C'è un filo rosso
Di Sg Horizon
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La sua vicenda si intreccia con quella di un ragazzo che vive dall'altra parte del mondo.
Entrambi dovranno crescere e ci riusciranno solo intrecciando i loro fili.
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Anteprima del libro
C'è un filo rosso - Sg Horizon
Horizon
C'è un filo rosso
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Indice dei contenuti
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
CAPITOLO XVII
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
EPILOGO
L’amore non è mai sprecato.
Di qualunque forma di esso si tratti.
C’è un filo rosso che ci lega alle persone che amiamo, e a tutti coloro che, nella nostra vita, lasciano un segno. Esso resta, per tutto il corso della nostra esistenza.
Dovunque andiamo, dovunque la vita ci porti, il filo rosso fa parte di noi.
E’ tanto invisibile, quanto presente, tanto sottile, quanto forte.
E ci unisce, gli uni agli altri, per sempre.
Non c’è una fine, c’è stato solo un inizio
E niente è per caso.
Quando prende l’avvio una storia, non sempre si sa come potrà terminare, quando si incomincia a scrivere, non è così chiaro lo svolgimento dei fatti.
Ma l’essenziale forse, davvero, è… incominciare.
CAPITOLO I
Il viaggiatore era là, davanti alla montagna, da dove fosse venuto forse neppure lui più lo ricordava.
Era trascorso tanto tempo, si era lasciato alle spalle tutto il passato, aveva dovuto, aveva voluto dare un taglio a una vita che ormai gli era parsa vuota, priva di senso, volta solo al successo personale che, quando è esclusivamente fine a se stesso, non dà più nulla, solo l’amarezza di una esistenza che costruisce qualcosa destinato a esaurirsi con essa.
Ora quelle cime incombevano su di lui, ma non avevano il peso del suo passato. L’idea di doverle valicare, di cominciare una nuova fatica non erano nulla rispetto a quella quotidiana, sopportata fino a pochi giorni prima, di cimentarsi con un lavoro che ormai non sentiva più suo.
E adesso era là, davanti alla montagna, pronto ad affrontare quella nuova sfida, che non era con il massiccio innevato che si ergeva maestoso davanti ai suoi occhi, ma con se stesso.
Strano ritrovarsi ai piedi di una montagna, strano per un uomo avvezzo, come lui, a scalare ben altre vette del successo, abituato a raggiungere ormai facilmente l’obiettivo. Inusuale dover prendere l’avvio proprio da un ostacolo, da un cammino impervio…Perché?
Perché, per salire, occorre partire dal basso, per gustare la gioia della conquista è indispensabile mettersi alla prova,
Nessuna verità si svela senza fatica, nessuna vetta si conquista se non partendo dal campo base, e il campo base si trova sempre, più in basso.
Per arrivare alla sommità, per poter amare la bellezza di una vertigine, bisogna partire raso terra e… puntare in alto.
E proprio alla base della montagna si trovava il nostro viaggiatore.
Si era preparato adeguatamente per quel viaggio. D'altronde era un uomo colto e abituato a spostarsi per il mondo. Aveva viaggiato parecchio, anche se non era tipo da partire per un’avventura. Aveva l’abitudine di programmare, sempre tutto, nei minimi dettagli, quasi con una cura maniacale, ossessiva. Il bagaglio, la destinazione, le tappe, gli alberghi, sempre i migliori, si intende, le previsioni meteo, i tempi degli spostamenti, gli incontri…nulla doveva essere lasciato al caso. Per l’imprevisto, per ciò che potrebbe anche piacevolmente sorprendere non c’era posto nella sua vita. Era un manager, un uomo ricco, stimato e affermato, non certo il tipo da viaggi privi di organizzazione.
L’uomo indossava scarpe comode, da camminatore, da persona che non si accontenta, che ha bisogno di sapere che ha ancora molto da conoscere, da scoprire.
CI vogliono scarpe comode per poter pensare.
Per riflettere bisogna sentirsi leggeri, e per essere leggeri occorre solidità, stabilità… come solo un paio di scarponi da montagna sanno dare.
Si parte dalle scarpe, sempre, perché occorre prendere l’avvio dalla base, perché nessuna casa può svettare senza robuste fondamenta; nessun albero, senza profonde radici, può gettare i suoi rami verso il cielo, senza limiti, senza spazi di crescita che lo costringano, libero di ricoprirsi di foglie, fiori, uccelli…
Per accogliere i pensieri e i sentimenti, propri e degli altri... bastano… un paio di scarpe da montagna, e il desiderio di mettersi in cammino.
Eppure, chi indossa gli scarponi, talvolta li trova pesanti il passo incede a fatica, si strascina…bisogna saperli infilare, saperli portare…
Il viaggiatore aveva fatto delle sue scarpe un prolungamento di sé, una parte di se stesso, non una zavorra, ma un punto di partenza solido e sicuro da cui iniziare il viaggio.
Un viaggio che lo avrebbe condotto ben oltre le montagne, ben al di là da dove lo portavano i suoi passi. Un viaggio che prima o poi tutti dobbiamo fare. Un percorso che ci induce a riflettere, cambiare, crescere.
E il viaggio più importante non prende l’avvio in un luogo, ma in noi stessi: per questo dobbiamo essere pronti.
Per questo il viaggiatore era tutt’uno con i suoi scarponi.
CAPITOLO II
La storia cominciò in una notte, il cielo era terso e pieno di stelle, il loro pulsare pareva comunicare un occulto messaggio.
Il viaggiatore inspirò: l’aria era fresca e leggera. I suoi occhi scrutarono lo spazio circostante.
Essi affrontavano l’oscurità senza timore, ammiravano lo stagliarsi delle vette nel blu della notte, si incantavano di fronte ai picchi rivestiti di neve.
Un profondo silenzio avvolgeva il mondo nell’ora in cui il rumore dei propri passi sulla ghiaia non