periodo in cui l’orrore della morte di milioni di persone, di familiari, di amici, si accompagnava all’allegria dello scampato pericolo, alla speranza di un mondo migliore, alla volontà di vivere la pace, di creare un futuro per se stessi e per le future generazioni.
In queste poesie ho ritrovato quelle emozioni, quella voglia di amare, di soffrire, di ricercare la vita in tutti i suoi aspetti. C’è in esse uno spirito senza tempo, una spinta valida per qualsiasi età. Troppo facile dire che servirebbe ai giovani di oggi
, più probabile che serva agli adulti di oggi, troppo spesso incatenati dentro maschere pirandelliane, in una lenta agonia che, giorno dopo giorno, uccide l’anima.
Qui c’è il fanciullino che ognuno di noi dovrebbe coltivare e non far morire mai. C’è vita e c’è speranza.
Per questo ho chiesto all’Autore di sfidare l’impossibile, di rendere fruibile ad un pubblico, auspicabilmente più vasto, il suono della sua poesia.
Da tempo, non ho più il timore di fallire. Ho il timore di rinunciare a lottare per un sogno, per un’idea, solo perché difficile o impossibile. Senza il coraggio di sfidare l’impossibile, non esiste la vita.
L’Editore
1950
Pallide stelle d’Occidente
Pallide stelle dell’Occidente,
lontano, luminoso velario
del cielo,
come le onde sontuose
del mare,
come il fruscìo tenue
del vento,
come un ricordo appena
sopito,
come un cantico solenne
che echeggi per via.
E avverto ancora il palpito
della sua mano
e fra le mie braccia
un abbandono infinito.
I miei sogni sono
stelle cadenti,
pallide luci lontane
d’Occidente.
S. Benedetto del Tronto (AP), 15/05/1950
La tiepida aurora
Svegliati,
gli uccelli trillano
nell’aia piena di vapori rosa;
è l’ora,
quando il sole s’imporpora
ad Oriente
e scende una luce dorata
sui tuoi capelli.
Schiudi i tuoi occhi
come una goccia iridata
che s’apra
alla luce del sole.
Svegliati alle tiepida
aurora
e lascia che ti parli d’amore
accarezzandoti
i capelli.
S. Benedetto del Tronto (AP), 06/07/1950
Sentinella
Sentinella lassù,
grigia.
fra il torvo chiarore
dei lampi,
all'insistente sibilo del vento,
tra massi scoscesi
e sanguigni.
Con il cuore palpitante
e la mente che vaga
e si perde
nei fluttuanti spazi
del sonno incipiente.
Uno sparo
rompe il silenzio
che di nuovo ritorna,
rotto a tratti
da uno schianto di fulmini.
Sbatter d’occhi,
pesantezza alle gambe,
e s’addensano
tanti fantasmi, taluni
immoti, altri sanguinanti,
che scompaiono nella notte.
E il fante veglia,
grigio,
a guardia di quelle rocce
scabre e desolate.
S. Benedetto del Tronto (AP), 20/11/1950
1951
Fantasticherie
Aveva un corpo pieno,
languoroso e forte,
tenero e cedevole,
ma ben formato.
I suoi seni erano grandi,
soffici ed un po’ lenti,
teneri al tatto,
con le punte rosee
ben dritte,
dolci da accarezzare.
Il suo corpo era nuovo,
una grande pianura
da cui partivano serpeggianti
tante strade
verso i seni e i fianchi,
la distesa ondulata del ventre
fino al bosco dei salici
piangenti,
dove s’accendeva la fiamma
ritrosa
del suo ignoto piacere.
Con le braccia incrociate
sembrava
che stesse pregando.
S. Benedetto del Tronto (AP), 09/05/1951
La retàra
Veniva da un viottolo,
di là della scarpata del torrente.
Portava in testa uno scialle
attorcigliato
e sopra un cesto di reti già fatte,
coperto da un grande telo.
Si muoveva leggera,
con i piedi scalzi sui ciottoli
della strada polverosa.
Il calore dell’estate
le aveva arrossato il volto,
ma il suo sguardo era fiero.
Sfidava il vento caldo e la gente,
sicura di sé.
Sul greto del torrente
le donne del paese,
curve sugli arcolai tessevano
le reti dei pescatori,
altre filavano la canapa delle funi
che forse un giorno
avrebbero salvato i marinai.
L’aria era tersa e la città,
dopo il torrente,
con le sue prime case,
era il mercato.
Così, da tempo immemorabile
veniva quella figura
di giovane donna affaticata.
Usciva da Omero,
dalle donne dei Proci,
dal rito dei Greci
che andavano in cerca
di risposte dagli Dei.
S. Benedetto del Tronto (AP), 09/08/1951
Per un compagno caduto
Sei caduto come una fiamma
smorzata da un vento di morte,
con le braccia aperte
e una rosa vermiglia sul corpo,
in mezzo a quelle rocce bianche.
Anche tu, come gli altri,
senza medaglia.
ti ha ricoperto un po' di terra nera.
Sulla canna del tuo mitra
sporco
è piantato il tuo elmetto ammaccato.
Su quelle doline sei rimasto
solo,
un fiore piegato sullo stelo
dei tuoi vent'anni bruciati.
S. Benedetto del Tronto (AP), 08/09/1951
1952
Settimana di passione
Settimana di passione,
stesi fra sassi e rovi
come serpi
abbrancati alla canna
bollente del mitra,
sotto la bufera e il mugolio
del vento e gli spari.
Distesi per terra, nel fango,
lacrimando e sparando,
vigili, ma senza più voce.
Settimana di passione
tra lo schianto della mitraglia,
il fumo degli incendi,
il lamento dei feriti
e il rantolo dei morenti,
sputando sangue e fango nero,
maledicenti e disperati.
E intorno,
i morti e i feriti con le carni
brucianti e straziate,
i volti tumefatti e rigati
di fango e di sangue rappreso.
Quanti morti abbandonati, quanti morti!
S. Benedetto del Tronto (AP), 13/03/1952
Vespro
Quando laggiù,
tra quelle cime oscure
dei monti
tramonta il sole,
l'aria appare immota
e un rintocco lento
sembra suonare quasi a morte.
Vespro,
con rintocchi gelati
e in cielo
un tripudio di voli,
sfrecciare di rondoni affamati.
Rintocchi nel vespro
e sono già lunghe le ombre
dei campanili
e da lontano il mare mugghia,
voglioso di compagnia.
Con mano stranita
il vespro disegna il profilo
delle nuvole,
rassetta nel buio il colore
del cielo e delle stelle,
annuncia il progredire della notte.
S. Benedetto del Tronto (AP), 08/05/1952
Lo sconosciuto del Nord
Sono cadute ad una ad una
le stelle lungo il sentiero
della tua vita,
o sconosciuto che una croce
ricopre senza nome,
sperduto messaggio di pace
nell’infuriare della tempesta.
Io ti conosco,
se nella vampa sanguigna
d’un tempo
che bruciava nel