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Chiaramente mi innamoro
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Chiaramente mi innamoro
E-book337 pagine4 ore

Chiaramente mi innamoro

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Info su questo ebook

Dall’autrice di Ti porto via con me, bestseller di New York Times e USA Today

With Me Series

Jules Montgomery è troppo impegnata e soddisfatta della sua vita per preoccuparsi di un uomo, in particolare di uno come Nate McKenna. Crescere con quattro fratelli le ha insegnato soprattutto a stare lontano dagli uomini sexy con tatuaggi e motociclette. Se poi l’uomo in questione è il tuo capo, allora le distanze vanno mantenute a ogni costo. A Nate McKenna, invece, non frega nulla del divieto di fraternizzare e di tutte le politiche aziendali. Ha deciso che vuole lei ed è sicuro che la avrà. Purtroppo, durante una notte incredibile, Jules ha violato ogni regola che si era imposta. Può combattere quanto vuole contro Nate, ma sembra davvero che quell’uomo conosca tutte le mosse vincenti della guerriglia amorosa. Metterà a rischio la sua carriera per del sesso (ma era davvero solo sesso?), non importa quanto il suo corpo e il suo maledetto cuore continuino a farla impazzire…

Bestseller del New York Times e di USA Today

«Hot, hot, hot. Difficile trovare qualcosa di più rovente. Un romanzo sulla vita in ufficio che scatena passioni incontrollabili. Personaggi reali, nessuna grande angoscia o dramma nella trama, ma un sacco di romanticismo e sensualità!!»

«Chi l’ha detto che il lavoro d’ufficio è noioso? Da quando ho letto questo sexy romanzo la mattina vado a lavorare canticchiando…»

«Nate è il capo che avrei voluto incontrare almeno una volta nella vita. Ma, ora che ci penso, sto per cambiare lavoro, allora c’è ancora speranza!»
Kristen Proby
È autrice della With Me Series, bestseller del «New York Times» e di «USA Today», grazie al passaparola partito dal selfpublishing. Ama scrivere storie d’amore condite con un tocco di erotismo. La Newton Compton ha pubblicato i primi capitoli della serie, Ti porto via con me e Chiaramente mi innamoro.
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2016
ISBN9788854199118
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    Anteprima del libro

    Chiaramente mi innamoro - Kristen Proby

    Prologo

    Estate

    Sbatto la schiena contro il muro con un rumore sordo. Nate affonda il volto nel mio collo e, tenendomi le mani sul sedere, mi alza la gonna fino alla vita, sollevandomi di peso in modo da poggiarmi l’erezione ancora coperta dai pantaloni in mezzo alle gambe. Gli tolgo l’elastico dai folti capelli neri e vi affondo le mani, tenendolo stretto a me. Non l’avevo mai visto con i capelli sciolti; se li lega sempre all’indietro, ma così sono molto sexy. Gli cadono appena sopra le spalle, incorniciando quel suo volto incredibilmente bello che mi fa tremare dentro e mi azzera la salivazione ogni volta che mi guarda.

    Ma non mi aveva mai guardata come adesso, nella semi-oscurità del suo appartamento, appena fuori la camera da letto. I suoi occhi grigi sono infuocati mentre spinge il bacino contro il mio.

    «Lo sai quanto sei bella, Julianne?», sussurra. «Devo vederti nuda, ora».

    Mi solleva da terra, continuando a tenermi le mani sul sedere, e io gli avvolgo le gambe intorno ai fianchi. Mi porta in camera, e all’improvviso mi ritrovo in piedi davanti a lui: siamo un groviglio di braccia e mani impazienti, che tirano e afferrano i vestiti dell’altro, lanciandoli alla rinfusa per tutta la stanza. Non accende la luce, quindi non posso più vederlo, ma oh, quelle mani… Non so in quante riunioni mi sia ritrovata a fissare quelle grandi mani stupende, che adesso sono su di me.

    Ovunque.

    Ha la bocca sulla mia, le mani affondate fra i miei capelli, e mi bacia con una passione così travolgente da farmi tremare le ginocchia. Bacia da Dio. È fantastico.

