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La sonata a Kreutzer - La morte di Ivan Il'icC
La sonata a Kreutzer - La morte di Ivan Il'icC
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E-book223 pagine3 ore

La sonata a Kreutzer - La morte di Ivan Il'icC

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Info su questo ebook

Pubblicati rispettivamente nel 1889 e nel 1886 "La sonata a Kreutzer" e "La morte di Ivan Il'ic" sono i romanzi brevi più famosi di Tolstoj.
"La sonata a Kreutzer" è la storia di quello che oggi verrebbe definito un "femminicidio". Durante un viaggio in treno Pozdnycev racconta ad uno sconosciuto di come, spinto da una folle gelosia, abbia ucciso la moglie per un tradimento probabilmente mai accaduto.
Il romanzo scatenò infinite polemiche sull'ipocrisia del matrimonio come istituzione.
"La morte di Ivan Il'ic" è un romanzo incentrato sul rapporto dell'uomo con l'idea della morte, e, per conseguenza, sul senso della vita.
Il protagonista del romanzo è un borghese di buona famiglia che riesce ad organizzare la propria vita nel modo più conforme possibile alla mentalità del suo tempo: dalla moglie, scelta più per convenienza sociale che per vero amore, alla carriera, dalla scelta della casa all'educazione dei figli.
Una inesorabile malattia lo farà precipitare in un tunnel di solitudine e di disperazione, portandolo a rinnegare i "falsi" valori che avevano guidato la sua intera esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita2 mar 2020
ISBN9788831372053
La sonata a Kreutzer - La morte di Ivan Il'icC

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    La sonata a Kreutzer - La morte di Ivan Il'icC - Lev Nikolaevic Tolstoj

    XII

    LA SONATA A KREUTZER

    E io vi dico che chi guarda una donna con cupidigia ha già fornicato con essa in cuor suo.

    (Matt., V, 28).

    Gli dissero i suoi discepoli: Se tale è il dovere dell'uomo verso la donna allora è meglio non sposarsi.

    Egli allora disse loro Non tutti comprendono questa parola ma solo quelli cui è dato di comprenderla.

    (Matt., XIX, 10-11).

    I

    Eravamo all’inizio della primavera. Viaggiavamo già da due giorni. Nella vettura ferroviaria entravano e uscivano passeggeri, ma soltanto tre di loro viaggiavano con me dalla stazione di partenza del treno: una signora né giovane né particolarmente avvenente, che fumava molto, con un viso stanco, un berretto di pelliccia e un cappotto di taglio quasi maschile; un suo conoscente, un uomo sulla quarantina, un gran chiacchierone, che aveva valige nuove e di buona fattura; e poi un altro signore che se ne stava in disparte, piuttosto basso, non molto vecchio, dai movimenti bruschi, coi capelli ricci ingrigiti forse precocemente e con gli occhi straordinariamente luccicanti, che passavano con rapidità da un oggetto all'altro. Indossava un vecchio cappotto con pelliccia, di buon taglio, e portava un alto berretto di pelliccia. Sotto il cappotto, quando se lo era sbottonato, si nera intravista una sottoveste e una camicia russa ricamata. Questo signore aveva una caratteristica molto particolare: ogni tanto emetteva strani suoni che somigliavano a piccoli colpi di tosse o a scoppi di risa repressi.

    Per tutto il viaggio questo signore aveva ostinatamente evitato ogni rapporto con gli altri passeggeri. Al suo vicino chiacchierone rispondeva bruscamente con poche parole, poi, si metteva a leggere oppure fumava, guardando fuori dal finestrino, oppure, mangiava o beveva tirando fuori dalla sua sacca qualche provvista.

    Mi era sembrato che soffrisse un po’ di quella solitudine e più volte avevo tentato di avviare una discussione con lui, ma ogni volta, quando i nostri occhi s'incontravano, - cosa che accadeva spesso essendo seduti l’uno di fronte all’altro - egli si voltava dall’altra parte e prendeva un libro o si metteva a guardare fuori dal finestrino.

