Innocenza e seduzione (eLit): eLit
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L'agente dell'MI6 Lindy Gardner ottiene sempre ciò che vuole. E in questo momento vuole che Joshua Benedict le riveli chi si cela dietro la scomparsa dell'amuleto White Star, il mitico talismano degli amanti. Scaltro e inafferrabile, Joshua si è sempre mosso al di fuori della legalità e ora quella donna audace e sensuale rappresenta una sfida stimolante. Forse è arrivato il momento di lasciarsi catturare per conoscerla meglio.
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Anteprima del libro
Innocenza e seduzione (eLit) - Jeanie London
Immagine di copertina:
urbazon / E+ / Getty Images
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Into Temptation
Harlequin Blaze
© 2006 Jeanie LeGendre
Traduzione di Giorgia Lucchi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-528-4
1
New York City, dove ostentazione e normalità si incontrano sulle strade affollate, perfette per inseguire un uomo.
«Wow! Quell’uomo è ancora più attraente in carne e ossa» commentò tra sé Lindy Gardner, mentre metteva a fuoco il binocolo digitale.
Il congegno era stato progettato per sembrare un paio di occhiali da sole alla moda, così Lindy poté zoomare in tutta tranquillità sull’uomo alto e biondo che stava uscendo dall’elegante Plaza.
Joshua Benedict, alias Stuart Temple. Approssimativamente trentotto anni.
Origine: sconosciuta.
Residenza: Nizza, Francia.
Occupazione: intermediario di opere d’arte di dubbia provenienza.
Lindy conosceva a memoria i dati dell’uomo, ma attraverso le lenti non vide l’immagine familiare che aveva imparato a conoscere grazie alle foto che i servizi segreti britannici avevano raccolto negli ultimi mesi.
Le immagini piatte studiate in preparazione della missione avevano preso vita, trasformandosi in un uomo tridimensionale. Lui uscì sul marciapiede, il sorriso abbagliante mentre salutava con un cenno del capo il portiere e si allontanava con passo elastico.
Lei premette un bottone e le lenti ingrandirono ancora l’immagine; sorprendenti occhi neri in contrasto con i capelli chiari e la pelle abbronzata. I capelli scintillavano nel sole del tardo pomeriggio.
Sembrava che Joshua Benedict trascorresse gran parte del suo tempo al mare, pescando e facendo windsurf nelle acque azzurre della riviera francese. Stando alle informazioni ricevute da Lindy, era proprio così.
Ma lei sapeva anche che trascorreva il resto del tempo viaggiando intorno al mondo per lavoro.
Apparentemente Benedict era un uomo d’affari con molteplici interessi, ma i servizi segreti sospettavano che conducesse affari illeciti. Era proprio per quella ragione che Lindy si trovava a New York quel pomeriggio di primavera.
Sfiorò il binocolo con un dito, facendo finta di sistemarsi gli occhiali, in realtà premette un tasto e catturò l’immagine di Benedict.
Bersaglio acquisito.
Joshua Benedict sembrava un turista come i tanti che affollavano le strade della città.
Ma Lindy sapeva che non si trovava a New York per turismo; un informatore aveva riferito che Joshua Benedict era legato a un furto recente presso una casa d’aste.
A ogni modo, non era lui il ladro.
Quell’uomo si muoveva con abilità in tutti gli strati sociali, dai ricchi snob al mondo tenebroso e nascosto del crimine organizzato internazionale. Lavorava gomito a gomito con potenti broker, finanzieri e famiglie abbienti che costituivano l’alta società di tre continenti.
Era noto per essere in grado di concludere affari brillanti e risolvere ogni sorta di situazione inattesa senza lasciare tracce incriminanti. Inoltre, elemento più importante di tutti, sapeva tenere un segreto.
Un uomo dai mille talenti.
Quel pensiero strappò un sorriso a Lindy; ironicamente, la descrizione della professione di Benedict non sembrava molto diversa dalla sua.
Solo che Joshua Benedict lavorava per i cattivi. Anzi, per un cattivo in particolare.
Henri Renouf. L’uomo che i servizi segreti volevano catturare a ogni costo.
Renouf era noto per essere un uomo d’affari con la reputazione da tagliagole, reputazione basata su voci, dicerie e sospetti. Dal momento che operava da più di quarant’anni, aveva ormai fama di essere un uomo potente e riservato, che la maggior parte della gente cercava di non contraddire.
Stando ai servizi segreti, i sospetti riguardanti Renouf erano fondati; l’uomo era noto per essere un appassionato collezionista di antichità, pronto a tutto pur di impadronirsi dei manufatti che desiderava. Solo in Gran Bretagna era sospettato di aver acquisito numerose reliquie dal valore inestimabile da musei e residenze private per mezzo di furti perpetrati nel corso di decenni.