    Anzi, fantastico è poco.

    Mi solleva di nuovo, stavolta prendendomi in braccio, e mi fa sdraiare sul letto. Le lenzuola sono morbide e fresche, e vorrei poterlo vedere in tutto il suo splendore. Sogno di vedere Nate nudo da quando è diventato il mio capo quasi un anno fa. Ho la sensazione che ci sia un corpo divino sotto quei completi eleganti confezionati su misura.

    Nate mi segue sul letto, e faccio scorrere le mani sul suo addome e sul petto, per poi risalire, infine, su fino alle spalle.

    Accidenti, è scolpito come una statua greca, e la sua pelle è calda e liscia e… wow. Mi afferra il volto fra le mani, baciandomi dolcemente adesso, mordicchiando e stuzzicandomi le labbra, e poi appoggia un gomito sul letto accanto alla mia testa, facendo scendere l’altra mano lungo il mio corpo: parte dal collo, scende sul seno, stimolandomi i capezzoli turgidi con le dita, e poi prosegue verso il basso, trovando lentamente il suo obiettivo.

    «Oh, Dio», ansimo estasiata. Inarco la schiena, sollevandola dalle morbide lenzuola, non appena fa scivolare due dita dentro di me, per poi cominciare a stimolarmi il clitoride con movimenti circolari.

    «Oh, sei così bagnata. E così stretta. Accidenti, da quanto tempo non lo fai, tesoro?».

    Sul serio? Lo vuole sapere proprio adesso?

    «Da più di quanto m’importi anche solo pensarci», rispondo sollevando ancora di più il bacino per andare incontro alla sua mano. Oh, porca miseria, cosa sa fare quest’uomo con le mani!

    «Ti voglio, Julianne. Ti voglio dal momento stesso in cui ti ho vista». Le sue labbra trovano le mie, richiedendo ed esplorando, leccando e succhiando, e con la lingua imita quello che le sue fantastiche dita stanno facendo più in basso, e… vengo letteralmente travolta dal piacere. Anch’io lo voglio dal momento in cui l’ho visto.

    «Non dovremmo farlo», sussurro con poca convinzione.

    «Perché no?»

    «Perché… Oh, Dio, sì, proprio lì». Muovo i fianchi in cerchio e faccio scivolare le mani giù fino al suo sedere. Il suo sedere sodo, muscoloso e incredibilmente sexy.

    «Stavi dicendo?», sussurra, mordicchiandomi il collo.

    «Potrebbero licenziarci entrambi. La politica di non fraternizzazione».

    «Non me ne frega niente della politica di nessuno in questo momento».

    Mi avvolge il capezzolo con le labbra, togliendomi ogni capacità di raziocinio. Scende lungo la pancia continuando a leccare e succhiare, prestando particolare attenzione all’ombelico, prima di scendere ancora, baciandomi la vagina – grazie a Dio appena depilata – e finalmente posa la lingua proprio .

    «Sì!». Sollevo di nuovo i fianchi dal letto e lo sento sorridere mentre tira fuori le dita da dentro di me, mi allarga le gambe ancora di più e mi bacia, profondamente, spingendo la lingua in cerchio sulle mie labbra e dentro di me. Affondo le dita nei suoi meravigliosi capelli, e quando penso di non poter resistere ancora, mi lecca il clitoride e spinge un dito dentro di me, muovendolo come a dire vieni qui. Perdo il controllo e inizio a tremare in tutto il corpo, e affondando i talloni contro il materasso, vado incontro il più possibile alla bocca esperta di Nate.

    Torno sul pianeta Terra appena in tempo per sentire che sta aprendo una bustina d’alluminio. Poi inizia a ricoprirmi di baci su tutto il corpo, succhia entrambi i capezzoli, e mi bacia sulla bocca. Riesco a sentire il mio sapore sulle sue labbra ed emetto un gemito, avvolgendogli le gambe intorno ai fianchi, sollevando il bacino e preparandomi a essere riempita… Ma non lo fa. Rimane appoggiato puntellandosi sulle mani sopra di me, con l’erezione poggiata in mezzo alle mie gambe. Ha il fiatone, e vorrei con tutta me stessa che potessimo accendere la luce per vedere i suoi occhi grigi.

