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Una Vita Qualunque
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E-book240 pagine3 ore

Una Vita Qualunque

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Info su questo ebook

Verità nascoste tra le pieghe della storia, dove la realtà si confonde

con gli eventi succeduti, dove il tempo, infinito regna sovrano e dove

ci perdiamo nel labirinto fascinoso ed attraente del mistero.

La

vita ci serba gioie ed amarezze, ma le emozioni, sopravvivono ai

ricordi, nel lento scorrere del tempo, sono le gioie, che ci sostengono

nel quotidiano vivere, e che ci fa lasciare aperte le porte del cuore,

per poi, subitamente, chiuderle, lasciando fuori, le amarezze.

L'irreale

vive tra noi indisturbato ed a volte si insinua nella nostra vita

scavando e lasciando un solco profondo nel nostro animo, che sempre

desioso d'amore, impavido, ne varca il confine.

Il ritorno alla realtà e sempre duro e sofferto.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2021
ISBN9791220334648
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    Anteprima del libro

    Una Vita Qualunque - Quintino Specchiarello

    via

    PROEMIO

    Vissi a cavallo di due secoli anche se la maggiore età si maturò nel secolo scorso più che in questo, come invece mi sarebbe piaciuto, considerato il notevole cambiamento del tenore di vita e dei costumi che si sono succeduti negli anni.

    Vissi, in un paese dai rossi tramonti e dalle belle ragazze dalle gote rosa, simbolo di purezza e d’innocenza, in un piccolo centro di provincia, nel sud dell’Italia.

    Mi piace menzionare il nome, Fragagnano.

    Non nativo del loco, ma trapiantato, ho qui vissuto tutta la mia vita, ed ora, dopo un lungo cammino, guardando indietro, nel passato, frugando tra i mille ricordi, intendo raccontare tre storie accadute in questa terra con protagonisti i suoi monumenti storici, ovvero il palazzo Baronale, la torre Medievale e il palazzo Marchesale.

    Tutto ciò con l'unico scopo di essere un ringraziamento al paese, ma soprattutto alla popolazione gentile e laboriosa che nel corso degli anni ha condiviso con me gioie e dolori.

    Tutto ciò premesso, passo a narrare le mie storie, segrete, perché finora non ne ho mai fatto cenno ad alcuno, per due motivi precisi: il primo, per rispetto ai personaggi coinvolti nelle vicende ed il secondo, perché gli amici che frequentavo quotidianamente non avrebbero, assolutamente, condiviso le mie decisioni e le scelte su determinati argomenti, anzi mi sarei, inesorabilmente, esposto ai loro sfottò.

    Con questa situazione conclamata, per sottrarmi ad inutili discussioni di difficile gestione, tenni gelosamente, non solo le storie che sto per raccontarvi, ma tutto ciò che mi era personale, con riferimento sia nel campo sentimentale sia nelle mie esplorazioni non propriamente archeologiche, ma su tutto ciò che rappresentasse mistero ed argomenti connessi.

    Infine, prima di iniziare, chiedo comprensione ai lettori, non sono uno scrittore ma un cultore della storia, dell’archeologia, in passato trovavo diletto nella poesia, ma ero sempre attratto e intenzionato a cimentarmi nello scrivere, qualsiasi argomento si trattasse, a patto che fosse interessante e degno di menzione, ma per oggetto quasi sempre l'avventura ed il fascino del mistero, che per me era qualcosa che mi toglieva il sonno ed era una passione irrefrenabile.

    Pertanto le storie incredibili accadutemi, sono in linea con questi princìpi e dopo tanto titubare alla fine è prevalsa la decisione di trasferire tutto su carta, narrandole.

    E ora vengo ai fatti.

    Mettetevi comodi e seguitemi in questo mio dire.

    TOMO PRIMO

    SINOSSI

    Questa prima storia avvenne nel territorio di Fragagnano, in un posto ben noto.

    Tutto ebbe inizio in maniera inaspettata, con apparizioni strane che accesero la mia fantasia e la mia sete di scoprire, svelare e conoscere.

