Controllo Totale: Tecniche di disinformazione e controllo delle masseE CONTROLLO DELLE MASSE Storia del controllo mentale,tecniche di disinformazione e metodi di difesa
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Si tratta di sentimenti ampiamente condivisibili, ma tutto quello che leggerete è frutto di una lunga osservazione, registrazione e comparazione relativamente a fatti, eventi e incongruenze che sono sotto gli occhi di tutti, basta soltanto osservare mantenendosi al riparo dai preconcetti e dalle influenze operate dal sistema.
Tutto il resto è vita vissuta, il resoconto del confronto giornaliero di un comune cittadino con una realtà artefatta, opportunamente distorta e resa fruibile alla massa al solo scopo di poter gestire il controllo.
Rimane quindi una vostra libera scelta quella di approfondire le tematiche esposte, verificare i fatti, oppure semplicemente riporre questo libro in uno scaffale della vostra libreria ; qualunque sia il futuro che, a fine lettura, vorrete dare a queste pagine, sarà stata una vostra libera scelta e, in ogni caso, almeno per una volta, avrete agito sulla scorta di una vostra decisione e non di altri.
Chi ancora oggi sostiene l’idea di un sistema perfetto, coerente e in linea con i bisogni dei cittadini, porta avanti una clamorosa bugia. La disinformazione nasce e si accresce in maniera esponenziale, dal singolo atto di “disinformarsi”, di prendere alla leggera tutti quei segnali che provengono dall’esterno, dal volersi a tutti i costi trincerare dietro una barriera di negazionismo per paura di ammettere che forse non tutto si muove per il verso giusto.
L’autore promuove una ricerca per identificare come, quando e perché sia accaduto tutto questo, offrendo in tal modo una base di partenza per eventuali ulteriori approfondimenti.
Uno stato che tace, che volge lo sguardo altrove, che diffonde mezze verità, i cui organi di potere accolgono personaggi completamente lontani dalla vita di tutti i giorni, che non vivono i problemi dei cittadini e che, nella maggior parte dei casi, li ignorano completamente, non può definirsi libero e democratico se non nella mente e nelle intenzioni di chi vuole a tutti i costi che questa idea sia da tutti accettata.
Questa, come le altre che scoprirete più avanti, è una delle tante tecniche della disinformazione.
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Anteprima del libro
Controllo Totale - Roberto La Paglia
BIOGRAFICA
NOTA DELL’AUTORE
Conclusa la lettura di questo libro saranno principalmente tre le reazioni suscitate da quanto riportato nei vari capitoli: incredulità, sgomento, totale rifiuto.
Conosco benissimo ognuno di questi sentimenti, poiché sono gli stessi che ho provato anche io man mano che proseguivo nel tentativo di collocare nella giusta posizione ogni tassello di questo intricato puzzle.
Alla luce di quanto appena detto ritengo doveroso riportare quelle che sono state le premesse all’origine della stesura di questo libro e che, molto più in generale, sono i temi dominanti di ogni mia ricerca.
Non è mio compito, e tanto meno mia prerogativa, voler a tutti i costi convincere il lettore; così facendo metterei in atto un comportamento eticamente scorretto e non sarei poi così diverso da coloro che operano quotidianamente nell’ambito del controllo mentale.
Il mio compito è quello che attiene strettamente alla figura del divulgatore, figura che pur essendo presente nel nostro paese non sempre risulta completamente slegata dai giochi di potere e dalle leggi di mercato.
Tutto quello che leggerete è frutto di una lunga osservazione, registrazione e comparazione relativa- mente a fatti, eventi e incongruenze che sono sotto gli occhi di tutti, basta soltanto osservare mantenendosi al riparo dai preconcetti e dalle influenze operate dal sistema; tutto il resto è vita vissuta, il resoconto del confronto giornaliero di un comune cittadino con una realtà artefatta, opportunamente distorta e resa fruibile alla massa al solo scopo di poter gestire il controllo.
Rimane quindi una vostra libera scelta quella di approfondire le tematiche esposte, verificare i fatti, oppure semplicemente riporre questo libro in uno scaffale della vostra libreria accompagnando il gesto con una scrollata di spalle; qualunque sia il futuro che, a fine lettura, vorrete dare a queste pagine, sarà stata una vostra libera scelta e, in ogni caso, almeno per una volta, avrete agito sulla scorta di una vostra decisione e non di altri.
Rimane da dire che, anche nel caso appena esposto, ci si dovrebbe chiedere quanto, in realtà, quella decisione sia stata veramente vostra, ma questa è un’altra storia che mi auguro di poter raccontare.
