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Cold distance
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E-book51 pagine39 minuti

Cold distance

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Narrativa - racconto lungo (32 pagine) - Una storia malata, liberamente scaturita dalle sensazioni e suggestioni evocate dall’ascolto di “The Great Cold Distance”, dei Katatonia.


Inizia come la storia di un abbandono senza apparenti motivi, questa tua vicenda. Leggiamo il tuo senso di smarrimento, dopo che lei ti ha lasciato di punto in bianco, in modo imprevedibile, durante una spensierata gita in montagna.

La sera ti sei addormentato, nel rifugio, con il tuo amore accanto… E la mattina lei non c’è più. Sparita dal posto letto, dall’edificio. E sparita dalla tua vita, per farsene una tutta sua, ma non dalla tua anima.

Non ti capaciti, non capisci, non riesci ad accettare. E inizia il tuo lungo, tortuoso e oscuro percorso. Quello che ci racconti in questo ebook, calandoci dentro una terribile consapevolezza.


Carlo Salvoni, nato nel 1980, vive in provincia di Brescia con la moglie e le tre figlie ed è insegnante di Lettere presso una Scuola Secondaria di Primo Grado. Dopo aver militato in un gruppo di death metal melodico (Tragodia), ha riversato sulla scrittura le sue velleità artistiche. Dopo anni a scrivere romanzi con uomini e animali, rivolti ad adulti e ragazzi (tra gli altri, Cavalletti e cavalli, 2013, e Menamato, 2016), si è dedicato alla narrativa fantastica. Del 2022 è la raccolta di storie weird Necromitologia. Storie senza nomi (Elison). Sempre nel 2022 si è aggiudicato il Premio Hypnos con il racconto Cambiano le prospettive al mondo. Nel 2023 sono usciti i racconti Le lumache non possono saltare per La Nuova Carne, La legge morale del tasso del miele per Delos Digital e si è classificato al terzo posto al concorso ESECRANDA VII (Esescifi) con il racconto Mosche di novembre. A novembre 2023 è uscito il racconto L'eredità di Epimeteo per i tipi di OperaNarrativa.

LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2024
ISBN9788825428209
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    Cold distance - Carlo Salvoni

    1. July

    I see the bright lights

    It’s the month of July

    It’s violent here

    Why have you left me

    If only you could stay

    And keep me in

    It’s violent here

    Why did you run from me

    Io credo che lo ricordi bene anche tu.

    Hai provato a cancellarlo dalla memoria, a resettare i tuoi ricordi in modo da partire da zero, ma non ce l’hai fatta. Sarebbe impossibile.

    La giornata era stata bella, una di quelle in cui si cancella ogni negatività, i problemi restano lì, sopiti in un angolo, ma non disturbano. Le casette vecchie, senza un filo dell’elettricità, senza un’antenna: basterebbe questo particolare a sbloccare un bel ricordo. Sembrava di stare in una fiaba, una di quelle che finiscono bene: non all’inizio, nel momento della rottura, ma in quello dell’ordine ristabilito, dopo il lieto fine. Felici e contenti nelle casette magiche, con quel poco che serve per vivere un’immutabile serenità. Andare in montagna a luglio ti permette di vivere dei momenti di sospensione temporale che poi si incasellano nei ricordi e nulla li potrà cancellare. Se poi ti trovi in un borgo come Case di Viso, la magia si moltiplica, diventa qualcosa di palpabile, respirabile. E noi stavamo bene, era un momento spensierato, romantico, mi verrebbe da dire. Il sole che deve ancora sorgere, l’aria che si schiarisce, frizzante sulla pelle scoperta, il piccolo sentiero ripido, che può anche spaventarti, ma è là, rassicurante, visibile, e sai che ti porterà al rifugio. Non servivano parole, bastava la coscienza di vivere un momento particolare, oltre la quotidianità. Era oggettivamente così, non sto trasfigurando la realtà nel ricordo, adesso che so che era l’ultimo momento felice.

    Non c’era gente e abbiamo fatto la strada con tutta la calma possibile, con soste fuori strada molto gradevoli, non lo puoi negare. Sentivo già quel prurito, quella smania di fare, di andare oltre. Forse eri tu, mi davi un entusiasmo da bambino. Anche se ci conoscevamo già bene, quell’avventura, che non era certo da noi (eravamo una coppia da divano, al massimo da gitarella fuori porta sul lago, ma camminare poco…), mi aveva acceso un fuoco dentro che non provavo dall’infanzia. E volevo godermela quell’avventura, respirare ogni istante. In qualche modo sapevo che sarebbe stata irripetibile.

    Non mi sbagliavo.

    Il rifugio Bozzi è come la casetta sulla montagna che ti salva dalle intemperie. Ma quel giorno di luglio era caldo, le intemperie solo nei nostri cuori, o forse dovrei dire nel tuo. Io stavo benissimo. Abbiamo mangiato come maiali, ricordi? Ti vergognavi perché continuavo a chiedere il cestino del pane. Ero come un pozzo senza fondo, la fame in me non voleva spegnersi. Avevo tanti tipi di fame, ma qualcosa dovevo tenermi dentro.

    La sera il piccolo edificio è stato inghiottito in una nebbia fittissima e noi ci siamo stretti sotto la coperta ruvida, senza lenzuola, di quella brandina nella camerata. C’erano alpinisti puzzolenti che si spogliavano senza riguardo, abbiamo represso le risate per un tizio, una specie di orso, che si è denudato accanto a noi: aveva una bolletta marrone sulle mutande.

    Poi l’eccitazione è scesa, ognuno ha cercato il proprio spazio, il proprio bozzolo di identità per scivolare nel sonno. Ricordo qualcosa di quella notte, sentivo, ma era simile a un

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