    Il secondo giorno, verso sera, mentre il treno era fermo in una grande stazione, questo nervoso signore fece bollire dell'acqua e si preparò del tè. Il signore dalle belle valige nuove, un avvocato, come seppi più tardi, scese a prendere il tè alla stazione con la sua vicina, la signora che fumava e aveva il mantello e il berretto quasi da uomo.

    Mentre il signore e la signora erano assenti, salirono altre persone e fra queste un vecchio alto, sbarbato, rugoso, evidentemente un mercante, con una pelliccia fangosa e un berretto di panno con un'enorme visiera. Il mercante sedette di fronte al posto della signora che era in compagnia dell'avvocato e subito entrò in discorso con un giovane, che all'aspetto sembrava un commesso viaggiatore e che era salito anche lui a quella stazione.

    Io ero seduto di lato e siccome il treno era fermo, quando non passava nessuno potevo udire dei frammenti dei loro discorsi. Dapprima il mercante spiegò che andava in una sua proprietà che era vicina alla stazione successiva; poi, come accade sempre, parlarono dei prezzi, del mercato, di come Mosca era ormai un grande snodo commerciale; poi parlarono della fiera di Nijni-Novgorod. Il commesso viaggiatore si mise a raccontare le baldorie cui a quella fiera si era abbandonato in compagnia di una conoscenza comune, un ricco commerciante; ma il vecchio non lo lasciò parlare e si mise a raccontare delle baldorie di un tempo a Kunàvin, alle quali aveva partecipato egli stesso. Si vantava molto di avervi partecipato e raccontava come, insieme con un suo conoscente, essendo ubriachi tutti e due, una volta a Kunàvin, aveva fatto uno scherzo tale da poter essere raccontato solo sottovoce, e a udire il quale l'impiegato riempì delle sue risate tutta la vettura, e anche il vecchio si mise a ridere, mostrando due denti gialli.

    Immaginando di non udire più nulla di interessante, mi alzai con l'intenzione di passeggiare sul marciapiede in attesa della partenza del treno. Sulla porta incontrai l'avvocato con la signora che parlavano animatamente. L’avvocato mi disse gentilmente: — Non farete a tempo, ora daranno il secondo segnale.

    E infatti, non ero nemmeno arrivato all’estremità del treno che si udì il segnale. Quando tornai, l’avvocato e la signora discutevano ancora animatamente. Il vecchio mercante sedeva in silenzio di fronte a loro, guardando con aria severa davanti a sé e muovendo ogni tanto le labbra come in segno di disapprovazione.

    Mentre gli passavo davanti l’avvocato stava dicendo: In seguito a questo fatto essa dichiarò nettamente a suo marito che lei non poteva e non voleva vivere con lui, sicché…

    E io non potei udire ciò che l’avvocato seguitava a raccontare. Dopo di me entrarono ancora dei viaggiatori, passò il controllore, saltò sul treno un operaio di corsa e la confusione durò ancora abbastanza a lungo, in modo che non si riuscì a capire cosa si dicessero quei due. Quando tornò il silenzio ed io potei distinguere di nuovo la voce dell'avvocato, il discorso era già passato da un caso particolare a considerazioni generali.

    L'avvocato diceva che ora la questione del divorzio occupava l'opinione pubblica in Europa, e che da noi si verificavano sempre più frequentemente casi simili. Accorgendosi che si udiva soltanto la sua voce, l'avvocato troncò il suo discorso e si rivolse al vecchio.

    — Ai vecchi tempi queste cose non succedevano, vero? — disse, con un tono amichevole.

    Il vecchio voleva rispondere qualcosa, ma in quel momento il treno si mosse, e il vecchio, togliendosi il berretto, cominciò a segnarsi e a dire sottovoce una preghiera. L'avvocato, rivolgendo altrove lo sguardo, attese cortesemente. Avendo finito la sua preghiera e fatto tre segni di croce, il vecchio si calcò il berretto in capo, si accomodò al suo posto e cominciò a dire:

    — Queste cose accadevano anche prima, signore, ma meno di adesso. Oggigiorno è impossibile che queste cose non accadano. La gente è diventata troppo istruita.

