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Corto viaggio sentimentale
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E-book131 pagine2 ore

Corto viaggio sentimentale

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Info su questo ebook

La vicenda narrata in questo racconto lungo si svolge in treno, nell’arco di un viaggio da Milano a Trieste. Il protagonista rientra a pieno titolo nella categoria degli inetti sveviani. È un uomo diviso tra un’astratta aspirazione alla libertà e la necessità di avere sotto controllo la realtà che lo circonda. Beffato ma nello stesso tempo artefice della beffa di cui è vittima.
Come nei principali romanzi, anche in questo racconto Svevo mostra la sua grande abilità nel cogliere le sfumature più intime dell’animo umano. Il racconto fu scritto nell’anno della morte dello scrittore e pubblicato postumo.
LinguaItaliano
Data di uscita29 set 2020
ISBN9791220201926
Corto viaggio sentimentale
Autore

Italo Svevo

Italian writer, born in Trieste, then in the Austro-Hungarian Empire, in 1861, and most well known for the novel _La coscienza di Zeno_.

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    Anteprima del libro

    Corto viaggio sentimentale - Italo Svevo

    Munch

    Biografia dettagliata dell’autore

    Italo Svevo (pseudonimo di Aron Hector Schmitz) nasce a Trieste il 19 dicembre 1861, quinto di otto figli, in una famiglia della borghesia ebraica, da padre tedesco e madre triestina.

    All’epoca Trieste faceva parte dell’Impero Austroungarico ed era una città ricca di fermenti culturali. Oltre a subire l’influenza, come tutte le città portuali, di popoli lontani, vi convivevano le comunità italiana, tedesca e slava.

    Il giovane Svevo cresce dunque in un ambiente cosmopolita e culturalmente stimolante e la stessa scelta dello pseudonimo riflette il suo sentirsi allo stesso tempo italiano e tedesco, sebbene dal punto di vista letterario opti per la lingua italiana.

    La sua vita è nel complesso abbastanza povera di avvenimenti. Nel 1874 il padre lo invia in Baviera a studiare il tedesco nella prospettiva di una futura attività commerciale. Nel 1878 consegue il diploma all’istituto commerciale Revoltella e inizia a lavorare presso la banca Union di Trieste dove rimarrà per diciotto anni.

    Nello stesso tempo comincia a interessarsi di letteratura e filosofia. Innanzi tutto, si dedica allo studio dei classici italiani, prediligendo Boccaccio, Machiavelli e Guicciardini. Legge anche Shakespeare, i realisti russi e, in particolare, i naturalisti francesi, la cui influenza sarà evidente nei suoi primi due romanzi, ancorati ai modelli narrativi ottocenteschi. Forte in questo periodo è anche l’interesse per le opere di diversi filosofi, tra cui i positivisti, Nietzsche e, soprattutto, Schopenhauer, che, per sua stessa ammissione, è l’autore che esercita il maggiore influsso sulla sua formazione. Dall’autore de Il mondo come volontà e rappresentazione, Svevo trae il senso del carattere inconsistente che anima le nostre azioni, espressione dell’irrazionalità che pervade l’intero universo. Alfonso Nitti, per esempio, il protagonista del suo primo romanzo, Una vita, «doveva essere proprio la personificazione dell’affermazione schopenhaueriana della vita tanto vicina alla morte».

    In quegli anni si appassiona pure alle teorie di Darwin. Anche il tema della lotta per la sopravvivenza, infatti, avrà un peso importante nelle sue opere. I protagonisti dei suoi tre romanzi si trovano a competere sempre con un antagonista, seppur con esito diverso. Mentre infatti i primi due soccombono, il terzo, Zeno Cosini, protagonista de La coscienza di Zeno, trionfa.

    In coincidenza con l’inizio del suo lavoro in banca, Svevo comincia a collaborare anche con un giornale irredentista triestino, L’Indipendente, scrivendo articoli di critica letteraria, teatrale e musicale. Nello stesso giornale pubblica anche i suoi primi racconti: Una lotta e L’assassinio di via Belpoggio, nel quale è evidente l’influenza del romanzo Delitto e castigo di Dostoevskij. In questo secondo racconto si può già individuare quello che è l’interesse principale della narrativa sveviana, che mira a una minuziosa analisi psicologica più che allo sviluppo dell’azione. L’autore segue in ogni sfumatura l’evolversi del rimorso e il crescendo del dramma che attanaglia il protagonista.

