Demoni
Di Angelo Berti e Alex Reale
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Info su questo ebook
Fantasy - romanzo breve (60 pagine) - Ci sono uomini che usano i demoni per giustificare le proprie paure.
Ci sono demoni costretti tra gli uomini per difenderli da se stessi.
Ci sono uomini e ci sono demoni.
O forse sono la stessa cosa.
Anki, il Signore del tempo, Mekil, il Divoratore di anime e Abigor, il Cacciatore, sono demoni potenti, forse gli ultimi rimasti al mondo.
Odiati dagli uomini che devono proteggere.
Approfittando di un patto nefasto stretto da Anki con l’Episcopo Ignacio, gli inquisitori hanno perseguitato uomini innocenti e sterminato i demoni, fino a quando Mekil, consapevole del tradimento, si ribella.
Dietro l’inganno di Ignacio si svela un segreto che potrebbe portare alla fine dell’uomo e degli ultimi demoni: Mekil, Abigor e Anki dovranno unire i loro poteri in una lotta per la la sopravvivenza, contro il pregiudizio, l’insidia e la menzogna di uomini peggiori dei demoni e i piani di dominio di un'oscura entità celata nell'ombra.
Angelo Berti, emiliano di nascita ma romagnolo di adozione, può essere considerato uno degli autori italiani più rappresentativi del genere, è autore di vari racconti e romanzi che spaziano dal Fantasy al Thriller.
Nella sua attività di collaboratore di vari blog, tra i quali True Fantasy; Heroic Fantasy Italia e Italian Sword & Sorcery, ha intervistato alcuni tra gli autori italiani e internazionali tra i più popolari del genere fantastico, da Terry Brooks a Sapkowski, da Licia Troisi a Cecilia Randall. Demoni è il suo undicesimo romanzo.
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Anteprima del libro
Demoni - Angelo Berti
romanzo.
1
L’inizio della fine
– Non ridere. Non c’è niente che ti possa fare ridere.
Baka, il boia sporco di sangue e sudore, lo minacciò con un ferro incandescente.
Mekil osservò l’uomo steso sul tavolo, aperto come un porco al macello.
Dopo sarebbe toccato a lui.
Ma non riusciva a smettere di ridere.
Tra le mani di quel carnefice, inebriato dalla paura delle sue vittime, molti impazzivano per il dolore.
Al solo pensiero del dolore.
Ma quel sorriso non aveva niente a che vedere con la pazzia e nemmeno con lo spregio di chi vuole fingere indifferenza.
Il boia pensò di lasciare perdere il poveretto che era sul tavolo e di occuparsi subito di lui.
Lo irritava.
In quella cripta erano in tanti, erano forti. Erano gli esecutori degli ordini degli inquisitori. Si sentivano protetti dagli uomini e dai demoni.
Perché non ne avevano mai incontrato veramente uno.
– Adesso basta! – Baka gettò nelle braci il ferro appuntito. Spalleggiato da altri due carnefici, avanzò verso Mekil – Te lo cavo io quel sorriso del cazzo. Con te ho intenzione di cominciare subito con il piatto forte.
Eppure l’uomo non smise di ridere.
In quel momento Baka non vide solamente la fila di denti insolitamente bianchi, ma anche una strana luce che si era accesa nei suoi occhi.
Non la solita luce di angoscia e terrore. Non il barlume del pentimento che qualche volta, in altre vittime, era apparso e lui aveva sempre ignorato.
Niente di tutto quello.
In quegli occhi c’era sfida.
Si avvicinarono in due, esitanti. Nessuno di loro impavido come con gli altri. Nessuno di loro deciso e sprezzante come con l’ultimo eretico.
Perché tutti quelli che entravano in quella stanza entravano eretici e uscivano colpevoli.
Tutti.
Anche i meschini esecutori degli ordini, deviati che immaginavano ordini mai ascoltati. Solo per il gusto di eseguirli.
L’uomo allargò ancora di più il sorriso.
Perché un demone deve essere il male? Se così fosse tutti gli uomini sono demoni. Almeno quegli uomini.
Brutta cosa, gli uomini.
Scosse la testa, tutto quello stava per finire.
Aveva fame.