    Così pian piano fui catturato da questi stimoli prodotti da eventi misteriosi che mi coinvolsero a tal punto da rischiare seriamente la vita.

    E dopo tante traversie, se oggi posso narrarle lo devo principalmente alla fortuna che in particolari e determinati momenti mi fu amica e consigliera indicandomi, di fatto, la via della salvezza.

    CAPITOLO PRIMO

    Era una calda sera d’estate, afosa e noiosa, stanco di girarmi e rigirarmi nel letto, innervosendomi, decisi di alzarmi e uscire da casa e così feci.

    In strada, non avendo una meta prestabilita, mi avviai a piedi verso la periferia del paese con direzioni verso la piccola catena di colline, poste ad est dell’abitato, con il duplice obiettivo di lasciare scorrere il tempo e trovare sollievo in una brezza.

    Fragagnano, il paese in cui abitavo ed abito, giace su di una collina alta 123 metri sul livello del mare e fa parte di una serie di colline che nell’insieme costituiscono le piccole Murge Salentine.

    Nel centro del paese, sulla sommità del colle, troneggiano due antichi palazzi, uno Baronale il più antico ed il dirimpettaio Marchesale, espressioni, entrambi, del Medioevo e più precisamente frutto del Feudalesimo, che in queste terre trovò terreno fertile.

    Siamo nella terra dei baroni.

    I manieri, entrambi disabitati da lungo tempo, sono parzialmente diroccati e instabili, bisognosi di restauro, ma imponenti testimoni e sentinelle del passato.

    Il paese si estende, adagiato, come detto, sul dorso di una collina con direzione est-ovest rivolto verso sud, a seguire il cammino del sole.

    La scelta di costruire e sviluppare il paese lungo il pendio con direzione sud, piuttosto che sul lato nord, pianeggiante, credo che sia stato determinato per pure ragioni economiche.

    Ovvero il crinale del colle evidenzia una struttura morfologica caratterizzata da rocce affioranti dal terreno, quindi aspro ed incoltivabile, dato il poco spessore, di conseguenza di scarso valore economico, ma ottimo letto per le fondazioni delle nascenti costruzioni.

    Mentre sul versante nord del colle, il terreno è molto fertile e si presta ad ogni tipo di coltivazione, prevalentemente vigneti, quindi sprecato per la realizzazione di costruzioni abitative.

    Da questo, credo in passato, sia stata determinata questa scelta.

    Comunque, il paese ha una posizione invidiabile è, come detto, elevato 123 metri dal livello del mare che, dalla piazza principale posta sulla sommità del colle, lo si vede a non più di dieci chilometri in linea d'aria.

    Parliamo dello splendido e meraviglioso mar Ionio.

    Si respira aria fresca e frizzante e in alcune giornate quando lo scirocco la fa da padrone, giunge la brezza marina con il suo profumo, un vero incanto naturale.

    In conclusione trattasi di un posto bello per viverci, campagna fertile e ubertosa, ricco di acqua sorgiva proveniente da fiumi sotterranei, una popolazione laboriosa, orgogliosa, quindi pace e tranquillità.

    Riprendo la narrazione, dopo questa divagazione.

    M’incamminai lungo il viale alberato da svettanti pini che dalla chiesa Madre portano al cimitero locale, un percorso di almeno cinquecento metri, poetico e fascinoso, ma al buio piuttosto lugubre.

    Appena giunto in prossimità del cimitero, proseguii lungo il recinto sul lato sud, e uscii da ogni caseggiato, in aperta campagna.

    Salii lentamente, lungo il pendio della collina più prossima, con cautela, in considerazione dell’impervio terreno pieno d'insidie, per via delle manifeste rocce affioranti e della macchia mediterranea diffusissima.

    Raggiunsi in breve la sommità, ma non ero solo, una splendida luna, mi fu compagna e m’illuminò il passo.

    Finalmente, avvertii una leggera brezza che mi colpiva in viso, ne fui lieto a tal punto che decisi di incamminarmi verso la collina adiacente che mi pareva più alta e sperai di trarne un beneficio maggiore.