    «Nate, ti voglio».

    «Lo so».

    «Adesso, accidenti».

    «Sei così eccitante», sussurra. Poi si abbassa e mi sfiora la fronte con le labbra.

    «Dentro di me». Allungo la mano tra di noi e afferro la sua erezione. Cristo santo, è ben dotato! È duro e liscio, e non ha ancora srotolato il preservativo. Faccio scorrere la mano per tutta la lunghezza, fino alla punta e… «Porca puttana, cos’è?».

    Nate ride, poi si china per baciarmi dolcemente. «È un apa», sussurra.

    C’è una piccola barra di metallo con due piccole sfere, una nella parte alta e una nella parte bassa, in cima al suo pene. Sono senza parole. Nate, il mio capo sempre in giacca e cravatta e conservatore – tranne che per i capelli lunghi – ha un piercing al pene?

    «A… cosa?», chiedo, confusa. Ne traccio il profilo con le dita, facendo scorrere l’indice sulla punta, e Nate inspira a denti stretti.

    «Un apadravya. Cazzo, tesoro».

    «Perché mai te lo sei fatto?», chiedo, inaspettatamente eccitata e curiosa. Lo voglio vedere!

    «Adesso te lo faccio vedere». Percepisco il sorriso nella sua voce e poi lo sento srotolare il preservativo sulla sua impressionante erezione. Mi bacia di nuovo, con maggior trasporto, e mi affonda le mani nei capelli biondi. Sollevando i fianchi sento la punta – e quelle sfere di metallo – sulle mie labbra, e lentamente, molto lentamente, scivola dentro di me.

    Oh. Mio. Dio.

    Sento il metallo accarezzarmi le pareti interne della vagina, in tutta la sua profondità. Poi all’improvviso si ferma, dentro di me fino in fondo, continuando a baciarmi con passione.

    «Dio, mi piace quanto sei stretta». Le sue parole mi portano a stringerlo, a reggermi a lui, ad avvolgergli le gambe intorno ai fianchi e a infilargli le mani in quei capelli stupendi.

    Comincia a muovere il bacino, scivolando avanti e indietro, e provo una sensazione che non credo di aver mai provato in vita mia. Sento il metallo, il suo impressionante membro, la sua bocca che fa cose fantastiche alla mia, e il mio corpo accelerare, mentre un velo di sudore mi ricopre la pelle. Nate aumenta il ritmo, e ruota i fianchi, abbastanza da farmi impazzire.

    «Andiamo, tesoro, lasciati andare». E lo faccio, violentemente. Grido mentre Nate spinge dentro di me, più forte, una volta e un’altra ancora, per poi soccombere alla sua stessa liberazione.

    «Oh, cazzo!».

    Ho appena scopato col mio capo.

    Nate esce da me e si toglie il preservativo, che getta sul pavimento, accanto al letto.

    «Stai bene?», mi chiede.

    No. «Sì».

    «Hai bisogno di qualcosa?». Mi accarezza la guancia, e di nuovo vorrei che la luce fosse accesa, ma allo stesso tempo non voglio, perché in questo momento sono imbarazzata, e io non m’imbarazzo mai. Il suo tono è distante, come se non sapesse cosa fare con me adesso; a essere sinceri, nemmeno io so cosa fare con me.

    «No, grazie».

    Oddio, ma che ho combinato? Ho appena fatto il sesso più fantastico e stupefacente di tutta la mia vita con l’unico uomo al mondo con cui non avrei dovuto. Quando mi ha chiesto di raggiungerlo nel suo appartamento per bere qualcosa dopo una cena di lavoro con altri colleghi, avrei dovuto dire no, ma non potevo. Lo volevo sin dal primo giorno, anche se all’interno della nostra società vige una severa politica di non fraternizzazione, e anch’io ho da molto tempo una mia politica: vietato scopare con i colleghi.

    Eppure eccomi qui, beatamente appagata, e non poco imbarazzata nel letto del mio sexy capo, in un lussuoso appartamento al trentesimo piano.