    Il treno, accelerando, produceva un gran frastuono, e mi era difficile udire la conversazione; ma siccome m'interessava, andai a sedermi più vicino ai due. Anche il mio vicino, il signore nervoso con gli occhi luccicanti, era evidentemente interessato, perché tendeva l’orecchio, senza però alzarsi dal suo posto. Con un sorriso appena percettibile la signora disse:

    — Ma perché è un male l'istruzione? Era forse meglio sposarsi come in passato quando i due fidanzati non si dovevano neppure vedere? — continuò lei rispondendo, secondo l'abitudine di molte signore, non alle parole del suo interlocutore, ma alle parole che pensava che egli avrebbe dette. — A quei tempi i giovani non sapevano se si amavano, se potevano amarsi, si sposavano così a caso ed erano infelici per tutta la vita. Secondo voi era meglio così? — disse, rivolgendo evidentemente il discorso a me e all'avvocato più che al vecchio col quale parlava.

    — La gente è diventata troppo istruita — ripeté il mercante, guardando con disprezzo la signora e non rispondendo alla sua domanda.

    — Mi piacerebbe proprio sapere che nesso ci sia fra l'istruzione e la discordia nel matrimonio — disse l'avvocato, sorridendo leggermente. Il mercante voleva dire qualcosa, ma la signora lo interruppe:

    — No, quel tempo è passato —. ma l'avvocato la fermò.

    — No, lasciate che esprima il suo pensiero.

    — Sciocchezze che si commettono per via dell'istruzione — disse con decisione il vecchio.

    — Far sposare delle persone che non si amano e poi stupirsi che non vadano d'accordo! — si affrettò a dire la signora, lanciando un'occhiata all'avvocato e a me e anche al commesso viaggiatore il quale, essendosi alzato dal suo posto e appoggiatosi alla spalliera, seguiva sorridendo la conversazione.

    — Così può andar bene solo fra gli animali, che si accoppiano come vuole il padrone, ma le persone hanno le loro inclinazioni, i loro affetti — disse la signora con l'evidente desiderio di punzecchiare il mercante. Il vecchio replicò:

    — Non è giusto quello che dice, signora. Le bestie sono bestie, ma all'uomo è stata data la legge.

    — Ma come si può vivere con un uomo quando non c'è amore? — ribatté in fretta la signora, insistendo su dei concetti che le sembravano particolarmente originali. Il vecchio disse con tono ispirato:

    — Una volta non si facevano tante distinzioni. Solo adesso si usano queste cose. Al minimo litigio ora la moglie dice: «Me ne vado». Anche fra i contadini ora c’è questa moda. «Su — dice la donna — eccoti le tue camicie e i tuoi calzoni e io me ne vado con Vanka che ha i capelli più ricci dei tuoi». Vacci a discutere! Nella donna per prima cosa ci deve essere il timore. —

    L'impiegato guardò la signora, poi l'avvocato, poi me, trattenendo evidentemente un sorriso, pronto a burlarsi delle parole del mercante o ad approvarle a seconda dell’effetto che avrebbero fatto su di noi.

    — Quale timore? — disse la signora.

    — Il timore del ma-ri-to! Ecco quale timore.

    — Queste sono cose dei tempi passati, buon uomo — disse la signora con una certa rabbia.

    — No, signora, per queste faccende il tempo non è passato. Come era Eva, la donna formata dalla costola dell'uomo, così rimarrà sino alla fine dei secoli.— rispose il vecchio, scuotendo il capo con un’aria così severa e trionfante che l'impiegato subito decise che la vittoria spettava al mercante, e si mise a ridere forte.

    — Così giudicate voi uomini — disse la signora senza arrendersi e guardando verso di noi. — Concedete a voi stessi ogni libertà, e la donna la volete tener chiusa nel serraglio, mentre voi vi permettete tutto.

