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Incantesimo ed erotismo (eLit): eLit
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Incantesimo ed erotismo (eLit): eLit
E-book221 pagine3 ore

Incantesimo ed erotismo (eLit): eLit

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Info su questo ebook

White Star 5
Prima che Daniel Burke diventasse il nuovo Indiana Jones, un archeologo superstar più interessato alla sua immagine che a qualche prezioso tesoro scomparso, era stato il sogno erotico di Cate Wells. Con lui aveva scoperto il sesso, esplorato il piacere fino al suo limite più estremo, poi tutto era finito bruscamente. Ma quando Cate entra in possesso di un enigmatico cofanetto vecchio di secoli, sa che c'è solo una persona che può aiutarla a decifrarne il mistero: Daniel.
LinguaItaliano
Data di uscita3 ago 2020
ISBN9788830515291
Incantesimo ed erotismo (eLit): eLit
Autore

Shannon Hollis

Originaria del Canada, si è trasferita in California dove si è sposata. Essere finalmente una scrittrice rappresenta un sogno divenuto realtà.

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    Anteprima del libro

    Incantesimo ed erotismo (eLit) - Shannon Hollis

    Immagine di copertina:

    DaniloAndjus / E+ / Getty Images

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Full Circle

    Harlequin Blaze

    © 2006 Shelley Bates

    Traduzione di Giorgia Lucchi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-529-1

    1

    Non c’era niente di peggio della maledizione di un morto.

    Nella penombra limacciosa, a sessanta metri di profondità, Daniel Burke socchiuse gli occhi dietro la maschera, cercando con lo sguardo i resti dell’imbarcazione basca sul fondo dell’oceano.

    La spedizione di recupero aveva incontrato ogni genere di intralcio, dalla disorganizzazione alla negligenza nelle norme di sicurezza; il fatto che Daniel si trovasse là unicamente per conferirle una parvenza di dignità di fronte all’inevitabile orgia mediatica, non migliorava certo la situazione. Avrebbe dovuto rifiutare quando la Società per la Conservazione delle Antichità lo aveva contattato; avrebbe dovuto dire loro che l’acqua non era il suo elemento: lui apparteneva al deserto, dove strati di arenaria e ceneri pietrificate cedevano i loro segreti con la riluttanza di una bella donna, dove grotte e colline gli sussurravano le leggende di antiche civiltà perdute.

    Invece no; la Società gli aveva promesso una cifra sufficiente per sovvenzionare il suo viaggio seguente in Asia Minore e lui ci era cascato in pieno.

    Se l’informazione della Società era corretta, il comandante della baleniera era stato il primo europeo a mettere piede sulle coste del Nuovo Mondo. Non Colombo e nemmeno Caboto, né Cartier. Un semplice capitano basco, attratto dal denaro che poteva guadagnare con l’olio delle balene che vivevano nelle pericolose acque della costa atlantica del Canada. Daniel non aveva idea di quanti viaggi avesse effettuato la baleniera prima di colare a picco, ma il successo della spedizione, e forse anche la sua reputazione come archeologo, dipendevano dai risultati che avrebbe ottenuto.

    In più c’era la questione del ragazzo.

    Ian MacPherson era uno studente di archeologia diciannovenne che lavorava come mozzo sulla nave approntata per la spedizione. Suo padre era un influente ministro canadese, ed era grazie a lui che la Società aveva ottenuto il permesso di svolgere le sue ricerche in quel sito. Quella mattina il giovane aveva preso muta e attrezzatura da sub ed era sceso in mare da solo; era passato circa un quarto d’ora prima che qualcuno se ne accorgesse. Daniel lo avrebbe riportato a bordo per la collottola e lo avrebbe rispedito a suo padre con l’elicottero.

    Appena fosse riuscito a trovarlo.

    «A quaranta piedi dal sito non c’è niente.» La trasmittente nell’orecchio di Daniel comunicò le parole di Luc Pinchot, che stava effettuando le ricerche a sinistra di Daniel.

    «Moi non plus» replicò il sub alla sua destra.

    «Altri dieci piedi» intervenne Daniel. «Dev’essere qui da qualche parte.»

    «Le correnti sono piuttosto forti» osservò Luc. «Potrebbe essere stato portato a nord.»

    «Possiamo solo sperare.» La voce di Daniel era cupa. Quando avesse finito con lui, il giovane incosciente avrebbe desiderato essere stato trasportato via dalla corrente. La morte prematura del figlio di un ministro non era il genere di pubblicità della quale avesse bisogno in quel momento.