    Nel 1892 la sua passione per la letteratura si concretizza con la pubblicazione del suo primo romanzo Una vita. L’opera viene pubblicata a proprie spese in 200 copie e non riscuote alcun interesse. Il protagonista è il prototipo dell’inetto sveviano, una sorta di disadattato alla vita, inevitabilmente portato a essere sconfitto nella lotta per la vita. Pur dotato di spiccata sensibilità e di intelligenza, Alfonso manca di senso pratico. Si culla nelle sue aspirazioni di grandezza, ma è incapace di agire per una loro concreta realizzazione. L’attitudine problematica con la quale si pone di fronte a ogni situazione della vita ha un effetto paralizzante. Finisce così fatalmente per soccombere nel confronto l’antagonista, che pur essendo meno dotato di lui, agisce senza perdersi in riflessioni e scrupoli di sorta.

    A Una vita fa seguito nel 1898 Senilità. Il protagonista del romanzo è Emilio Brentani, un impiegato che conduce una vita modesta con la sorella Amalia. Anche lui, come Alfonso, coltiva velleità letterarie. L’incontro con una giovane esuberante, Angiolina, viene a sconvolgere la sua esistenza. Quella che doveva essere un’occasionale avventura si trasforma in passione, gettando Emilio in una spirale di tormento e di irresolutezza che lo portano a subire una serie di umiliazioni e al tradimento di Angiolina con l’amico Balli, che al contrario di lui ha un carattere attivo e spensierato. Mentre il protagonista del primo romanzo si suicida, Emilio torna a quella condizione di abulia e di estraneità verso la vita.

    Sebbene i due romanzi conservino, come detto prima, un impianto naturalistico, entrambi mostrano come l’interesse dell’autore sia soprattutto teso ad approfondire l’analisi psicologica dei suoi personaggi. In particolare, Svevo scava nell’incapacità dei due protagonisti di affrontare la realtà, costruendosi alibi e rifugiandosi in un mondo di sogni.

    Anche Senilità va incontro alla stessa sorte del primo romanzo. I temi e, soprattutto, l’approccio dello scrittore sono evidentemente inadatti a un pubblico ancora legato al post-verismo e al dannunzianesimo.

    La delusione per il totale insuccesso delle due opere porta Svevo ad abbandonare l’attività letteraria, per dedicarsi interamente al lavoro, coltivando nel tempo libero l’hobby del violino. Solo saltuariamente, come testimoniano le sue carte, scriverà qualcosa nell’arco del successivo ventennio.

    Nel 1896 aveva intanto sposato la cugina Livia Veneziani, dalla quale avrà una figlia, Letizia (1897-1993), i cui tre figli moriranno nel corso della seconda guerra mondiale, due nella Campagna di Russia e l’altro nella rivolta contro i nazisti a Trieste. Nel 1899 Svevo lascia il suo lavoro in banca e comincia a lavorare nell’azienda del suocero, che si occupa della produzione di vernici sottomarine. Tale attività lo porterà a compiere numerosi viaggi in Francia, Germania, Inghilterra e Irlanda.

    Nel 1907 accade un evento destinato a rivelarsi decisivo per il futuro dello scrittore. In un corso di inglese conosce James Joyce. Lo scrittore irlandese apprezza il suo talento letterario e lo esorta a scrivere un nuovo romanzo.

    Nello stesso periodo Svevo conosce le opere di Freud. Negli anni successivi tradurrà pure L’interpretazione dei sogni. La scoperta della psicoanalisi rappresenta una tappa fondamentale nella sua maturazione. Non tanto per le sue capacità terapeutiche, alle quali Svevo non crede e che anzi irride apertamente nel suo romanzo, quanto per le prospettive e gli orizzonti di conoscenza che offre. Con la psicoanalisi Svevo trova gli strumenti per approfondire quello studio della coscienza e dell’inconscio già presente nelle sue prime opere.

    Nell’immediato dopoguerra collabora con il giornale La Nazione e inizia a scrivere il libro che lo consacrerà come scrittore di fama internazionale, La coscienza di Zeno, che verrà pubblicato nel 1923.

    Sebbene costruito sul modello dei due primi romanzi – anche qui il protagonista è un inetto – l’opera presenta innumerevoli differenze, tali da collocarla interamente nel panorama letterario novecentesco.