    — Non è questione di permettersi, ma del fatto che in una casa non accadrà mai nulla per colpa dell’uomo, mentre la donna è come un vaso fragile — continuò il mercante. La sicurezza con la quale pronunciava queste parole evidentemente soggiogava gli ascoltatori e perfino la signora si sentiva ormai sconfitta, pur non dandosi completamente per vinta.

    — Sì, ma io penso, e voi sarete d'accordo, che la donna è una creatura umana e ha dei sentimenti come l'uomo. Che deve fare se non ama il marito?

    Il mercante ripeté in tono minaccioso, inarcando le sopracciglia: — Non lo ama? Ebbene, lo deve amare! — Questo argomento inatteso piacque particolarmente al commesso viaggiatore che emise un mormorio di approvazione.

    La signora ribatté con forza: — Ma no, non la si può forzare! Quando l'amore non c'è non si può costringere uno ad amare.

    — E se la moglie tradisce il marito che si deve fare allora? — disse l'avvocato. Il vecchio rispose:

    — Queste cose non devono essere ammesse. Bisogna impedirle.

    — Ma se la cosa accade? Sono cose che capitano.

    — Accade a qualcuno, ma da noi non accade — disse il vecchio.

    Tutti tacquero. Ma il commesso si mosse, si avvicinò ancora e, non volendo esser di meno degli altri, cominciò sorridendo:

    — Ecco, proprio in casa del nostro principale è accaduto uno scandalo. Ma è troppo difficile giudicare come sia andato il fatto. Sua moglie è una donna dissoluta. Lui invece è un giovane serio, istruito. Lei cominciò con un commesso. Il marito la riprese con le buone. Lei non smise. Continuò a comportarsi come una svergognata. Cominciò anche a rubargli il denaro. E lui si mise a picchiarla. Ma andò sempre peggio. Si mise ad amoreggiare con un ebreo, parlando con tutto il rispetto. Che doveva fare il marito? L’ha abbandonata. Così lui vive da scapolo e lei seguita a fare la donnaccia.

    — Perché lui è un imbecille — disse il vecchio. — Se fin dall’inizio non le avesse allentato la briglia sul collo, ma l'avesse rimproverata a dovere, ora lei vivrebbe in grazia di Dio. Non bisogna concedere libertà fin dall’inizio. Non ti fidare del cavallo in campagna aperta né della donna in casa. —

    In quel momento arrivò il controllore a chiedere i biglietti per la prossima stazione. Il vecchio porse il suo biglietto.

    — Sì, le donne devono essere domate, se no va tutto in rovina.

    Io non riuscii a trattenermi e dissi: — Ma, come raccontavate voi stesso poco fa, alla fiera di Kunàvin c'erano degli uomini ammogliati che facevano baldoria. —

    — Questa è un’altra faccenda! — disse il mercante facendosi burbero, e tacque.

    Quando si udì il fischio, il mercante si alzò, tirò fuori da sotto al sedile una sacca, e dopo aver salutato tutti togliendosi il cappello, uscì dalla vettura.

    II

    Appena uscito il vecchio, cominciò una conversazione a più voci.

    — Quello è proprio un Domostroj vivente — disse la signora. — Che idee selvagge sulla donna e sul matrimonio!

    — Eh, già, siamo lontani dalla concezione europea del matrimonio — disse l'avvocato. La signora riprese:

    — Ma la cosa più importante che certa gente non vuol capire è che il matrimonio senza amore non è matrimonio, e che il vero matrimonio è soltanto quello consacrato dall'amore.

    Il commesso viaggiatore ascoltava e sorrideva, desiderando ricordare quanto più poteva di quei discorsi interessanti che avrebbero potuto tornargli utili.