    Una corrente improvvisa diradò il limo per un momento e Daniel scorse un guizzo di neoprene giallo nel fascio della torcia. «Venti piedi davanti a me!» disse. «Sembra che il ragazzo si sia messo nei guai.»

    I tre subacquei si diressero verso Ian; il giovane era riuscito a restare incastrato con un piede tra due assi di legno.

    «E come andò a finire?»

    Jah-Redd Jones, ex star dell’NBA, nomination a un Oscar e recente astro dei talk show, si chinò verso di lui, mentre il pubblico tratteneva il respiro, impaziente di conoscere il finale di quell’avventura.

    Daniel si passò una mano sui jeans e sorrise, modesto, per nascondere il disgusto che non era ancora scomparso, quattro mesi dopo.

    «Gli liberammo il piede e lo riportammo in superficie. Ma non prima di aver scoperto che l’imbarcazione basca non era stata usata unicamente per trasportare olio di balena.» Sorrise alla telecamera, prolungando la suspense. «Il comandante doveva essere un opportunista, perché quando incrociò una nave inglese, probabilmente mandata fuori rotta da una tempesta, ne approfittò per alleggerirla di una parte del suo carico. Casse di vino fiammingo e una cinquantina di ghinee d’oro.»

    Il pubblico boccheggiò e Jah-Redd si appoggiò allo schienale con un sorriso ammirato. «Daniel Burke, adesso capisco perché ti chiamano il vero Indiana Jones. Cose del genere non si vedono nei film, giusto, gente?»

    Il pubblico esplose in un applauso e le donne nella prima fila fischiarono e pestarono i piedi come se Daniel fosse uno spogliarellista e volessero infilargli delle banconote nel perizoma.

    Lui nascose un sospiro e sorrise a denti stretti. La sua reputazione era ciò che gli garantiva i finanziamenti; il fatto che fosse più una creazione dei media che la realtà, non la rendeva meno utile. Inoltre, in prima fila notò una donna procace che, era pronto a scommetterci un bel gruzzolo, lo avrebbe aspettato fuori dallo studio al termine dell’intervista. Mentre il pubblico applaudiva si dilettò con qualche idea interessante.

    «Dimmi» riprese Jah-Redd, appoggiandosi sui gomiti, «è vero che il governo del Canada ti ha insignito dell’Ordine del Canada per aver salvato la vita a Ian MacPherson?»

    «No.» Daniel riportò i pensieri sull’intervista. «Se ne è parlato, ma è difficile meritare una medaglia per aver fatto ciò che avrebbe fatto chiunque per un membro del suo equipaggio.» E salvare un ragazzo dalla sua stupidità non merita una medaglia. «Gli altri due sub mi aiutarono a liberarlo e fu allora che scoprimmo l’oro, in un forziere sotto le assi che avevano intrappolato Ian. I suoi tentativi di liberarsi avevano smosso la fanghiglia che lo ricopriva.

    Jah-Redd arringò il pubblico. «Ha salvato la vita di un uomo e ha trovato un tesoro, tutto nello stesso giorno. Quanti di voi vorrebbero svolgere un lavoro come questo?» Un altro applauso.

    «Io vorrei un uomo come questo!» esclamò la donna procace.

    «Single, eh?» Jah-Redd guardò Daniel alzando un sopracciglio, divertito. «Hai per caso una fidanzata, una ragazza o una schiera di concubine?»

    Per un attimo Daniel ebbe la visione di labbra sensuali, lunghe ciglia e capelli castani schiariti dal sole; subito coprì quel lapsus con una risata.

    «Niente di tutto questo. Sono ben poche le donne disposte a tollerare un cacciatore di vasi rotti. Trascorriamo metà dell’anno in luoghi remoti e l’altra metà in uffici bui, dove scriviamo rapporti prolissi sulle nostre ricerche. Temo non siano le condizioni migliori per una relazione.»

    «Quando parli di vasi immagino che tu non alluda a quelli che contengono piante e fiori.» Il pubblico rise. «Come hai cominciato a... cacciare vasi? Da bambino scavavi buche in giardino, nella speranza di arrivare in Australia?»

    Daniel annuì. «Ora mi affido alle linee aeree Qantas.» Sorrise mentre il pubblico si sbellicava. «Non ho mai smesso di scavare. I miei genitori morirono quando avevo sei anni e andai a vivere con i miei nonni. A dodici anni trovai nel giardino di casa un manufatto Navajo e capii di voler diventare un archeologo. Così mi iscrissi all’Università di Chicago e poi feci un master all’Università del New Mexico, specializzandomi nelle ceramiche Anasazi. In seguito collaborai come assistente in un paio di scavi in America Centrale, ciò mi portò in Argentina...»

