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Angeli e peccatori (eLit): eLit
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Angeli e peccatori (eLit): eLit
E-book206 pagine2 ore

Angeli e peccatori (eLit): eLit

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Info su questo ebook

White Star 1
Un amuleto. Una leggenda. Un tesoro di piacere seppellito sotto la sabbia del tempo.

La ricerca comincia...
Quando Sam Mason scopre che il suo conturbante angelo potrebbe nascondere più di un peccato sa di essere a un bivio: seguire la ragione e investigare su Cass Richards fino alle estreme conseguenze? Oppure dare retta al cuore, e ai sensi, e credere alla sua innocenza? Forse Cass c'entra qualcosa con il furto della White Star, l’antico talismano dal leggendario potere di seduzione...
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2020
ISBN9788830515116
Angeli e peccatori (eLit): eLit
Autore

Lori Wilde

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Angeli e peccatori (eLit) - Lori Wilde

    Immagine di copertina:

    puhhha / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Angels and Outlaws

    Harlequin Blaze

    © 2006 Laurie Vanzura

    Traduzione di Giorgia Lucchi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-511-6

    Prologo

    Casa d’aste Stanhope

    Upper East Side, Manhattan

    ore 12.01

    Giusto o sbagliato che fosse, doveva averla.

    Jean Luc Allard, ladro professionista, scivolò silenziosamente fuori dell’ombra nella casa d’aste, concentrato su un unico pensiero.

    La telecamera della sorveglianza installata in un angolo ronzò piano mentre ruotava per scandagliare il perimetro, ma Jean sapeva come evitarla.

    Per settimane, dopo la morte della nota ereditiera Zoey Zander, aveva studiato meticolosamente ogni dettaglio della casa d’aste, preparandosi per il momento in cui il suo bersaglio sarebbe stato messo all’asta. Le istruzioni ricevute erano chiare: non doveva assolutamente permettere che lei venisse venduta, a qualunque costo.

    Presto, molto presto, Jean l’avrebbe stretta tra le mani.

    Le dita gli fremevano per l’impazienza, niente lo elettrizzava come una sfida audace. Niente eccetto lei e ciò che rappresentava: la chiave che avrebbe aperto la porta a un futuro da uomo molto, molto abbiente.

    Era l’incarico più redditizio che avesse mai accettato. Aveva sentito le storie che circolavano su di lei, nel suo piccolo mondo era leggendaria. Stando alle voci, solo i puri di cuore potevano possederla senza essere colpiti dalla maledizione.

    Ridicolo!

    Tutta la sua vita era stata una maledizione, inoltre, Jean Luc non credeva a certe cose. Efferatezza? Sì. Crudeltà? Oui. Violenza? Talvolta era una necessità nella sua professione. Ma le maledizioni non erano più reali delle fiabe che si raccontavano ai bambini.

    Si avvicinò silenziosamente alla sala, trattenendo a stento l’impazienza, quando udì un rumore in fondo al corridoio.

    Non muoverti, non fiatare, non respirare nemmeno.

    Jean era vestito di nero, dal berretto di lana alle scarpe da ginnastica di pelle. Anche capelli e occhi erano neri e la barba di tre giorni gli scuriva la mascella. Era tutt’uno con il buio, una parte di esso. Trattenne il respiro e attese.

    Dei passi si avvicinarono, ma non era l’incedere deciso della guardia di sorveglianza, l’andatura era quasi furtiva quanto la sua; qualcuno si stava avvicinando di nascosto alla sala.

    Un altro ladro stava tentando di derubare la casa d’aste?

    Impossibile.

    Non nella stessa notte scelta da Jean; lui non aveva discusso il suo piano con nessuno, un ladro sveglio non parlava mai del proprio lavoro. Saper tenere la bocca chiusa l’aveva salvato dalla galera in più di un’occasione, e la capacità di restare in silenzio era la ragione principale che aveva indotto il suo ricco e potente mandante a sceglierlo per quel lavoro.