    Così feci.

    Quivi giunto, mi sedetti per terra poggiando le spalle a un muretto che costituiva il boccale di un pozzo di acqua sorgiva.

    Il pozzo di atavica esistenza, con tracce che risalgono al tempo della dominazione romana, fu utilizzato come stazione per abbeverare i cavalli e cambiarli con altri freschi e riposati.

    Il pozzo giaceva lungo il tracciato della via Appia-Sallentina, che correva parallelo lungo le colline e in un tratto le attraversava per riversarsi ai piedi del paese, sul lato sud proseguendo in direzione Lecce, là dove vi erano vari insediamenti sotto il dominio di Roma.

    Gli insediamenti romani soppiantarono le antiche popolazioni autoctone, quali i Salentini ed i Messapi.

    Seduto, in un silenzio tombale, avvertivo solo il salto dell’acqua proveniente da una falda sotterranea che si versava nel pozzo.

    La luna immensa illuminava la scena e mi era compagna in quella notte, componendo un quadro naturale di eccezionale bellezza.

    Ero sereno, mi distesi sull’erba e fissando la luna, mi abbandonai al fresco sollievo che la brezza della notte mi regalava e, senza accorgermene, mi addormentai.

    Improvvisamente, mi destai di soprassalto, ero stordivo, dolorante per il duro giaciglio, mi sollevai rimanendo seduto, mi parve di avvertire delle voci e un crepitio di fuoco acceso.

    Drizzai le orecchie e cercai con lo sguardo di individuare la provenienza di quanto udivo.

    Incuriosito, pensai forse qualcuno che avesse avuto la mia stessa idea di ricerca di fresco in quell’afosa notte, mi alzai e mi diressi nella direzione in cui credevo provenissero le voci, con molta cautela, non volevo mostrarmi.

    Avanzavo piegato, lentamente, ed effettivamente le voci si facevano più chiare nel suono, ma non nel significato, man mano che avanzavo.

    Proseguivo, grazie al chiarore della luna, avvertendo sempre più forti e tangibili i suoni, ma sempre indecifrabili.

    Riuscii a capire che il tutto proveniva da dietro un cumulo di pietre, sulla sommità della collina adiacente a quella di dove ero seduto, volevo avvicinarmi ancora, ero curioso.

    Ripeto, non era facile ma piuttosto complicato, perché per potere vedere la scena in maniera chiara mi dovevo esporre.

    Pensai: Chi sono costoro?

    A quell’ora della notte e in quel luogo?

    Come mai non li avevo visti prima?

    Forse erano degli strani, esattamente come me.

    Nello stesso tempo pensavo su come aggirare l’ostacolo, avvertii un lampo di luce e un rumore sordo, spaventato dall'improvviso evento, sobbalzai e caddi all’indietro per terra.

    Durò tutto un attimo, ero stordito, ma mi ripresi subitamente, girai attorno al muretto ma non vidi nulla, non vi era presenza alcuna, solo residui di una brace a testimonianza dell’accaduto.

    Ero attonito, non riuscivo a capire dove fossero spariti gli autori di quelle voci e quel rumore sordo, quella forte luce, non riuscivo a mettere a fuoco la situazione, ebbi un brivido.

    Iniziava ad albeggiare e, con la piena confusione mentale, presi lentamente la via del ritorno.

    Entrai in casa e mia madre come al solito, in altre parole quando non ero in casa, si alzava dal letto e mi aspettava, seduta in cucina, preoccupata per me.

    Mi vide strano, non mi chiese nulla e andai direttamente nella mia camera, mi sdraiai sul letto cercando di dimenticare tutto.

    «È pronto in tavola», udii la voce di mia madre che mi giunse da dietro la porta.

    Una rapida doccia, un jeans e maglietta ed ero in tavola, mangiai in silenzio, a testa bassa, mi sentivo in colpa, di che, poi? Non era la prima volta che rientravo all’alba e non sarebbe stata l’ultima.