    «Al tesoro di Temecula.»

    «Esatto.»

    Sullo schermo dietro di loro cominciarono a scorrere le immagini di un documentario girato dalla PBS un anno prima, sulla sua scoperta di magnifici manufatti d’oro. I membri del pubblico che non lo avevano ancora visto boccheggiarono; Daniel non poté biasimarli. Era stata la sua medesima reazione, quando si era accorto di aver scoperto non vasi di argilla, bensì una tomba di età più tarda, appartenente a una civiltà che usava seppellire i suoi morti con gioielli di eccezionale importanza.

    «Sei riuscito a tenerti qualcosa?» si informò Jah-Redd.

    Lui scosse il capo. «Il tesoro appartiene al governo argentino. Abbiamo avuto sei mesi per studiare ogni pezzo, poi il nostro permesso è scaduto e abbiamo dovuto rendere tutto alle autorità.»

    Non prima, tuttavia, della pubblicazione del secondo di due trattati che lo avevano reso famoso nel mondo accademico e gli erano valsi le sovvenzioni per i suoi progetti.

    Sovvenzioni che lo portavano in tutto il mondo e soddisfacevano il suo desiderio di scavare in ogni angolo del pianeta. Ecco la sua vera passione, la scoperta. Erano stati i media a pubblicizzare un paio di suoi ritrovamenti, affibbiandogli l’immagine dell’avventuriero. Dopo l’articolo pubblicato da Newsweek, qualcuno gli aveva perfino mandato un cappello e una frusta di cuoio, suscitando l’ilarità dell’assistente del dipartimento di archeologia. I suoi colleghi della facoltà avevano riso e malignato della sua celebrità, ma nessuno si lamentava quando si trattava di ricevere fondi.

    Jah-Redd passò a parlare di donne, sicuramente spronato dalle urla della prima fila. «Però è difficile credere che un uomo come te... Quanti anni hai? Ventotto? Trenta? Non abbia accanto una persona importante.» Sullo schermo apparvero le fotografie di tre attrici. «Indiana Jones ha amato tre donne in tre film diversi. Quale sarebbe il tuo tipo? L’avventuriera con il cuore spezzato, la bomba sexy bionda o la seduttrice?»

    Daniel rise mentre il pubblico aspettava in silenzio, impaziente.

    Di nuovo il viso di lei fece capolino nella sua mente, sorridendogli da una formazione rocciosa mentre affidava la sua vita a pioli di metallo conficcati nella pietra.

    «Penso che la mia donna ideale dovrebbe avere l’intelligenza e lo spirito d’avventura di Marion Ravenwood, la lealtà di Short Round e la curiosità sessuale della dottoressa Elsa Schneider. Ma una donna del genere esiste e credo che tu le abbia già rubato il cuore, Jah-Redd.»

    Il pubblico rise e applaudì e il conduttore annunciò la pubblicità. Daniel rimase immobile mentre i ricordi lo assalivano.

    Sì, una donna del genere esisteva davvero.

    Lui l’aveva allontanata dalla sua vita otto anni prima.

    2

    «Curiosità sessuale un accidente!»

    Cate Wells spense il televisore e gettò il telecomando in un angolo del divano, dove rimbalzò su un cuscino e cadde a terra.

    Furibonda, calzò le ciabatte a forma di coniglio - con le zanne! - e andò in camera da letto. Quell’uomo era insopportabile. Ultimamente lo trovava ovunque, nel Jah-Redd Jones Show, sui giornali, perfino nella libreria della Vandenberg University, dove il libro che lui stava pubblicizzando in tutti i talk show del pianeta faceva bella mostra di sé sugli espositori.

    Solo i più sprovveduti avrebbero potuto crederlo un vero studioso e un ricercatore serio. Chi mai avrebbe potuto intitolare un libro Tesori perduti del mondo. Avventure nell’archeologia?

    Patetico!

    Almeno quanto le donne presenti tra il pubblico, che gridavano e sbavavano come ragazzine, quando invece la maggior parte di loro sarebbe potuta essere sua madre. A onor del vero, gli zigomi e la mandibola decisa non erano cambiati dall’ultima volta in cui Cate lo aveva incontrato, otto anni prima. E la telecamera aveva inquadrato occhi scuri e insondabili come non mai. Ma il ragazzo del quale Cate si era innamorata nelle brevi notti durante lo scavo in New Mexico, al quale avevano lavorato insieme per un’estate incandescente, se n’era andato per sempre. Quel ragazzo aveva condiviso il suo amore per la scoperta, che si trattasse dei segreti celati da strati di terra e roccia o di quelli nascosti dalla diffidenza e dall’inesperienza sessuale.

