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Vivere e sperare in tempi difficili
Vivere e sperare in tempi difficili
Vivere e sperare in tempi difficili
E-book82 pagine1 ora

Vivere e sperare in tempi difficili

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Info su questo ebook

Questi brevi testi sono nati giorno per giorno, accomunati dalla particolarità del tempo vissuto durante l'epidemia da coronavirus. Abbozzi di riflessioni spirituali che, forse, necessiterebbero uno sviluppo maggiore – e che probabilmente si sarà in grado di compiere soltanto una volta che si avrà alle spalle l'intera vicenda di quest'esperienza. Avremo modo di ripensare la nostra vita personale e sociale, umana e cristiana? Ciò che si profila all'orizzonte è nuovo, interessante e tutto da scrivere – nonostante le tante lacrime e sofferenze che questa prova ci sta facendo soffrire.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2020
ISBN9788831676731
Vivere e sperare in tempi difficili

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    Anteprima del libro

    Vivere e sperare in tempi difficili - Faustino Ferrari

    www.dimensionesperanza.it/bailamme.html

    Andrà tutto bene?

    Andrà tutto bene è il ritornello che compare in questi giorni sui social media, come anche in tanti cartelli appesi ai balconi delle case. È la ripresa del titolo di un film appena uscito sugli schermi italiani, del regista Francesco Bruni. Vi si racconta una vicenda autobiografica, incentrata sulla difficile esperienza di una grave malattia e di un inatteso percorso di rinascita.

    In questi giorni che ci vede tutti rinchiusi in casa, nel tentativo di limitare i danni causati da un invisibile invasore – un coronavirus giunto da lontano – mentre l'epidemia si diffonde sempre più ed aumenta il numero dei malati e dei decessi, si resta avvolti dalla paura, dalla possibilità che il contagio possa giungere a lambirci, diventando letale per noi, per i nostri cari.

    Per poter vivere questi momenti difficili diventa allora necessario non cedere alle oscure nubi che minacciano l'intero orizzonte, ma saper guardare un po' oltre, aprirsi alla speranza. Nella psicologia si chiama effetto pigmalione la nostra capacità di pensare futuri possibili. Chi teme il peggio, probabilmente, si troverà a vivere lo scenario pessimisticamente previsto, mentre chi pensa positivo – per sé e per gli altri – potrà affrontare con maggiore energia ed efficacia le difficoltà e gli ostacoli che sorgeranno. La diversa predisposizione psicologica ci aiuta a rendere migliore la nostra vita, i nostri corpi ne sono rafforzati e i nostri spiriti possono cogliere meglio le opportunità che i momenti di crisi presentano.  

    L'importante è che il tutto non si riduca a slogan ripetuti, ma che esprima un sentire profondo, una convinzione che diventi investimento di energie e di forze. Una resilienza che si radica tenacemente nel terreno, per poter dare i suoi frutti nella nuova stagione.

    Andrà tutto bene. Troviamo questa espressione già in un testo medioevale: le Rivelazioni di Giuliana di Norwich. «All shall be well». Nel libro vi ricorre più volte. «Ma tutto sarà bene, e tutto sarà bene, ed ogni sorta di cosa sarà bene» (cap. 27). Non si tratta di una fiducia astratta, disincarnata, immaginaria. Essa nasce da una speranza che si radica nel mistero divino. La persona credente sa che – qualsiasi possa essere la propria esperienza personale, anche quella segnata dal peccato – essa si radica nel sommo bene che è Dio. È un orizzonte nel quale s'inscrivono pure le esperienze della sofferenza, della malattia e della morte. Non è l'atteggiamento di chi attende, miracolisticamente, un intervento liberatorio, ma di chi si abbondona, con fiducia, all'amore di Dio. Qualunque possano essere le strade di questo cammino.

    Ma non si tratta di un disinvestimento, di una sorta d'inattività. Si tratta di mettersi sulla stessa lunghezza d'onda dell'azione di Dio. «Io posso compiere bene ogni cosa, Io sono in grado di compiere bene ogni cosa, Io voglio compiere bene ogni cosa, e Io compirò bene ogni cosa; e tu vedrai da te stessa che ogni sorta di cosa sarà bene» (cap. 31).

    E allora andrà tutto bene perché il nostro senso di responsabilità (di risposta nei confronti di noi stessi, degli altri, del creato e di Dio) non viene meno.

    (18-03-2020)

    Castighi di Dio?

    Ogni volta che accade una catastrofe naturale particolarmente grave (terremoti, tsunami, inondazioni, epidemie, ecc.) non manca l'affacciarsi di un qualche predicatore che interpreta tali fenomeni quali castighi di Dio. Secondo questo modo di vedere è la continua, cattiva, perversa condotta degli esseri umani ad aver spinto Dio ad intervenire nella storia umana infliggendo una giusta punizione.

    Non possiamo nasconderci il fatto che la ragione scientifica moderna, con tutte le sue analisi, spiegazioni e dimostrazioni non riesce tuttavia a colmare il bisogno di senso insito negli esseri umani. Persiste, infatti, la domanda: perché tutto questo accade? Ed ancora: perché a me? Perché ai miei cari? Le informazioni scientifiche sulla trasmissione di un virus e sugli effetti prodotti sul corpo umano non sono sufficienti. Non ci basta sapere che il terremoto è stato causato dallo scontro di due zolle tettoniche a dieci chilometri di profondità. Tutto ciò non ci spiega il perché della morte di quanti restano investiti da tali catastrofi. In gioco non è il perché scientifico, ma quello esistenziale.

    Lungo la storia umana la risposta più facile che è stata data a queste domande di senso è quella che pone una causa ed un effetto: la colpa ed il castigo. Molti antichi miti giocano su tale binomio. Se accade un male, esiste qualche fatto o azione che sta all'origine. Pensiamo, ad esempio, alla vicenda di Edipo o anche ad alcune pagine della Bibbia.

    In fondo, un tale modo di pensare si fonda su una concezione magica dell'esistenza umana. Dio sarebbe una sorta di grande burattinaio che dispensa bene o male, miracoli o castighi, a seconda dell'agire umano. Benedizione per i suoi fedeli e maledizione per tutti gli infedeli. Con queste premesse ci vuole poco a considerare che successo personale, economico e sociale siano il segno della benevolenza di Dio, mentre povertà e disgrazie rivelino invece una sua volontà condannante. E, dunque, ricollegare le catastrofi naturali ad un'azione punitiva da parte di Dio.

    La Bibbia non contiene solo racconti di colpa e di castigo, ma anche una radicale contestazione di tale modo umano di concepire Dio. Il libro di Giobbe, in particolare, manda in soffitta l'idea

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