    Mentre la signora parlava, si udì alle mie spalle il suono come di un singhiozzo o di un risolino trattenuto, e, guardandoci intorno, vedemmo il mio vicino, quel signore solitario dai capelli grigi e dagli occhi luccicanti, il quale, durante la conversazione, che senza dubbio lo interessava, s'era avvicinato a noi, senza farsi scorgere. Stava dritto, con le braccia appoggiate sulla spalliera del sedile ed era visibilmente agitato: era tutto rosso in viso e i muscoli del suo volto avevano come un fremito.

    — Ma che cos'è questo amore… questo amore… che consacra il matrimonio? — disse egli balbettando.

    La signora vide l'agitazione del suo interlocutore, e si sforzò di rispondere nel modo più tranquillo e più gentile possibile:

    — È il vero amore… quell'amore fra un uomo e una donna… che è possibile anche nel matrimonio. —

    — Già, ma che cosa s'intende per vero amore? — disse il signore dagli occhi luccicanti, sorridendo timidamente e con un certo imbarazzo.

    — Tutti sanno cosa sia questo amore — disse la signora, che evidentemente desiderava interrompere quel discorso con lui. Ma il signore riprese:

    — Ma io non lo so. Bisognerebbe essere più precisi…

    — Ma è molto semplice — disse la signora che fece una pausa per riflettere. — L'amore? L'amore è l'esclusiva preferenza per una persona rispetto a tutti gli altri.

    — Preferenza per quanto tempo? Un mese, o due giorni o mezz’ora? — ribatté sorridendo il signore canuto.

    — No, scusi, è chiaro che voi parlate di un’altra cosa.

    — Ma no, parlo proprio di questo.

    L'avvocato, indicando la sua amica entrò nel discorso — La signora intende dire che il matrimonio dovrebbe nascere da un affetto, da un amore, se preferisce, e soltanto in questo caso il matrimonio rappresenta per sé stesso qualche cosa, è, per così dire, sacro. Quindi ogni matrimonio alla base del quale non è posto un vero attaccamento, un amore, se volete, non ha in sé nulla di moralmente impegnativo. Ho capito bene? — domandò rivolgendosi alla signora.

    Lei approvò con un cenno del capo quel chiarimento del suo pensiero.

    — Quindi… — proseguì l'avvocato, ma il signore nervoso, che ora schizzava fuoco dagli occhi e si tratteneva a stento, senza permettere all'avvocato di continuare, cominciò a dire:

    — No, no, parlo della stessa cosa, della preferenza per uno o per una rispetto a tutti gli altri, ma mi domando solo: preferenza per quanto tempo?

    — Per quanto tempo? Per molto, per tutta la vita a volte — disse la signora, stringendosi nelle spalle.

    — Questo si vede solo nei romanzi, mai nella vita. Nella vita questa preferenza per uno rispetto a tutti gli altri, dura qualche anno, molto raramente, più spesso qualche mese, magari qualche settimana, qualche giorno, qualche ora — disse, contento di stupire tutti con questa sua opinione.

    — Oh! Ma che dite! Ma no… no, permettete — esclamarono ad una voce tutti e tre. Anche il commesso viaggiatore mandò un grido di disapprovazione.

    — Sì, sì, va bene, lo so — gridò più forte di noi il signore canuto — voi parlate di ciò che si crede che esista, ma io parlo di ciò che è. Ogni uomo prova per qualsiasi bella donna quello che voi chiamate amore.

    — Ma è terribile ciò che dite! Eppure questo sentimento che si chiama amore esiste per tanta gente, e non dura mesi o anni, ma tutta la vita.

    — Ma niente affatto. Anche ammesso che un uomo possa preferire una donna per tutta la vita, questa donna, molto verosimilmente, preferirà un altro, a questo mondo è sempre stato così. — e tirando fuori il portasigarette si mise a fumare.

    — Ma l'amore può essere anche reciproco — disse l'avvocato.

    — No, non può essere — replicò l'altro — come non può essere che in un carico di ceci due ceci segnati in un dato modo capitino vicini. E non è neppure un fatto di probabilità ma di sazietà. Dire che si può

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