    Possibile che il suo enigmatico cliente avesse assoldato qualcun altro? Jean digrignò i denti, irritato dalla mancanza di fiducia di quell’uomo. Non c’era davvero più onore tra i ladri?

    Forse stava saltando a conclusioni affrettate. Tutti i giornali avevano parlato del patrimonio di Zoey Zander, tanto ricco da far gola ai ladri di tre continenti.

    Jean scorse nel corridoio la sagoma di un uomo dalle spalle ampie. La sua mente lo riportò all’infanzia, quando suo padre, ubriaco fradicio, tornava a casa. Vieni fuori, piccolo bastardo. Non nasconderti! Ma Jean sapeva che, se fosse rimasto nascosto abbastanza a lungo, suo padre sarebbe sprofondato nell’oblio dell’alcol. Aveva imparato a celarsi alla vista, a fondersi con le ombre, a seppellire le sue paure dentro di lui.

    Quando lo sconosciuto arrivò alla porta, si fermò e accese una piccola torcia elettrica.

    Jean studiò il volto dell’uomo, ma non lo riconobbe; era più giovane di lui, con abiti informali ma eleganti, forse il figlio di un uomo abbiente. L’intruso digitò una sequenza di numeri su una tastiera e la porta della camera si aprì con un piccolo rumore metallico.

    Interessante.

    Dove aveva trovato il codice? Jean intendeva disattivare l’allarme per mezzo di un congegno speciale fornitogli dal suo datore di lavoro, invece quel novellino era riuscito a procurarsi addirittura il codice d’accesso.

    L’uomo scomparve nella sala, lasciando la porta socchiusa.

    Jean esitò un secondo, poi avanzò e sbirciò cautamente all’interno. L’uomo ignorò gli oggetti più voluminosi della collezione di Zoey Zander, dirigendosi direttamente verso la cassaforte in fondo alla sala.

    All’improvviso quello che gli era parso un ostacolo - l’inatteso arrivo di quello sconosciuto - si trasformò in una benedizione. Jean avrebbe lasciato a lui il lavoro più pesante.

    L’eccitazione tornò, dolce e frizzante sulla lingua; il profumo dell’adrenalina gli solleticò il naso.

    L’uomo si mise la torcia tra i denti e diresse il fascio di luce sottile sulla cassaforte; inserì la combinazione e la porta si aprì con uno scatto. Le spalle chine, frugò all’interno, prese una manciata di gioielli e la infilò in una borsa di feltro blu scuro estratta dalla tasca della giacca.

    Jean flesse le dita, indolenzite dal desiderio di toccarla.

    L’uomo si raddrizzò, si voltò e scorse Jean per la prima volta. Trasalì e aprì la bocca.

    Ma non profferì parola.

    Jean colpì la tempia dell’altro con il calcio della sua Luger.

    Gli occhi dell’uomo si appannarono, le ginocchia cedettero e lui si accasciò al suolo.

    Jean allungò la mano e gli tolse la borsa di feltro dalle mani per evitare che cadesse. La torcia elettrica rotolò sul pavimento accanto ai piedi e lui la raccolse; diresse il fascio di luce all’interno della borsa. Ignorò smeraldi, rubini e diamanti, gli occhi alla ricerca spasmodica di una cosa sola.

    Lei gli sorrise, ammiccò e scintillò. Era perfetta. Una stella a cinque punte d’avorio, con un foro al centro.

    Lui la separò dalle altre gemme, ma nel farlo la punta di una spilla di onice gli trafisse il pollice. Imprecò sottovoce, si mise il pollice in bocca e sentì il sapore del proprio sangue.

    Lasciò cadere la spilla e il resto dei gioielli sull’uomo privo di sensi; tanto valeva lasciargli qualcosa per il disturbo, quando fosse rinvenuto.

    Lo sguardo di Jean tornò sull’amuleto adagiato nel palmo della sua mano, attratto dal suo fascino. Trattenne il respiro; com’era possibile che una tale meraviglia fosse maledetta?

    Sciocche romanticherie.

    Al diavolo quella stupida leggenda, finalmente era sua! E lo avrebbe reso più ricco di quanto avesse mai osato sognare.