PREMESSA
Chi ancora oggi sostiene l’idea di un sistema perfetto, coerente e in linea con i bisogni dei cittadini, porta avanti una clamorosa bugia, oppure non riesce ad accettare quella sensazione, ormai condivisa in larga maggioranza, che ci porta a dubitare sulle reali finalità del sistema stesso.
La disinformazione nasce principalmente, e si accresce in maniera esponenziale, dal singolo atto di disinformarsi
, di prendere alla leggera tutti quei segnali che provengono dall’esterno, dal volersi a tutti i costi trincerare dietro una barriera di negazionismo per paura di ammettere che forse non tutto si muove per il verso giusto, che probabilmente è ormai troppo tardi per ritornare indietro.
Promuovere una ricerca per identificare come, quando e perché sia accaduto tutto questo, sarebbe una impresa titanica; possiamo soltanto ipotizzare, offrendo in tal modo una base di partenza per eventuali ulteriori approfondimenti, che tutto sia nato nello stesso momento in cui abbiamo deciso di delegare ad altri la responsabilità del nostro futuro e la possibilità di approntare e mettere in atto leggi e decreti al fine di rendere più semplice e meno caotico il nostro quotidiano.
Questa scelta, dettata da una evidente impossibilità di immaginare una gestione collettiva dello Stato, ha determinato una profonda spaccatura tra chi viene incaricato di gestire il potere e gli stessi cittadini.
Se a prima vista la questione potrebbe apparire di poco conto, in realtà è stata proprio questa tendenza a dare inizio ad un lento, inarrestabile precipitare della situazione.
Delegare il potere, se da un punto di vista appare come l’unica soluzione possibile per una fluida amministrazione della cosa pubblica, dall’altra parte determina una profonda spaccatura oltre la quale regnano coloro che dovrebbero garantire il buon funzionamento delle istituzioni, ovvero un numero enorme, che nessuno conosce esattamente, di persone che per mestiere, e quasi mai per il conseguimento di un ideale, amministra in maniera più o meno trasparante la cosa pubblica.
L’errore commesso risiede proprio nel fatto che, insieme alla nostra delega, abbiamo ceduto anche il controllo, abbiamo fatto in modo che si diffondesse l’idea di uno stato che si muove per conto proprio, che sembra quasi non far parte del nostro quotidiano, una entità astratta della quale cadiamo spesso vittime.
In realtà lo stato dovremmo essere noi, noi dovremmo avere l’ultima parola, noi dovremmo controllare l’operato di coloro ai quali abbiamo delegato il nostro presente e il futuro dei nostri figli.
Si tratta di una questione di responsabilità verso noi stessi, nei confronti dei nostri figli, dell’ambiente, di quella idea di futuro alla quale tutti vorremmo accedere, di un mondo nuovo da lasciare a coloro che verranno dopo di noi.
La disinformazione è un modus operandi ampiamente diffuso, rispetto al quale le colpe vanno divise in maniera quasi uguale tra cittadini e potere; i primi colpevoli di accettare passivamente lo stato delle cose, il secondo colpevole di strumentalizzare, sfruttare e foraggiare quello stato di apatia che ci trasforma in arrendevoli vittime.
Ovviamente, oltre ogni discorso politico, filosofico o semplicemente speculativo, la disinformazione è molto di più che una semplice constatazione.
Si tratta, come viene spesso ricordato agli studenti di scienze della comunicazione, di una attività mirata a diffondere, fornire e gestire informazioni deliberatamente false, o comunque non imparziali, allo scopo di alterare la realtà dei fatti e modificare le opinioni, le abitudini e le scelte delle persone.
A questo punto qualcuno potrebbe fare riferimento alla Propaganda; di questo argomento ci occuperemo in seguito, ci basti per adesso sapere che quest’ultima, a differenza della Disinformazione, tende a coinvolgere emotivamente e non a manipolare a livello razionale fornendo false conclusioni o suggerendo differenti punti di vista.
Volendo necessariamente cercare un parallelo tra Propaganda e Disinformazione si dovrebbero invertire i ruoli; la Propaganda infatti, sia anticamente che ancora oggi, ha spesso usato la Disinformazione per mantenere il controllo sociale e garantire la sopravvivenza dei regimi, difficilmente è accaduto il contrario.
Di contro, l’arte di disinformare, è sempre stata una caratteristica comune negli ambienti militari, nello spionaggio (sia esso militare che commerciale), nella politica, nella pubblicità.
I metodi usati sono vari, dai più sofisticati a quelli talmente semplici e intuibili da passare quasi inosservati; si mescolano senza tanti scrupoli bugie e verità, si nega l’evidenza per far sorgere il dubbio, si modificano materialmente fonti e prove, si creano situazioni e scenari dal nulla, si saturano gli spazi informativi con notizie banali.