    Cazzo.

    «Vuoi che accenda la luce?», mi chiede Nate, e fa per allontanarsi da me, ma gli afferro il braccio per fermarlo.

    «No, va bene così».

    «Non sembri tu. Sei sicura che vada tutto bene?»

    «Sto benissimo. Sono stanca, e forse ho bevuto troppo vino». Quei due bicchieri che ho sorseggiato mentre ero in magnifica compagnia di Nate non hanno avuto il minimo effetto su di me, ma è l’unica scusa che mi viene in mente. Ci stiamo comportando in modo strano adesso, ed è una cosa che non sopporto. Non so cosa mi aspettassi, non lo conosco così bene. È sempre stato professionale e gentile, e fino a stasera non avevo alcuna idea che mi trovasse anche minimamente attraente.

    Ha una faccia da giocatore di poker molto convincente.

    Nate mi bacia sulla fronte e tira le coperte sopra di noi, poi mi fa girare e si rannicchia dietro di me.

    «Dormi. Chiacchieriamo domattina».

    Chiacchieriamo? Di cosa?

    Non rispondo, rimango lì immobile e aspetto che il suo respiro si faccia regolare, più altri dieci minuti per essere sicura che dorma. Facendo molta attenzione scivolo sotto il suo pesante braccio. Dio, se è muscoloso! Quei completi eleganti ingannano. A tentoni raggiungo il muro, pregando di non inciampare e cadere per terra, rischiando di svegliarlo, e poi lo seguo fino alla porta. Accendendo la luce in corridoio, raccolgo velocemente i miei vestiti e li indosso, poi prendo la borsa dall’enorme e stupendo soggiorno decorato ed esco.

    Chiamo un taxi dall’atrio del lussuoso condominio nel centro di Seattle e aspetto di farmi portare nel parcheggio della nostra compagnia per riprendere la mia auto.

    Quando finalmente arrivo a casa, la villetta ad Alki Beach che condivido con la mia migliore amica Natalie, vedo una strana Lexus decappottabile nel vialetto e la luce accesa in cucina, sul retro della casa.

    «Natalie?»

    «Sono in cucina!».

    «Hai compagnia?». Non ho molta voglia d’incontrare il nuovo ragazzo di Nat.

    «Sì».

    «Ci vediamo domani, vado a letto». Salgo le scale per andare in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle, e mi faccio una lunga doccia calda. Ho la pelle ancora sensibile dall’avventura di stasera nel letto di Nate, e il suo profumo mi è rimasto addosso, così pulito, muschiato e sexy. Non posso fare a meno di rimpiangere un po’ di essermene andata: magari avremmo potuto divertirci ancora prima dell’arrivo del nuovo giorno.

    E insieme al divertimento, la Chiacchierata.

    No, grazie.

    Non ho affatto bisogno che Nate mi elenchi tutti i motivi per cui questo è stato l’errore di una notte. Di sicuro non penso di poter gestire il disagio del mattino dopo. È meglio far finta che non sia mai successo e basta, e tornare al lavoro come sempre.

    Indosso delle mutandine rosa e una sottoveste bianca, poi prendo il cellulare dalla borsa prima di mettermi a letto. Non ci sono messaggi.

    Probabilmente è sollevato quanto me che me ne sono andata.

    Rimango sveglia per tutta la notte, cercando di capire cosa dire quando domattina telefonerò al lavoro fingendomi malata.

    Capitolo 1

    Tarda primavera

    Amo il mio lavoro. Amo il mio lavoro. Dio, a volte odio il mio lavoro. Rileggo ancora una volta l’email stringata del mio capo, Nathan McKenna, e deglutisco a fatica.

    Venerdì 26 aprile 2013 13:56

    Da: Nathan McKenna

    A: Julianne Montgomery

    Oggetto: Lavoro fino a tardi

    Julianne,

    ho bisogno che tu lavori con me fino a tardi stasera, e probabilmente anche nel fine settimana. Per favore, raccogli tutti i documenti sul conto di Radcliffe e vieni nel mio ufficio alle 18.