    Pranzai ed uscii da casa avviandomi verso lo studio dove svolgevo la mia professione di geometra, ma prima passai dalla stazione di benzina che era fuori del paese, per fare rifornimento e prendere un caffè, al bar esistente nella struttura.

    Appena entrato, fui accolto da un sorriso della bella barista, che non avevo mai visto, alta con riccioli biondi, efelidi sul viso e due occhi verdi chiari, un corpo flessuoso e slanciato, un incanto, tutto così, all’improvviso.

    Sorpreso positivamente dalla dolce visione, ordinai un caffè, con sguardo da allucinato, che mi fu prontamente servito.

    Sorseggiai, volutamente, in modo lento molto lento, il caffè, beatificato da quella visone, poi pagai il conto e nel prendere il resto che mi porgeva, strinsi volutamente la mano della bella ragazza, facendolo apparire come un gesto naturale, lei abbassò gli occhi, in silenzio.

    Uscii, dopo aver abbozzato un sorriso, seguito dal suo penetrante sguardo che avvertivo su di me.

    Allo studio lavorai continuamente e intensamente fino a tarda ora, poi avvertendo stanchezza guardai l’orologio, segnava le 23,15, era ora di tornare a casa e dare sollievo a mia madre.

    Improvvisamente mi tornò alla mente, prepotentemente, l’accaduto della notte prima e decisi di prendere la macchina e a portarmi sui luoghi.

    Giunsi in pochi minuti, mi fermai, rimasi nel suo interno, spensi i fari, dalla strada su cui ero, avevo le visioni del muretto di pietre che distava circa 200 metri.

    Non vedevo nulla, pensai che forse fosse presto e attesi.

    Guardai l’orologio erano le o2,20 decisi di attendere ancora un po’, almeno, sino alle 03,00.

    Attesi sino all’ora prefissata, non accadde nulla e me ne andai a casa, con evidente delusione.

    Rientrai in casa in punta di piedi, ma fu inutile, mia madre, come al solito, era seduta in cucina ad attendermi.

    Per lei ero andato ad avventure galanti notturne e pericolose, ciò la teneva in pena e ansia, non riuscivo a tranquillizzarla.

    Non profferiva parola, sempre zitta, ma conoscendola è come se mi avesse fatto una lunghissima ramanzina.

    Inaspettatamente, questa volta, ruppe il silenzio, mi giunse la sua voce dire che dovevo mettere la testa a posto, ma ormai ero nella mia camera e senza spogliarmi mi lasciai cadere sul letto e Morfeo mi accolse subito tra le sue braccia.

    Il mattino seguente, mi alzai di buona ora, il lavoro mi portava a Taranto in vari uffici ed enti e non volevo fare tardi.

    Sbrigai tutto secondo previsione, non trovando, stranamente, intoppi né di ordine burocratico né di affollamento di persone, ciò aumentò il buonumore e soddisfatto tornai in paese.

    Improvvisamente mi balzò in mente la ragazza del bar, parcheggiai l’auto nella stazione di servizio ed entrai nel locale più per la ragazza che per l’aperitivo che avrei preso.

    C’era, bella come sempre, mi imposi di non correre come mio solito, abituato a partire in quarta, con un sorriso da gelare il sangue nelle vene mi chiese: «Cosa prende?", risposi balbettando: «Un aperitivo bianco ed analcolico.»

    «Subito», mi rispose.

    L’avevo a pochi centimetri da me, avvertivo il suo profumo dolce e inebriante, presi a sorseggiare lentamente, molto lentamente, l’aperitivo.

    Entrarono altri mosconi a ronzarle attorno ad ordinare da bere, lei sempre dolce e sorridente ma ben composta senza mollare la sua posizione di donna morigerata e saggia.

    Era padrona della situazione che gestiva con nonchalance.

    Questa volta, per il resto da darmi utilizzò il vassoio, mi andò decisamente male, ma fui compensato da un sorriso sornione e beffardo, di chi la sa lunga, poi vidi i suoi occhi verde smeraldo, unici, che mi ammutolirono.