Uno stato è veramente libero, democratico e forte quando mette in primo piano i suoi cittadini, le loro esigenze, quando si batte al loro fianco per costruire un quotidiano meno opprimente, una migliore qualità della vita e un futuro promettente.
Uno stato che tace, che volge lo sguardo altrove, che diffonde mezze verità, i cui organi di potere accolgono personaggi completamente lontani dalla vita di tutti i giorni, che non vivono i problemi dei cittadini e che, nella maggior parte dei casi, li ignorano completamente, non può definirsi libero e democratico se non nella mente e nelle intenzioni di chi vuole a tutti i costi che questa idea sia da tutti accettata.
Questa, come le altre che scoprirete più avanti, è una delle tante tecniche della disinformazione.
DISINFORMAZIONE
Nei sistemi sociali presenti in Occidente, temi quali la stabilità e l’instabilità delle strutture dipendono in maniera determinante dall’opinione pubblica.
Anche se qualcuno troverebbe molto da ridire in merito a questa affermazione, in linea di massima questo è il presupposto sul quale si basano, o si dovrebbero basare, i sistemi sociali evoluti, ovvero sulla formazione dell’opinione pubblica attraverso l’informazione data dai sistemi di comunicazione.
Preso per scontato questo concetto, appare evidente la sottile idea di pericolo che il concetto stesso nasconde al suo interno; se infatti è vero che i mezzi di comunicazione sono il veicolo primario per informare l’opinione pubblica, è altrettanto vero che possono essere usati per disinformarla ottenendo lo stesso identico risultato ovvero, parafrasando il titolo di un libro edito qualche tempo fa, tutto ciò che sai non è vero
.
La disinformazione giornalistica parte da una logica deduzione: se la maggioranza delle testate è finanziata o direttamente connessa con i gruppi di potere, qualunque sia la natura che essi esprimono, quale migliore mezzo per ammantare di un alone di formale verità il loro bisogno di tacere alcune informazioni?
Questo processo di disinformazione è sotto gli occhi di tutti eppure, miracoli della carta stampata, nessuno o quasi se ne accorge; da questo punto di vista esistono varie tecniche e studi psicologici su come trattare la notizia per renderla più o meno interessante agli occhi del lettore.
Iniziamo quindi ad addentrarci in questo strano mondo e cerchiamo di capire quando e in che modo veniamo disinformati pur avendo il sentore di aver letto la verità.
Partiamo subito da un luogo comune purtroppo molto diffuso: ciò che non viene riportato dalla stampa o ripreso dai mass media non esiste e se qualcuno ne parla sta soltanto inventando una storia per il proprio tornaconto.
Questo atteggiamento nasce in verità da un secondo luogo comune che vede la scienza ufficiale, in tutti i suoi campi, come unica detentrice della verità; tutti coloro che non fanno parte di un determinato entourage, che non hanno un nome noto o che non possiedono uno status sociale adeguato, vengono automaticamente declassificati.
Questi due atteggiamenti, oltre alla pigrizia mentale tipica di questo secolo, sono i risultati di un lunghissimo periodo di disinformazione che è quasi riuscito a creare un mondo parallelo, una realtà diversa da tutte le altre.
Come è stato possibile tutto ciò?
Per rispondere a questo quesito è necessario prima chiedersi a quali interessi rispondono, o sono costretti a rispondere, coloro che offrono l’informazione.
Tutti sappiamo che l’informazione cartacea
, pur mantenendo ancora una discreta popolarità, viene ormai giorno dopo giorno resa sempre meno popolare dalla rete internet.
Questo processo risulta essere molto più importante di quanto potrebbe a prima vista apparire.
I media, e la realtà virtuale che giornalmente creano, rispondono a requisiti ben precisi, sono cioè parte integrante della struttura economica che li sostiene; in tal senso ogni notizia viene filtrata attraverso le priorità di coloro che finanziano la struttura, sia essa una semplice agenzia fino ad arrivare alla grande stampa e alla televisione di stato.
Generalmente, la copertura e la priorità dell’informazione viaggiano parallelamente agli interessi, ai punti di vista e alle valutazioni dei gruppi politici o economici che finanziano.
Questo modus operandi, ovviamente, mette fuori dal gioco in maniera automatica le classi ritenute non interessanti
ai fini del raggiungimento dello scopo finale, tali classi, come sempre, includono gli anziani, i lavoratori, gli ammalati, ecc.
Ma come funziona esattamente il meccanismo dell’informazione?
La maggior parte delle notizie sono distribuite da Agenzie di Stampa internazionali, questo comporta il fatto che circa il 90 per cento