Il momento di partire
Di Andrea Rossi
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Info su questo ebook
Una cosa è sicura: non partire significa già aver perso, e questo non è accettabile.
Andrea Rossi friulano del 1964, ha fatto il commerciale ma non era “nelle sue corde”, ha fatto parecchi sport ma solo per sé stesso non certamente per
sentirsi qualcuno. Una sola cosa vuole fare: vivere con coerenza secondo certi valori, il resto sono chiacchiere.
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Anteprima del libro
Il momento di partire - Andrea Rossi
Introduzione
In un antico proverbio si chiede al saggio se è più importante il viaggio o la meta, e il saggio risponde che la cosa più importante è la compagnia.
Ritengo che questo libro aiuti il lettore a comprendere come, grazie ad un percorso, che a volte passa anche attraverso la sofferenza, nasca nel cuore di ogni persona la comprensione intima e profonda della necessità di un cambiamento interiore, una ricerca di serenità che è stata scritta nel cuore di ogni uomo e di ogni donna dalla mano del Creatore. Questo diario
di viaggio, passa attraverso luoghi esteriori per innalzare lo spirito dell’uomo alla contemplazione interiore della bellezza attraverso la quale imparare ad avere uno sguardo rinnovato sulla vita, sul tempo, sulle relazioni.
Il viaggio, dunque, prima di condurci alla meta, passa attraverso una serie infinita di compagnie
, la più importante delle quali sicuramente è la compagnia con noi stessi e con la Verità, una compagnia riappacificata che ci dona occhi nuovi per vedere il nostro passato, per valutare il nostro presente e per sognare il nostro futuro.
Ringrazio di cuore l’autore per avermi permesso di introdurre queste pagine che raccontano una storia di vita e auguro ad ogni lettore di poter trarre da questa esperienza qualcosa di buono e di importante per la propria esperienza di viaggio, fatto con la compagnia migliore, al fine di raggiungere la meta della bellezza e della pace.
D.L.C.
Introduzione dell’autore
Un viaggio, non una fuga, che costituisce anche una discesa
dentro me stesso, fatto in posti da me visitati veramente, alla ricerca del filo perduto di una vita disorientata che necessita essere riordinata.
Bisogna saper fare un mea culpa
dove è giusto farlo e, allo stesso tempo, allontanare da sé quelle persone tossiche che hanno collaborato a farti sbandare, anche se questo richiede tagli importanti, chiusure col passato, uno stop and go
faticoso ma necessario.
Un viaggio un po’ isterico un po’ insoddisfatto un po’ alla ricerca, non sempre riuscita, di serenità.
Avrei potuto anche intitolare il libro Voglio vivere
, ma sarebbe stato troppo volitivo: mi basta partire, senza una meta se non i ricordi da "archiviare (non cancellare) e, sulle cose belle vissute, imbastire una ricostruzione.
Da qui poi, se ritroverò il cammino, dovrò anche tornare a vivere, sulle macerie del passato
, ma quelle fanno parte di ognuno di noi: l’importante è non mollare.
Preparazione: le Dolomiti
C’è un momento della vita, quando le persone attorno ti soffocano, quando le cose prendono una piega a te non gradita, quando il mondo sembra rivoltartisi contro, che senti la necessità, quasi come un dovere, di scappare, di partire per un lungo viaggio, sia esso a piedi, in bicicletta o come vuoi, basta che richieda impegno fisico, e di seguire un percorso, senza una meta fissa ma apprezzando il gusto del viaggio, per vedere persone, per capire la gente, per capire dai loro caratteri così diversi, quali sono i tuoi spigoli
da addolcire, quali sono gli aspetti della tua vita in cui devi correggerti, in cui devi capire l’altro perché gli errori o le debolezze caratteriali sono anche le tue; tu non le vedi, perché è sempre difficile vedere i propri errori mentre è facilissimo vedere quelli degli altri, ma sono anche tue carenze.
È, in modo ovviamente molto ma molto più umile, un viaggio sulle orme di Dante, di Ulisse, di Frodo, di tutti quei personaggi insomma, che nel viaggio hanno visto la possibilità di un conoscere il mondo ma, soprattutto, conoscere se stessi, capire i propri limiti e superarli, capire le proprie carenze e, ovviamente cercare di colmarle e tornare cambiati.