Dal momento che Renouf disponeva di risorse più che sufficienti per condurre le sue azioni criminali per mezzo di intermediari, era difficile incastrarlo, ma ogni anno diventava più spudorato e, benché nessuna agenzia internazionale avesse prove sufficienti per perseguirlo, l’agenzia di Lindy, unita all’Interpol, aveva deciso che fosse il momento di contattare uno dei soci di Renouf.
Joshua Benedict era dunque un mezzo per raggiungere uno scopo.
Tenendo a mente quel pensiero, Lindy lo osservò attraversare la strada, poi si mosse.
Con l’elegante completo due pezzi, sarebbe potuta essere un’abitante della Grande Mela, dove le persone preferivano le scarpe comode e portavano le calzature più eleganti nella borsa fino al loro arrivo a destinazione.
Anche la sua borsa conteneva un paio di scarpe, più alcuni oggetti di copertura che la identificavano come una turista a New York. Passaporto, notebook, cellulare.
Sistematasi la borsa sulla spalla, Lindy si avviò lungo Fifth Avenue, lo sguardo fisso sul bersaglio, ammirando il mix di disinteresse e concentrazione con cui passava davanti alle vetrine.
Ammirando l’uomo in sé e per sé.
Benedict si muoveva con una spavalderia che lo avrebbe messo a suo agio ovunque. Ostentava la sua sicurezza come faceva con gli abiti, una camicia blu e dei pantaloni marrone che accarezzavano alla perfezione le linee atletiche del suo corpo. Se avesse potuto vedergli i piedi, Lindy era certa che avrebbe scorto calzature morbide e costose.
Fino a quel momento, Benedict corrispondeva perfettamente al suo profilo.
Solo che Lindy non si sarebbe aspettata fosse tanto affascinante.
Quando lui si fermò a un semaforo, lei si calò sul naso il binocolo e scattò una seconda fotografia, nel tentativo di cogliere la sua espressione mentre osservava un edificio con indifferenza artefatta.
A ogni modo, lei era certa che stesse prestando grande attenzione all’ambiente circostante, forse glielo suggeriva qualcosa nella posizione della mascella, o forse la ruga tra le sopracciglia scure.
Lindy si spostò dietro a una signora anziana con un cappello a tesa larga che si stava godendo una giornata di shopping, a giudicare dai sacchetti che aveva con sé. Quando il semaforo passò al verde, oltrepassò la donna.
Benché non sapesse esattamente cosa aspettarsi da Benedict, si era preparata una serie di scenari; sapeva perché si trovasse a New York, ma non aveva idea di come intendesse condurre i suoi affari.
A ogni modo, nessuna delle sue ipotesi l’avrebbe mai portata sui gradini della cattedrale di St. Patrick, che Benedict stava salendo in quel preciso momento.
Bene, bene, bene. Che cosa poteva volere da Dio il suo bel bersaglio?
Una domanda sulla quale non intendeva indugiare troppo; Lindy non era particolarmente religiosa, ma era cresciuta nella campagna inglese, dove la visita domenicale alla chiesa del villaggio era uno stile di vita.
Conseguentemente, lei si asteneva dal giudicare, non volendo essere a sua volta giudicata. Avendo lavorato come agente segreto per oltre dieci anni, le era capitato di trovarsi coinvolta in situazioni che qualcuno avrebbe potuto ritenere moralmente dubbie. A meno che gli affari di Joshua Benedict con Dio coinvolgessero anche Henri Renouf, non le interessavano.
A ogni modo, una cattedrale era il luogo ideale dove recuperare un manufatto rubato, pertanto salì i gradini ed entrò nell’edificio.
La cattedrale era altrettanto maestosa quanto le altre che aveva visitato; il fragore della città scomparve oltre le porte pesanti e il silenzio, una serenità quasi tangibile che unicamente le chiese sembravano emanare, calò su di lei.
Sistematasi il binocolo sulla testa, individuò il bersaglio, si aggregò a un gruppetto di donne e chinò il capo, reverente. Con la coda dell’occhio vide Benedict percorrere la navata centrale senza guardarsi in giro, come se fosse solito visitare chiese. Il sole filtrava attraverso le vetrate istoriate, illuminando di luce policroma i tratti affascinanti del volto di lui.
La cattedrale era il luogo stabilito per uno scambio?