    Nate

    Accidenti! Per otto lunghi mesi sono riuscita a stare lontana dal mio capo, e so di essere stata incredibilmente fortunata di non aver mai dovuto lavorare da sola con lui fuori orario, ma di recente abbiamo perso l’altro assistente nel nostro dipartimento, per cui rimaniamo solo io e Nate.

    Farfalle enormi e furiose prendono d’assalto il mio stomaco.

    Da quella sera della scorsa estate, io e Nate abbiamo mantenuto un livello di professionalità di cui vado molto fiera, nonostante il fatto che ogni volta che lo vedo una scarica elettrica m’irrigidisce i muscoli delle cosce. È vero, una volta lo invitai a un doppio appuntamento con me e Nat per vedere l’ultimo film prodotto dal marito di Nat, Luke, ma riuscii a mantenere la cosa su un piano strettamente platonico.

    Quella sera quasi mi uccise.

    Da quel momento, dato che non voglio perdere il lavoro che amo, mi sono tenuta lontana dal signor Sesso-in-persona.

    Non che abbia fatto granché per riuscire a tornare nel suo letto. La mattina successiva a quello che definirei il miglior sesso nella storia dell’umanità, dopo aver sgattaiolato fuori del suo letto, era davvero su tutte le furie. Mi aveva chiamato e mandato messaggi, in cui voleva sapere che diavolo fosse mai successo, e io lo avevo evitato come la peste per due settimane buone, lavorando da casa e prendendomi delle ferie.

    Poi, all’improvviso, smise. Qualsiasi comunicazione personale s’interruppe, e adesso, quando siamo insieme durante l’orario di lavoro, è sempre freddo e professionale.

    Ci sono giorni in cui mi fa imbestialire.

    E adesso, visto che quel cretino di un assistente non accettava gli orari pesanti del nostro lavoro e ha deciso di licenziarsi, mi tocca lavorare da sola con Nate.

    Merda.

    Appoggio la schiena contro la poltroncina e guardo l’ora. Le cinque e mezzo. Mi tolgo gli occhiali e li lancio sulla scrivania prima di prendermi la testa fra le mani. Addio al mio fine settimana animato da un chilo di gelato e un buon libro.

    Posso farcela. Riprenditi, Montgomery. Ho posato nuda per alcune riviste. Ho cenato con fantastiliardari e sono uscita con stelle del cinema. Ho quattro fratelli maggiori che mi stuzzicano in continuazione e che mi hanno insegnato a difendermi.

    Posso gestire l’uomo più sexy che abbia mai visto in vita mia per un paio d’ore senza spogliarmi e saltargli addosso.

    Penso.

    Forse.

    Cerco di riprendermi, controllo che tutte le chiamate e le email siano impostate in modo che vengano inoltrate al mio iPhone, e vado in bagno per prepararmi per la serata.

    Sono soddisfatta di quello che vedo allo specchio. I miei lunghi capelli biondi hanno ancora i morbidi boccoli che ho arricciato stamattina. Il trucco, leggero e professionale, mette in risalto i miei occhi azzurri. Applico un nuovo strato di lucidalabbra, mi liscio il semplice vestito color mirtillo e osservo il mio fisico snello. Sono stata benedetta con dei geni eccellenti. Non ho curve sexy come quelle di Natalie, ma ho un seno dignitoso, un sedere sodo e un fisico che mi ha fatto finire sulle pagine di «Playboy». Tre volte. Lavoro sodo per mantenermi in forma.

    Soddisfatta del mio riflesso, torno a passo svelto nel mio ufficio, prendo le cartelle che Nate ha richiesto, e attraverso il corridoio per raggiungere il suo ufficio. La sua assistente personale, la signora Glover, è al suo posto, alla scrivania. È una signora anziana con i capelli grigi e occhi marroni e astuti. Il suo sorriso è ingannevole. Mi spaventa a morte da quanto è efficiente e abile nell’anticipare ogni mossa di Nate.

    «Salva, signorina Montgomery, può entrare».

    «Grazie». Le rivolgo un cenno col capo e le sorrido, poi busso due volte all’ufficio di Nate prima di aprire la porta.