    Che meraviglia di ragazza, ma chi fosse, da dove venisse e come si chiamasse erano interrogativi che mi frullavano in testa, per ora non avevo risposte, ma ciò non mi preoccupava affatto, avrei proceduto alla sua conoscenza con calma, non avevo fretta.

    Dopo pranzo, decisi di recarmi sui luoghi, oggetto di mistero, per meglio esplorare, oramai era un cliché fisso, dapprima nella mente ed ora anche nei fatti.

    Andavo in cerca di qualcosa che non sapevo, non riuscivo a darmi una spiegazione logica, brancolavo nel buio, più fitto.

    Mi ponevo le solite domande: più chi fossero quei signori mi incuriosiva maggiormente come fossero svaniti nel nulla, la luce, il sordo rumore, nulla di nulla.

    Niente, non una traccia, neppure un mozzicone di sigaretta, solo flebili tracce di cenere e legnetti non completamente combusti, quadro desolante.

    Deluso, desistetti dal continuare, scesi dal colle e mi diressi verso la macchina, destinazione studio, avevo vari appuntamenti di lavoro da espletare.

    Il tempo trascorse velocemente, immerso totalmente, nel lavoro che disbrigai accuratamente ed organizzai il programma per il dì seguente.

    Mi diressi verso casa, per il sollievo di mia madre, andai a letto senza neppure cenare, ero stanco.

    Il mattino seguente, il pensiero libero, uscii da casa e andai a prendere l’auto che la sera prima avevo parcheggiato in piazza, mi tornò in mente la ragazza del bar e poiché era sul mio tragitto, la stazione di servizio, decisi di andare.

    Parcheggiai l’auto ed entrai con entusiasmo nel bar.

    Speravo che il suo sorriso e quegli occhi di un verde folle e ineguagliabili, mi rendessero lieto e di buon auspicio per gli impegni mattinieri, ma mi andò male, la ragazza di cui non conoscevo neppure il nome non c’era, al suo posto vi era un’altra ragazza che mi lasciò l’amaro in bocca.

    Sbrigai le pratiche nei vari comuni e feci ritorno prontamente allo studio per proseguire il lavoro sino all’ora di pranzo.

    Sbrigai tutto con tranquillità, ma in un momento di pausa mi tornarono in mente i due pensieri fissi: gli uomini sulla collinetta e la sirena dagli occhi verde smeraldo.

    Per quella sera, furbescamente e burlando me stesso, cancellai tutti i miei pensieri e mi avviai verso l’appuntamento galante, notturno, che avevo in programma.

    La settimana trascorse senza alcuna novità, lavoro di routine e qualche notte brava per me ed insonne per mia madre.

    Chiusi lo studio alla mezzanotte del venerdì e mi attendevano due giorni tutti per me e per le mie follie.

    Il mattino del sabato, dopo la lunga doccia, indossai un paio di pantaloncini bianchi, una maglietta blu, mocassini senza calze e via a comprare i giornali.

    Mi sedetti sotto l’ombrellone del bar e ordinai un caffè, leggevo le notizie del giorno, quando mi giunse il caffè portato dalla splendida giovane.

    Trasalii e posi il denaro sul vassoio, lei seriosa girò le spalle e andò via.

    Ero preso dall’articolo, quando la ragazza tornò con il resto, mi limitai a guardarla, mi puntò gli occhi addosso, con uno sguardo che era più un’interrogazione, come per dire cosa vuoi?.

    Durò un attimo, ma credete, non esagero, mi distrusse!

    Di dove fosse, chi fosse e come si chiamasse era per me mistero e onestamente non mi andava di chiedere informazioni su di lei, il paese era pieno di pettegolezzi vari e mi guardavo bene di cadere nella trappola di chiedere informazioni su quella splendida ragazza dagli occhi verde smeraldo.

    Desistetti dalla tentazione di chiedere di lei ed a malincuore me ne andai con il pensiero che mi diceva che si prospettavano nuovi guai all’orizzonte, ma, intimamente ne fui lieto.

    Passai la serata allegramente con gli amici, verso l’una ci salutammo

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