Durante la preparazione della missione, Lindy aveva dedotto che il modus operandi consueto del suo bersaglio consisteva nell’utilizzare luoghi pubblici per nascondere i suoi loschi affari. Aveva studiato le fotografie che lo ritraevano intento a recuperare in tutta tranquillità la tiara e lo scettro della principessa Charlotte di Monte Carlo in Queen’s Cross, dall’uomo che aveva perpetrato il furto.
Sfortunatamente, nonostante le fotografie, l’agenzia di Lindy non aveva prove sufficienti per perseguire il ladro o l’uomo che aveva consegnato la refurtiva a Renouf.
Joshua Benedict era incontestabilmente audace, ma... scegliere addirittura una cattedrale? Forse la sua educazione la portava a considerare blasfemo condurre affari loschi in una chiesa.
D’altra parte, non era la sua dannazione eterna a essere in gioco, rifletté Lindy, mentre seguiva il gruppetto di donne fino al bassorilievo di un santo.
Vide Benedict avvicinarsi con passo deciso a un altare fiancheggiato da una coppia di santi e il suo cuore accelerò i battiti al pensiero che stesse per recuperare il manufatto rubato alla casa d’aste.
Separatasi dal gruppo di donne, andò a inginocchiarsi su una panca e chinò il capo, come per pregare. Si abbassò nuovamente il binocolo sul naso e vide il suo bersaglio infilare una banconota in una cassetta e prendere un cero votivo.
Lindy lo osservò, il tempo passò con lentezza quasi dolorosa mentre Benedict fissava la fiamma, l’espressione pensosa, un vago sorriso sulle labbra.
Non incontrò nessuno.
Non recuperò alcun pacchetto o involto.
Si limitò a genuflettersi di fronte all’altare, farsi il segno della croce e ripercorrere la navata dalla quale era arrivato, lasciando Lindy a guardarlo, perplessa.
Joshua Benedict era entrato in chiesa per accendere una candela.
Si era forse accorto di lei?
Istintivamente, si alzò e lo seguì: non poteva permettersi di perderlo, non finché avesse capito se era stata individuata.
Si diresse a destra e imboccò un’uscita laterale, mentre Benedict teneva la porta aperta per una coppia; uscì su Fifth Avenue e, pochi secondi dopo, anche il suo bersaglio uscì in strada.
Dirigendosi verso di lei.
Lindy si voltò come per chiamare un taxi, arretrando e nascondendo il viso mentre lui le passava accanto. Così vicino che colse una traccia del suo dopobarba, sottile, costoso, speziato e virile. Quel profumo la accompagnò mentre si voltava per seguirlo.
Nessun contatto visivo, nessun segno palese di consapevolezza; se Benedict l’aveva individuata era straordinariamente abile a nasconderlo. A ogni modo, quella non era una sorpresa per Lindy: nessuno avrebbe potuto eludere la cattura per tanti anni, se non fosse stato davvero bravo.
Maledettamente bravo.
A quel punto il suo bersaglio si diresse verso un palazzo affacciato su Central Park, il genere di edificio che consisteva di appartamenti con grandi stanze, soffitti alti e mura spesse, che costavano molto più di quanto lei avesse accumulato in tutti i suoi anni di lavoro.
Joshua Benedict porse un biglietto al portiere in guanti bianchi ed entrò nell’edificio come se fosse un principe atteso per il tè, lasciando Lindy ad aspettarlo sulla strada, dove non poteva vedere cosa stesse facendo.
Dannazione, detestava sorvegliare i sospetti!
Doveva trovare un posto meno in vista dove appostarsi. Non poteva sapere se Benedict l’avesse condotta fino al palazzo intenzionalmente. Magari, conoscendo i nomi degli inquilini dell’edificio, avrebbe potuto scoprirlo.
Le sarebbe bastato usare il notebook e un collegamento satellitare per saperlo, ma Lindy rimase dov’era; se avesse scorto Benedict sulle scale, forse sarebbe riuscita a capire a quale piano era diretto, dimezzando i tempi di ricerca.
La fortuna era dalla sua parte.
Lo vide salire i gradini a due a due, con il passo atletico delle sue lunghe gambe. Si calò il binocolo sul naso e si godette lo spettacolo.
Le finestre piombate lo incorniciavano come se stesse posando per un ritratto. Zoomando su di lui, Lindy ammirò le cosce, accarezzate dai pantaloni a ogni movimento. Il tessuto si tendeva sui glutei, mettendoli in evidenza.
Mmh... il profilo di Joshua Benedict non specificava che quell’uomo aveva il più gran bel fondoschiena che Lindy avesse mai visto. Lei avrebbe potuto ridere di quella reazione inattesa, se il suo istinto non l’avesse messa in allerta, inducendola a voltarsi.