    La adorava.

    La sua White Star.

    1

    Non guardare giù.

    Cassandra Richards, Cass, assistente del responsabile delle relazioni pubbliche per la casa di moda Isaac Vincent, tremava sul cornicione di una finestra, otto piani sopra Broadway, nel quartiere della moda di Manhattan. Un movimento sbagliato e sarebbe precipitata, come il peso di una modella due settimane prima della presentazione delle collezioni primavera-estate.

    All’improvviso andarsi a riprendere il suo foulard di Hermès, rimasto incastrato tra gli artigli di uno dei doccioni che adornavano la facciata dell’edificio, le parve un’idea davvero pessima. La fresca brezza primaverile glielo aveva strappato dal collo quando lei si era sporta fuori della finestra per salutare la sua migliore amica, Marissa Suarez, passata a lasciarle le chiavi del proprio appartamento prima di partire per una vacanza ai Caraibi con il fidanzato.

    Il vento si insinuò sotto la sua gonna rosa, facendole correre un brivido su per la spina dorsale; probabilmente indossare un tanga quella mattina non era stata un’idea sfolgorante.

    Tanto valeva ammetterlo: le preziose Manolo Blahnik rosa con tacco da dieci centimetri, che le erano costate un mese di stipendio, non erano l’ideale per camminare su un cornicione largo poco più di una spanna.

    Come riusciva a ficcarsi continuamente in situazioni del genere? Si morse il labbro inferiore e guardò il traffico sottostante.

    Un acuto senso di vertigine le artigliò lo stomaco e la testa.

    Non guardare giù!

    Si premette contro la facciata dell’edificio, le braccia allargate, il prezioso foulard di Hermès stretto nella mano destra.

    Inizialmente salire sul davanzale non le era sembrato pericoloso, concentrata com’era sul desiderio di recuperare il foulard.

    Aveva afferrato la cornice della finestra, aveva messo le gambe fuori e si era issata sul cornicione. Due o tre passi e avrebbe raggiunto il doccione.

    Sfortunatamente, proprio mentre Cass aveva allungato la mano per afferrare il foulard fuggitivo, una folata di vento lo aveva sospinto sul doccione successivo, un metro e mezzo più in là.

    Cass aveva pensato solo a quanti pranzi aveva dovuto saltare per potersi permettere quel dannato pezzetto di stoffa. In quel momento, tuttavia, sarebbe bastato un solo passo falso e non si sarebbe dovuta preoccupare mai più di pranzi saltati, foulard costosi, né tanto meno dei passanti che sbirciavano sotto la sua gonna.

    Per favore, fate in modo che ne venga fuori tutta intera e giuro che in futuro cercherò di essere meno avventata, promise al cielo.

    La risposta ebbe la forma di grossi goccioloni di pioggia che le caddero sul capo.

    Perfetto.

    «Puoi farcela» si incoraggiò. «Come sei arrivata qui, puoi anche tornare indietro. Un passo alla volta.»

    Cercò di tornare verso la finestra dalla quale era uscita, le gambe che tremavano per il freddo e la paura. Il tacco di uno stiletto rimase incastrato in una fenditura del cornicione di cemento. Cass inciampò e, per un momento agghiacciante, pensò che fosse finita, poi una folata la sospinse contro la facciata di mattoni, invece di farla precipitare nel vuoto.

    Non guardare giù!

    Le pulsava la testa, lo stomaco era in subbuglio. Stava per sfracellarsi e tutto per colpa di un maledetto foulard.

    Ma non era un foulard qualsiasi.

    Cass si era presa l’Hermès due giorni dopo che sua sorella maggiore, Morgan, aveva firmato il contratto per l’acquisto di una magnifica villa con sei camere da letto nel Connecticut; villa che intendeva riempire di bambini.

    Lei era stata felice per la sorella, sposata con un uomo quasi perfetto, il genere di persona buona e genuina che Cass dubitava di riuscire a trovare per se stessa. Adam lavorava a Wall Street, aveva un vero talento per fare soldi e adorava spenderli per la moglie, ma Cass non era gelosa del marito di sua sorella, né della loro villa o dello stile di vita elevato che conducevano.