    Innanzi tutto, viene meno ogni residuo di poetica naturalistica. La narrazione è in prima persona – si tratta di una sorta di diario scritto a beneficio dell’analista presso il quale Zeno è in terapia –, e ciò favorisce una più approfondita analisi del personaggio.

    In secondo luogo, lo sviluppo logico-cronologico dei primi due romanzi cede il posto a una costruzione per nuclei narrativi. In questo diario Zeno sviluppa uno ad uno i temi centrali della propria esistenza: il vizio del fumo; il rapporto col padre; il matrimonio; la relazione extraconiugale; l’attività commerciale; la psicoanalisi.

    Ma la principale differenza riguarda il carattere del protagonista. Zeno, al contrario dei suoi due predecessori, ha consapevolezza della propria inettitudine e delle proprie nevrosi, e quasi le rivendica. La pubblicazione del manoscritto, che doveva essere destinato al suo analista per fini terapeutici, è una sorta di atto di ribellione. Zeno non vuole guarire perché guarire significherebbe appiattirsi in una normalità, quella sì, veramente malata. Non è lui a essere malato, ma il mondo. La vita stessa è una malattia con esito sempre mortale. La guarigione dunque è nella consapevolezza della propria malattia. Non a caso, a differenza di quanto succede ad Alfonso ed Emilio, Zeno non esce sconfitto, ma vincitore. A essere sconfitto è il cognato-antagonista Guido, che aveva sposato Ada, della quale anche Zeno all’inizio era innamorato, e che nel tentativo di inscenare un finto suicidio muore davvero. Zeno invece ha successo, negli affetti come nel lavoro.

    Dopo la sua pubblicazione, il romanzo sembrò andare incontro alla stessa sorte dei precedenti. Fu l’intervento di Joyce a rivelarsi decisivo. Lo scrittore irlandese propose il libro a due critici francesi, Larbaud e Crémieux, che lo recensirono in maniera molto favorevole, mentre in Italia il primo ad apprezzarlo fu Eugenio Montale, che gli dedicò un breve saggio dal titolo Omaggio a Svevo sulla rivista L’Esame.

    In breve Svevo conosce un’improvvisa fama. Scoppia il cosiddetto caso Svevo. Negli anni successivi ottiene una serie di riconoscimenti, in patria e all’estero, che lo compensano delle passate amarezze, facendolo sentire, com’egli stesso scrive, un bambino di sessantaquattro anni.

    Il 12 settembre 1928 si trova coinvolto in un incidente automobilistico. Inizialmente le sue condizioni non sembrano gravi, ma una volta ricoverato all’ospedale di Motta di Livenza ha una crisi respiratorio che lo porterà alla morte il giorno successivo.

    Italo Svevo non fu un letterato di professione. La sua vita fu quella di un borghese abbastanza agiato e trascorse lontana dai circoli letterari. Ciò spiega anche il suo linguaggio, spesso criticato per la scarsa eleganza. Ma Svevo non si pone il problema del bello stile, a lui interessa rappresentare i moti interni dell’animo. Scrittore letterario per vocazione, come è stato detto, Svevo coltiva uno stile personalissimo che è il più idoneo a esprimere la realtà interiore, ed è anche questo distacco dalla bella letteratura a dimostrare la sua statura europea.

    In conclusione, si può affermare che l’opera di Svevo si colloca a pieno titolo nella grande letteratura novecentesca, esprimendo, seppur temperato dall’ironia, il dramma esistenziale dell’uomo moderno, al pari di scrittori come lo stesso Joyce e Musil.

    Antologia della critica

    E invero la spaventosa solitudine spirituale e morale del trino e uno protagonista dei tre romanzi di Svevo ha sempre di fronte a sé un testimone; che gli rappresenta la felicità complementare e opposta al suo tormento […]

    Alfonso Nitti, Emilio Brentani, Zeno Cosini guardano interdetti: si meravigliano che basti così poco per ottenere quello che essi cercano con tutta la loro intelligenza e passione, e che non conseguiranno mai: la facile vita. C’è una specie di apologo in Una vita, che pare investa tutta la sostanza dell’eroe di Svevo: tornando da una gita in barca con Macario, l’antagonista di quel momento, Alfonso si mette a

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