Non è cosa semplice perché attorno a te senti il vuoto, ma forse è proprio per questo che parti.
Per me, andarmene dalla mia terra, seppur per tempi brevi, non è mai stato facile: nonostante io abbia sempre avuto nel mio DNA la necessità di partire, ho le mie radici ben profonde nel terreno in cui ho avuto i natali e sono cresciuto: nonostante io riconosca spesso la durezza caratteriale dei miei corregionali, che forse è anche mia, ho sempre mantenuto con la mia terra un legame forte e vincolante. Questi due aspetti contrastanti li ho sempre fatti convivere mediando fra loro, per cui i viaggi dovevano esserci ma non sarebbero mai durati più di un mese, tempo che io ritenevo sufficiente per riuscire a capire almeno un po’ di sfumature dei caratteri, degli aspetti, delle contraddizioni delle persone che attraversavano
le mie esperienze. Certo, per conoscere un popolo, per apprezzare a pieno il territorio, per assaporarne le immense bellezze, è necessario molto più tempo di uno striminzito mese, ma oltre a quel periodo la nostalgia di casa
mi "costringeva a tornare. Che poi, a volerla dire tutta, dopo appena una settimana che ero tornato nella mia terra natia mi ritrovavo già a programmare il prossimo viaggio e questo era uno degli aspetti che dovevo mettere a fuoco: partire, tornare, avere nuovamente la necessità di partire, sentire forte il desiderio di tornare... Che confusione!
Comunque ho deciso, parto: un po’ in bicicletta, un po’ a piedi, un po’ coi mezzi pubblici: sarà un viaggio fatto con calma, sapendo apprezzare il bello che c’è nella natura, nella gente, nel mondo.
Seguendo l’idea di molti viaggiatori senza una meta finale
spedirò il pacco coi miei vestiti e le mie cose coi mezzi pubblici fino alla meta del giorno successivo in modo da viaggiare leggero, agile, con solo uno zainetto in cui tengo i beni di prima necessità e la fida compagna di viaggio, la macchina fotografica, a portata di mano.
Parto da casa seguendo i ricordi e passata Gemona e Venzone, giro per Tolmezzo e, da qui, Villa Santina, Ovaro, Forni Avoltri e Sappada dove mi fermo per la notte. Sono stanco, ho fatto più strada di quello che credevo. Pernotto in una pensione dopo aver mangiato una rapida pizza. Sappada, per un friulano, è una novità
nel senso che, fino a pochi anni fa era Veneto ma era indissolubilmente legata al Friuli. Motivi culturali, motivi religiosi ma, soprattutto motivi economici: il Friuli è una regione autonoma a statuto speciale per cui i finanziamenti sono più mirati
che in Veneto, tenendo conto che quest’ultima regione, di località turistiche montane ne ha già tante e tutte di elevato pregio, per cui...per cui raccolta di firme, anni di battaglia, il Veneto che fingeva di non voler mollare e i sappadini che spingevano per una soluzione conveniente
.
Certamente Sappada è bella, come bello è il suo circondario: valli laterali isolate, sentieri molto panoramici, percorsi in MTB che portano fuori dal mondo, cime con vista sulle Dolomiti....insomma, per chi cerca una certa montagna questo è il posto ideale.
Non è certo luogo da movida
né da camminate lungo il corso, ma di relax e tranquillità si.
La mattina dopo parto in discesa e non fa caldo, anzi, ho proprio freddo e il fatto di non pedalare non aiuta. Passo vicino al bivio per la Val Visdende, tempio di Dio, inno al Creatore, e poi giù ancora fino a Santo Stefano di Cadore, dove giro a sinistra per Auronzo.
Per arrivarci però bisogna percorrere una galleria di circa quattro chilometri e questo contrasta con la mia claustrofobia post ictus. Mi fermo all’imbocco e rifletto: o torno indietro e faccio un giro di svariati chilometri di salite e discese, oppure, cosa che solitamente faccio, affronto le mie paure sapendo che non c’è alcun pericolo nell’attraversamento se non la mia ansia.
Vado: quattro chilometri in bicicletta sono tanti e sono preoccupato ma devo
andare. Inizio a pedalare lentamente ma ben presto mi trovo ad accelerare come un forsennato. Mi sto facendo travolgere dalla paura e non va bene. Oltretutto ogni tanto mi passano a