«Mi scusi, signorina» abbaiò una voce severa.
Lindy rimase imperturbabile e fissò la guardia di sicurezza in uniforme, che la osservava austera.
«Salve, agente» ribatté allegra, lasciando trasparire il suo accento inglese.
Si tolse gli occhiali da sole e guardò l’uomo negli occhi. «Un magnifico pomeriggio di primavera, vero?»
L’uomo la guardò, impassibile: non sarebbe caduto facilmente preda del suo fascino.
«Non mi interessa il tempo. Vorrei sapere perché sta tergiversando qui fuori.»
«Tergiversando?» Lei rise e, per un momento, si baloccò con l’idea di ammettere che stava guardando il fondoschiena di un uomo.
A ogni modo, dal momento che la guardia di sicurezza sembrava molto presa dal suo lavoro, optò per un approccio più convenzionale.
«Sono qui per affari» rispose, toccando la borsa. «Lavoro per la Hampstead, Heath and Associates. La nostra sede è appena fuori Londra, ma abbiamo uffici ovunque in Europa e in Asia. Siamo intenzionati ad aprire una filiale anche in Nordamerica e il nostro amministratore delegato avrà bisogno di un appartamento. Così sono qui per dare un’occhiata in giro.» Indicò l’edificio e la guardia seguì il suo sguardo, tentennante.
«Ha un documento d’identità?»
«Certamente, ce l’ho nella borsa.»
Lindy gli porse il passaporto e il biglietto da visita che avvalorava le sue affermazioni e attese paziente che lui controllasse le sue credenziali.
Gli americani erano giustamente molto attenti alla sicurezza, ma che una guardia la sorprendesse mentre era distratta a naso all’insù era una vera sfortuna. Lindy si augurò che quel contrattempo non fosse un presagio negativo.
«D’accordo» commentò la guardia di sicurezza annuendo. «Le serve altro?»
«Direi di no. Ho già tutti i dati relativi a questo edificio e agli altri che stiamo prendendo in considerazione. I grandi capi mi diranno con quale agenzia immobiliare prendere contatto, ma mi assicurerò di specificare che questo palazzo è quello con il servizio di sicurezza migliore.»
Quell’affermazione le valse, finalmente, un sorriso. «Bene. Buona giornata, signorina.»
Lindy gli sorrise a sua volta, si sistemò la borsa sulla spalla e lo salutò.
Sentì lo sguardo dell’uomo che la seguiva finché svoltò l’angolo e scese in una stazione metropolitana per riordinare le idee. Doveva agire in fretta, perché non aveva alcuna intenzione di perdere di vista il suo bersaglio; doveva tornare a quel palazzo senza attirare l’attenzione della guardia. Nessun problema, a Lindy piacevano le sfide.
Joshua notò la donna non appena entrò nella sala del museo. Tra tutti gli invitati all’inaugurazione della mostra di antichità classiche, era l’unica che riuscisse ad apparire... fresca, risultato non facile in quella selva di abiti firmati e perfezione cosmetica.
Incuriosito, la studiò da dove si trovava, accanto a una preziosa scultura marmorea, mentre sorseggiava champagne e conversava con l’organizzatrice della mostra, Lily Covington.
Per la verità era Lily che stava conversando con lui, dal momento che la donna non aveva chiuso la bocca per un attimo. A ogni modo a Joshua non dispiaceva poter osservare la ragazza che stava ammirando un dipinto di Artemide ritratta con una faretra colma di frecce.
Forse era la pelle perfetta, appena ravvivata da un velo di colore che metteva in risalto le labbra disegnate per baciare. Indossava una tunica di chiffon bianco che lasciava intuire le curve sottostanti e la distingueva dagli abiti tempestati di perline scelti dalle altre invitate.
Era come una seduzione sottile, opposta a una tentazione ostentata, una donna che induceva a immaginare due corpi vicini nell’oscurità e il suono di sospiri affannosi. Soffici capelli castani le incorniciavano il viso e il collo in modo sensuale. Lo sguardo di Joshua seguì le linee aggraziate del collo fino alla concavità pulsante tra le clavicole, punto ideale per un bacio.
Avrebbe notato quella donna anche se il gala non fosse stato di una noia mortale. La colpa, tuttavia, non era certo della sua perfetta ospite, membro di una delle più importanti famiglie dell’alta società newyorkese.
Musicisti della Westbrook Philharmonic colmavano il salone di musica. L’ultimo genio culinario di Manhattan aveva preparato un menu a base di pesce arrivato freschissimo