    «Entra, Julianne. Grazie per essere rimasta». Nate alza lo sguardo dal computer e annuisce, con un’espressione completamente vuota.

    «Non c’è problema».

    L’ufficio di Nate è enorme, con mobili massicci e scuri. Le lussuose poltroncine davanti alla scrivania sono di pelle nera. Ci sono scaffali dal pavimento al soffitto che ospitano centinaia di libri e cartelle, meticolosamente ordinati, senza dubbio dall’efficientissima signora Glover. Dietro la scrivania ci sono ampie finestre con una vista sullo Space Needle e sullo Stretto di Puget.

    È bellissima.

    Non so se Nate ci presti molta attenzione, però.

    Mi siedo sul bordo di una delle poltroncine nere e metto le cartelle sulla scrivania, aspettandomi che vada dritto al punto.

    «Come stai?», mi chiede con voce dolce.

    «Ehm… bene, grazie». Ma che cavolo?

    «Mi dispiace dello scarso preavviso». Si sporge in avanti e poggia i gomiti sulla scrivania, intrecciando le dita e mantenendo il contatto visivo. Dio, quegli occhi grigi mi distraggono. Quasi quanto le sue mani, e il modo delizioso in cui…

    Basta.

    «Fa parte del lavoro». Apro una cartella e cerco di far finta di non essere arrossita. «Allora, qual è il problema con questo conto?»

    «Come stanno Natalie e Luke?»

    «Benissimo». Poggio la schiena contro la poltroncina e lo guardo confusa. Come mai questa conversazione personale? «Natalie partorirà tra un paio di settimane».

    «È fantastico, sono felice per loro». Nate fa un ampio sorriso, quel sorriso ambiguo e sexy, e mi ritrovo a ricambiarlo. Ha i capelli tirati indietro, come sempre. La mascella squadrata è ben rasata, e indossa un completo nero con una camicia dello stesso colore e una cravatta blu. Non si toglie mai la giacca per arrotolarsi le maniche della camicia, e per un attimo mi chiedo perché… Ma poi mi ricordo di tornare alla conversazione in corso.

    «Sì, non vedo l’ora. Il prossimo fine settimana organizzerò la festa per il nascituro».

    «Allora prometto che non ti farò lavorare il prossimo fine settimana». Mi fa l’occhiolino e per poco non cado dalla poltroncina.

    Chi è quest’uomo, e che ne ha fatto del mio capo?

    «Allora, qual è il problema con il conto?», chiedo di nuovo nello stesso istante in cui la signora Glover bussa alla porta.

    «La cena è arrivata, signor McKenna».

    «Grazie, Jenny, portala pure dentro». Nate si alza e prende due grosse buste dalla signora Glover. «È tutto per oggi. Ci vediamo lunedì».

    «Buon fine settimana, signor McKenna. Signorina Montgomery». Fa un cenno col capo a entrambi e poi esce dall’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

    «Mi sono fatto portare qualcosa dal ristorante cinese. Ti ho preso il tuo solito». Mi sorride e si rimette a sedere, cominciando a vuotare le buste. Sembra molto contento di sé stasera, molto più accessibile e amichevole di quanto non lo sia stato dalla scorsa estate.

    A che gioco sta giocando?

    «Grazie», rispondo, rendendomi conto che sto morendo di fame. Dopo aver riempito i piatti di riso, pollo in agrodolce e involtini primavera, ci diamo dentro, mangiando in silenzio per qualche minuto. Sento gli occhi di Nate su di me, così decido di essere matura e di prendere l’iniziativa.

    «Allora, cos’ha che non va questo conto?», chiedo per l’ennesima volta prima di prendere un boccone di pollo.

    «Non ne ho idea, volevo soltanto cenare con te, e questo è l’unico modo in cui posso vederti».

    Devo aver sentito male.

    Smetto di masticare, e non riesco a non fissare con occhi sgranati il suo viso perfettamente sincero. «Come scusa?».

    Aggrotto la fronte e poggio con cura il piatto sulla scrivania. «Quindi non lavoriamo a questo conto?»

    «No».

    «Non capisco».