2
Anki – Il Signore del Tempo
Gregorius attendeva. Gli occhi stretti in due fessure grigie, gelide in un volto rubicondo. Le mani nervosamente strette tra di loro, nascoste nelle ampie maniche del saio.
Anki, al suo fianco, non era un religioso.
Nessuno, a parte i boia e gli inquisitori potevano accedere a quelle stanze.
Quel giorno era diverso.
Era successo qualcosa che la ragione non poteva spiegare e se qualcuno avesse cercato di farlo con la fede, avrebbe trovato una condanna.
Per quel motivo Anki era lì. Ancora una volta, per salvarli.
Un inquisitore li superò, allontanando bruscamente la guardia esitante.
La porta era pesante.
Costruita per lasciare fuori gli uomini e dentro i loro segreti più nefandi.
Il legno borchiato girò sui cardini, aprendo l’ingresso dell’inferno.
Gregorius, l’uomo della vera fede Attraversò l’uscio con irruente arroganza. Non era disgustato. Non era terrificato. Era incazzato. Quella porta era stata chiusa non appena scoperto cosa era successo. Nessuno era più entrato. Nessuno era più uscito.
Attese che Anki passasse e chiuse la porta con violenza, lasciando gli altri al di fuori.
– Questa è la tua pace? Questo è quello che ti sei impegnato a evitare?
La stanza era un simulacro di sangue, carne e ossa sparse dappertutto. Pavimento, pareti, soffitto.
Una miscellanea di pezzi umani che rendevano impossibile qualsiasi riconoscimento.
Avanzi di uomini. Di quelli che erano stati uomini.
Anki avanzò, nessuno conosceva il suo vero nome, poteva essere quello che usava, ma nessuno ci credeva. Nessuno se lo ricordava.
Quell’uomo e il suo nome non restavano nella memoria di alcuno.
Sollevò lo sguardo fissandolo in quello sfuggente dell’inquisitore.
– Questa è la tua pace. Quella che tu ti sei impegnato a reprimere.
Non era una domanda, non aveva bisogno di conoscere risposte che aveva già.
Gregorius strinse i pugni.
– Non siamo qua per le mie colpe… ma per le tue. Quelle della tua razza.
Anki osservò con attenzione ogni particolare di quella stanza, leggendo quello che l’uomo non poteva vedere.
– Le mie colpe? – La sua voce era mono-tonale, annoiata. Il parlare lento. Nessuna cadenza, nessuna inflessione. Una lastra di ghiaccio puro, senza imperfezioni, senza crepe. – Noi non abbiamo colpe. Noi siamo quello che siamo. Sei tu, quelli che come te ci rifiutano, che avete colpa per volere essere quello che non siete. Per volere essere delle divinità.
La mano di Gregorius si alzò. Chiunque sarebbe stato colpito. Con forza, con violenza, con cattiveria e ferocia. Per fare del male.
Non Anki.
La mano si fermò un attimo prima che potesse essere troppo tardi.
Ma non riuscì a fermare le parole.
– Non bestemmiare, bestia!
Il ghiaccio si incrinò. Una leggera, sottilissima crepa. Una fessura che avrebbe potuto permettere a quello che era nascosto di uscire. La voce vibrò.
– Io non bestemmio. Io so. Tu, voi ci odiate perché non sapete se siamo la verità o una condanna. Ma non è mio compito dirtelo. A nessuno di voi. – Minaccioso fece un passo verso l’inquisitore – Non osare chiamare bestia chi lo è. La verità è qualcosa che non sei in grado di sopportare. Non sei in grado di sopportare nemmeno te stesso.
Gregorius girò la mano indicando lo scempio intorno a loro.
– Questo. Dimmi perché questo. Voglio il responsabile. Voglio giustizia.
Il ghiaccio si ruppe.
La maschera di impassibilità di Anki crollò in frammenti che non si potevano più ricomporre.
La sua pelle si oscurò, mostrando una ragnatela di vene nere pulsanti che avvolgevano il suo volto. Gli occhi ancora più chiari, ancora più gelidi, erano diventati due lame affilate. La voce penetrò Gregorius nello stomaco.
– Tu vuoi giustizia? Questa è la giustizia. –