    Curiosità sessuale!

    Grazie al cielo lei non aveva mai parlato ad anima viva della loro fallita relazione, nemmeno alle sue migliori amiche né ai genitori a San Diego. Daniel era un segreto che sarebbe stata disposta a portare con sé nella tomba; peccato che lui non fosse stato altrettanto discreto.

    Cate si tirò fino al mento il lenzuolo di cotone egiziano, desiderando di poter dormire. Il mattino successivo aveva degli appuntamenti e doveva preparare il documento da presentare alla commissione esaminatrice universitaria, perciò avrebbe dovuto essere ben sveglia.

    A ogni modo aver rivisto Daniel, più vecchio ma sempre carismatico e sexy con i suoi jeans e gli scarponi da deserto, influenzò i suoi sogni quanto aveva turbato la sua mente e, Cate dovette ammetterlo suo malgrado, il corpo.

    Il cervello, di norma del tutto affidabile, decise di riportarla indietro nel tempo, tra i ricordi. Il sito archeologico sotto l’implacabile sole del New Mexico, dove gli studenti di archeologia delle università del paese erano condannati ai lavori forzati, camuffati come crediti estivi. Una luna grossa come un doblone d’oro aveva illuminato il viso di Daniel quando, impolverato e sudato quanto lei, si era chinato su Cate per il loro primo bacio. L’ultima notte, quando si erano allontanati dal campo per stendere i loro sacchi a pelo in una caverna fresca e lei si era lasciata prendere dal panico all’ultimo momento ed era fuggita, umiliandosi e, sicuramente, meritando il suo eterno disprezzo.

    Ma i giorni tra il primo bacio e la grotta erano stati inebrianti, era la prima volta che Cate sperimentava un desiderio sessuale tanto intenso. Lui era stato tutto ciò a cui era riuscita a pensare, il suo corpo era diventato una sorta di diapason, sintonizzato su un’unica frequenza: Daniel Burke.

    Sdraiata nel buio della sua camera da letto, il desiderio insoddisfatto riportò Daniel nei suoi sogni. Una mano forte che le accarezzava i glutei mentre gli studenti ascoltavano una lezione sul campo. Una coscia muscolosa premuta contro la sua mentre mangiavano. Baci che le avevano fatto perdere la testa quando si erano allontanati dal gruppo per nascondersi dietro qualche roccia ed esplorarsi in privato...

    Alle quattro del mattino Cate si svegliò, sudata e con il fiato grosso, lo sguardo perso nel buio.

    Aveva seguito la sua carriera, impossibile evitarlo quando Newsweek e l’American Journal of Archaeology facevano di tutto per legittimare le sue imprese. Era solo in rari momenti come quello, quando le sue difese erano abbassate e lei non poteva nascondersi dietro lo sdegno professionale, che riusciva ad ammettere quanto l’avesse ferita non ricevere né lettere né telefonate.

    Dopotutto non era difficile rintracciarla, tutti i docenti della Vandenberg erano citati sul sito web dell’università e il suo numero di telefono era nell’elenco di Queens. Quando era diventata professoressa alla Columbia, e poco dopo aveva accettato l’incarico alla Vandenberg, i giornali avevano parlato di lei, che era riuscita a ottenere una posizione tanto prestigiosa nonostante la giovane età.

    No, era chiaro che quando Daniel aveva detto a Jah-Redd di volere una donna leale e sessualmente curiosa, le aveva scoccato una frecciatina.

    Bastardo, inutile sprecare il tempo a pensare a lui. Invece di placare l’eccitazione che la teneva sveglia e recuperare così il controllo del proprio corpo, Cate si sarebbe concentrata sul lavoro.

    Avrebbe pensato alla carriera, pianificata con una serie di passi graduali che l’avrebbero portata al successo, frutto di una valida strategia. Aveva cominciato dalla Columbia, per poi passare alla Vandenberg, un’università privata che, pur avendo i suoi difetti, godeva di una reputazione stellare. Entro i trent’anni avrebbe avuto una cattedra di ruolo. Poi forse avrebbe pubblicato un libro, uno studio serio e approfondito, ben diverso dalle opere di qualcun altro...

    Successo, carriera, libri, una reputazione per la quale la maggior parte della gente sarebbe stata disposta a farsi amputare un braccio. Ecco cosa importava, non i ricordi del passato.

    Nonostante tutti i pensieri positivi, fu solo grazie a un caffè lungo extralarge che

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