    Nate posa le bacchette, si pulisce la bocca con un tovagliolo e appoggia la schiena contro la poltroncina, guardandomi con attenzione.

    «Volevo soltanto cenare con te, Julianne».

    «Perché?». E, soprattutto, perché continua a chiamarmi Julianne?

    Mi guarda come se non capisse la mia confusione. «C’è bisogno che lo dica?»

    «Immagino di sì».

    «Mi piaci. Mi piace stare con te». Si stringe nelle spalle, e per un attimo sembra perso e un po’ insicuro. Non sono abituata a vedere emozioni su quel suo bellissimo viso.

    «Ma sei il mio capo».

    «Quindi?»

    «Quindi potrebbero licenziare entrambi».

    «È solo una cena, Julianne».

    «Non mi stai guardando come se volessi solo cenare, Nate».

    Inclina la testa di lato e accenna un sorriso. «Perché, come ti sto guardando?»

    «Come se volessi scoparmi su questa scrivania». Porca. Miseria! L’ho detto davvero?

    Il suo sorriso scompare e mi guarda con occhi severi. «Occhio a come parli».

    Deglutisco a fatica e sbatto le ciglia rapidamente.

    «Ci sono molti posti in cui vorrei scoparti, compresa questa scrivania, ma per il momento voglio semplicemente cenare con te».

    «Occhio a come parli», ribatto con un sussurro, ed ecco di nuovo quel sorriso.

    «Vuoi dire al tuo capo cosa fare?»

    «Per qualche motivo, non credo questa sia una conversazione capo/dipendente». Scuoto la testa e fisso l’uomo davanti a me. «Cos’è tutto questo? Perché ora?»

    «Mangia».

    «Improvvisamente mi è passata la fame, grazie».

    «Assecondami e basta, Julianne».

    «Perché mi chiami Julianne?», chiedo prendendo un altro boccone di pollo appiccicoso.

    «Perché è il tuo nome». I suoi occhi sono sulla mia bocca e sorrido internamente mentre prendo un involtino primavera e ne mordo l’estremità.

    «Mi chiamano tutti Jules».

    «Io no».

    «Questo l’ho capito, ma perché?», chiedo di nuovo.

    «Perché Julianne ti si addice». Si stringe nelle spalle e riprende a mangiare.

    «Ma io preferisco Jules».

    «Va bene, Julianne». Mi fa l’occhiolino, e sorride divertito prima di prendere un altro boccone di cibo.

    «Scommetto che quando eri piccolo la maestra inviò una lettera ai tuoi genitori informandoli che non andavi d’accordo con gli altri bambini».

    Nate ride, e sento un vuoto allo stomaco. «È probabile».

    Mi accorgo di aver svuotato il piatto, così lo getto nella spazzatura e rimetto nella busta gli avanzi. «D’accordo, ho mangiato. Grazie per la cena. Buon fine settimana». Mi alzo per andare alla porta, ma Nate si alza di scatto e mi ferma.

    «Non te ne andare ancora».

    «Perché no?».

    Si lecca le labbra, s’infila le mani in testa e ondeggia sui talloni. «Stai con me per il fine settimana. A casa mia».

    Penso di essere entrata in un mondo parallelo. Oppure sono su Candid Camera. Esatto, dev’essere per forza così. Comincio a guardarmi intorno in cerca delle telecamere nascoste, dietro di me, agli angoli della stanza.

    «Cosa stai cercando?», mi chiede seguendo il mio sguardo.

    «Le telecamere».

    «Quali telecamere?»

    «O sono su Candid Camera oppure è una trappola per licenziarmi».

    Nate si mette a ridere, una risatina bassa che mi entra dentro. «Perché dici così?»

    «Perché da mesi non mostri in alcun modo di essere attratto da me, il che mi sta bene, e se sto con te questo fine settimana, potrebbero licenziarci entrambi».

    Il suo sorriso è sparito, e i suoi occhi grigi diventano di ghiaccio. «Primo, non me ne frega un cazzo della politica di non fraternizzazione. Qualsiasi relazione io scelga di avere, e quali che siano le modalità di tale relazione, non sono affari loro. E secondo…».

    Mi prende

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