    No, aveva dilapidato uno stipendio per un foulard perché indossare capi di abbigliamento splendidi e costosi la faceva sentire meglio con se stessa. Quando i suoi genitori, fieri di Morgan, le avevano chiesto quando si sarebbe sistemata a sua volta, sposandosi e cominciando a dare loro dei nipotini, Morgan si era sentita sminuita e sotto pressione.

    Il foulard aveva cancellato all’istante il suo malumore.

    A Cass la sua vita piaceva così com’era; non stava cercando una relazione stabile: essere giovane e single e passare da un appuntamento all’altro nella città più palpitante del mondo era troppo divertente. Era riuscita a ottenere il lavoro dei suoi sogni alla Isaac Vincent, adorava il suo appartamento al quarto piano a Tribeca, le piaceva non dover mai cucinare, avere la libertà di rientrare quando le pareva e poter spendere il suo denaro come preferiva.

    Inclusi accessori modaioli dal prezzo esorbitante.

    Non era nemmeno certa di volere davvero un marito e dei figli; dubitava di saper gestire una responsabilità del genere, meglio lasciarla a Morgan, assai più disciplinata di lei.

    Eppure a volte... non riusciva a fare a meno di chiedersi cosa si stesse perdendo.

    Quando a Cass venivano in mente pensieri del genere, andava a fare shopping. Ecco perché si era comprata il foulard di Hermès.

    Di seta purissima, con un delicato motivo a righe e sfumature stupende che si abbinavano con almeno una decina di abiti di Cass, la faceva sentire ricca, importante e meritevole.

    Eppure eccola là, prossima a perdere la vita per uno scampolo di tessuto, per quanto pregiato e raffinatissimo.

    Azzardò un’altra occhiata verso il basso e notò un capannello di passanti che si era fermato e la stava osservando.

    Oh, che gioia!

    Gemette, colta da un’ondata di nausea, poi vide la troupe televisiva.

    Il vento la sferzò di nuovo, sibilando sull’angolo dell’edificio. Da laggiù potevano vederle sotto la gonna? Arrossì.

    Okay, era ufficiale, la situazione non sarebbe potuta essere peggiore: era bloccata su un cornicione sotto la pioggia, a pochi centimetri dalla morte e, quando il notiziario di mezzogiorno fosse andato in onda, tutta New York avrebbe visto il suo tanga.

    Il detective Sam Mason seguì lo sguardo della folla, scorse la donna sul cornicione dell’edificio in cui stava per entrare e sentì il sangue gelarglisi nelle vene.

    Contò i piani, otto. Strano, sarebbe dovuto salire proprio all’ottavo.

    «Salta!» gridò un giovane punk tra la folla.

    «Sta’ zitto» ordinò Sam, mostrando il distintivo all’adolescente. La gente non aveva più la benché minima decenza? «Altrimenti ti arresto all’istante.»

    Il ragazzino chiuse la bocca e Sam tornò a guardare la suicida.

    Aveva scelto una giornata orribile per farla finita, le quattro gocce che lo avevano accolto all’uscita della metropolitana, tre isolati indietro, si erano trasformate in una pioggia battente. Il vento era freddo e sferzante.

    Tesoro, pensò Sam, non vale la pena. Per nessun uomo al mondo.

    Lei fece un passo verso la finestra aperta qualche metro più in là; Sam si augurò che stesse riconsiderando l’idea di suicidarsi, ma poi la donna inciampò e rischiò di perdere l’equilibrio.

    La folla boccheggiò.

    Lei riuscì a rimettersi in equilibrio all’ultimo momento. Il cuore di Sam si fermò e il fotogramma di un déjà-vu gli serrò lo stomaco. La sua mente lo riportò indietro di dieci anni, alla sua seconda settimana nella polizia di New York.

    La donna si trovava in equilibrio precario sul ponte di Brooklyn, disperata per

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